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venerdì 18 settembre 2020

Letture con Marina #103 - Recensione de La montagna vivente di Nan Shepherd

 

Buongiorno lettori, è di nuovo venerdì quindi torna Marina con una bella e appassionata recensione! Per fortuna lei non ha apatie settembrine! ;)
Ma è mai possibile incappare in un’autrice che ha qualcosa come quasi un secolo più di me ed innamorarmene? E che è un’amante della montagna, mentre io adoro il mare, e nonostante questo restare a bocca aperta a leggere le sue avventure di provetta amante della natura?, prima che il tema dell’ambiente divenisse anche solo lontanamente di moda. O di necessità. 
 
Titolo: La montagna vivente (The living mountain)
Autore: Nan Shepherd
Casa editrice: Ponte alle Grazie, 218
Traduzione: Carlo Capararo
Pagine: 176

Trama: Nato dal fuoco, scolpito dal ghiaccio, rifinito dal vento, dall'acqua e dalla neve: il massiccio dei monti Cairngorm, nella Scozia nordorientale, chiamato anche «l'Artico della Gran Bretagna», è il protagonista di questo capolavoro della letteratura di alpinismo. L'autrice, la scrittrice scozzese Nan Shepherd, lo ha esplorato per tutta la vita, percorrendolo in lungo e in largo in un eterno ritornare, scoprire, ricordare. «Eterno» perché muoversi negli spazi di queste montagne, vibranti delle energie che operano da milioni di anni nell'universo, significa per lei entrare in contatto con la vera essenza della natura e di se stessi. In quel moto che è al tempo stesso contemplazione, i sensi si acuiscono per percepire suoni, colori, profumi e consistenze e la mente li accompagna, dapprima rapita e poi forte di una nuova consapevolezza. Chi ha dimestichezza con la montagna conosce questa pienezza nella rarefazione, questa vertigine così vicina al filosofare nel suo senso più originario; ma Nan Shepherd ha trovato meglio di chiunque le parole per descriverla. Ognuno di noi ha un luogo - una montagna, ma anche un bosco, un sentiero, un fiume, una vallata - nei confronti del quale prova un intimo senso di appartenenza. "La montagna vivente" è il libro da portare con sé per compiere ancora una volta quell'escursione prediletta.
 

 
 
RECENSIONE: 

“La montagna vivente” della scrittrice scozzese Nan Shepherd, definito dal Guardian “il libro più bello che sia mai stato scritto sulla natura e il paesaggio”, racconta il massiccio dei monti Cairngorm, nella Scozia nordorientale, chiamato anche “l’Artico della Gran Bretagna”.

Correvano gli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale e qualcosa degli anni immediatamente successivi, quando Nan Shepherd scrive questa meravigliosa ode alla montagna e alla natura in senso lato. Su suggerimento di un caro amico ed in considerazione dell’epoca, reputando difficile trovare un editore interessato ad un argomento così di nicchia, Nan ripone il manoscritto in un cassetto, fino a dimenticarsene. Ma a fine anni 70 del secolo scorso, riordinando le sue cose, rilegge il manoscritto e si rende conto che i suoi “traffici” con la montagna forse ora possono interessare più di qualche fido appassionato… Il resto è storia.

Resto ancora incredula quando leggo che nel 1915 questa giovane donna si laurea. Visto il periodo storico ed il paese in cui è nata, trovo che sia un incanto questa sua intelligenza viva, se aggiungiamo oltretutto che stiamo parlando di una donna! Sia chiaro, non per l’intelligenza, ma per la mancanza assoluta di opportunità!

Ma non voglio dilungarmi ulteriormente sulla biografia, nonostante mi abbia colpita, o su un mero riassunto – impossibile poi da fare, riportando lo stesso audace senso di meraviglia, di affezione e di amore per la montagna in particolare, ma per la natura tutta.

Un romanzo preceduto da una splendida introduzione di Robert McFarlane, che ci racconta questa donna, ma soprattutto ci introduce nel suo mondo montano, fatto di ghiacciai, venti che all’improvviso portano tempesta, raggiungendo le 170 miglia orarie e raschiando le lande più elevate del massiccio, rischiando di sorprendere e precipitare nella morte gli incauti scalatori, ma anche di giornate tiepide e soleggiate in cui rimanere estasiati ad ammirare i laghetti o semplicemente il panorama.

