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venerdì 30 ottobre 2020

Letture con Marina #107 - Recensione de Il treno era in orario di Heinrich Böll

Buongiorno lettori, oggi è venerdì e torna Marina con una recensione.


Considerato il periodo difficile, magari potevo scegliere un argomento più lieto della Seconda Guerra Mondiale. Ma questa volta il punto di vista di un soldato tedesco mi ha attirata. Nonostante il periodo, appunto.

Ti
tolo: Il treno era in orario
Autore: Heinrich Böll
Casa editrice: Mondadori, 2018
Pagine: 139
 
Trama:

È con Il treno era in orario (1949) che, da scrittore semisconosciuto, Heinrich Böll divenne improvvisamente un caso letterario.

Reduce dalla guerra, non volle "parlare d'altro", e con i suoi scritti costrinse i connazionali a rituffarsi nella grande tragedia che li aveva travolti. Senza togliere nulla alla plumbea realtà di quei giorni, Böll la fece tuttavia lievitare e le diede un senso attraverso una forte carica di poesia, tanto più impressionante quanto più aliena da ogni intento edificante. A questo primo scritto fa da ideale pendant Il pane dei verdi anni, del 1955, che presenta invece il vivido ritratto di una Germania speranzosa e attivista, già avviata verso il miracolo economico.

 
RECENSIONE: 


Innanzitutto mi ha colpito il fatto che questa sia l’opera prima di un grande scrittore e che soprattutto sia stata pubblicata già nel 1949, a pochissimi anni dalla fine della Guerra. Un romanzo smilzo, in verità, ma di cui la critica si accorge subito. Lascio agli esperti il divagare fra poetica e stilema, a me interessa di più la curiosa storia di una corsa ineluttabile verso la morte. E del racconto dentro la Germania, fatto pensare ad un soldato tedesco che fa parte della nazione che ha messo in mortifero scacco tutto il mondo e che si sta accorgendo che tutto intorno a sé si sta sgretolando e che la vittoria portata avanti per anni e propagandata gli sta crollando addosso.

E’ infatti la storia di una “tradotta militare” che riporta al fronte tre soldati tedeschi, reduci da una breve licenza a casa, in Germania, dove oramai fame, disperazione e bombardamenti sono diventati un inferno quotidiano. Anche lì.

Se teniamo a mente i modelli che letterariamente hanno fatto da mentore a Heinrich Böll, possiamo comprendere ancor meglio il breve romanzo e cogliere tutti gli aspetti peculiari di questo intenso racconto di guerra. Soprattutto l’autore sarà debitore a Dostoevskij per il “rovello morale e religioso, la rappresentazione amorosa degli umili e della loro conculcata dignità” e a Hemingway per “la lezione antiretorica e lo star aderente ai fatti”.

Protagonista è Andreas, un soldato in rientro da una licenza, che sin da subito ha un’unica certezza: non sa ancora esattamente in quale punto della tradotta militare che lo sta riportando sul fronte orientale, ma sa con certezza che la sua vita terminerà a breve, probabilmente subito dopo la città di Leopoli e quindi a distanza di qualche giorno, e prima ancora che possa imbracciare nuovamente il fucile (che tra l’altro ha scordato a casa del suo amico). Non siamo sicuramente in presenza del soprannaturale, ma sono convinta che in determinate circostanze – e la guerra con il rischio costante della vita è di certo una di queste – possa acuire certe sensazioni e sensibilità, quando non sfoci addirittura in acute nevrosi.

Gli altri due comprimari che diverranno via via più presenti man mano che il treno avanza nella sua corsa mortale verso oriente sono Willi, che torna al fronte dopo aver scoperto che la moglie lo ha tradito con un prigioniero russo e il Biondo, ridotto ad un rottame umano dalla vergogna e dal disprezzo verso se stesso per essere stato oggetto di violenta sodomia da parte di un sottufficiale.

L’altro protagonista è proprio il treno, che è ambiente dell’incontro dei tre soldati che stringono amicizia ed insieme veicolo della sensazione di fine imminente e ancora voce del destino che all’approssimarsi della meta, lascerà la scena ad Olina, la pianista e prostituta polacca, che regalerà ad Andreas una delle notti più belle e sarà portatrice di rappacificazioni con il suo passato e veicolo essa stessa per un destino già segnato ed annunciato.

