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venerdì 8 marzo 2019

Letture con Marina #59 - Recensione del romanzo La pista di ghiaccio di Roberto Bolaño

Buongiorno lettori e buon venerdì! Come va? Io in attesa del mio piccolo, nuovo, principe... ultimissimi giorni di attesa e sono emozionatissima!!! Ma torniamo al blog, come ogni due venerdì torna Marina con una delle sue recensioni. Vi lascio quindi a lei e al suo pensiero!

Ad un passo dalla primavera, incontro Roberto Bolaño per la prima volta. E a ben vedere, proprio oggi che è l’8 Marzo, mi accorgo che ha tratteggiato nel suo romanzo la figura di almeno tre donne fenomenali.


Titolo: La pista di ghiaccio
Autore: Roberto Bolaño
Traduzione: Angelo Morino
Casa editrice: Sellerio - 2004
Pagine: 228

Descrizione: Un noir. Un amore di perdizione, à bout de souffle, per una donna imprendibile e conturbante, una truffa e un crimine assurdi o futili; due balordi; l'inchiesta; e sotto tutto e tutti il gorgo risucchiante dell'incerto destino. Solo che su questi elementi strutturali del noir, tracciati con una intenzionale calligrafia a rendere più stridente e ironica la futilità dei moventi e l'inezia delle personalità in campo, interviene il tocco di Bolaño, con la sua vocazione a raccontare la vita di traverso usando la maschera dell'invenzione e del gioco intellettuali. Gli elementi del noir vengono smontati e rimontati seguendo un metodo che si potrebbe dire cubista, per il tentativo di presentare la vicenda in una sequenza di quadri ognuno mostrato con una specie di simultaneità di visione. La vicenda, partita dall'improbabile costruzione illegale di una pista di ghiaccio, è narrata da tre personaggi: un burocrate potente del sottomondo politico; un cileno, scrittore fallito che ha fatto fortuna e ama sensualmente la donna capricciosa che il burocrate ama spiritualmente; un messicano poeta, senza permesso di soggiorno, testimone casuale per seguire un amore da bassifondi. Ma lo schema non è quello classico delle diverse versioni della stessa vicenda. I tre mostrano, narrando i momenti della loro avventura, le varie e diverse sfaccettature dei fatti: una sola prospettiva le nasconderebbe, così come l'onniscienza del narratore in terza persona le priverebbe di ogni intensità esistenziale. Ne emergono in filigrana tutti i temi che fanno di Bolaño un ironico, malinconico poeta: l'amor tradito, le illusioni perdute. La fragilità del tutto. «Quello che è perso è perso», si conclude, nella voce di abissale e disarmante banalità di un narratore, la storia che sembrava piena di rumore e di furore.


RECENSIONE:


“La pista di ghiaccio è il terzo romanzo dello scrittore cileno Roberto Bolaño, pubblicato per la prima volta in Spagna nel 1993 in edizione limitata, in quanto opera vincitrice del Premio Ciudad Alcalá de Henares. Rimasta praticamente senza distribuzione, viene recuperata e riedita dopo il grande successo di La letteratura nazista in America”.

Da qui partiamo per cercare di focalizzare meglio questo noir, che mi ha lasciata stordita da tanta malinconia. O forse più che malinconia, da un senso profondo di desolazione, che scaturisce dal tipo di scrittura e di ambientazione usata da Bolano, unitamente alla raffigurazione dei vari attori principali di questo dramma. Intendiamoci: non già dramma per l’omicidio preannunciato, ma per la vita stessa di tutti questi personaggi, siano essi ricchi, poveri, giovani, sani o malati. Un’atmosfera che pare far rimanere sempre tutto in una penombra annichilente, nonostante la vicenda si svolga in piena estata, in una Spagna molto calda.

Un romanzo a tre voci, o quattro, se consideriamo anche l’autore, che nonostante non intervenga direttamente nei racconti dei tre uomini protagonisti, invero fa sentire pesantemente la sua presenza di cileno esule. Le tre voci narranti, che ci racconteranno ciascuno una parte della vicenda, sono il Sig. Remo Moran, cileno trasferitosi in Spagna e che possiede insieme ad un socio una serie di attività, tra cui un campeggio, in una cittadina della Costa Brava. Gaspar, un poeta messicano che vive di espedienti e che per vie traverse, avendo conosciuto durante l’adolescenza il suddetto Remo, si fa convincere da questi a passare l’estate al campeggio come guardiano notturno. Ed infine il funzionario statale catalano Enric Rosquelles, factotum molto capace ed ingegnoso della sindachessa Pilar. Ma questi non sono gli unici protagonisti del romanzo, perché insieme ai tre uomini, dobbiamo necessariamente includere il paese della Costa Brava che l’autore chiama semplicemente “Z”, il campeggio di proprietà di Remo Moran ed il Palazzo Benvingut, teatro di un omicidio e capiente quanto segreto luogo di incontri sul ghiaccio della pista di pattinaggio. E soprattutto non possiamo mancare di citare le tre protagoniste femminili, senza le quali questo romanzo non avrebbe senso d’essere: Nuria, giovane bellezza spagnola, campionessa di pattinaggio esclusa dalla squadra a causa di maneggi politici, che sarà ago calamitante per almeno due degli uomini citati; Caridad, giovane donna al limite dell’anoressia, o forse abitante in un mondo che solo lei riesce a vedere, persa in fantasie che non permette a nessuno di condividere e che viaggia sempre armata di un coltello; Carmen, matura signora ex cantante di opera, che insieme a Caridad vive di espedienti da sussistenza e che trova rifugio inizialmente al campeggio, per esserne poi scacciata e trovare asilo al Palazzo Benvingut.

I capitoli si succedono rapidi eppur con un senso di desolazione costante e nello stesso tempo sempre più incombente, ciascuno raccontatoci da uno tre uomini che in fondo racconteranno anche a noi la vicenda, ciascuno dal suo punto di vista e ciascuno il solo pezzo che effettivamente vive. Inspiegabile l’omicidio, che avverrà solo a ¾ del libro e che, insieme agli abitanti del Paese, ci farà arrovellare sul perché.

Del resto Bolano, amante dell’arte, pare essersi divertito ad eliminare i concetti chiave del noir, preferendo alla risoluzione del giallo la rappresentazione della solitudine in ogni sua forma. Per inciso, leggo che Bolano è stato prima poeta che narratore o romanziere.

Un romanzo strano, di una bellezza che incute timore per le vite che racconta e per la morte che decide di far accadere. A ben vedere, riflettevo che anche senza l’omicidio le dinamiche non sarebbero mutate e la storia avrebbe retto ugualmente … L’aggiunta di questo tardivo omicidio, che potrebbe non avere alcun senso ma che forse, a seconda delle prospettive diverse dei personaggi, potrebbe avere la sua motivazione, non aggiunge di fatto nulla al romanzo che la disamina delle varie personalità non abbia già messo in luce.

Ciò che rimane di questo noir e soprattutto dei suoi personaggi, è l’immagine di sogni e fughe di chi in realtà, nonostante l’età oramai adulta, un suo posto nel mondo non l’ha ancora trovato e vive in una società che è sempre più incapace di gestire il rapporto con gli altri.

“Quello che è perso è perso, io dico, e bisogna guardare avanti…” Ce lo potesse insegnare lei, Sig. Bolano…

A presto,




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