Buonasera miei cari.
E' lunedì, uno di quei lunedì in cui la voglia di mettersi al pc dopo il lavoro non arrivava proprio. Questo spiega l'orario insolito di pubblicazione di questo post.
Dopo essermi rigenerata eccomi qui, mentre le salamelle sfregolano dalla cucina, per scrivere una recensione che rimando da qualche giorno perchè il tempo è tiranno e - non me ne vogliate - piuttosto che mettermi a scrivere per il blog quando ho 10 minuti preferisco mettermi a leggere.
Oggi voglio parlarvi di un libro che ha trovato me, o meglio mi ha trovato il suo giovane autore.
Tutto del suo primo lavoro da esordiente richiamava la mia attenzione: la trama, i personaggi e soprattutto il genere - il thriller, il mio preferito - così quando l'autore mi ha proposto di inviarmi il suo libro non ho avuto dubbi ad accettare entusiasta.
Sto parlando di Stefano Bonazzi e del suo libro d'esordio A bocca chiusa edito da Newton Compton Editore.
Trama: L’afa d’agosto a Ferrara è insopportabile, soprattutto se ti costringono a stare chiuso in una casa buia della periferia. Se non puoi frequentare gli altri bambini, diventi un animale solitario. Cresci somigliando ogni giorno di più al tuo aguzzino. Accogli il seme del male e lo covi per anni, lo senti crescere dentro di te, finché germoglia il desiderio di vendetta. Ma se la persona che ti ha allevato come una bestia adesso è morta, devi scegliere una vittima su cui sfogare la tua rabbia. La violenza genera violenza, ed è una belva assetata di sangue. A bocca chiusa, romanzo d’esordio di Stefano Bonazzi, racconta la genesi di un assassino. Un viaggio allucinato tra i deliri del protagonista, che parte da un’infanzia di violenze e privazioni per sfociare in un tragico finale.
"Poi il nero diventò rosso, color sangue, e si mosse. Veloce. Una sagoma sfocata stava oscillando sinuosa davanti al mio naso, avanti e indietro, come una molla dispettosa. Adesso capivo, il manico del coltello, ecco cos'era, ora lo vedevo chiaramente. La lama conficcata nel legno per qualche centimetro. Uno squarcio profondo.
Vicino al bordo.
Vicino al mio torace, tremendamente vicino al mio cuore."
Ho deciso di cominciare questa recensione così: lasciando che sia l'autore a parlare per me, con le sue frasi corte, concitate, dirette e a volte brutali; perché niente meglio di queste poche righe avrebbero potuto far capire a voi che leggete quanto incalzante sia il ritmo di questo scritto.
Ho cominciato a leggere e non ho smesso, mai, neanche durante la prima partita dell'Italia ai mondiali, quella di mezzanotte che io mi sono ritrovata a guardare da sola, sul mio divano, mentre gli uomini di casa dormivano beati; ricordo che nell'intervallo - era l'una di notte circa - leggevo, perché volevo sapere, capire e perché ogni riga di questo romanzo mi chiamava, come una droga.
Ho assistito all'evoluzione di un assassino senza neanche rendermene conto. Vittima e carnefice che in alcuni casi si sovrappongono, per poi dividersi nuovamente, e poi accavallarsi di nuovo.
Un nonno, quello che dovrebbe viziare, coccolare, adorare il proprio nipote senza riserve che invece si rivela in tutta la sua più cruda brutalità.
Un nipote, che in parte giustifica tutto il male cui assiste e che dal basso dei suoi dieci anni si ritrova ad avere come esempio la persona più sbagliata.
Un amico, l'ancora di salvezza, il leader del gruppo, quello che può allontanare il male...o forse no...
Vi siete mai chiesti cosa può succedere ad un ragazzino di soli 10 anni quando, nella sua quotidianità, è costretto ad assistere alla personificazione del male? Quando ogni singolo giorno di una calda estate si ritrova ad essere accudito da un mostro, in una casa buia, senza la possibilità di incontrare amici della sua età e con l'unica compagnia di una grande quantità di mattoncini LEGO con cui lasciar vagare la propria fantasia? Come non impazzire quando per mattine intere si è costretti a vegetare su un balcone rovente, senza la possibilità di sfuggire al sole di agosto se non cercando di farsi piccolo piccolo per accovacciarsi il più possibile a ridosso del parapetto di quello stesso balcone? Ci vuole poco ad architettare piani di evasione, oppure ad impazzire...il passaggio è breve, labile.
Il nostro protagonista le prova tutte, dall'abnegazione alla ribellione, rifugiandosi nell'unico mondo che vede possibile, il suo.
E avete mai pensato come potrebbe essere quel bambino da adulto? Quali rapporti potrebbe avere? Che rabbia e voglia di vendetta potrebbe covare?
E' questo che Stefano con il suo libro credo cerchi di sviscerare: l'evoluzione della follia, quella più profonda, fatta di silenzi, di violenza, di meccanismi mentali a volte difficili da spiegare.
Ed è attraverso colpi di scena ben studiati che porta il lettore alla scoperta di questa follia, facendolo rimanere a bocca aperta e lasciando che solo attraverso il dipanarsi della trama il lettore riesca ad ottenere tutti i tasselli di cui si necessita per capire a fondo i personaggi che si hanno di fronte.