In guisa diversa dal consueto utilizzo che se ne fa nei romanzi, altri temi classici della “poetica” di Böll fanno già capolino qui: l’amore fisico e spirituale, la religione cristiana nel senso più spirituale del termine e l’indignazione per tutto ciò che è ingiusto e criminale, sia nel mondo sociale che politico. E, vista anche la sua personale e dura esperienza nella guerra nazista, non poteva scegliere esempio più empio e infame come partenza per denunciare tutti gli orrori a cui egli stesso dovette, credo, soggiacere.

Credevo, date le premesse, che si trattasse di un romanzo nero, duro da leggere, difficile da portare avanti. Ed invece i temi cari a Böll gli hanno permesso di scrivere un racconto in molte parti addirittura gradevole oltre che interessante, pur considerando sempre dove ci troviamo. Inoltre, con questo reiterato pensiero di morte, nel lettore si fa strada la convinzione di elementi e momenti di sorpresa, che accrescono notevolmente l’attesa per gli sviluppi della trama. Ed inoltre l’amicizia fra i tre uomini, la condivisione di cose e situazioni nei giorni trascorsi in viaggio sul treno, la possibilità di un ultimo pasto luculliano nonostante il periodo e la visita al bordello, hanno reso possibile all’autore di non soffermarsi solo sulle mere brutture della guerra, pur facendo intravvedere luoghi e persone in Polonia che sono la controfigura, se vogliamo, a molte altre popolazioni dell’Europa devastata del periodo.

Un romanzo che grazie anche alla sua brevità, mantiene una levità di lettura concentrata e che non lascia sprofondare nel nero dell’abiezione cui può giungere il genere umano, con un Böll che, a differenza di altri grandi autori italiani, riesce a parlare con disprezzo della guerra e che si fa così cantore e voce della memoria per le future generazioni.
 
A presto




lunedì 26 ottobre 2020

Blogtour de I segni del male di Simone Regazzoni - Tappa 2: Il romanzo




Buongiorno lettori, eccomi qui per presentarvi l'ultimo thriller di Simone Regazzoni, in uscita in tutte le librerie e store online domani 27 ottobre. 
Ieri, sul blog di Marianna - A spasso con i libri - è cominciato il blogtour dedicato al romanzo - con il post "O Roma o morte" - e oggi tocca a me proprio a darvi tutte le informazioni sul libro.



Titolo:
  I segni del male
Autore: Simone Regazzoni
Genere: Thriller
Pubblicazione: 27 ottobre 2020 - Rizzoli
Pag.: 416
Costo: 18,00 € cartaceo - 9,99 ebook

Descrizione: Roma, 2020. Sulle strade della città la neve si mescola con il sangue. Davanti allo specchio del bagno, Giulia osserva i lividi dell'ultimo allenamento di MMA sul corpo scolpito. Poi indossa la divisa di ordinanza ed esce nella notte. Roma è ricoperta da una coltre di neve. Nel Foro romano - dove, secondo la leggenda, è sepolto Romolo - è stato ritrovato il cadavere di una donna sventrata. Un serial killer sta mettendo in ginocchio la capitale attraverso efferati delitti che rimandano alla fondazione della città eterna. Uccide con addosso una testa di lupo e un mantello di pelliccia e incide sulla pelle delle vittime un'oscura maledizione arcaica: 'sakros esed'. Per il commissario Giulia Rakar è solo l'inizio di un'indagine pericolosissima. Nonostante a trentun anni sia una profiler impeccabile, Giulia nasconde una profonda ferita del passato e convive con il buio da quando era bambina. Perché le sfaccettature del Male sono infinite e anche quando sei convinto di essere tu a dargli la caccia lui può dare la caccia a te. E stavolta per risolvere il caso non le basterà entrare nella mente del killer: dovrà evitare che sia lui a entrare nella sua.



Domani non mancate, sul blog Desperate Bookswife troverete la presentazione dell'autore.
 
