Ho voluto cominciare questo post con un'immagine, la copia della prima pagina del Corriere della Sera di Venerdì 11 Novembre 1938 giorno in cui il futuro dell'umanità cambiò per sempre, giorno in cui furono approvate le leggi per la difesa della razza.
Da quel giorno milioni di persone furono private della propria libertà e di ogni singolo diritto.
Oggi 27/01/2013 è il giorno della memoria, per non dimenticare che ci fu un tempo, purtroppo per niente lontano, in cui ai bambini fu privata la possibilità di giocare, correre, ridere, sognare e in cui ai genitori della maggior parte di quei bambini fu privato di vederli crescere, diventare adulti, avere una famiglia e fare dei figli; ci fu un giorno in cui per molte, moltissime persone niente fu più come prima.
Come posso fare finta di nulla in un giorno particolare? Come posso girarmi dall'altra parte e parlare d'altro?
Non posso e credo non mi biasimerete.
Chi come me è nato alla fine degli anni '70 ha sicuramente sentito parlare molto spesso dai propri nonni di quei tempi, dei campi di concentramento nazisti, dei momenti di fame e disperazione che l'umanità ha attraversato in quegli anni. Io ricordo di racconti di mio nonno prigioniero di guerra in campi di concentramento, ora pentita di non aver, ai tempi, voluto approfondire le sue parole facendogli domande; ma ero adolescente e quei racconti mi sembravano non interessanti perché erano cose che studiavo a scuola, non mi rendevo conto che i suoi erano attimi vissuti, in cui avrei potuto trovare approfondimenti di emozioni e vita vera che i libri di testo non possono spiegare.
Ora che sono adulta capisco l'occasione che mi sono persa e quindi, pensando un po' al mio caro nonno, mi immergo in questo post utilizzando l'unica maniera che conosco: parlando di un libro, il libro a cui penso quando si parla di questo periodo agghiacciante della storia, un libro che io consiglierei a tutti, soprattutto i bambini: il Diario di Anna Frank.
Ho cominciato a frequentare le scuole elementari negli anni '80, quando l'insegnante era una sola, passava l'intera mattina insieme ai suoi alunni e insegnava ogni materia, dalla matematica alla geografia, dall'italiano all'educazione fisica; per noi era come una seconda mamma perché il tempo che avevamo per stare insieme a lei era paritario a quello che effettivamente trascorrevamo con le nostre vere mamme. La mia si chiamava Mina, era un personaggio particolare, molto severo e un po' folle che grazie alla grande quantità di tempo che aveva a disposizione poteva sperimentare con noi delle forme di insegnamento molto particolari. E' per questo che aveva istituito il quadernone blu, dedicato ad una materia speciale: il diario di Anna Frank. Tra le ore che dedicavamo a tutto il resto ce n'erano alcune che passavamo unicamente a leggere, commentare e illustrare il diario di Anna Frank. Credo che questo sia il primo vero libro che ho letto, un libro che ho nel cuore, che mi è entrato dentro come una seconda pelle e che mi ha fatto già allora impaurire, emozionare, sognare e riflettere; perché leggevo da bambina una storia raccontata da una bambina come me che aveva vissuto in un mondo che io faticavo anche solo ad immaginare. Questa mattina ho cercato in cantina quel quaderno perché volevo rivivere un po' quei momenti ed ho trovato al suo interno disegni, riflessioni, poesie ma la cosa che emerge è che quando descrivevo Anna nei miei scritti, continuavo a ripetere che lei nonostante la sua prigionia, nonostante vivesse nascosta per non farsi scoprire dalle SS, era felice perché consapevole di essere nonostante tutto in vita; questo mi colpiva leggendo il diario. Quando mio figlio avrà una decina d'anni gli mostrerò questo quaderno e se ne avrà voglia la curiosità leggerò con lui questo libro, un libro da leggere per non dimenticare, perché solo non dimenticando e facendo conoscere ai giovani tutto questo si può cercare di evitare che si ripeti.
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