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mercoledì 31 agosto 2016

Quattro chiacchiere con gli autori: Intervista a Valentina D'Urbano


Buongiorno lettori, evento importante oggi, qui sul blog. Come ormai saprete il 25 agosto è uscito nelle librerie l'ultimo lavoro della bravissima Valentina D'urbano - che io ho avuto l'onore di leggere in anteprima e recensire qui - intitolato Non aspettare la notte ed edito da Longanesi
Il post di oggi fa parte di un'iniziativa in cui sono stata coinvolta grazie all'ufficio stampa di Longanesi che ha organizzato sei giorni di interviste a Valentina su altrettanti blog letterari di cui trovate il calendario qui di seguito. Se vi siete persi le interviste di Alessia del blog Il profumo dei libri e di Denise del blog Reading is Believing correte a recuperare!



Basta chiacchiere, vi lascio con le notizie sul libro e con le domande cui Valentina ha gentilmente risposto per me e per tutti voi!

Titolo:Non aspettare la notte
Autore: Valentina D'Urbano
Pagine: 350
Pubblicazione: 25 agosto 2016 - Longanesi

Sinossi: Nel giugno del 1994 Roma sta per affrontare un’altra estate di turisti e afa quando ad Angelica viene offerta una via di fuga: la grande villa in campagna di suo nonno, a Borgo Gallico. Lì potrà riposarsi dagli studi di giurisprudenza. E potrà continuare a nascondersi. Perché a soli vent’anni Angelica è segnata dalla vita non soltanto nell’animo ma anche su tutto il corpo. Dopo l’incidente d’auto in cui sua madre è morta, Angelica infatti, pur essendo bellissima, è coperta da cicatrici. Per questo indossa sempre abiti lunghi e un cappello a tesa larga. Ma nessuno può nascondersi per sempre. A scoprirla sarà Tommaso, un ragazzo di Borgo Gallico che la incrocia per caso e che non riesce più a dimenticarla.
Anche se non la può vedere bene, perché Tommaso ha una malattia degenerativa agli occhi e i momenti di buio sono sempre più frequenti rispetto a quelli di luce. Ma non importa, perché Tommaso ha una Polaroid, con cui può immortalare anche le cose che sul momento non vede, così da poterle riguardare quando recupera la vista. In quelle foto Angelica è bellissima, senza cicatrici, e Tommaso se ne innamora. E con il suo amore e la sua allegria la coinvolge, nonostante le ritrosie. Ma proprio quando sembra che sia possibile non aspettare la notte, la notte li travolge.

Valentina D’Urbano è nata nel 1985 a Roma, dove vive e lavora come illustratrice per l’infanzia. Il rumore dei tuoi passi, suo libro d’esordio uscito con Longanesi nel 2012, è stato un vero e proprio caso editoriale, vincitore del Premio Città di Penne Opera Prima e Premio Cultura Mediterranea Fondazione Carical. In seguito sono apparsi Acquanera (2013), Quella vita che ci manca (2014) e Alfredo (2015). I suoi romanzi sono stati pubblicati in Francia e in Germania, ottenendo importanti riconoscimenti da parte della critica.

1. Nei tuoi libri svisceri sempre la sofferenza dei protagonisti e metti il lettore a contatto con realtà forti dal punto di vista emotivo. Da cosa trai spunto per scegliere le tue storie? Cosa incide su quelle che saranno le tue storie e sui tuoi personaggi?

Uno scrive sempre quello che gli piacerebbe leggere. Io amo molto le storie d’amore, ma devono essere particolari: non mi interessa la bella inconsapevole che sposa il miliardario tenebroso, non fa per me. Mi piacciono le storie tra disgraziati, voglio vedere come riescono a sbrigarsela, fino a che punto arrivano. Mi piace raccontare la fragilità, gli sbagli, le miserie. Le donne che scelgo come protagoniste sono spesso bruttine, sono anatroccoli che non diventano cigni con una seduta dal parrucchiere: si fanno amare pure da anatroccoli. Anche in Non aspettare la notte, Angelica è potenzialmente bellissima, ma sfigurata da un incidente.
Anche lei ha le sue croci da portare.

2. Figli degli anni ’70, è questo che sono Tommaso e Angelica. Quanto ha inciso sulla tua storia questa scelta? Credi che se fossero stati ventenni nel 2016 invece che negli anni ‘90 sarebbero in qualche modo cambiati? Per quanto mi riguarda credo che di certo Tommaso non avrebbe avuto un Ciao e una Polaroid e questo forse avrebbe reso la loro storia molto meno romantica!

