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martedì 13 aprile 2021

Recensione #390 - Joyland di Stephen King

Buongiorno lettori, eccomi di nuovo qui con una recensione, si tratta di quella di Joyland, di Stephen King, edito da Sperling & Kupfer, pag. 351.


Trama:
Estate 1973, Heavens Bay, Carolina del Nord. Devin Jones è uno studente universitario squattrinato e con il cuore a pezzi, perché la sua ragazza lo ha tradito. Per dimenticare lei e guadagnare qualche dollaro, decide di accettare il lavoro in un luna park. Arrivato nel parco divertimenti, viene accolto da un colorito quanto bizzarro gruppo di personaggi: dalla stramba vedova Emmalina Shoplaw, che gli affitta una stanza, ai due coetanei Tom ed Erin, studenti in bolletta come lui e ben presto inseparabili amici; dall'ultranovantenne proprietario del parco al burbero responsabile del Castello del Brivido. Ma Dev scopre anche che il luogo nasconde un terribile segreto: nel Castello, infatti, è rimasto il fantasma di una ragazza uccisa macabramente quattro anni prima. E così, mentre si guadagna il magro stipendio intrattenendo i bambini con il suo costume da mascotte, Devin dovrà anche combattere il male che minaccia Heavens Bay. E difendere la donna della quale nel frattempo si è innamorato.

Sono stata per anni un'appassionata di Stephen King. Avevo circa quindici anni quando l'ho scoperto su una bancarella dell'usato in una località di mare in cui mi trovavo con i miei genitori. Da quel momento per un periodo lessi solo King, recuperando tutti i libri che fino a quel momento erano stati pubblicati. Poi sono diventata adulta, King ha virato le sue opere più sul genere misto fantasy ed io ho preso altre strade senza però mai rinnegare il mio amore per lui. Qualche tempo fa ho poi riprovato con i libri più recenti leggendo Mr Mercedes che non mi è piaciuto ma non mi ha fatto impazzire. Nei giorni scorsi ci ho riprovato con Joyland, che sonnecchiava nella mia libreria da tantissimo tempo. Ho letto diversi pareri su questo romanzo e la pecca che gli viene contestata e che sia molto diverso dal vero King. Non so se esista un vero King e quale sia a questo punto perché io, dopo quasi trent'anni, ho invece ritrovato sulla pelle quel brivido che mi regalava il King che amavo, quella voglia irrefrenabile di leggere senza staccarmi e quel immergermi completamente nelle atmosfere che mi venivano raccontate che ho sempre vissuto ai miei "tempi d'oro con King".

"Ero un verginello di ventun anni con aspirazioni letterarie. Avevo tre paia di blue jeans, quattro di boxer, un rottame di Ford (con una buona radio), sporadiche idee suicide e un cuore spezzato. Che dolce, eh?"
La storia è quella di Devin Jones che ormai adulto ci racconta la sua storia, quella di un ragazzo poco più che ventenne che per raggranellare qualche soldo, nel 1973, durante l'estate, grazie alla pausa dei corsi universitari, trova lavoro a Joyland un parco dei divertimenti sulla costa di Heaven Bay, in Carolina del Nord.
Per tre mesi si unirà a un altro gran numero di studenti in pausa diventando i tuttofare del parco e regalando il divertimento alla gente. Da subito il parco appare come un luogo misterioso, le voci di una ragazza uccisa all'interno del Castello del Brivido anni prima aleggiano tra i dipendenti e incuriosiscono Devin, che si ritroverà e fare domande su quell'avvenimento e a scoprire più di quello che si aspetterebbe.
È vero, non è una storia particolarmente geniale ma sicuramente è capace di creare il giusto phatos e la giusta atmosfera sul lettore che si ritroverà a vivere Joyland insieme ai suoi personaggi. Come sempre l'autore arricchisce il tutto con un pizzico di paranormale e con personaggi "speciali" che hanno "poteri speciali" ma non è questo che spicca nel romanzo. Stranamente spicca l'interiorità dei personaggi, le grandi riflessioni che il protagonista - ma anche altri personaggi della storia - si ritrovano a fare, i rapporti di conoscenza che crescono in modo molto profondo e che arricchiscono una storia che altrimenti sarebbe forse rimasta più superficiale e scialba.
Joyland è il tipico parco dei divertimenti che tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo frequentato. La vita dei dipendenti diventa un po' la vita del lettore per quelle 350 pagine ed è davvero semplice immaginarsela grazie alla grande capacità narrativa di cui, si sa, King è maestro.
Sicuramente alcune coincidenze sono un po' troppo da accettare - anche in un libro di King - ma tanti sono i dettagli che mi hanno portato indietro nel tempo. Quella sorta di "luccicanza" che l'autore regala al piccolo Mike mi ha riportato un po' indietro nel tempo, al tempo di Shining, di quella famiglia chiusa in un albergo con i fantasmi di un padre alcolizzato e farla da padrone. Anche in questo caso la storia - tolta qualche immagine sulla spiaggia e nella stanza in affitto di Devin - si svolge tutta al parco ed anche in questo caso i fantasmi del passato tornano a chiedere giustizia; Il parco dei divertimenti non può non far tornare alla mente il famosissimo e inquietante pagliaccio di It e ci sono tantissimi altri dettagli che potrei citare e che mi fanno tornare alla mente suoi libri del mio periodo d'oro.  Ma in questo romanzo più che il terrore si respira aria di riflessioni. L'adulto Devin sembra quasi l'autore che guarda al passato e ai suoi colossi regalandoci questo libro dalla trama molto più semplice ma dai grandi temi importanti: si parla di famiglia, di morte, di malattia, di religione, di amicizia, di legami mancati o sbagliati. Insomma si riflette sulla vita e lo si fa però guardando oltre, con l'espediente di un ragazzo che ancora la vita non l'ha vissuta e che sotto ai nostri occhi diventa adulto. Non so, ho trovato in questo King una sorta di malinconia verso i tempi andati, un romanzo per tirare un po' le somme lasciando ai lettori affezionati tanti piccoli ricordi di quelli che sono stati i grandi libri o i grandi protagonisti del suo successo passato. Magari mi sono fatta un film, forse tutto questo l'autore non lo ha mai neanche pensato ma io l'ho vissuto così, con brivido sottopelle più per i ricordi che ho avuto che per quello che stavo leggendo in questo momento.
E nonostante tutto mi è piaciuto, ho amato il parco con il suo linguaggio inventato, ho amato le insegne colorate, il suo essere già vintage anche nel momento di suo massimo splendore, i suoi lavoratori particolari, ho amato le vecchiette - che poi erano vecchiette? Ora mi viene il dubbio ma io le ho vissute così - aanti del gioco in scatola Scarabeo e sì, ho amato anche i difetti di questo libro. Un libro che io mi sento di consigliare chiedendovi però di scavare un po' oltre l'apparenza.
 



VOTO:










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