A presto

venerdì 23 ottobre 2020

Letture con Marina #106 - Recensione di Non scrivere di me. Racconti intimi di scrittori molto amati: Roth, Ford, Wallace, Carver. – di Livia Manera Sambuy

Buongiorno lettori, come vedete il blog va sempre a rilento, ma ci sono, portate pazienza ancora un po'. Per il momento vi lascio a Marina e ad una sua recensione!

Della serie: le buone intenzioni che si perdono nel caos e nella frenesia della vita moderna. Ovvero, sogno per una vita alternativa o una seconda opportunità (sogno di una notte).


Titolo: Non scrivere di me. Racconti intimi di scrittori molto amati: Roth, Ford, Wallace, Carver.
Autore: Livia Manera Sambuy
Casa editrice: Feltrinelli, 2018
Pagine: 206

Trama: «Ti proibisco di scrivere di me», intima Philip Roth. Per Livia Manera dovrebbe suonare come un divieto, ma è di fatto un'istigazione ad abbattere la barriera che divide l'intesa umana e l'invenzione letteraria, è uno stimolo ad attivare la memoria di sé e la memoria lasciata dalle tante letture e dalle parole chiave che hanno aperto la porta su un territorio in cui vita e letteratura si mescolano. Livia Manera racconta storie di incontri con i "suoi" scrittori americani, storie di complicità, amicizia, consuetudine, amore. Racconta la New York degli intellettuali che vi sono rimasti, la Parigi di quelli che se ne sono andati, i colori del Maine e il respiro del Midwest. Ci lascia intravedere isolate residenze di campagna, appartamenti impeccabili, strade di Manhattan imbiancate dalla neve, uffici spogli di celebri redazioni, case raffinatissime e monolocali desolati, stanze d'ospedale, caffè parigini, fast food ai margini di un'autostrada. Con il garbo di una scrittura che fa dell'io narrante la sonda e lo specchio, la talpa e la luce, il mondo della letteratura americana diventa la scena di un'esistenza che continua a cercare nelle domande e nei dubbi una strategia di saggezza. E così che ci vengono incontro, con una trasparenza nuova, le figure di Philip Roth, Richard Ford, Paula Fox, Judith Thurman, David Foster Wallace, Joseph Mitchell, Mavis Gallant, James Purdy, ma anche, in controluce, quelle di Carver, Richler e Blixen.

 
RECENSIONE: 



Una copertina che già ti dice dove ti porterà questo romanzo, che più che un romanzo vero e proprio sembrano le confidenze che un’amica giornalista culturale ti sta raccontando, senza vanto – ma come un dato di fatto molto interessante ed intrigante.

Come sono arrivata a Livia Manera Sambuy? Forse mi ha colpita l’internazionalità dell’italiano cognome del marito… O il suo stesso cognome dai rimandi cinematografici... Mi sono ripromessa più volte di utilizzare una rubrica, scrivendo in ordine alfabetico i titoli o gli autori dei libri che cerco, con riferimento a dove ho recuperato il titolo o l’autore stesso. Penso che dopo solo un anno, con circa 100 libri all’attivo, sia divertente e forse più ancora appassionante ripercorrere gli anelli delle (a volte anche) fortuite concatenazioni che hanno portato alla conoscenza di un autore…

Chiaramente ve ne sarete già accorti e ve lo ribadisco pure, per chi ancora non avesse intuito: PAUSA! Periodo particolare di questo anno bisestile? Forse. Periodo lavorativo sfiancante? Altro forse. Tutto sommato, mi ritrovo ad essere riflessiva e cogitante. O forse dopo thrillers e gialli ma anche libri di guerra, è arrivato il tempo di una pausa tra i grandi della letteratura. E così ho pensato di farmi accompagnare da qualcuno che mi potesse introdurre con vividezza in questo mondo.

Questo è sicuramente un tipo di libro che sarà sempre nelle mie corde. Traduttori/trici e/o autori/trici che hanno conosciuto mostri sacri della lettura internazionale e ce li raccontano, con dettagli arcinoti ma anche sconosciuti, indice di una conoscenza e di un’intimità di cui ascoltare non è farsi guardone, ma piuttosto esacerbare quella curiosità che molte volte non siamo in grado di estrinsecare con le ns amicizie o conoscenze. Un po’ confusi?