Ambiento le mie storie sempre negli anni ’80 e ’90 perché non c’erano smartphone e pc, non c’era facebook e whatsapp e si comunicava in modo diverso, un modo che risulta molto più immediato e romantico quando viene narrato in un romanzo. Nel libro, Tommaso nel momento in cui incontra Angelica per la prima volta la vede tutta sfocata, e la coglie di sorpresa scattandole una Polaroid, per poterla guardare più tardi, quando recupererà la vista. È una scena che mi piace molto, ma “trasportarla” ai giorni nostri è tremenda: Tommaso che scatta una foto con lo smartphone e Angelica che lo blocca su facebook perché crede sia matto.
Insomma, distrugge tutto il romanticismo! 

3. Le madri nei tuoi libri rispecchiano pochissimo l’immaginario collettivo di figure dolci, amorevoli che sfornano torte fatte in casa, sto pensando in particolare a Onda di Acquanera e ad Irene, madre di Angelica in questo Non aspettare la notte. Come mai questa scelta così particolare?

Mi piacciono molto i personaggi borderline, mi piace scrivere di loro e indagare personalità così complesse. Soprattutto quando queste personalità difficili appartengono a quelle che nel sentire comune sono figure sempre positive e nella letteratura sono spesso edulcorate: Le madri.
Trovo che sia stimolante cercare di rovesciare l’archetipo, raccontare un altro tipo di maternità, come in Acquanera dove Onda rifiuta sua figlia e la crede responsabile di tutti i suoi fallimenti, o come in Non aspettare la notte dove la madre di Angelica è la distruttrice di tutto, ma anche il motore che fa partire la storia.

4. Anche in questo libro come nei precedenti i personaggi collaterali hanno dei ruoli molto importanti e non solo di contorno. In Non aspettare la notte in particolare c’è Giulia, che con la sua impossibilità di essere madre e con la sua vita matrimoniale turbolenta diventa per Angelica una figura molto importante. Quanto credi che sia importante in un romanzo arricchire la storia in questo senso?

È fondamentale per dare solidità e credibilità alla storia, che altrimenti diventa un teatrino tra due innamorati che recitano davanti a uno sfondo vuoto, e tutto accade solo ed esclusivamente in funzione di loro. Ma la vita reale non è così, e quando si scrive di narrativa bisogna avvicinarsi il più possibile alla realtà, anche se magari la storia è inventata di sana pianta. Ecco perché la presenza di comprimari ben sviluppati e con una loro personalità definita è importantissima: La vita non è fatta solo di due cuori e una capanna, fuori c’è tutto il resto e va raccontato.

5. Come è nato il titolo Non aspettare la notte? Lo hai pensato tu durante la scrittura o è nato attraverso il confronto con la casa editrice durante il lavoro di editing?

È nato attraverso il confronto con la casa editrice. Io avevo pensato a un titolo ma era già stato usato, loro ne avevano proposto uno che però non mi convinceva. Alla fine Non aspettare la notte ha messo d’accordo tutti.

6. In questo tuo ultimo lavoro nonostante i temi molto importanti ed anche dolorosi che affronti ho notato un tono meno cupo rispetto a quello riscontrabile nei precedenti. Non emerge principalmente la sofferenza – nonostante i protagonisti ne provino moltissima ed il lettore la possa toccare con mano in diverse occasioni – ma emerge l’amore totale di due ragazzi che si trovano ad essere uno il complemento perfetto dell’altra. Come scegli il taglio da dare alle tue storie?

Il taglio non lo scelgo io, lo scelgono i miei personaggi. A seconda di come nascono e come crescono porteranno avanti la storia. In questo caso la parte del leone la fa Tommaso: a differenza dei miei precedenti protagonisti maschili lui è non è cupo, anzi: è brillante, ironico, ha un carattere forte, e uno slancio ottimistico verso la vita. In questo romanzo la parte fragile della coppia è Angelica. Se Tommaso volesse potrebbe distruggerla con un attimo, ma non vuole: la ama di un amore sano, vuole solo proteggerla. Fino a che…

7. Un’ultima domanda. Ad un certo punto del romanzo scrivi: “Giulia ricordava bene com’era avere vent’anni, le cose che lasci andare per la paura di esporti, i salti che non fai perché non sai come atterrare.” C’è qualcosa che hai lasciato andare a quell’età e che ancora ricordi o rimpiangi?

No, anzi. A distanza di dieci anni ho capito che le cose che se ne sono andate non avevano nessun valore, mentre quelle importanti sono rimaste o sono tornate . Per il resto, senza saperlo stavo facendo un percorso che mi avrebbe portato dove sono ora, quindi se ci sono salti che non ho fatto, sono felice di non aver saltato. Non rimpiango niente, neanche le cazzate.

