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lunedì 29 marzo 2021

Recensione #387 - La ragazza nell'ombra di Lucinda Riley

Buongiorno lettori, torno oggi con una nuova recensione. Quella de La ragazza nell'ombra, di Lucinda Riley, terzo volume della serie Le sette sorelle edita da Giunti, pag. 640.


Trama:
 Silenziosa ed enigmatica, appassionata di letteratura e cucina, Star è la terza delle sei figlie adottive del magnate Pa' Salt e vive da sempre nell'ombra dell'esuberante sorella CeCe. Fin da piccole le due sono inseparabili: hanno un linguaggio segreto che comprendono solo loro e hanno passato gli ultimi anni viaggiando per il mondo, guidate dallo spirito indomito di CeCe, di cui Star è abituata ad assecondare ogni desiderio. Ma adesso, a solo due settimane dalla morte del padre, CeCe decide che per entrambe è arrivato il momento di fissare un punto fermo nelle loro vite e mostra a Star il magnifico appartamento sulle rive del Tamigi che ha intenzione di comprare per loro. Per la prima volta nella sua vita, però, Star sente che qualcosa in lei è cambiato: quel rapporto quasi simbiotico sta rischiando di soffocarla. È ora di trovare finalmente la propria strada, cominciando dagli indizi che Pa' Salt le ha lasciato per metterla sulle tracce delle sue vere origini: una statuetta che raffigura un gatto nero, il nome di una donna misteriosa vissuta quasi cent'anni prima e il biglietto da visita di un libraio londinese. Ma cosa troverà tra i volumi polverosi di quella vecchia libreria antiquaria? E dove vuole condurla realmente Pa' Salt?

Eccomi qua, al terzo volume, dopo un così e così e un ni dei volumi precedenti sono di nuovo qui con la serie Le sette sorelle. Come è andata questa volta? Ora provo a spiegarvelo in questa recensione un po' delirante.

