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venerdì 19 marzo 2021

Letture con Marina #125 - Recensione di Basta un caffè per essere felici di Toshikazu Kawaguchi

Buongiorno lettori, è venerdì e, come di consueto, lascio la parola a Marina e alla sua recensione.


Acquisti compulsivamente libri. Non riesci a leggerli tutti appena li hai acquistati. E i non letti restano in attesa per due o tre anni. Nel frattempo quel dato autore non resta con le mani in mano e pubblica un altro romanzo. Tu lo acquisti. E che fai?, leggi il suo precedente romanzo, sperando di leggere subito dopo il recentissimo? Certo che no!, leggi immantinente il nuovo romanzo, altrimenti resterà nel limbo dei non letti. Perché se ne sta parlando ora, perché è attuale, perché ci sono interviste interessanti, perchè… Ecco, in questo caso è quello che è successo a me con:


Titolo: Basta un caffè per essere felici
Autore: Toshikazu Kawaguchi
Casa editrice: Garzanti, 2021
Pagine: 176
Traduzione: 
Claudia Marseguerra

Trama: Accomodati a un tavolino. Gusta il tuo caffè. Lasciati sorprendere dalla vita. L'aroma dolce del caffè aleggia nell'aria fin dalle prime ore del mattino. Quando lo si avverte, è impossibile non varcare la soglia della caffetteria da cui proviene. Un luogo, in un piccolo paese del Giappone, dove si può essere protagonisti di un'esperienza indimenticabile. Basta entrare, lasciarsi servire e appoggiare le labbra alla tazzina per vivere di nuovo l'esatto istante in cui ci si è trovati a prendere una decisione sbagliata. Per farlo, è importante che ogni avventore stia attento a bere il caffè finché è caldo: una volta che ci si mette comodi, non si può più tornare indietro. È così per Gotaro, che non è mai riuscito ad aprirsi con la ragazza che ha cresciuto come una figlia. Yukio, che per inseguire i suoi sogni non è stato vicino alla madre quando ne aveva più bisogno. Katsuki, che per paura di far soffrire la fidanzata le ha taciuto una dolorosa verità. O Kiyoshi, che non ha detto addio alla moglie come avrebbe voluto. Tutti loro hanno qualcosa in sospeso, ma si rendono presto conto che per ritrovare la felicità non serve cancellare il passato, bensì imparare a perdonare e a perdonarsi. Questo è l'unico modo per guardare al futuro senza rimpianti e dare spazio a un nuovo inizio.
 
RECENSIONE:   


“Prima che questa menzogna venga rivelata”, o qualcosa di simile, dovrebbe essere la traduzione del titolo originale del nuovo romanzo di Toshikazu Kawaguchi, che in Italia Garzanti ha preferito modificare completamente in “Basta un caffè per essere felici”. E come ha scritto Fedor Dostoevskij: “La cosa più difficile nella vita è vivere senza mentire”. “La gente mente per le ragioni più disparate”, rimarca come incipit l’autore giapponese. Non c’è che dire, visto che in realtà nessuno dei due titoli in sé è più corretto dell’altro, perché questo romanzo contiene tutte e tre le parole in gioco, parimenti importanti: il caffè, senza il quale i viaggi non sarebbero possibili; la menzogna, perché parte della vita in generale e soprattutto di tutte le storie qui contenute si basano proprio su una menzogna e la felicità, che è la ricerca più difficile cui tende qualsiasi essere umano.