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Con questo è tutto, spero che questa intervista  vi abbia incuriosito e interessato. Vi consiglio - se non lo avete già fatto - di recuperare e legge questo libro che non vi deluderà!

lunedì 29 agosto 2016

Recensione #144 - Cosa resta di noi di Giampaolo Simi

Buongiorno carissimi, come state? Già al lavoro o ancora in vacanza? Per me ancora qualche giorno di ferie e poi si ricomincerà con la solita vita. Torno oggi con la prima recensione dopo la pausa estiva. Vi lascio il mio pensiero su Cosa resta di noi di Giampaolo Simi edito da Sellerio editore Palermo, pag. 312

Sinossi: Un noir che disturba e sorprende, una tensione che sale piano come la marea. La storia di un amore che lentamente si trasforma in veleno, di un vuoto intimo che trasfigura una ragazza meravigliosa. In questo senso "Cosa resta di noi" fa pensare ai romanzi di Patricia Highsmith. Guia, la protagonista, chiama "morte vista al contrario" la sua impossibilità di avere un figlio: "una vita che non solo non inizia ma non riesce nemmeno ad essere concepita". Eppure è una ragazza nata per essere felice, di antica famiglia, scrittrice indirizzata al successo, sposata con un uomo che ama ed è pazzo di lei. Ma è in questa unione di felici che si infiltra il "lutto al contrario" del figlio mancato, come una crepa che si allarga e non si può fermare. Edo, il marito, il Narratore, segue le scene da questo matrimonio che si sta suicidando, nel letargo dorato degli inverni in Versilia, mentre Guia riversa in un prossimo romanzo tutta la sua disperazione e scrive di un tempo diverso da quello che stanno vivendo. Intorno le quiete banalità di coloro che "hanno tempo, soldi ed energie in surplus". Ma ad un tratto lo scenario cambia. Nella vita di Edo appare un'altra donna che però, pochi giorni dopo, svanisce nel nulla inspiegabilmente. La sua scomparsa diventa il caso del momento, segna l'irrompere di una realtà cieca e distruttiva nella crisi che Edo e Guia stanno cercando di affrontare.

Avevo adocchiato questo libro a novembre, durante lo scorso bookcity che si è tenuto a Milano. Diversi autori Sellerio, tra cui un divertentissimo Malvaldi, prendevano parte ad un incontro dedicato al giallo e tra tutti uno ha stuzzicato la mia curiosità: proprio Giampaolo Simi con il suo Cosa resta di noi, ambientato in uno stabilimento balneare della Versilia.
Edo e Guia sono una coppia come tante, con un matrimonio felice e una vita lavorativa avviata e sicura. Solo un neo macchia la felicità di quella coppia: l'impossibilità di avere un figlio, quel figlio che, soprattutto per Guia è diventato un'ossessione, quel figlio che cercano di aiutare a venire al mondo con continue visite e inseminazioni nella stanza numero 6 dell'ospedale in cui sono in cura da troppo tempo.
È questo il vero protagonista assoluto del libro: un figlio che non esiste, che non esisterà mai; un figlio che si erano illusi di poter cullare come una qualsiasi coppia "normale". Un figlio cui Guia dedicherà un libro, dandogli sembianze, un nome, una vita.
Ma cos'è la normalità? Quanto la mancanza di un figlio può incrinare un rapporto familiare? Tutto ruota intorno a questo, sviscerando la sofferenza, le speranze, le angosce di un uomo e una donna che arrivano irrimediabilmente ad allontanarsi.
Il noir in realtà è solo un contorno a questa vicenda, un effetto dell'allontanamento fisico e mentale, un effetto dell'insoddisfazione di un uomo che non riesce più a fare sesso solo nei giorni stabiliti, a scadenza regolare in sintonia con l'ovulazione, con l'unico scopo di creare un figlio che, ormai si sa, non arriverà mai.
Non è una giustificazione ovviamente, ma questi sono i fatti. Guia ed Edo vivono per molto tempo divisi. Lei scrittrice che dedica ai suoi progetti lavorativi tutte le energie che le rimangono oltre al tanto agognato figlio; lui che con il lavoro allo stabilimento balneare - di cui i suoceri sono i proprietari ma di cui di fatto lui è l'unico gestore - resta per molti mesi invernali solo, alle prese con una ristrutturazione importante ed invischiato tra le beghe di due ex fidanzati ai ferri corti.
È così che conosciamo tutti i protagonisti della vicenda, è cosi che con Edo, che funge da voce narrante, ci apprestiamo a trascorrere il nostro primo inverno a Viareggio, guardiamo la stagione estiva assopirsi, guardiamo i turisti che pian piano lasciano quel bagno così tanto frequentato nella stagione più calda; è così che conosciamo Anna, venditrice di piastrelle, anima triste e sola, con una vita amorosa turbolenta, , anche lei alla ricerca di qualcosa. E mentre Anna ed Edo pian piano si avvicinano, diventano amici, iniziano a pensare una all'altro, iniziano a flirtare come ragazzini tutto assume un colore rosso, quello della passione improvvisa ma anche quello della gelosia.
Una sola volta non potrà fare danni, pensa Edo. Chi mai potrà scoprire quella sua scappatella dettata non dall'amore ma dalla necessità di fare sesso in maniera naturale, senza scadenze? In teoria nessuno, in pratica tutto cambia visto che la donna con cui fa sesso sparisce subito dopo. Siamo ben oltre il 60% del libro quando la trama prende questa piega noir e ci ritroviamo a cercare di capire cosa sia successo - anche se in realtà noi sappiamo praticamente già tutto -  una piega piacevole che comunque non assume un carattere predominante. Quello che per tutta la storia emerge è invece il tentativo di raccontare una coppia, in tutti i suoi risvolti più distruttivi, più disarmanti, più veri; tutto il resto per quanto mi riguarda è solo contorno che serve ad andare ancora più a fondo nei risvolti umani della faccenda.
È il primo libro di Simi che leggo e sono rimasta piacevolmente colpita dalla sua capacità narrativa e dalla grande padronanza con cui fa evolvere la trama. Anche nella caratterizzazione dei personaggi credo sia riuscito a svolgere un lavoro encomiabile, facendone emergere le caratteristiche più profonde, dandogli corpo tanto da renderli quasi reali. È come se per i quattro giorni in cui ho letto questo libro io mi fossi trasferita proprio lì, in quel tratto di mare assopito, tra le cabine in legno, assistendo - grazie ai ricordi di Edo - al nascere di un amore importante e subito dopo assistendo alla sua distruzione. Un libro che consiglio per la sua grande profondità, capace di trattare un tema come la fecondazione assistita senza mai perdere di vista il lettore, mantenendo comunque una trama articolata, ben costruita e molto scorrevole.
Credo che recupererò presto qualche altro libro di questo autore perchè posso dire che il mio istinto al bookcity non si era sbagliato.

