Pagine

venerdì 17 settembre 2021

Letture con Marina #146 - Recensione di Amici e amanti di Elizabeth Bowen

Buongiorno lettori, come state? Io sono nel mio classico down settembrino, leggo poco e scrivo ancora meno... Quest'anno si aggiunge un figlio che ha iniziato prima media e il piccolo che avrebbe dovuto iniziare la materna come anticipatario e che invece - ho scoperto solo due giorni prima dell'inizio - sarà inserito a gennaio. Insomma, un delirio!
Per fortuna Marina tiene a galla questo angolino.
Come sempre la mia apatia passerà, portate pazienza e tenete duro anche voi con me!


Rallegriamoci: settembre va così!, tra la perfida Albione, un collegamento con la divina Woolf, un accenno all’adorato James ed un piccolo omaggio a Laura Lepetit, l’editrice femminista, fondatrice nel 1975 della Casa Editrice La Tartaruga, che pubblicava solo libri scritti da autrici, dopo aver scoperto che in Italia nessuno aveva pubblicato “Le tre ghinee” di Virginia Woolf.





Ti
tolo: Amici e amanti
Autore: Elizabeth Bowen
Casa editrice: La tartaruga, 1992
Traduzione: Laura Noulian
Pagine: 234

Trama: Negli anni che seguirono alla Grande Guerra, nel «mondo di maniera» che era l'allora alta società britannica, due sorelle tra loro distanti come il giorno e la notte, Laurel e Janet, vanno in sposa a uomini altrettanto diversi. Laddove l'uno, Edward, è serio e riservato, l'altro, Rodney, gioisce della vita a piene mani. Quando dieci anni dopo le rispettive nozze un soggiorno in campagna li riunisce tutti, le tensioni a lungo tenute educatamente al guinzaglio fanno irruzione nell'arco di una sola, disgraziata settimana. E così, complice la presenza di Lady Elfrida, madre di Edward e suocera di Laurel, e del suo vecchio amante Considine, dal passato dissoluto e libertino, una crepa si spalanca nell'esistenza, tanto ordinata quanto forse insincera, dei quattro giovani sposi. Elizabeth Bowen scompagina una superficie fatta di senno e convenzione, si cala nelle più torbide ragioni del cuore e ci interroga su che fare dell'amore quando questo è passione feroce e non più un tiepido contratto. Prefazione di Natalia Aspesi e postfazione di Grazia Livi.

 

RECENSIONE:   


Non posso non iniziare attirando la vostra attenzione sulla meravigliosa copertina di questo romanzo.

E come se non bastasse, sono rimasta rapita anche dallo stile di quest’autrice irlandese, trapiantata a Londra, anzi: a Bloomsbury. E rispetto a Maria Edgeworth, che ho appena letto, quanto diversa!, e quanto più vicina a noi, pur se parla di Londra e campagna circostante, ambientando il suo romanzo negli anni venti del secolo scorso. Sarà perché ultimamente siamo andati spesso in Gran Bretagna, sostanzialmente a corte o comunque fra la nobiltà – e qui, pur se scendiamo notevolmente di livello nobiliare, direi che siamo più in un’alta borghesia con parentele e contatti ravvicinati alla nobiltà, ma restiamo comunque in tema – insomma, come dicevo, forse per questo nonostante il periodo e l’ambientazione diversi, pur tuttavia non mi sembra di discostarmi poi tanto. Anche qui, pur se con intento e scrittura diverse, c’è “l’intreccio ironico di un mondo snob, legato alle tradizioni (ed ecco qui il collegamento con la Edgeworth), dove i sentimenti bruciano, le passioni non hanno voce e si nascondono dietro i modi educati e l’ipocrisia, con la paura non tanto dello scandalo, quanto di apparire poco eleganti”.

Accennavo poc'anzi all'autrice, che in breve ha scritto racconti e romanzi, nei quali, “ricollegandosi alla raffinata tradizione psicologistica di Henry James e di Virginia Woolf (del cui circola faceva parte), ha analizzato stati d’animo indefiniti e fuggevoli sullo sfondo di un mondo borghese minacciato dall'isolamento e dall'estraneità”.

Un sottobosco di sentimenti mai dichiarati persino a noi stessi, cui fa da contraltare una ragnatela di convenzioni da rispettare, che riconduce in secondo piano tutto ciò che non è quiete e normalità di facciata. E che però sarebbe quel di più che è manifestazione di sentimenti che ci consentirebbe di vivere pienamente.