"Secondo la leggenda, Asterope è sempre in compagnia di Celaeno, più forte e vivace di lei. Il loro legame mi affascinava molto: schiacciate da una famiglia ingombrante, Star e CeCe vivono in una sorta di dipendenza reciproca e stabiliscono tra loro un legame molto stretto."
Spesso durante la mia vita di lettrice mi sono sentita dire che leggo in modo cerebrale. A volte mi è stato detto come un complimento, intendendo che riesco a cogliere cose che normalmente i più non colgono, altre mi è stato detto come un grande difetto, insinuando che non mi lasciassi trasportare abbastanza dal cuore.
Non so quale sia la verità e forse la verità non esiste. Non è una cosa unicamente positiva, come non è una cosa unicamente negativa. Fatto sta che quando c'è da lasciarsi andare io mi lascio andare con il cuore e tutta me stessa ma, quando la parte emotiva non decolla, allora probabilmente divento più riflessiva e cerco di andare a fondo nel libro che sto leggendo, evitando di essere superficiale, evitando di pensare solamente se quella lettura mi sia piaciuta o no.
E non è colpa mia se determinate riflessioni mi si affacciano alla mente in modo prepotente.
Bene, vi starete chiedendo, perché tutto questo pippone introduttivo? Perché, come sapete, ho deciso di leggere tutta la serie delle sette sorelle di Lucinda Riley nonostante il primo mi sia piaciucchiato e il secondo un po' meno. Ho voluto farmi un'idea personale di una così chiacchierata serie quindi eccoci qui.
Il problema è che questi libri, a mio avviso, sembrano sempre mancare di qualcosa. Una volta è la storia del presente ad avere qualcosa che non mi torna, una'altra la storia del passato sembra essere mozzata o buttata lì, giusto per concludere in qualche modo la questione. Ora ho letto il terzo e, dopo aver gioito per la mancanza delle 100 pagine iniziali di riassunto sulla morte di Pa' Salt vista da ottocento punti di vista, mi sono sentita da subito catapultata nella storia. Mica poco no? Peccato che dopo aver lasciato il classico indizio a Star l'autrice abbia deciso di farle incontrare - in poche pagine - le persone giuste con cui casualmente una come lei, solitaria, senza rapporti personali, dipendente totalmente dalla sorella CeCe inizia un rapporto talmente profondo da fare invidia alle più social influencer degli anni duemila. 
Ma sicuramente la storia del passato si riprenderà, ho pensato io. 
Ecco, la storia al passato... Una storia che nasce da una frase in cui un certo Mouse dice a Star, testuali parole: "Comunque, ti ho portato questa. È una mia breve trascrizione dei diari che Flora MacNichol ha tenuto da quando aveva dieci anni fino al compimento dei venti."
Dopo una frase così cosa vi aspettereste? Un diario no? Bello ho pensato, ha dato un taglio diverso a questo nuovo libro, ha rivoluzionato un po'la classica struttura che aveva utilizzato fino a qui. E invece no, giro pagina e mi ritrovo all'interno del solito romanzo nel romanzo, una storia che nulla ha a che vedere con un diario e che viene raccontata in terza persona ( ma perchè?) e che si sofferma su sensazioni e descrizioni che sarebbe difficile ricavare da un diario. Perché? Perché Lucinda mi fai questo? Perché non osi mai? Perché ti accontenti che l'impianti narrativo della storia sia ancora uguale a se stesso? Perché???
Dai, direte voi, non essere così dura! Quello è il suo stile, se conosci la Riley lo sai e lo accetti per quello che è. Beh no, non ce la faccio, perché io sette libri che sembrano essere tutti un po'uguali a sé stessi faccio fatica ad accettarli. Ma ok, magari mi aspetto troppo? Magari sono troppo puntigliosa? In fondo non posso decidere di aspettarmi qualcosa ed essere poi delusa se quel qualcosa non arriva... anche se quel qualcosa - il diario - mi viene promesso più e più volte!
Ma cerco di dimenticare quel dettaglio e provo a spiegarvi le mie impressioni sulla storia.
Quella del passato è ambientata nelle campagne Inglesi all'inizio del 1900 e, sarà che ultimamente mi sto buttando nella rilettura o nella lettura di classici mai letti, questa storia mi è sembrata - nella prima parte - un po' una brutta copia del grande classico: una giovane che si scontra a cavallo con un ragazzo che poi si ritroverà a casa come ospite dei genitori, una sorella minore che non vede l'ora di trovare marito e di essere presentata in società, al contrario della protagonista che vorrebbe essere istruita come un uomo e non pensa minimamente a cercare un marito ma che, appena vede un uomo piacente, perde la testa ma continua a fare la dura per non ammetterlo. Una bella, bellissima, praticamente una bambolina, l'altra assolutamente meno piacente, incapace di comportarsi come converrebbe ad una ragazza del suo rango e totalmente ribelle e refrattaria alle regole... Di chi si innamorerà il bel giovanotto? Serve veramente che io ve lo dica?
Aaaaaarghhhhhhhh perché? Una storia piena zeppa di cliché che non mi ha dato la possibilità di affezionarmi - in un primo momento - ai personaggi che mi sono sembrati delle macchiette che fanno quasi il verso ai potenti protagonisti di Orgoglio e pregiudizio o di Jane Eyre, giusto per citarne due. E leggere questo romanzo in contemporanea con il gruppo di lettura di Cime tempestose ha purtroppo fatto emergere anche la differenza di scrittura tra le due autrici. Elegante e potente quella della Brontë, banale e poco coinvolgente quella della Riley.
Sicuramente con lo scorrere delle pagine la trama migliora, diventa meno banale, l'attenzione del lettore riesce ad essere conquistata, i personaggi iniziano a prendere corpo, si staccano un po' dai cliché e tutto diventa meno faticoso, grazie anche a un paio di colpi di scena meno scontati.
Un elemento che mi è piaciuto nella parte del passato è l'intreccio tra la storia di Flora con quella della scrittrice per bambini Beatrix Potter oltre che l'inserimento nelle vicende della figura di Edoardo VII ma, lo sappiamo, se c'è una cosa che la Riley sa fare è inserire nelle sue storie personaggi e fatti noti - romanzandone la vita - facendoli interagire perfettamente con la finzione, di questo bisogna dargliene atto.
Vogliamo parlare invece della storia nel presente? Anche in questo caso si parte un po' in sordina e lasciando al lettore - almeno a me è capitato - non poche perplessità: Star, da ombra della sorella maggiore diventa in pochissimo tempo una intraprendente donna che passa weekend a casa di gente che praticamente non conosce. E se nei libri precedenti l'avevamo conosciuta come taciturna ragazza di contorno che faceva anche fatica ad esprimere un banale concetto con le sue sorelle - con cui dovrebbe avere una confidenza tale da non avere di questi problemi, nonostante tutto - la ritroviamo qui ad essere al centro dell'attenzione e a sentirsi molto bene nel suo nuovo ruolo, quasi che il tornare dalla sorella diventi per lei un macigno, mentre soggiornare in case sconosciute con gente sconosciuta sembri la cosa più normale del mondo. Una bella evoluzione che, è vero, è avvenuta in un centinaio di pagine (che nel libro sono mesi) ma che io ho avvertito come improvvisa e troppo repentina, senza passare per le possibili altre fasi intermedie che una con il carattere e i "problemi" di Star sicuramente avrà passato prima di diventare improvvisamente social.
Molto bello è l'elemento che lega il presente con il passato: High Weald, una dimora del Kent che agli inizi del 1900 apparteneva alla famiglia Vaughan e che si lega indissolubilmente con i personaggi del presente e con la storia del passato di Starr. Una dimora degna dei grandi classici che nel passato ci mostra la sua magnificenza (anche se in decadenza) e che nel presente risulta invece abitata ma totalmente abbandonata in quanto a manutenzione e cura.
L'impianto narrativo del romanzo è - come dicevo - sempre lo stesso: una parte al presente raccontata in prima persona dalla sorella di turno e una parte al passato che diventa un romanzo nel romanzo anche se in questo caso ho trovato forse le vicende un po' più complete, senza le lacune che avevo ad esempio riscontrato nel libro di Ally in cui ad un certo punto mi è sembrato si mozzasse la storia un po' a metà, per passare ad un'altra sicuramente meno interessante.
C'è da dire che caspita, che culo - si può dire culo? - hanno queste sorelle che trovano senza problemi familiari che non hanno mai conosciuto e che gli offrono amore, eredità, sorrisi e chi più ne ha più ne metta... proprio come nella vita reale eh!!! 
Alla fine troviamo sempre un capitolo dedicato alla sorella successiva - in questo caso Cece - che fa un po' da collante tra i singoli romanzi ma che il lettore si immagina che esista ancora prima di arrivare a leggerlo. 
Ora, mi chiedo, perché fare sette libri con una struttura totalmente identica? È vero, le storie sono diverse ma in realtà sembra sempre di stare nello stesso limbo, almeno questa è la sensazione che ho avuto io quindi mi chiedo: come sarò quando arriverò al settimo libro? Riuscirò a non essere totalmente annoiata dalla faccenda?
Inizio a chiedermi se per la Riley non sia stato un progetto un po'troppo ambizioso, quello di scrivere ben 7 libri incatenati in questo modo, se non ci sia in ognuno una ricerca di un qualcosa per renderli a loro modo unici. Perché non sperimentare invece di creare delle storie totalmente commerciali e stereotipate?
Forse sembrerò troppo dura ma tant'è, sono onesta, lo sapete.
Detto questo non posso neanche dare un voto totalmente negativo al romanzo perché alla fine, dopo l'arrabbiatura iniziale per la mancanza del diario promesso - che non è arrivato mai! - e dopo la constatazione di essere forse io troppo esigente, mi sono ritrovata a leggere con una certa velocità e con una voglia che, invece di scemare, è cresciuta man mano che mi avvicinavo alla parola fine. La scrittura della Riley è molto semplice, non particolarmente ricercata, ma comunque godibile; questo glielo devo riconoscere.
Ho trovato alcuni personaggi del presente - come Orlando, Rory e Mouse - decisamente interessanti anche se il mio cuore non è stato rapito da nessuno in particolare e questo sicuramente ha fatto sì che io leggessi ancora più cerebralmente di quello cui sono abituata.
Chiudo questo libro con un'altra sufficienza senza grande trasporto ma con ancora di più l'incaponimento a voler andare fino in fondo, con il rischio di farmi male.
E voi, avete voglia di raccontarmi il vostro pensiero - sia che sia uguale, sia che sia opposto al mio - su questo romanzo o su questa serie?
Sono sempre curiosa di provare a trovare una chiave di lettura diversa dalla mia e magari più appassionata, per capire cosa possa essermi sfuggito e non aver colto!
 