Posso permettermi di scherzare con questo romanzo e con quest’autrice, figlia della Milano tutta da bere, della smaltata New York e della sognante e talvolta stagnante Parigi. Non invidio le difficoltà che sicuramente questa donna ha affrontato, quanto l’attività che si è ritagliata. E se di un giallo o di un thriller è difficilissimo parlare perché ad ogni piè sospinto si rischia di palesare parti della trama che vanno svelate pian piano, qui si rischia d’altronde di parlare di aria fritta, il che, a mio modo di vedere, è ancora peggio.

Si dovrebbe procedere ad uno scarno elenco degli autori di cui la traduttrice ed autrice ci parla: Mavis Gallant, Judith Thurman, David Foster Wallace, Joseph Mitchell, Richard Ford, Fran Lebowitz, Paula Fox, Philip Roth. E in mezzo a questi autori, suddivisi nei vari capitoli, decine di altri scrittori/trici – ma non solo – che ci raccontano parte del secolo scorso e parte di questi anni duemila, senza mai cadere “in una delle tante trappole che stanno davanti alla Sambuy come pozzanghere dopo un temporale”. Ricordi, esperienze ed incontri condivisi, a cavallo fra tre magnifiche città che hanno ospitato a periodi ripetuti l’autrice.

Magico il momento in cui nel Luglio del 2006, in Madagascar, l’autrice incontra Hemingway nel racconto “My old man” – ed esattamente a pag.151 accade il miracolo, che ogni lettore vorrebbe vivere e poi ancora rivivere. Quella particolare pagina riporta la Sambuy indietro nel tempo, a Milano, a vent’anni, nella sua prima casa in un palazzo fascinoso e malandato del centro, quando… Ma sarebbe un peccato anticiparVi questa piccola ma importante confidenza. Perché è proprio in questo momento che nasce il pensiero del delicato ma stimolante romanzo che ho potuto leggere. Dove l’autrice non alza mai i toni per decantare le sue conoscenze letterarie, ma che ce le presenta così, come se ad un incontro stessimo parlando di una terza persona, conosciuta da entrambi. Anche se fin da subito, con disarmante onestà ed in controtendenza con il mondo attuale, la Sambuy ci avvisa che “scrive di libri e di scrittori: è il suo mestiere. Eppure non le piace raccontare le trame di quello che legge”.

“Ha senso raccontare tutto questo?”, si chiede e ci chiede Livia Manera Sambuy. “Non lo so, non credo stia a me dirlo. So solo che è la mia vita, la vita di una persona che ha fatto del leggere il proprio mestiere, e che nel corso del tempo ha coltivato la convinzione che abbiamo bisogno di storie perché le storie ci aiutano a vivere”. E del resto, continuando questo discorso in un’intervista, “se il giornalismo culturale sta forse finendo, qualcos’altro sta probabilmente nascendo, veicolato dai social network, con mezzi minori e grande precarietà”.

Io sono di parte naturalmente, l’ho confessato sin dall’inizio. Perché tra gli autori elencati poco sopra e che l’autrice ha conosciuto e di cui ci fa intravvedere aspetti poco conosciuti o addirittura vissuti solo da lei, ed insieme ad Hemingway, Dickens, Didion, Proust, Richler, Ondaatje, Munro, Carson, Atwood, Maxwell, Cèline, Carver, Blixen…, ebbene, si potrebbe trascorrere la vita con il sorriso sulle labbra, la pace nel cuore e arrovellamenti intellettuali stimolanti.

E allora posso rispondere a pieno diritto a Livia Manera Sambuy che sì, la scrittura di queste “memorie” ha un senso ora e qui, per me e per i lettori che hanno avuto la fortuna di incrociare queste confidenze coinvolgenti. E qui, credetemi, con questi autori riempirei la mia rubrica degli incontri! 
 