Una storia semplice come tante, come quelle che potremmo vivere noi stessi e che l’autrice rende in modo elegantemente misurato con sentimenti non detti, mezze parole, a volte anche frasi velenose ma solo riportate, quasi mai enunciate in prima persona: in una parola, l’ambiente di cui abbiamo letto molte volte nei romanzi e che in certo qual modo mi riportano in mente un paio di romanzi di Ivy Compton-Burnett, pur se lo stile qui è meno deciso e mantenuto più con un ritmo esitante, come vedessimo tutte le scene attraverso una luce soffusa, mai sotto la luce diretta di un sole che illumina a giorno anche gli angoli.

Due sorelle diverse fisicamente e nel carattere, ma che si vogliono bene, Laurel e Janet. Due mariti altrettanto diversi: il complicato e nervoso Edward e il solare Rodney. Una ridda ben delineata di personaggi, tra familiari, amici e conoscenti impiccioni. E fra il parentado la divorziata Lady Elfrida, la madre di Edward lo sposo di Laurel, e il suo ex amante Considine, di cui l’altro sposo, Rodney, è il nipote e unico erede. Laurel e Edward si sposano ventenni e sembra filare tutto liscio. Ma percepiamo, forse non subito, che la sorella Janet ama Edward e che forse anche lui… A poca distanza temporale dal matrimonio di Laurel, sua sorella Janet conosce Rodney che la chiede in moglie. Janet accetta, pur non amandolo, ma percependo in certo qual modo una sorta di desiderio. Per loro compare all’orizzonte anche il problema, a livello sociale e nonostante lo scandalo risalga ad almeno una quindicina di anni prima, che le famiglie di imparenterebbero per la relazione neanche tanto clandestina che c’era stata tra Lady Elfrida e l’aristocratico esploratore Considine Meggatt.

A questo spaccato di vita che si conclude apparentemente in modo felice, ne subentra un altro, ad una decina di anni di distanza. Ritroviamo la coppia Edward-Laurel che vive a Londra con i due figli avuti nel frattempo; mentre l’altra coppia Rodney-Janet vive in campagna nella proprietà ereditata da Constantine che vive perlopiù all’estero, con una figlia. Ci sono molte differenze tra i quattro protagonisti, di cui la scelta di vita e l’educazione dei figli non è che la punta dell’iceberg. Ma nonostante tutto, all'apparenza sembra una vita idilliaca, pur tra alti e bassi, con visite scambiate a Natale e Pasqua ed incontri estivi.

Ma ecco che Elizabeth Bowen apre per l’ultima volta il sipario sulla vita di queste due coppie, con relativi figli, parentado e amicizie annesse, con un fulmine a ciel sereno, quando in occasione di una riunione estiva nella tenuta di campagna di Rodney e Janet, si crea l’occasione in cui casualmente tutte le coppie, compresa quella degli ex-amanti Lady Elfrida e Considine, si ritrovino ospiti nello stesso momento. E qui si squarcia il velo delle convenzioni e i rancori, le gelosie e l’amore irrisolti da anni sembrano esplodere con violenza, anche in queste famiglie che hanno fatto della facciata di convenienza, della tranquilla convivenza e del desiderio inespresso il proprio credo. E l’autrice si dimostra maestra nel montare il caso, rendendolo tale anche quando in realtà il soffio di una nuova e più vera vita, chissà forse così desiderata perché così a lungo vagheggiata, in realtà si chiude su sé stesso, facendo molti più danni a causa di interventi esterni, che quella violenta passione attendevano da anni.

E’ una prosa che incanta, quella messa in opera da Elizabeth Bowen, ritenuta - forse a torto – nel circolo di intellettuali londinesi di Bloomsbury, la persona più austera ed indifferente agli amori “liberi”, visti i carteggi scoperti ultimamente da un’insegnante inglese. Chissà se come molti grandi autori, la Bowen scriveva soprattutto di ciò che conosceva meglio, oppure se era in grado di estraniarsi come voce autorale dai suoi romanzi per far parlare i suoi personaggi…

E’ una prosa che a tratti sconfina nella poesia, non fosse che le frasi troppo lunghe non potrebbero reggere tutto il peso della leggerezza che questo altro stile richiederebbe. Ma tra l’ondeggiare dei tendaggi al soffio di una corrente d’aria, riusciamo, per un attimo, solo per un attimo, a scorgere quello che l’autrice ci ha fatto intravvedere e che i protagonisti della commedia non hanno saputo afferrare.

Grande letteratura, per un’autrice celebre ai suoi tempi (1899-1973), ripubblicata e letta di continuo.
A presto




 

Nessun commento:

Posta un commento