Buongiorno lettori! Finalmente è venerdì!!! Io non avrò un weekend particolarmente rilassante visto che sarò presidente di seggio al referendum per l'autonomia della Lombardia, ma visto che questa settimana è stata durissima sono felice che sia finita! Ma la smetto di tediarmi con i fatti miei e vi lascio con Marina e con la sua rubrica Letture con Marina.
“Dopo sei anni di silenzio, David Leavitt torna con un romanzo esplosivo e lirico: una storia sul potere della manipolazione, sui modi in cui le persone possono cambiare in circostanze eccezionali e non essere più le stesse. La fotografia di un continente alla vigilia del disastro”.
Titolo: I due Hotel Francfort
Autore: David Leavitt
Casa editrice: Mondadori
Traduzione: D. Vezzoli
Pagine: 247
Genere: Narrativa
Anno di pubblicazione: 2015
Sinossi: Julia e Pete Winters sono americani molto per bene e a Parigi hanno cercato una fuga dalla loro ordinaria vita matrimoniale, Edward e Iris Freleng sono eleganti, ricchi con noncuranza, due bohémien che hanno girato la costa francese sperando fino all'ultimo di non doverla lasciare. Invece il giugno del 1940 li sorprende tutti e quattro bloccati nell'atmosfera precaria, al tempo stesso seducente e trasandata, del neutrale porto di Lisbona. Dai confini di molte nazioni ormai risuonano i colpi di mortaio, ma loro aspettano senza troppa ansia l'arrivo della nave SS Manhattan che li porterà in salvo a New York, non del tutto convinti di voler rimpatriare. Si conoscono al Café Suica ed è subito evidente una tensione tra loro: entrambe le coppie nascondono un segreto che senza essere esibito le lega insieme fin dal primo istante, entrambe le coppie sono tormentate dalle convenzioni sociali e sessuali dell'epoca. Come l'Europa fatica a tenere in vita gli ultimi equilibri e affonda inesorabilmente nella guerra, così anche la stabilità dei Winters e dei Freleng comincia a cedere...
RECENSIONE:
Ho parlato di Portogallo regina del romanzo, anche se avrei dovuto precisare che in realtà è proprio Lisbona a farci vagabondare per le sue strade – e poche altre cittadine o località adiacenti. Si parla invero anche di Stati Uniti, Francia e Spagna. Ma gli Stati Uniti sembrano quasi il ritratto fattoci da Edith Wharton o Henry James di un’America schietta, sicura di sé ma intrappolata nelle puritane convenzioni sociali. Paese nel quale nessuno dei nostri quattro protagonisti vorrebbero ritornare. Mentre le città europee sopra citate sono quasi mete di passaggio: ebbene sì, anche Parigi dove i protagonisti hanno vissuto, sembra essere propedeutica per il viaggio intrapreso per raggiungere “la fine dell’Europa, il confine estremo dell’Occidente”, come ci ricorda Pete Winters, voce narrante del romanzo. Ma con ordine, prego.
Autore: David Leavitt
Casa editrice: Mondadori
Traduzione: D. Vezzoli
Pagine: 247
Genere: Narrativa
Anno di pubblicazione: 2015
Sinossi: Julia e Pete Winters sono americani molto per bene e a Parigi hanno cercato una fuga dalla loro ordinaria vita matrimoniale, Edward e Iris Freleng sono eleganti, ricchi con noncuranza, due bohémien che hanno girato la costa francese sperando fino all'ultimo di non doverla lasciare. Invece il giugno del 1940 li sorprende tutti e quattro bloccati nell'atmosfera precaria, al tempo stesso seducente e trasandata, del neutrale porto di Lisbona. Dai confini di molte nazioni ormai risuonano i colpi di mortaio, ma loro aspettano senza troppa ansia l'arrivo della nave SS Manhattan che li porterà in salvo a New York, non del tutto convinti di voler rimpatriare. Si conoscono al Café Suica ed è subito evidente una tensione tra loro: entrambe le coppie nascondono un segreto che senza essere esibito le lega insieme fin dal primo istante, entrambe le coppie sono tormentate dalle convenzioni sociali e sessuali dell'epoca. Come l'Europa fatica a tenere in vita gli ultimi equilibri e affonda inesorabilmente nella guerra, così anche la stabilità dei Winters e dei Freleng comincia a cedere...
RECENSIONE:
Curioso come siamo bombardati da coincidenze, che a volerle leggere in modo “new-age”… Le coincidenze sono il mancato incontro con l’autore di questo libro durante il Festival Letterario PordenoneLegge dello scorso mese, il nome dell’Uragano (avrei voluto chiamare mia figlia Ophelia) ed infine il Portogallo, nazione che da tanto vorrei visitare, protagonista in questi ultimi giorni per gli incendi furiosi e regina indiscussa dell’ultimo romanzo di David Leavitt. Lo dico con tutto il rispetto che merita questa ennesima tragedia che sta avvenendo in Portogallo: roghi mortali alimentati dai forti venti dell’Uragano Ophelia, aiutati in questo anche da temperature anomale per la stagione e dalla siccità.