A presto




martedì 13 ottobre 2020

Review Party - Recensione #373 - Le Diecimila Porte di January di Alix E. Harrow



Buongiorno lettori, oggi sono qui con un post speciale. Si tratta del Review Party dedicato all'uscita del libro Fantasy Le Diecimila Porte di January di Alix E. Harrow edito da Oscar Vault Mondadori, che ringrazio. Non mi perdo in chiacchiere e vi lascio alle notizie del libro e alle mie impressioni sul libro.


Titolo:
  Le Diecimila Porte di January
Autore: Alix E. Harrow
Genere: Giallo
Pubblicazione: 13 ottobre 2020 - Oscar Vault Mondadori
Pag.: 396
Costo: 20,00 € cartaceo - 9,99 ebook

Descrizione: Estate 1901. Un'antica dimora nel Vermont, piena di cose preziose e sorprendenti. La più peculiare è forse January Scaller, che vive nella casa sotto la tutela del facoltoso signor Locke. Peculiare e atipica, almeno, è come si sente lei: al pari dei vari manufatti che decorano la magione è infatti ben custodita, ampiamente ignorata, e soprattutto fuori posto. Suo padre lavora per Locke, va in giro per il mondo a raccogliere oggetti "di un valore singolare e unico", e per lunghi mesi la ragazzina rimane nella villa ridondante di reperti e stranezze, facendo impazzire le bambinaie e, soprattutto, rifugiandosi nelle storie. È così che, a sette anni, January trova una porta. Anzi, una Porta, attraverso cui si accede a mondi incantati che profumano di sabbia, di antico e di avventura... Sciocchezze da bambini. Fantasie assurde, le dicono gli adulti. E January si impegna con tutta se stessa per rinunciare a quei sogni di mari d'argento e città tinte di bianco. Per diventare grande, insomma. Fino al giorno in cui, ormai adolescente, non trova uno strano libriccino rilegato in pelle, con gli angoli consumati e il titolo stampigliato in oro semiconsunto: "Le diecim por". Un libro che ha l'aroma di cannella e carbone, catacombe e terra argillosa. E che porta il conforto di storie meravigliose nel momento in cui January viene a sapere che il padre è disperso da mesi. Probabilmente morto. Così la ragazza si tuffa in quella lettura che riaccende il turbine di sogni irrealizzabili. Ma lo sono davvero? Forse basta avere il coraggio di inseguirli, quei sogni, per farli diventare realtà. Perché pagina dopo pagina January si accorge che la vicenda narrata sembra essere indissolubilmente legata a lei...

