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venerdì 11 gennaio 2019

Letture con Marina #55 - Aspettando il Natale. 25 racconti per la Vigilia a cura di Fabiano Massimi

Buongiorno lettori, eccoci giunti nuovamente all'appuntamento con la rubrica di Marina e la sua recensione.


Aiutatemi a trattenere ancora un po’ la magia delle Feste appena terminate, leggendo insieme a me questa raccolta di 25 racconti di autori dell’Otto e Novecento:

Titolo: Aspettando il Natale. 25 racconti per la Vigilia
Autore: a cura di Fabiano Massimi
Casa editrice: Einaudi - 2009
Pagine: 229

Descrizione: Una raccolta di racconti in attesa del giorno più speciale dell'anno, Natale, argomento per una storia, ma anche semplicemente sfondo, ispirazione o morale. De Marchi, la Deledda, la sorprendente Haydée, Bianciardi, l'anderseniana Contessa Lara, Verga, Buzzati, Bedeschi, Pirandello, D'Annunzio, Guareschi, Zavattini, ma anche Mozzi e Lodoli, sono solo alcuni tra i venticinque scrittori italiani dell'Otto e Novecento presenti in questo volume. Ci narrano la solitudine nel giorno che più accomuna, la povertà tra l'abbondanza più sfacciata. Rammentano, a chi l'avesse scordata, l'origine della festa, ammoniscono chi dà per scontati la gioia, il calore, la famiglia. Per una volta, infatti, lo scopo dello scrittore non è intrattenere la compagnia, ma ricordarle perché si è riunita; il suo compito, solenne e sentito, è spiegarci che cos'è veramente il Natale.



RECENSIONE:


Lo so bene che alle volte al solo sentir nominare “racconti” e non “romanzo” si storce il naso. Non è sempre vero però che una serie di racconti non riesca ad esercitare fascino ed interesse tali che la lettura, iniziata forse come una distrazione da interrompersi al volere, non si trasformi in un treno in corsa. Ed il lettore si sentirà come quel passeggero che, svuotato di ogni aspettativa, salga su quel particolare treno con l’idea di non pensare a nulla e con l’unico desiderio, vedendo scorrere il paesaggio dal finestrino, di pensare ai casi suoi. Ma per una casualità, una fermata dopo l’altra, ha la fortuna ed il piacere di incontrare persone nuove. Alcune tristi, alcune simpatiche ed allegre, alcune anziane con ricordi completamente diversi dal nostro percorso di vita, alcune segnate da esperienze così devastanti che nemmeno la nostra cura nell’ascolto potrà salvarle. Alcune così lievi e trasparenti dal volerle toccare, se la timidezza e l’educazione non ci fermassero, quasi a voler essere sicuri di non aver incontrato un fantasma. Ma i racconti talvolta, proprio per la loro breve intensità, riescono ad incidere l’anima ancor più sottilmente di un romanzo, dandoci le pause ed il tempo necessari per continuare a sognare ad occhi aperti.

Mi ha attirata la copertina che Einaudi ha scelto, una cartolina di auguri natalizi del XIX – Germania. Ma soprattutto sono rimasta intrigata dalla prefazione di Fabiano Massimi, autore egli stesso. Se ho iniziato la lettura di questi racconti lo devo per un 50% a lui. Da quel: “in principio fu Dickens con il suo inarrivabile Canto di Natale pubblicato nel 1846…”. Lo sapevate che prima di lui, in Italia quanto all’estero, oltre ad almanacchi (nome dal gusto retrò) e speciali pieni di un po’ di tutto, non si erano mai commissionati racconti e/o memorie sul tema natalizio? Solo a partire da Scrooge, i direttori si resero conto della miniera d’oro in divenire ed iniziarono a commissionare scritti sul tema natalizio. Storie edificanti, talvolta amare, forse mai realmente e totalmente allegre, nonostante il periodo dovrebbe promuovere proprio tale sentimento, ambientate in un contesto storico e sociale che non rispecchia più la nostra vita – e forse, vista la lontananza temporale, non ne ha mai fatto parte, se non nei racconti dei nonni e talvolta, dei genitori.

Tutti autori italiani dell’Otto e Novecento, perché, come dice il curatore: “il Natale, si sa, va passato in famiglia”. Moltissimi nomi noti, taluni che non conoscevo e che mi hanno incuriosita… con eloqui talvolta desueti e termini che riportano ad un secolo che non è certamente il nostro e che rimandano a tempi lontani.

Non farò qui uno sterile e piatto elenco, ma vorrei raccontarvi brevemente di qualcuno che mi ha particolarmente colpita.

