Buongiorno lettori, come state? Nuovo venerdì e nuova recensione di Marina.
Parecchi anni fa, caparbiamente, tentai due volte di leggere “Storia di Genji”, perché appassionata di letteratura orientale (così come in precedenza mi ero entusiasmata per il mondo egizio) ed in soprannumero intrigata dalla trama di questo libro. “Genji monogatari” , il Racconto di Genji, è un romanzo dell'XI secolo scritto dalla poetessa e scrittrice Murasaki Shikibu vissuta nel periodo Heian, e viene unanimemente considerato uno dei capolavori della letteratura giapponese così come della letteratura di tutti i tempi. Io sbagliai sicuramente momento, perché in entrambi i casi feci il tentativo in estate durante le vacanze, quando probabilmente pure la mia mente era in stand-by. Da allora m’è rimasto il chiodo fisso di questo libro da leggere, e non capisco se la compulsiva necessità di leggere letteratura orientale mi derivi da una sorta di rivalsa nei confronti di questo libro ancora pressochè inviolato, o se semplicemente questo tipo di letture mi si adatta, essendo un mondo infinito e variegato da poter esplorare.
Autore: Fumiko Enchi
Casa editrice: Safarà editore, 2017
Traduzione: Lidia Origlia
Pagine: 223
Trama: Fumiko Enchi dipinge una storia indimenticabile in cui echeggiano la “Storia di Genji” e le atmosfere di “Madama Butterfly”, in uno dei romanzi più importanti della letteratura giapponeseAlla fine del periodo Edo la moglie di un funzionario del governo, Tomo, viene mandata a Tokyo, dove l’attende un compito straziante: tra le molte ragazze offerte dalle loro famiglie, deve scegliere una giovane rispettabile che diventi la nuova concubina del marito. Tomo esternamente è impassibile, ma il suo cuore ha iniziato a incrinarsi; comincia così la ricerca con rigoroso senso del dovere, intraprendendo un sentiero che la porterà, insieme alle altre donne della casa, a immergersi in un’ombra sempre più profonda. Il romanzo è stato vincitore del Noma Literary Prize, il più prestigioso premio letterario giapponese.
RECENSIONE:
Mi collego quindi al capolavoro di cui poc’anzi ho accennato, che di fatto narra della vita amorosa di Genji, con relativa vita e costumi della società di corte del periodo che prende in esame, per un punto che ha in comune con il libro che ho appena letto, pur se il periodo storico è di molto antecedente. “Vita amorosa e lealtà verso tutte le donne della sua vita”. E in effetti Fumiko Enchi è chirurgica nel suo narrarci la condizione della donna nella famiglia tradizionale della fine dell’Ottocento, e non per caso la traduzione del titolo del suo romanzo è “Il sentiero nell’ombra”, perché è “la strada di accesso secondaria al santuario shintō, tradizionalmente riservata alle donne. È un percorso un po' nascosto, un sentiero, appunto, nell′ombra". In breve l’autrice nata nei primi anni del secolo scorso, che con questo romanzo vinse il prestigioso Premio letterario Noma, ci introduce nella società di fine 1800, all’interno di una famiglia che grazie ai maneggi del violento e senza scrupoli capo-famiglia, assurge ad una posizione di ricchezza prima e di importanza di conseguenza, che consente a tutta la famiglia una vita molto agiata e con vizi da piccoli imperatori, almeno per gli uomini di famiglia. Qui infatti sono descritte le azioni dittatoriali degli uomini, sia all’interno della famiglia che all’esterno nei confronti dei più poveri e deboli, e viene descritta in tutto il suo splendore, pur se di essere di secondaria importanza, tutta la ricchezza di emozioni, pensieri , sentimenti, maneggi, atteggiamenti, credenze ed osservanza ossequiosa delle donne nei confronti dell’uomo, capo della famiglia.
La prima donna di cui osserveremo per tutto il romanzo l’attitudine ad un servilismo umiliante ma nello stesso tempo obbligatoriamente dovuto al marito, nonostante forse l’intelligenza addirittura superiore al consorte, è la moglie Tomo, che nonostante sia dieci anni più giovane del marito e sia stata colta da lui alla giovanissima età di 14 anni, ora, a trent’anni, si vede costretta andare a Tokyo insieme alla figlioletta secondogenita di nove anni per scegliere la concubina “ufficiale” del marito. Non le è consentita neppure la vergogna privata per questa fase della sua vita, perché il marito se ne vanta con superiori, colleghi e sottoposti, che dileggiano la moglie, che da questo momento in poi non è che una segretaria ed amministratrice delle fortune della famiglia, se non nei rari casi in cui il marito deve sfogare la sua violenza e lo fa su di lei. Non la lascerà mai, perché sa che non troverebbe mai nessuno di cui fidarsi più che di lei e nemmeno chi gli amministri le fortune meglio di lei. Avrà numerose amanti ed un’ulteriore concubina, sempre una ragazzina quattordicenne vergine. Trascorrono dieci anni e nel frattempo il capo-famiglia si è ritirato a vita privata, per vicissitudini politiche di cambio di epoca e di gerarchie, ma resta il piccolo imperatore del suo feudo. Nel frattempo deve anche rapportarsi con il figlio che almeno fisicamente è diventato un uomo, anche se per il resto è poco più di un rozzo idiota. E con la di lui seconda moglie, che ne diventa l’amante compiacente, quasi una sorta di geisha che pur di evadere dalla vita capitatale in sorte con questa sorta di ricco ma incapace primogenito, non si tira indietro nello stuzzicare l’ancora vizioso suocero.
La bellezza di questo romanzo è sì nelle dinamiche familiari e sociali che si innescano a causa delle depravazioni del capo-famiglia, ma soprattutto dall’intrico di sentimenti, comportamenti e pensieri derivanti sia dal carattere delle varie protagoniste, in primis la moglie Tomo e la prima concubina Suga, ma anche dalla situazione sociale del Giappone di fine Ottocento, che passa da un impero feudale al rinnovamento voluto dalla dinastia Meiji, in quel periodo di regno dell’imperatore Matsuhito che venne definito il “periodo del regno illuminato”… almeno per quanto riguarda l’universo “uomo”.
Un romanzo magnifico e scritto con la consueta e devastante poetica degli artisti giapponesi, qui in una trama a dir poco fantascientifica per il mondo così estraneo che narra e al contempo con una sensibilità tutta femminile, che intercala a quanto accennato poc’anzi, descrizioni paesaggistiche, naturalistiche, di oggettistica, stoffe pregiate ed abbigliamento di un Giappone che oramai non esiste più e che, per certi versi, ci fa sognare ad occhi aperti. Un universo leggiadro, ma al contempo ferocemente annichilente, creato da questa scrittrice giapponese famosa per aver esplorato nelle sue opere la psicologia femminile e la sessualità, qui in un narrato in cui si prende cura di una serie di figure femminili, diverse per età, estrazione sociale e carattere, che vivranno a stretto contatto per diversi anni, rimanendo obbligatoriamente separate le une dalle altre dai paraventi della rigida gerarchia che il Giappone ha innalzato per loro.
A presto
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