“Volevo orizzonti sterminati, scarpe consumate e strane costellazioni che ruotavano intorno a me come enigmi notturni, il mistero e l'avventura.”
January Scaller è la pupilla di un ricco uomo d'affari - il signor Locke - da quando suo padre lavora per lui cercando, in giro per il mondo, gli oggetti che il facoltoso uomo d'affari colleziona. È proprio lei a raccontare al lettore la sua storia, parlandogli direttamente, come se il lettore fosse proprio lì con lei durante la narrazione della storia.  
Locke è un milionario, proprietario di numerose residenze in giro per la costa orientale degli Stati Uniti e quella nel Vermont è quella dove abitualmente lui e January vivono. La madre della ragazza è appena morta quando suo padre, solo e poverissimo, incontra il suo benefattore. Da quel momento il padre iniza a girare per il mondo e January, appena nata, comincia a vivere in quella ricca casa. Spesso accompagna il suo tutore nei viaggi lavorativi ed è proprio in uno di questi che, a sette anni, la bambina scopre una vecchia porta blu apparentemente magica, capace di portare in un altro mondo. Per tutti quella di January è solo una fantasia di bambina, per cui viene anche punita, ma lei non riesce a togliersela dalla mente. Gli anni passano, la ragazza cresce, e quando ha 17 anni scopre un libro all'interno di uno scrigno, un libro molto consumato, con il titolo stampato in oro mezzo cancellato. La parte del titolo rimasto è: LE DIECIM POR (Le diecimila porte).
Dalla scoperta del libro la storia torna ancora indietro, la storia ci racconta il passato, ci racconta di cosa sia successo nella vita di January dalla scoperta della porta alla scoperta del libro. Ci narra delle notizie che le arrivano dal padre durante i suoi viaggi, delle feste importanti a cui è obbligata a partecipare durante, del cane che grazie al suo amico Samuel diventa il suo più grande amico, della donna- Jane - inviata e pagata da suo padre per fare compagnia alla figlia e soprattutto dell'improvvisa scomparsa del padre dopo qualche tempo.
I misteri appaiono subito chiari: le porte esistono veramente? Qual è il vero ruolo di Jane? Dove è finito il padre di January?
Raccontato così può sembrare tutto abbastanza lineare e invece no, perchè il libro che la ragazza trova a diciassette anni assume un ruolo importantissimo nella storia perchè la portano indietro nel tempo, a quei ricordi solo accanonati ma mai dimenticati. Al libro vengono dedicati dei capitoli - più o meno alternati con i capitoli della vita reali - in cui si narra di porte magiche, di persone "fantasmi" che le attraversano e i cui avvenimenti sembrano molto simili a ciò che January ha vissuto dieci anni prima.
Un libro nel libro, quindi, quello che ci regala questa autrice che di certo ha creato una struttura narrativa molto interessante, forse già vista in altri romanzi, ma che denota una grande padronanza della scrittura, che si accentua grazie alle precise descrizioni che permettono di figurarsi perfettamente nella mente ogni dettaglio.
Anche l'ambientazione ed il periodo storico ci sono raccontati con grande precisione.
Sono i primi anni del 1900 e l'autrice lascia che la nostra protagonista ci racconti anche dei particolari storici che ci aiutino a dare una collocazione un po' più reale ad una storia che, sin dalle prime righe, si rivela fantastica e magica.
La protagonista arriva al lettore, e forse il fatto che gli parli direttamente la avvicina sicuramente ad esso, permettendogli di sentirla viva, permettendogli di capire le sue sensazioni ed i suoi desideri.
Sicuramente una trama che saprà farsi amare dagli amanti del genere e che comunque riesce ad arrivare anche a chi, come me, nonostante sia poco affine al fantasy, cerca sempre di superare i propri limiti, magari trovando il libro giusto.
Certo, la magia dell'altrove non manca - ovviamente direte voi - ma la storia riesce comunque ad essere non esagerata, ben ponderata, arricchita da un pizzico di mistero e animata da una scrittura molto leggibile e scorrevole.
Ho sofferto solo un taglio che mi è sembrato un po' troppo adolescenziale, anche se probabilmente può essere voluto, perchè dovuto all'età della protagonista e forse anche ai temi prevarcanti nel romanzo: la ricerca dei sogni, la voglia di fuga, la mancanza di una vera figura paterna.
Tirando le somme ho trovato la lettura molto piacevole e credo che potrà essere adorata di chi ama questo genere di libri ma anche apprezzata da chi normalmente legge altro.
Lasciate ora che io faccia anche un'affermazione forse futile ma necessaria: quanto è bella la cover di questo libro? Ma non solo la cover! Questo libro, come tutti quelli di questa casa editrice, è un piccolo gioiellino che in una libreria fa un figurone!!!
Mi raccomando, passate anche dagli altri blog - trovate tutti i nomi nel banner - per sapere il loro pensiero.

VOTO:









venerdì 9 ottobre 2020

Letture con Marina #105 - Recensione de L'amore bugiardo di Gillian Flynn

Buongiorno lettori, è venerdi ed io vi lascio a Marina.


Un po’ tanto inquietante, ma decisamente un’abbinata perfetta. Mettetevi comodi, fate partire Jaws (la colonna sonora del film Lo Squalo, per intenderci) e gustatevi questo thriller all’ultimo sangue:
Ti
tolo: L'aamore bugiardo
Autore: Gillian Flynn 
Traduzione: Francesco Graziosi (Nick) e di Isabella Zani (Amy)
Casa editrice: Rizzoli, 2014
Pagine: 462