Contessa Lara: Miracolo di Natale. E’ una rivisitazione della piccola fiammiferaia, con uno sguardo sulla povertà estrema e sulla cattiveria gratuita, che sembra qui avere origine solo dalla povertà e dall’ignoranza. Si vorrebbe sempre finisse in modo diverso, ma il cuore non sobbalzerebbe così penosamente se la piccola fiammiferaia avesse una sorte diversa.
Un godereccio Gabriele D’Annunzio con il racconto Un albero in Russia, ci porta alla corte degli zar, per una favola inconsueta, tra amanti e giovini diciassettenni, aipiedi di un albero di natale. L’inconsueto: Lettera ritrovata di Diego Angeli, che ci narra del racconto di due anime perse nella solitudine della sala d’aspetto della stazione. E che a dispetto del fatto che sono sconosciuti l’uno all’altra – e che i tempi non lo consentirebbero, trascorrono la serata a cena a casa di lui. E anche quando percepiscono un’armonia inconsueta tra di loro, all’ora che volge al desio, decidono di separarsi e mai più rivedersi.
L’emozionante e delicato: Il dono di Natale di Grazia Deledda, che ci racconta di un tesoro, della nascita di Gesù… pardon, di un pastorello!
Il commovente e triste: Una torta e una carezza di Dino Buzzati, che ci porta in un’epoca di tate che devote alle famiglie per cui lavorano per lunghi anni, a scapito della possibilità di crearsi una propria famiglia, si vedono ripagate da una tolleranza priva di affetto ma asservita al dovere sociale. Ci parla – Buzzati - della vecchiaia e del sentimento di inutilità, quando chi ci è accanto tradisce il ns tenero attaccamento, la ns devozione ed amore, in un’epoca che inizia ad essere consumistica, a scapito della misericordia.

Lascio per ultimi i due racconti che toccano le corde del cuore e che sono dei capolavori, entrambi ambientati in tempo di guerra. Giovannino Guareschi con La Lettera: Lager di Beniaminovo, 24.12.1943: in un campo di concentramento, grazie alle convenzioni internazionali, viene data ai soldati una cartolina da compilare, con le istruzioni in tedesco (naturalmente), sì che i soldati italiani si devono arrangiare a capire cosa si vuole da loro. 24 righe in cui dovranno comunicare con i propri cari, stando attenti a lasciare lo spazio per la risposta. Di spazio per scrivere con il lapis ce n’è poco, così si devono inventare nuove parole, incrociandole fra loro, per riuscire a dire tutto ciò che si ha nell’animo. Una lettera che il ns soldato vorrebbe scrivere alla moglie, di una liricità e poetica sconvolgente… “Signora, io cerco un po’ di luce, un po’ di tiepida serenità, e invece non trovo che buio e freddo e non posso ravvisare nel buio il volto di mio figlio, e sui laghi e sulle spiagge tutto è spento ed abbandonato e tutto è silenzio, e io rinavigo verso il recinto e torno al mio pagliericcio portando il gelo nelle ossa del nr. 6865. Signora, bisogna che almeno la notte di Natale il mio pensiero, fuggendo dal recinto possa trovare un angolo tiepido e luminoso in cui sostare. Voglio tanta luce: voglio rivedere il vostro volto, voglio il volto dell’antica serenità. Altrimenti, che gusto c’è a fare il prigioniero?” Qui ebbi l’impressione che le 24 righe stessero per finire e m’interruppi. Le righe in effetti erano 138. Con estremo cura cancellai tutto e ricominciai da capo: “Signora, paccami lan-corredo e sigar-tabacco…” E pensai malinconicamente che, come al solito, quando si deve scrivere a casa, non si sa mai cosa dire.
Ed infine Giulio Bedeschi da: Il Natale degli Alpini (in Russia). “Natale 1942, trincee scavate nella neve ed i miei Alpini della Julia infissi nella ghiacciaia, a tenere la linea”. Storie di eroi sconosciuti, di morti inutili per inutili motivi, di lacrime amare e tanta sofferenza. Storie del genere umano che non impara nulla, di giovani che si trovano lontani da casa ad ammazzare altri giovani, dimenticando man mano il motivo di questo loro sacrificio.

Ci sono anche storie allegre, di nascite impreviste in mezzo al deserto, alla Vigilia. Ma chissà perché quelle che ci colpiscono al cuore sono le più tragiche e di queste quindi ho preferito parlarvi.

E come epilogo, non per salutarvi frettolosamente ma per completezza, il libro riporta brevi informazioni sulla vita di ciascuno degli autori.

Ed eccomi pronta a scendere dal treno che mi ha cullata nell’incontro con altre anime. Qualcuna se l’è cavata meglio di altre e mi sovviene che prima dell’Ultimo vi avevo lasciati con un romanzo di speranza, mentre in questo Nuovo Anno inizio con vestigia antiche, sofferenze e morti. Ora scendo, chissà che nel prossimo convoglio io non incontri la luce e decida di farvi posto nello stesso scompartimento.

A presto,




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