Questa volta invertendo le regole peraltro non scritte per una recensione chiara e che faccia capire esattamente al lettore di cosa si sta parlando, preciso subito che il romanzo, il primo che leggo di David Leavitt, mi è piaciuto e non per uno solo, ma per una serie di motivi. Anche e forse soprattutto perché ho potuto sposare il punto di vista di Pete Winters e rimanere al contempo spettatrice non coinvolta. Anche e soprattutto perché sono lettrice, laddove lui è protagonista maschile.Ho parlato di Portogallo regina del romanzo, anche se avrei dovuto precisare che in realtà è proprio Lisbona a farci vagabondare per le sue strade – e poche altre cittadine o località adiacenti. Si parla invero anche di Stati Uniti, Francia e Spagna. Ma gli Stati Uniti sembrano quasi il ritratto fattoci da Edith Wharton o Henry James di un’America schietta, sicura di sé ma intrappolata nelle puritane convenzioni sociali. Paese nel quale nessuno dei nostri quattro protagonisti vorrebbero ritornare. Mentre le città europee sopra citate sono quasi mete di passaggio: ebbene sì, anche Parigi dove i protagonisti hanno vissuto, sembra essere propedeutica per il viaggio intrapreso per raggiungere “la fine dell’Europa, il confine estremo dell’Occidente”, come ci ricorda Pete Winters, voce narrante del romanzo. Ma con ordine, prego.
Ascisse ed ordinate, questo viene in mente leggendo I due Hotel Francfort, dall’incrocio delle quali abbiamo le vite che si dipanano in questa Fine del Mondo. Siamo nel 1940, i cannoni iniziano a farsi sentire in Europa, forieri di un orrore ancora per molti inimmaginabile e tutto il Bel Mondo cerca scampo viaggiando rocambolescamente, più o meno, verso Lisbona, unico porto europeo che permette la fuga su navi inviate dagli Stati Uniti per far rimpatriare i propri cittadini. La scoperta della città di Lisbona rappresenta la nostra ascissa insieme ai diversi ascensori, elevatori, ponti, etc… Un percorso orizzontale, una città, mondo, bolla – isolata dal resto delle altre grandi capitali europee, forse proprio perché così ai confini del mondo. Un mondo interrotto, una sorta di sospensione temporale che permette a Pete Winters ed al suo nuovo e casuale amico Edward, così come a tante altre persone, di scoprire Lisbona. Mentre l’ordinata, permettetemi il gioco nel significato dei termini, è la visione di questo mondo attraverso gli occhiali di Pete, rotti casualmente da Edward. Una visione distorta della realtà storica e finanche sociale. Avremo infatti bisogno di una donna, una dottoressa, per riuscire ad indossare nuovamente degli occhiali con le lenti a fuoco, verso la fine del romanzo, che ci permetteranno di avere la giusta prospettiva del luogo e del tempo nel quale ci troviamo a viaggiare.
Insieme ai protagonisti, una serie di personaggi – altro divertissement, chiedo venia – proprio al di fuori del mondo: donne di mezza età che indossano tutti i propri gioielli ogni volta che escono, la vita che prosegue tra danze, cocktails e feste che ci fanno intravedere il bel mondo dorato, come se al di fuori di questo non esistesse ancora l’orrore della guerra, o della povertà, o della dittatura… Un mondo che si vede attraverso la lente di una persona miope, Pete, un mondo po’ sgranato e sicuramente sdoppiato, un po’ come i due Hotel Francfort (presenti entrambi a Lisbona), in cui alloggiano le nostre coppie protagoniste: Edward e Iris, Pete e Julia.
La cosa che mi ha ulteriormente intrigata a posteriori, è stato lo scoprire un’ulteriore chiave di lettura per questo romanzo che potremmo anche definire storico, di cui naturalmente non divulgherò altro per non rovinare la sorpresa finale ai lettori.
Che grandiose figure di donne, le compagne di Pete e Edward, non sempre positive, ma sicuramente potenti (non nel senso del denaro o di incarichi).
Quante cose di cui parlare e di cui questo romanzo ci offre lo spunto. Dal dittatore portoghese del tempo, Salazar – ai costumi dell’epoca: fenomenale la dissertazione dei due uomini sulla biancheria intima delle relativi consorti. Chissà perché mi immaginavo che tutte le signore del bel mondo indossassero seta, mentre invece scopro del grossolano cotone a ricoprire le terga di giunoniche signore del bon-ton, invero più madri angosciate che amanti… c’est la vie!