Trama: Amy e Nick si incontrano a una festa in una gelida sera ,dl gennaio. È subito amore. Lui la conquista con il sorriso sornione e l'accento ondulato del Missouri. Lei è la ragazza perfetta, bella e spigliata. Sono felici, pieni di futuro. Qualche anno dopo però tutto è cambiato. Da Brooklyn a North Carthage, Missouri. Da giovani in carriera a coppia alla deriva. Amy e Nick hanno perso il lavoro e sono costretti a reinventarsi: lui proprietario di un bar accanto alla sorella Margo, lei casalinga in una città di provincia. Fino a che, la mattina del loro quinto anniversario, Amy scompare. È in quel momento, con le tracce di sangue e i segni di colluttazione a sfregiare la simmetria del salotto, che la vera storia del matrimonio di Amy e Nick ha inizio. Che fine ha fatto Amy? Quale segreto nasconde il diario che teneva con cura? Chi è davvero Nick Dunne? Un marito devoto schiacciato dall'angoscia, o un cinico mentitore e violento, forse addirittura un assassino? Raccontato dalle voci alternate di Nick e Amy, "L'amore bugiardo" è una vertiginosa incursione nel lato oscuro del matrimonio. Un romanzo, costruito su rovesciamenti e colpi di scena, che vi costringerà a domandarvi se conoscete davvero la persona che vi dorme accanto.

 



 
 
RECENSIONE: 



Interessante lettura sotto diversi punti di vista. Innanzitutto la particolarità di due voci che si raccontano. Che raccontano realtà condivise, similari, ma che sottendono intenzioni e dinamiche diversissime tra loro e che comportano cambi di realtà pesanti. Nick and Amy – Amy and Nick: se mescoliamo i due titoli del romanzo (quello in italiano e quello in lingua originale) come in una sciarada, avremo esattamente e pienamente evidente ciò che accade in questo romanzo. Non resta poi che aprire il libro ed immergersi nella lettura.

Altra particolarità è la diversa ambientazione della vicenda. Amy e Nick si conoscono a New York ed è tutto colorato, felice, sfavillante. Lei e Lui, una coppia bella, ricca (almeno lei), perfetta, con un intenso presente ed un futuro di successo. Scrittorucolo lui, scrittorucola lei, per una serie di ragioni, causate dalla recessione, sono costretti a trasferirsi nel paesotto natio di Nick, nella profonda provincia del Missouri e all’improvviso tutto è grigio, quasi squallido, problematico, vecchio anche se loro sono ancora giovani. Ed il rapporto idilliaco dei primi anni si va sempre più deteriorando.

Da non sottovalutare inoltre è la visione che quest’autrice ci serve su un piatto d’argento del mondo spietato dell’editoria ma soprattutto del mondo dei giornalisti scandalistici e dell’importanza dell’opinione pubblica e di alcuni programmi televisivi, che sono capaci persino di influenzare in certo qual modo l’operato della polizia.

Il romanzo è diviso in tre parti che sostanzialmente ci raccontano il romanzo e le varie verità: “Dove il ragazzo perde la ragazza”, “Dove il ragazzo incontra la ragazza” e “Dove il ragazzo ritrova la ragazza (o viceversa)”. Incredibile come ciascuno dei due protagonisti, almeno inizialmente, porti il lettore a parteggiare per lui o per lei, a seconda della sensibilità del lettore – ed è uno shock arrivare giusto all’inizio della seconda parte e capire di dover iniziare tutto daccapo, dover nuovamente riconsiderare tutta la faccenda. Nella prima parte ascoltiamo Nick che ci parla e ascoltiamo Amy solo attraverso le pagine del suo diario, dato che lei non si trova più ed è evidentemente rimasta vittima di una feroce aggressione. Personalmente sono rimasta particolarmente basita nel dover iniziare daccapo, perché onestamente la lettura del diario di Amy, in alcune considerazioni, mi aveva fatto riflettere sul matrimonio e su determinate dinamiche.