 VOTO: 


domenica 14 agosto 2016

Recensione #143 IN ANTEPRIMA - Non aspettare la notte di Valentina D'Urbano

Buongiorno lettori, sorpresaaaaa!!! Lo so, vi avevo annunciato una pausa dalle recensioni del blog in questo mese di agosto che per me – come ogni anno da 38 anni a questa parte – significa ferie e relax.
Oddio che brutto dire 38 ma ormai non posso più fare finta di niente… Oggi è il mio compleanno – tanti auguri a me!!! - e ahimè sono già 38. 

Per fare un regalo a me e a voi ho programmato da tempo questa recensione in anteprima. Ringrazio prima di tutto la casa editrice che mi ha permesso di leggere questo libro con più di un mese di anticipo dalla pubblicazione e che, soprattutto, mi ha proposto di prendere parte ad un’iniziativa di cui scoprirete tutti i particolari a fine mese quindi non perdete d’occhio il blog!!!
Bando alle chiacchiere, vi lascio con il mio pensiero in super anteprima sul libro Non aspettare la notte di Valentina D’Urbano edito da Longanesi, pag. 350


Titolo:Non aspettare la notte
Autore: Valentina D'Urbano
Pagine: 350
Pubblicazione: 25 agosto 2016 - Longanesi

Sinossi: Nel giugno del 1994 Roma sta per affrontare un’altra estate di turisti e afa quando ad Angelica viene offerta una via di fuga: la grande villa in campagna di suo nonno, a Borgo Gallico. Lì potrà riposarsi dagli studi di giurisprudenza. E potrà continuare a nascondersi. Perché a soli vent’anni Angelica è segnata dalla vita non soltanto nell’animo ma anche su tutto il corpo. Dopo l’incidente d’auto in cui sua madre è morta, Angelica infatti, pur essendo bellissima, è coperta da cicatrici. Per questo indossa sempre abiti lunghi e un cappello a tesa larga. Ma nessuno può nascondersi per sempre. A scoprirla sarà Tommaso, un ragazzo di Borgo Gallico che la incrocia per caso e che non riesce più a dimenticarla.
Anche se non la può vedere bene, perché Tommaso ha una malattia degenerativa agli occhi e i momenti di buio sono sempre più frequenti rispetto a quelli di luce. Ma non importa, perché Tommaso ha una Polaroid, con cui può immortalare anche le cose che sul momento non vede, così da poterle riguardare quando recupera la vista. In quelle foto Angelica è bellissima, senza cicatrici, e Tommaso se ne innamora. E con il suo amore e la sua allegria la coinvolge, nonostante le ritrosie. Ma proprio quando sembra che sia possibile non aspettare la notte, la notte li travolge.