VOTO:









4 commenti:

  1. Ciao Dany! Da quando ho letto questo romanzo è passato un po' di tempo, quindi non sono in grado di argomentare bene la storia in sé, anche se ricordo che anch'io avevo constatato come la timida Star si fosse ambientata un po' troppo in fretta con dei perfetti sconosciuti. Quello che posso dire è che a me la Riley piace proprio perché le sue storie sono abbastanza fuori dal mondo, perché mi fanno dimenticare completamente la vita reale quando ho bisogno di prendermi una pausa. Se esce un suo libro prima di un lungo viaggio in aereo (forse dovrei parlare al passato) lo compro e me lo porto sempre dietro, perché è l'unica che riesce a farmi scordare di essere a 10mila metri di quota (ho un po' di paura dell'aereo ma non rinuncio certo a viaggiare per questo!). Lei a me arriva sempre al cuore, non so il motivo ma è così. Lo so che difendo sempre a spada tratta quest'autrice, ma i grandi amori sono difficili da spiegare :-) buona giornata Dany!

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    1. Ciao Nadia! Ma io ti capisco, a volte non ci sono ragioni particolari con cui un autore o un'autrice ci arrivino al cuore, ed è bello proprio così! Io non demordo e continuo la serie e anche in questo caso ti dico di non chiedermi perché ma sento di dover andare avanti! 😜

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  2. io più volte sono stata tentata di iniziare a leggere questa autrice ma ogni volta qualcosa mi ha spinto a non farlo. forse non è la lettura adatta a me

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