Vittime...Carnefici...
Un buonissimo lavoro quello di questo giovane autore che ha saputo farmi ricordare lo stile di Lorenza Ghinelli nei libro che più ho amato di questa autrice La colpa.
Se vi piace il genere ve lo consiglio!!!
Ora vi lascio, anche perchè le mie salamelle sono ormai pronte. Mi piacerebbe però sapere cosa ne pensate, se avete avuto modo di leggere questo libro o se vi inspira.
VOTO:
"Poi il nero diventò rosso, color sangue, e si mosse. Veloce. Una sagoma sfocata stava oscillando sinuosa davanti al mio naso, avanti e indietro, come una molla dispettosa. Adesso capivo, il manico del coltello, ecco cos'era, ora lo vedevo chiaramente. La lama conficcata nel legno per qualche centimetro. Uno squarcio profondo.
Vicino al bordo.
Vicino al mio torace, tremendamente vicino al mio cuore."
Ho deciso di cominciare questa recensione così: lasciando che sia l'autore a parlare per me, con le sue frasi corte, concitate, dirette e a volte brutali; perché niente meglio di queste poche righe avrebbero potuto far capire a voi che leggete quanto incalzante sia il ritmo di questo scritto.
Ho cominciato a leggere e non ho smesso, mai, neanche durante la prima partita dell'Italia ai mondiali, quella di mezzanotte che io mi sono ritrovata a guardare da sola, sul mio divano, mentre gli uomini di casa dormivano beati; ricordo che nell'intervallo - era l'una di notte circa - leggevo, perché volevo sapere, capire e perché ogni riga di questo romanzo mi chiamava, come una droga.
Ho assistito all'evoluzione di un assassino senza neanche rendermene conto. Vittima e carnefice che in alcuni casi si sovrappongono, per poi dividersi nuovamente, e poi accavallarsi di nuovo.
Un nonno, quello che dovrebbe viziare, coccolare, adorare il proprio nipote senza riserve che invece si rivela in tutta la sua più cruda brutalità.
Un nipote, che in parte giustifica tutto il male cui assiste e che dal basso dei suoi dieci anni si ritrova ad avere come esempio la persona più sbagliata.
Un amico, l'ancora di salvezza, il leader del gruppo, quello che può allontanare il male...o forse no...
Vi siete mai chiesti cosa può succedere ad un ragazzino di soli 10 anni quando, nella sua quotidianità, è costretto ad assistere alla personificazione del male? Quando ogni singolo giorno di una calda estate si ritrova ad essere accudito da un mostro, in una casa buia, senza la possibilità di incontrare amici della sua età e con l'unica compagnia di una grande quantità di mattoncini LEGO con cui lasciar vagare la propria fantasia? Come non impazzire quando per mattine intere si è costretti a vegetare su un balcone rovente, senza la possibilità di sfuggire al sole di agosto se non cercando di farsi piccolo piccolo per accovacciarsi il più possibile a ridosso del parapetto di quello stesso balcone? Ci vuole poco ad architettare piani di evasione, oppure ad impazzire...il passaggio è breve, labile.
Il nostro protagonista le prova tutte, dall'abnegazione alla ribellione, rifugiandosi nell'unico mondo che vede possibile, il suo.
E avete mai pensato come potrebbe essere quel bambino da adulto? Quali rapporti potrebbe avere? Che rabbia e voglia di vendetta potrebbe covare?
E' questo che Stefano con il suo libro credo cerchi di sviscerare: l'evoluzione della follia, quella più profonda, fatta di silenzi, di violenza, di meccanismi mentali a volte difficili da spiegare.
Ed è attraverso colpi di scena ben studiati che porta il lettore alla scoperta di questa follia, facendolo rimanere a bocca aperta e lasciando che solo attraverso il dipanarsi della trama il lettore riesca ad ottenere tutti i tasselli di cui si necessita per capire a fondo i personaggi che si hanno di fronte.
Vittime...Carnefici...
Un buonissimo lavoro quello di questo giovane autore che ha saputo farmi ricordare lo stile di Lorenza Ghinelli nei libro che più ho amato di questa autrice La colpa.
Se vi piace il genere ve lo consiglio!!!
Ora vi lascio, anche perchè le mie salamelle sono ormai pronte. Mi piacerebbe però sapere cosa ne pensate, se avete avuto modo di leggere questo libro o se vi inspira.
VOTO:
Mi ispirava prima dal titolo e la copertina... ora devo assolutamente leggerlo!!!
RispondiEliminaUn sorriso
Anna
Te lo consiglio proprio Anna! :)
EliminaAccipicchia!!! Sapevo che ti fosse piaciuto ma non così tanto, mi sto appassionando sempre di più alle "brutte" storie, qui brutte è un eufemismo dire!!!
RispondiEliminaBellissime parole Dany, i miei complimenti!
Grazie Michy!
EliminaQuesto è uno di quei libri che ho capito quanto mi fosse entrato dentro solo quando mi sono messa al pc per scrivere il mio pensiero. Sono quei libri che di solito ricordo per molto tempo. Credo meriti veramente! :)