Angelica e Tommaso sono uniti da un destino crudele; entrambi sono poco più che bambini quando si ritrovano a fare i conti con un avvenimento che gli cambierà totalmente la vita.
Ora sono ventenni. Angelica ha il corpo deturpato dalle cicatrici che gli sono state lasciate addosso da un terribile incidente stradale, quello in cui sua madre è morta cercando anche di toglierle la vita.
Da sette anni, alle tre del mattino, Angelica si svegliava. Non importava dove fosse, non importava a che ora fosse andata a letto o a che ora avrebbe dovuto svegliarsi il giorno dopo. Alle tre in punto il suo orologio interno la obbligava ad aprire gli occhi. E Angelica li apriva, con la sensazione di soffocare e cadere insieme. Dopo, per un po’ non riusciva a addormentarsi
Tommaso è affetto da una retinopatia degenerativa che lo sta rendendo pian piano cieco.
Il problema era che certe volte di punto in bianco diventava completamente cieco, e gli occhiali non servivano a nulla. Inforcò le lenti, attento a non ficcarsi le stanghette negli occhi, e sbattè le palpebre un paio di volte.
Adesso al posto del nero c’erano delle ombre vaghe, avevano la forma dei mobili della sua stanza. Ma mancavano i particolari e non c’erano colori.

La storia è ambientata in un paesino toscano – Borgo Gallico - dove la famiglia di Angelica ha una casa per le vacanze e dove Tommaso abita da sempre. Sono gli anni ’90, quelli in cui il motorino “Ciao” la fa da padrone e quelli in cui il cellulare non esiste – o almeno non è cosa da tutti – e in cui le fotografie vengono rigorosamente stampate – anche in modo automatico se si possiede la “Polaroid”.
Tommaso e Angelica sono figli degli anni ’70, i miei anni, quelli che questo libro mi ha fatto ritornare in mente con grandissima nostalgia.
Lei, romana, è a Borgo Gallico per le vacanze, chiusa in se stessa e nascosta dietro quel cappello a falda larga che nasconde i terribili segni che le devastano il viso; lui in quel paesino ci abita e ci lavora, o almeno ci prova visto che ci sono giornate in cui – sempre più spesso – si risveglia completamente cieco. Si incontrano per caso Tommaso e Angelica, ognuno con i propri problemi, ignari di essere stati amici da bambini, quando la mamma di lui faceva la domestica nella casa di lei.
A quei tempi erano bambini felici e capricciosi come tutti ma ora è completamente diverso, sono due persone nuove, molto differenti dai ragazzi della loro età. Si incontrano e si scelgono, uniti dalla sofferenza.
Tommaso scatta foto con la Polaroid che le ha regalato la sorella per immortalare le cose nei momenti di cecità e rivederle quando la vista decide di tornare; Angelica ha il terrore di essere immortalata in quelle foto perché rivelerebbero al ragazzo il suo vero, terribile aspetto.
Di contorno ai due protagonisti ci sono Tania, sorella di Tommaso che con quella Polaroid gli regala la vista; c’è Giulia, proprietaria della vecchia casa del custode, che non ha paura di guardare Angelica negli occhi nonostante il suo aspetto; c’è Enrico, padre di Angelica che da quel maledetto giorno ha tagliato via da tutte le foto l’immagine di quella che un tempo era sua moglie; c’è Guido, figlio del socio di Enrico, che sembra avere un debole per quella ragazza così particolare. Personaggi che non sono solo una presenza per fare riempimento ma che hanno storie da raccontare, intrecciandosi a quella principale dandogli corpo e sostanza; personaggi che sanno conquistare il lettore da subito.
Valentina anche in questo ultimo romanzo stupisce per la capacità di tenere incollato il lettore facendolo entrare in profonda sintonia con i personaggi. Lo stile è come sempre scorrevole, maturo, descrittivo ma non troppo.
Non aspettare la notte è un romanzo che tocca temi diversi ed importanti come la sofferenza fisica, la malattia, i problemi tra coniugi, ma in cui emerge prepotentemente la speranza, l’amore, la possibilità di dare un calcio ai problemi senza pensare al futuro ma concentrandosi sul presente. E Tommaso la notte non la aspetta, non si dispera nell’attesa di quel buio in cui verrà lasciato dai suoi occhi nei prossimi anni e anzi, permette ad Angelica di ritrovare un po’ di coraggio, quello di vivere alla luce del sole nonostante tutto.
Bellissimo il rapporto che da subito si crea tra questi due personaggi, una sorta di necessità l’uno dell’altra che li fa crescere e maturare anche agli occhi degli altri.

Il loro rapporto non sarà tutto rosa e fiori, entrambi hanno ombre cui dare conto, entrambi hanno la paura che spesso parla per loro ma nonostante la sofferenza e le lacrime che ad un certo punto ho versato, ritengo questo libro molto positivo, molto meno cupo rispetto ai libri precedenti di Valentina – che io ho comunque adorato! – e quindi forse più facilmente apprezzabile da tutti.
Assolutamente consigliato anche perché dal suo primo lavoro ritengo questa autrice una delle migliori che esistano attualmente nel panorama italiano e questo romanzo lo conferma in pieno!
Segnatevi quindi un passaggio in libreria il 25 agosto e tuffatevi in questa emozionante storia.

 VOTO: 


venerdì 5 agosto 2016

Chiacchiere, chiacchiere, bla bla bla #17 - E finalmente me ne vado in vacanza!