Un romanzo diviso in capitoli, ciascuno narrante un “elementale” diverso: ma che sia il gruppo montuoso del Cairngorm scozzese nel suo insieme, o gli elementi naturali dell’acqua, del gelo e la neve e del ghiaccio con i suoi meravigliosi ghirigori ed intarsi, le piante o gli animali viventi che popolano la montagna, così come l’uomo ed il meraviglioso sonno ed i sensi, non c’è che un sentimento che emerge da tutte queste considerazioni e da queste descrizioni: il rispetto ed al contempo l’amore, che si nutre della consapevolezza che v’è bisogno di tornare e ritornare negli stessi luoghi, per imparare a conoscerli ed anzi, per vedere e capire ogni volta qualcosa di diverso.

E per Nan, e lo fa capire precisamente man mano che si procede nel racconto, il corpo è di estremo ausilio alla mente, in montagna. E anzi, è l’organo principe, perché non ha bisogno di intermediazioni per muoversi nell’ambiente montano e, consapevolmente o meno, è foriero di estreme gratificazioni, anche quando il pericolo è in agguato. Di più, per Nan “la vita dei sensi in montagna è vissuta in maniera così pura che si potrebbe dire che il corpo pensi!”. Ed inconsapevolmente ma declamandolo continuamente nel suo libro, questa autrice dà vita al concetto del “corpo soggetto”, in contemporanea con le teorie di un filosofo francese (Fenomenologia della percezione, 1945 – Maurice Merlau-Ponty).

Un altro aspetto che mi colpisce di quest’autrice, è che negli anni 1928 – 1933 conosce un periodo di intensa creatività, nel quale pubblica tre romanzi e soprattutto una raccolta di poesie, oramai quasi impossibile da trovare. Dopodichè il nulla e nessuno sa se si sia trattato di un blocco oppure di una scelta. E come scrive Nan stessa “Sono diventata muta… Immagino non ci sia altro da fare che continuare a vivere. La parola può arrivare. Oppure no. E, se non arriva, immagino si debba essere disposti a rimanere muti. Almeno per non urlare tanto per far rumore”.

Questa autrice scozzese di Aberdeen ha dedicato la vita alla sua regione: fu poetessa e scrittrice, fu insegnante di letteratura e camminò per quaranta anni sugli altopiani e sulle montagne del Cairngorm, che ora è diventato un grande parco nazionale, a ovest di Aberdeen. Leggendo questo libro si intuisce che lei ed il suo libro sono un amalgama e nel contempo un intreccio di luoghi montani, elementi naturali selvaggi, sensazioni e percezioni che colgono l’uomo in una contemplazione ed estasi che può arrivare in qualsiasi ambito naturale ci si trovi. Lo stesso turbamento sensoriale ci coglie ad esempio al mare, quando l’arenile è isolato o la sera cala la sua coperta su una sabbia ancora surriscaldata dai raggi del sole morente. L’unica diversità percepibile, a parte il tempo cui apparteniamo, è lo stupore che coglie alcuni in stato di assoluta immobilità e lei in forza marciante, quando il corpo è stanco e la mente finalmente lascia entrare le sensazioni senza processarle con logicità. Per tutto il resto, esistono i cinque sensi, vista – tatto – odorato – udito e gusto, che si muovono in sinergia ed in giusta armonia. “Posso insegnare al mio corpo molte abilità che mi diano il modo di apprendere la natura... Una delle più affascinanti è la quiescenza. Mentre si scivola nel sonno, la mente si fa tersa, il corpo svanisce, soltanto la percezione rimane. Non si pensa, non si desidera, non si ricorda, ma si vive in pura intimità con il mondo tangibile. Questi momenti di percettività quiescente che precedono il sonno sono tra i più gratificanti del giorno” (dal cap.10, Sonno).

DALL'INTRODUZIONE DI ROBERT MACFARLANE: «Quasi tutte le opere di letteratura alpinistica sono state scritte da uomini, e quasi tutti gli alpinisti uomini focalizzano la loro attenzione sulla vetta […]. Ma aspirare a raggiungere il punto più alto non è il solo modo possibile di scalare una montagna, né il racconto di un assedio e di un assalto è il solo modo per scriverne. La montagna vivente racconta di come, col tempo, [Nan] imparò a inoltrarsi nelle alture senza una meta, "semplicemente per stare con la montagna come quando si fa visita a un amico, senza altra intenzione che stare con lui"».

E’ un fuoco, questa donna, un fuoco che a distanza di decenni riscalda il cuore e le membra.


Buona lettura! - A presto,




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