Troppo, veramente troppo da dire su questo romanzo per poter sperare di essere brevi ed allo stesso tempo esaustivi ma non rivelatori. Un romanzo che si apre a mille considerazioni, scenari e rapporti interpersonali e che, una volta letta l’ultima pagina, ti attira nuovamente a sé con dettagli e curiosità da ricercare, sia a livello storico che di costume. E per ripercorrere a ritroso il romanzo nel romanzo, come se uno fosse lo specchio dell’altro, come se le porte girevoli attraverso cui passano le due coppie, potessero essere un momento nel quale si cristallizza la vita, o la scelta di vita di ciascuno di noi, prima che il movimento stesso, ininterrotto, ci porti nuovamente fuori nella vita in corsa.
A presto,
La cosa che mi ha ulteriormente intrigata a posteriori, è stato lo scoprire un’ulteriore chiave di lettura per questo romanzo che potremmo anche definire storico, di cui naturalmente non divulgherò altro per non rovinare la sorpresa finale ai lettori.
Che grandiose figure di donne, le compagne di Pete e Edward, non sempre positive, ma sicuramente potenti (non nel senso del denaro o di incarichi).
Quante cose di cui parlare e di cui questo romanzo ci offre lo spunto. Dal dittatore portoghese del tempo, Salazar – ai costumi dell’epoca: fenomenale la dissertazione dei due uomini sulla biancheria intima delle relativi consorti. Chissà perché mi immaginavo che tutte le signore del bel mondo indossassero seta, mentre invece scopro del grossolano cotone a ricoprire le terga di giunoniche signore del bon-ton, invero più madri angosciate che amanti… c’est la vie!
Troppo, veramente troppo da dire su questo romanzo per poter sperare di essere brevi ed allo stesso tempo esaustivi ma non rivelatori. Un romanzo che si apre a mille considerazioni, scenari e rapporti interpersonali e che, una volta letta l’ultima pagina, ti attira nuovamente a sé con dettagli e curiosità da ricercare, sia a livello storico che di costume. E per ripercorrere a ritroso il romanzo nel romanzo, come se uno fosse lo specchio dell’altro, come se le porte girevoli attraverso cui passano le due coppie, potessero essere un momento nel quale si cristallizza la vita, o la scelta di vita di ciascuno di noi, prima che il movimento stesso, ininterrotto, ci porti nuovamente fuori nella vita in corsa.
A presto,
Interessante. Ci farò un pensieri no.
RispondiEliminaBacio da lea
Ciao Lea.
RispondiEliminaMio unico rimpianto: non essere riuscita ad incontrare l'autore a PordenoneLegge.
Ora mi ha talmente incurioriTa che leggerò anche il suo precedente romanzo, accusato di plagio.
Un buonissimo venerdì a Vicenza 😉
Ho anch'io un ricordo molto particolare di questo libro. E hai ragione, non è facile da raccontare senza svelare troppo! Brava! Buon weekend.
RispondiEliminaCiao Tessa,
RispondiEliminaSempre felice di leggere bei libri.
Buon fine settimana anche a te 🤗
come avevo già scritto su facebook questo romanzo mi è molto piaciuto e ottima la tua analisi, mi trovi d'accordo sulle figure femminili e sulla città protagonista.
RispondiEliminaho scoperto questo libro grazie a La libreria di Tessa e vedo che anche lei ha commentato un po' più su! :D
a presto
Ciao Chicca,
RispondiEliminaogni tanto mi sembra di essere in rincorsa rispetto ai libri letti da Tessa 😊 Molte volte tra l'altro la uso come cavia e se a lei è piaciuto un libro...
In questo caso volevo incontrare l'autore lo scorso mese a PordenoneLegge e quindi ecco spiegato l'incontro con questo romanzo.
Anche a me è piaciuto molto.
Ci sarebbeRo state ancora altre cose di cui parlare, ma la recensione sarebbe stata troppo lunga e avrei rischiato di dire cose che avrebbero rovinato la sorpresa delle ultime pagg del romanzo.
Sono contenta tu abbia letto la mia recensione.
Un saluto ed un buon fine settimana anche a te, ciao!
Non conoscevo questo libro e neanche il suo autore, ma sembra davvero interessante, a partire dalla copertina. E poi Lisbona mi è rimasta nel cuore, quindi lo leggerò presto senz'altro! Grazie Marina!
RispondiEliminaCiao Nadia.
RispondiEliminaLisbona è una delle tante città europee che prima o poi riuscirò a visitare. Tra l'altro del Portogallo non so quasi nulla ed è stata quindi un'occasione l'incontro con questo romanzo.
Anche con questo autore, che prende la scusa di una storia da raccontare per dirci parecchie altre cose.
Bello ed anche molto interessante.
Buon inizio settimana a te e a presto, Marina