Buongiorno lettori, come state? Io benissimo. Dopo una settimana di preparativi intensi, finalmente il camper è pronto (i libri sono nascosti anche tra le mutande ma non ditelo a mio marito che sperava mi portassi solo il kindle!) e con la mia famiglia mi appresto a godermi una ventina di giorni di vacanza direzione Sardegna!!! Ebbene sì, dopo anni che teniamo d’occhio i traghetti quest’anno ce l’abbiamo fatta, prenotando a febbraio! L’idea è quella di visitare la parte dell’isola dalla metà in su, visto che parecchi anni fa siamo stati al sud, quindi se per caso siete di quelle parti magari mi vedrete fotografare di nascosto i bagnanti sulla spiaggia!!! Eh già perché, per quanto possibile, anche quest’anno cercherò di portare avanti la mia carissima rubrica Libri sotto l’ombrellone, che quest’anno compie 3 anni di vita, in cui condividerò con voi – con tanto di prova fotografica – i libri che adocchierò tra le mani degli ignari bagnanti. Dico per quanto possibile perché ovviamente sono in vacanza, quindi non è detto che avrò sempre la voglia di accendere il PC o che avrò sempre una connessione disponibile. Al limite se la cosa si farà complicata trasferirò il tutto sulla pagina facebook che, per alcuni versi, risulta più pratica. Vi ricordo però che, se volete, potete aiutarmi nell’impresa inviandomi via mail all’indirizzo unlibroperamico.dany@gmail.com le vostre foto rubate – senza faccia mi raccomando – dei libri che veramente gli italiani leggono sulle spiagge, con una breve descrizione della persona che lo sta leggendo.
Per quanto riguarda il resto della programmazione, da oggi fino alla fine di agosto il blog si prenderà un po’ di riposo dalle recensioni e dalle altre rubriche.
Diversa sarà invece la mia presenza sulla pagina facebook in cui non mancheranno per tutto il mese immagini del mio viaggio e dei libri che leggerò quindi se volete seguirmi da vicino cliccate mi piace a Un libro per amico
Con questo è tutto! Vi auguro un agosto fatto di meritato riposo, belle letture, famiglia ed affetti sinceri!

giovedì 4 agosto 2016

Chi ben comincia #111 - La 19a moglie di David Ebershoff

Buongiorno carissimi, e buon giovedì. Anche oggi ho deciso di anticipare questa rubrica per necessità organizzative del blog. Ultima puntata pre-vacanze della rubrica Chi ben comincia, ideata da Alessia del blog Il profumo dei libri e dedicata agli incipit dei libri.
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Due giorni fa - qui - vi ho parlato dei libri che ho intenzione di portarmi in vacanza. Oggi condivido con voi l''incipit di uno di questi libri: La 19a moglie di David Ebershoff edito da Giunti. In realtà è un incipit particolare cui Ebershoff sceglie di lasciare l'onore di aprire il libro alla donna da cui ha preso spunto per questo libro: si tratta di Ann Eliza Young - moglie del Capo e Profeta della Chiesa mormone Brigham  Young - e alla prefazione del suo  Wife no.19, or the story of a life in bondage, una biografia scritta alla fine dell'800 da  in cui denunciò apertamente la poligamia e grazie al quale fu un'appassionata fautrice dei diritti delle donne.

REGOLE:

- Prendete un libro qualsiasi contenuto nella vostra libreria
- Copiate le prime righe del libro (possono essere 10, 15, 20 righe)
- Scrivete titolo e autore per chi fosse interessato
- Aspettate i commenti


Nell'anno trascorso da quando ho abbandonato la religione dei Mormoni e mi sono messa in viaggio per rivelare alla nazione la verità sulla poligamia in America, molti si sono chiesti per quale motivo avessi accettato di far parte di un matrimonio plurimo. Tutti quelli che incontro - contadini, minatori, ferrovieri, professori, uomini di chiesa, o il senatore dal viso triste, ma soprattutto le loro mogli -, tutti vogliono sapere per quale motivo mi sia sottoposta a una pratica coniugale così intrisa di asservimento e sofferenza. Quando spiego loro che mio padre ha cinque mogli e che mi hanno allevata nella fede che il matrimonio plurimo sia la volontà di Dio, spesso queste persone mi chiedono con franchezza: «Ma... Mrs. Young... come ha potuto credere una cosa simile?»
Rispondo loro che la fede è un mistero, inafferrabile per molti, e mai facile da spiegare.
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Vi devo confessare una cosa: visto l'avvicinarsi delle vacanze ho preparato in anticipo questo post. Nonostante mi sia fermata a trascrivere a questo punto, ho continuato a leggere fino alla fine della prefazione e poi ho continuato con l'inizio del capitolo successivo nel quale inizia ad incrociarsi a questa storia della fine del 1800 un'altra storia, quella di un'altra 19a moglie accusata dell'omicidio di suo marito. Mi sono dovuta obbligare a fermarmi perchè sarei andata avanti a leggere senza sosta.
La storia mi intriga parecchio per la scelta di intervallare due storie di questo genere, molto simili ma ambientate in epoche diverse. Poche righe che su di me hanno avuto un effetto assolutamente coinvolgente. Credo che sarà una delle prime letture vacanziere non appena avrò portato a termine alcune letture che devo completare per le challenge che ho in corso!
Che ne dite? Vi ispira?