La caffetteria dove è possibile viaggiare nel tempo, sia verso il futuro che soprattutto tornando indietro nel passato, si trova a pochi minuti a piedi dalla stazione di Jimbocho, nel centro di Tokyo, ed è situata al piano seminterrato di una stradina laterale di un quartiere di uffici. Ci sono poche ma ferree regole che chi è intenzionato a credere a questa possibilità, deve rispettare. E forse le più importanti sono che, anche andando indietro nel passato, non è possibile cambiare il presente. E che soprattutto, la persona che intraprende il viaggio nel tempo, per poter tornare indietro al suo presente di partenza, deve bere il caffè prima che si sia raffreddato completamente. Solo le femmine della famiglia Tokita possono far viaggiare nel tempo le persone, dando vita al rito del caffè: da quando hanno compiuto sette anni di età, fino a quando non rimangono incinta di un’altra femminuccia.

In questo secondo romanzo, Toshikazu Kawaguchi intreccia quattro storie con la vita dei gestori del piccolo caffè già incontrati nel precedente romanzo e rimasti con tanti perché inespressi da parte dei lettori: intrecciata quindi alle 4 storie principali, riprendiamo il filo della storia della famiglia di Nagare e della figlioletta Miki, di Kazu e della donna fantasma vestita di bianco, che tanto tempo prima non aveva rispettato una delle regole per poter tornare nel presente, e si era poi palesata come fantasma, cliente fisso del Caffè.

I capitoli di cui si compone questo nuovo romanzo sono poco dissimili, come temi, da quelli del precedente libro dell’autore nipponico, che è anche sceneggiatore e regista: 1. I due amici / 2. Madre e figlio / 3. Gli innamorati / 4. Marito e moglie Bugie dette a fine di bene nei rapporti tra genitori e figli, tra amici, tra innamorati e tra coniugi. Il tutto condito dalle vicissitudini della famiglia Tokita, dove una nuova generazione di dispensatrici di caffè sta per liberare dall’impegno gravoso chi non riesce a risalire la china della colpa e del rimpianto.

Ma una domanda è sempre presente nella mente dei lettori: se non si può cambiare il presente, perché mai voler tornare nel passato? Ed è proprio quello che si chiede anche il detective della omicidi del commissariato di Kanda, Kiyoshi Manda, che un po’ alla volta contatterà le quarantuno persone che negli ultimi trent’anni hanno usufruito del “servizio” del Caffè, per porre loro alcune domande, fondamentali sia per lui che per i lettori, per capire il perché del viaggio nel tempo, se poi ogni cosa rimarrà comunque invariata.

Un romanzo tutto sommato intimista, perché invita principalmente a guardare in faccia le proprie debolezze, meschinità e paure, rendendole poi fruibili come esperienza di vita a chi ci circonda e si ritrova nella stessa situazione, rendendo in certo qual modo libere le persone che del nostro dramma sono state co-protagoniste. Racconti senza dubbio commoventi – in cui includo anche la storia delle famiglia dei gestori del Caffè – nonostante non abbia trovato in questo romanzo la scrittura poetica che incanta i lettori, caratteristica degli autori asiatici.

“Le bugie possono far male, ma possono anche salvare la pelle. Qualunque sia il motivo, di solito alla fine ci si pente sempre di aver detto una bugia”. Din-don… e di nuovo, il silenzio cala sulla caffetteria. Chissà se per l’ultima volta…
 
A presto




 

4 commenti:

  1. Io ho letto il romanzo precedente, "Finché il caffé è caldo", e mi è piaciuto tanto. Questi viaggi nel passato sono un'opportunità per se stessi per non aver rimpianti anche se il presente non verrà minimamente scalfito. Ritornerò presto nella caffetteria speciale, ho intenzione di leggere questo secondo volume che la tua bella recensione ha reso ancora più interessante :)

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  2. Ciao Aquila, gentilissima!
    Io mi sono pentita di non aver iniziato dal 1°, ma tant'è... oramai è troppo tardi per i rimpianti.
    Ora che ci penso meglio però, forse il suo modo di scrivere dipende dal fatto di essere sceneggiatore e regista... chissà!
    Ciao e a presto 😃

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  3. Ciao!
    Il primo è: "Finchè il caffè è caldo".
    E io, come di consueto, non sono andata in ordine...

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