Iniziare a riconsiderare il tutto nella seconda parte del romanzo non è faticoso solo per il lettore, perché si devono accettare nuove regole nel gioco di coppia di Amy e Nick. E’ difficile anche per i familiari di questa strana e particolare coppia. Per i genitori di lei, che non sono mai stati pronti ad avere una figlia e che hanno in qualche modo alimentato le sue fantasie. E’ difficile per la sorella gemella di Nick ed anche della poliziotta del paese, che si occupa del caso insieme ad un collega. Ma anche per la scrittrice è stato difficile, dato che è stata costretta ad una sorta di nuova presentazione, quasi a dover preparare nuovamente l’antipasto, prima di far proseguire il pranzo ai commensali. Ed infatti è proprio in questo punto che cala per un attimo la tensione narrativa fin qui egregiamente costruita. Poco male comunque, perché l’autrice ha fantasia al suo arco e l’adopera in modo sapiente per riprendersi l’attenzione del lettore, che viene nuovamente assorbito dalla trama e dai diversi colpi di scena, forse un po’ troppo “puliti” ed al tempo stesso reali/irreali, ma che sicuramente (musica de Lo Squalo) catturano l’attenzione.

Come di consueto accade in questi romanzi al cardiopalma, pur se come detto, magari un po’ troppo “pulito”, parlare diffusamente della trama non è possibile, perché equivale a rovinare le bricioline che l’autrice dissemina nella sua opera, e che non sono altro che cambi di registro, colpi di scena, e guerra aperta tra Nick ed Amy, Nick ed il mondo, Amy ed il mondo.

Chi dei due protagonisti sta raccontando la verità? E chi mente, sempre e comunque? Oppure è una mescolanza di bugie e verità? Inutile dire che non ci sono vincitori in questo romanzo, ci sono solo dinamiche malate, burattini nelle mani di spietati manipolatori e persone che non hanno sfruttato onestamente le possibilità che la vita ha offerto loro.

E poi… E poi scopro che da questo libro è stato tratto un film nel 2014 diretto da David Fincher, con protagonisti i fascinosi e bravi Ben Affleck e Rosamund Pike (la Jane di Orgoglio e Pregiudizio, fra gli altri), che per questa interpretazione sono stati candidati a molti premi.


Buona lettura, ma anche… Buona visione! - A presto




giovedì 8 ottobre 2020

Recensione #372 IN ANTEPRIMA e presentazione del romanzo - Sul filo dell'acqua di Sara Rattaro

Buongiorno caarissimi, come state? Io finalmente riesco a tornare qui a condividere con voi il mio pensiero su un libro in uscita oggi in tutte le librerie e negli store online. Si tratta del romanzo Sul filo dell'acqua di Sara Rattaro edito da Solferino, pag. 173.

Trama: Chiara era in auto, bloccata dalla piena. Giulia era nel negozio dei suoi genitori, ne sono
usciti vivi per miracolo. Anna era a casa, ma suo marito era fuori con i soccorritori, purtroppo. Angela non era in città e non sapeva che anche a lei quel devastante diluvio avrebbe portato via qualcosa. Dal terribile 4 novembre in cui ogni argine ha ceduto e Genova è stata travolta dall’acqua è passato un anno. La sera in cui Chiara si scontra con Anna al ristorante, e Anna deve correre via perché Giulia sta per partorire, ognuna delle protagoniste si trova davanti alle conseguenze delle proprie scelte di quei mesi, e dei propri incontri. C’è Andrea che ha perso un amico, Enea che ha rinunciato a un amore, Marco che ha consumato un addio e Carlo che ha trovato… Giulia. E il cerchio si chiude. Otto vite si rincorrono, si mescolano, si scambiano come piccoli vortici, sul filo dell’acqua. Il nuovo libro di Sara Rattaro, in un originale e avvincente intreccio di trame e sentimenti, rende omaggio a una città, Genova, e a una grande dote umana, la resilienza. Un romanzo luminoso e profondo che ha la qualità del mare e della pioggia: porta in sé il senso della vita, della morte e della rinascita.

Sara Rattaro, se mi seguite sapete che di suo ho letto quasi tutto - mi mancano i libri per ragazzi e lo scorso libro - e quindi conoscete bene la mia predisposizione verso questa autrice. Ogni volta mi dico che sicuramente non potrà farmi ancora lo stesso effetto - quello di un tornado che spazza via tutto e lascia attoniti - e invece eccomi qui, devastata, ancora una volta.