mercoledì 3 agosto 2016

Recensione #142 - Le tartarughe tornano sempre di Enzo Gianmaria Napolillo

Ciao a tutti, eccomi di nuovo qui con una recensione. Durante le mie vacanze spero di leggere tantissimo e di accumulare tante recensioni da pubblicare a settembre, quindi ora ne approfitto degli ultimi giorni cittadini per scrivere quelle dei libri che ho già finito, per non avere così anche questi arretrati dopo le vacanze.
Oggi vi parlo del libro Le tartarughe tornano sempre di Enzo Gianmaria Napolillo edito da Feltrinelli, pag. 224

Sinossi: Salvatore è nato quando in pochi conoscevano il nome della sua isola: un luogo di frontiera posto alla fine del mondo, con il mare blu e la terra arsa dal sole. È cresciuto sulle barche, vicino alle cassette di alici, con lo sguardo nell’azzurro, sopra e intorno a lui. Forse è lì che tutto è cominciato, tra ghirigori nell’acqua e soffi nel vento. Di sicuro è lì che ha conosciuto Giulia, anche se lei vive a Milano con i genitori emigrati per inseguire lavoro e successo.
Da sempre Giulia e Salvatore aspettano l’estate per rivedersi: mani che si intrecciano e non vogliono lasciarsi, sussurri e promesse. Poi, d’inverno, tante lettere in una busta rosa per non sentirsi soli. Finché, una mattina, nell’estate in cui tutto cambierà, Giulia e Salvatore scoprono il corpo di un ragazzino che rotola sul bagnasciuga come una marionetta e tanti altri cadaveri nell’acqua, affogati per scappare dalla fame, dalla violenza, dalla guerra.
Gli sbarchi dei migranti cominciano e non smettono più. L’isola muta volto, i turisti se ne vanno, gli abitanti aiutano come possono. Quando Giulia torna a Milano, il filo che la lega a Salvatore si allenta. La vita non è più solo attesa dell’estate e amore sincero, corse in spiaggia e lanterne di carta lanciate nel vento in una notte stellata. La vita è anche uno schiaffo, un risveglio, la presa di coscienza che al mondo esistono dolore e differenze. Una scoperta che travolge i due ragazzi e che darà valore a tutte le loro scelte, alla loro distanza e alla loro vicinanza.
Giulia e Salvatore ora ne sono sicuri. L'isola è di chi rimane e di chi arriva. Non di chi se ne va. Non di chi dimentica.

Non sarà facile parlare di questo libro. Gli elementi da analizzare sono tantissimi ed io spero di riuscire a non tralasciarne nessuno per poter dare un parere il più possibile completo ed onesto.
Un tema difficile quello che l’autore ha deciso di raccontare; anzi, in realtà i temi sono due, che sembrano diversissimi ma che in fondo si somigliano molto più di quello che sembra. Il primo è quello degli emigranti, che scappano da un’isola piccolissima in cui le opportunità scarseggiano, per rincorrere il mito del continente, delle grandi città, quelle che apparentemente promettono una vita migliore e un lavoro sicuro; il secondo è quello degli sbarchi clandestini che, in un’isola già piegata dalla crisi, ne ammazzano anche l’ultima poca economia rimasta, allontanando il turismo e mettendola in ginocchio. In fondo gli emigranti ed i clandestini cercano un po’ la stessa cosa. Per i clandestini l’isola diventa la grande città, quella in cui non ci sono guerre che rischiano in un soffio di sterminare intere famiglie. Il mito da raggiungere è un po’ lo stesso. E come accade che l’emigrante al nord rivede i suoi miti, anche il clandestino lo fa una volta toccata la terra ferma.
In questa atmosfera di partenze, arrivi e ritorni si intrecciano amori, si collegano vite, si tessono speranze. Per qualcuno restare è un obbligo che si deve alla propria vita, per altri l’obbligo è darsi un’opportunità vera scappando il più lontano possibile da quella realtà sempre più stretta.
È in questo contesto che conosciamo Salvatore e Giulia, due ragazzini uniti da un sentimento che mette radici in quella terra assolata ed infinita; radici spezzate da un trasferimento definitivo della ragazza a Milano. Quanti di noi hanno vissuto un amore a distanza? Ricordate quanto possano essere potenti i primi amori? Apparentemente indistruttibili, capaci di superare lontananza, differenze, diffidenze. Una lettera rosa imbucata al nord e ricevuta in uno degli angolini più sperduti del sud. E quelle lettere tengono in vita un sentimento, quelle lettere rendono forti, fanno superare le attese, aiutano durante l’inverno nell’attesa che sia di nuovo estate, e ci si ritrovi più innamorati di prima. Ma gli anni passano, si cresce, ognuno diventa sempre più radicato alle proprie abitudini, si comincia a pensarla diversamente, ci si allontana mentalmente più di quanto non lo si faccia fisicamente.
L’autore di questo parla, di quanto un amore possa essere forte e vincere su tutto, anche a costo di fare soffrire. E parla di tragedie, che ogni giorno sulle spiagge delle nostre isole, si svolgono sotto gli occhi di chi, quelle isole, le vive e le ama.


Nessuno dovrebbe abituarsi alla morte, questo è sicuro; altrettanto sicuro è che nessuno dovrebbe essere costretto a scappare dal proprio mondo mettendo a rischio la propria vita. Questo però capita, tutti i giorni, da tantissimo tempo, senza che nessuno abbia la vera volontà di fare niente per evitarlo o almeno per controllarlo in modo umano e poco invasivo.
Napolillo ha uno tocco che ammalia, che permette al lettore di venire risucchiato dal suo libro, rendendolo avido di macinare pagine. Di sicuro ci sa fare con lo stile, con la caratterizzazione dei personaggi, con l’utilizzo della lingua italiana, con la trasmissione dei sentimenti e questo non è poco.
Quindi, direte voi, questo è un libro magistrale. Io dico che di certo è un libro da leggere. Quanto poi la storia possa toccare o meno, credo che stia alla sensibilità ed anche ai trascorsi di ognuno. L’ho detto e lo ripeto, sono temi importanti, in cui non è facile prendere un posizione e in cui credo sia un attimo arrivare a scavalcare quella sottile linea invisibile che porta a parlarne attraverso cliché.
In questo caso forse ho notato la mano un po’ calcata sul classico pensiero: Milano triste, grigia, lavoratrice e l’isola meravigliosa, aperta, solare. La prima in cui nessuno sembrerebbe voler vivere – e in cui poi tutti arrivano, come se fosse la terra promessa - e la seconda in cui tutto è libertà, allegria, spensieratezza. Da milanese questa cosa mi ha un po’ ferita. Milanese sì, ma con una mamma siciliana la cui famiglia, nella sua infanzia, ha preso quelle valigie di cartone dei film e con tante speranze si è trasferita al nord. I miei nonni che, nonostante tutto, al sud non ci sono mai più voluti tornare, se non per le vacanze estive.
Anche la questione: tu sei del nord, non hai mai visto gli sbarchi quindi non puoi capire mi lascia sinceramente un po’ perplessa. È vero, non ho mai visto un bambino morto su una spiaggia a causa di un naufragio – e sinceramente spero di non vederlo mai – ma non per questo non so cosa sia un centro di accoglienza. Il Vigorelli qui a Milano esiste da quando io ho ricordi, e non sono propriamente una ragazzina; il filo spinato oltre il muraglione che lo circonda sono ricordi indelebili della mia infanzia che difficilmente dimenticherò. Anche qui ci sono persone che volontariamente, senza compenso, e con tanta passione insegnano l’italiano agli immigrati, un’amica lo ha fatto per moltissimo tempo, quindi non sottolineerei per questo l’eroismo dei tre ragazzi del libro. Di certo in terra di sbarchi si ha l’occasione di fare di più, di trovare il modo di dare un mano immediatamente e concretamente ma non vorrei che si credesse che al nord si passa oltre e si va avanti. Tocchiamo ogni giorno il disagio – perché solo di disagio si può parlare – di avere paura di muoversi da sole al calare della sera; la difficoltà di prendere un treno o un mezzo pubblico senza essere fissate da occhi avidi o – ancora peggio – palpate da chi non ha il minimo rispetto e niente da perdere. È a questo che ci riferiamo quando spesso diciamo che non è possibile accogliere tutti, che ci vuole un controllo, che uno stato non può stare lì a guardare ammucchiando persone in luoghi come il Vigorelli o come i centri di accoglienza lager di cui parla l’autore in questo libro. Perchè quando le persone vengono trattate come bestie, poi bestie lo diventono davvero; inutile credere che non sia così e nascondersi dietro l'ipocrisia. 
Ma con questa recensione non devo giudicare pensando all'idea che ho sul tema rispetto a quella che ha l'autore; giudico la poesia con cui affronta questo argomento, giudico dei personaggi che hanno saputo coinvolgermi, sia positiamente che negativamente, giudico la voglia di urlare al mondo il proprio pensiero e lo apprezzo moltissimo.
Un libro che consiglio, che fa riflettere, e che può dare modo di confrontarsi sui propri pensieri e sulle proprie esperienze; che poi è quello che in realtà tutti i buoni libri dovrebbero fare.
Quindi vi dico leggetelo! E poi ditemi cosa ne pensate.

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