Buongiorno lettori, buon giovedì!
Oggi torno con una recensione, quella del libro Il matrimonio di mio fratello di Enrico Brizzi edito da Mondadori - che ringrazio per la copia -, 497 pagine.
Oggi torno con una recensione, quella del libro Il matrimonio di mio fratello di Enrico Brizzi edito da Mondadori - che ringrazio per la copia -, 497 pagine.
Trama: Teo ha trentanove anni, un lavoro sicuro, una macchina aziendale e una ragazza diversa ogni weekend. Sta bene, per il momento la vita gli piace abbastanza. Non come suo fratello Max, più grande di tre anni, che è sempre stato radicale in ogni cosa: nella ribellione ai genitori come nella passione per l'alpinismo che lo ha condotto a imprese estreme, nel costruire una famiglia e fare figli, come è giusto, passati i trenta e anche nel divorziare rovinosamente subito dopo i quaranta... Si sono sempre amati, questi due fratelli, e al tempo stesso non hanno potuto evitare di compiere scelte opposte, quasi speculari, sotto gli occhi spalancati e impotenti della sorella e dei genitori, che nella Bologna dei gloriosi anni Settanta e dei dorati Ottanta erano certi di aver offerto loro tutto ciò che serve per essere felici. Teo sta rientrando in città per immergersi in uno dei suoi weekend di delizie da single quando i genitori lo chiamano: Max è scomparso, insieme ai suoi bambini. Così Teo resta alla guida e punta verso le Dolomiti per andare a cercarlo. E, lanciato lungo l'autostrada tra angoscia e speranza, ci racconta tutta la loro vita: dalle gesta di papà Giorgio – dirigente della ditta di motociclette Vortex – e di mamma Adriana – un po' femminista e un po' signora italiana vecchio stile – all'epica di un'infanzia felice, dagli anni del liceo all'improvviso momento delle scelte, che per i ragazzi di questa generazione significa trovarsi di fronte un mondo completamente diverso da quello dei padri. Con profondo divertimento e un po' di commozione, Enrico Brizzi torna al suo più puro talento narrativo dando vita a una grande epopea, che è insieme la rievocazione di un'Italia che non c'è più ma che conosciamo tanto bene e la storia intima di due fratelli diversissimi: chi dei due si è illuso? Chi ha scelto la strada migliore? Il legame che da sempre li unisce sopravviverà agli anni della maturità? Ma soprattutto: che fine hanno fatto Max, i suoi bambini, e tutti i sogni con cui siamo cresciuti?
Il libro comincia entrando subito nel pieno della storia: Teo, bolognese, secondogenito di una famiglia benestante, è di ritorno da un viaggio di lavoro come tanti quando i genitori gli telefonano allarmati. Suo fratello Max, primo dei tre figli, la testa calda della famiglia, è scomparso con i suoi due figli provocando angoscia nella ex moglie e nei genitori ormai anziani.
È così che Teo comincia il viaggio che ci accompagnerà per tutto il romanzo.
Un viaggio in macchina che ci porterà dalle coste dell'adriatico, alle cime delle dolomiti, dove il fratello ormai abita da tempo. Un viaggio necessario per verificare che Max non abbia fatto sciocchezze. Un viaggio che diventa un excursus di una vita. Un viaggio in cui ripensa ai tempi trascorsi insieme alla sua famiglia; dall'infanzia - periodo in cui il rapporto con il fratello si è sempre basato su una sorte di sottomissione/competizione - alla nascita della sorella, all'adolescenza. Ripercorriamo con Teo i primi amori, le scelte scolastiche e lavorative in un'Italia, in quel periodo, sinonimo di evoluzione e rinnovamento.
Ed il lettore, pian piano, con lo scorrere delle pagine, diventa parte di quella famiglia come tante, dei litigi, dei doveri, della fatica di essere figlio ma anche di quella di essere un padre ed una madre.
Un ruolo importante nel libro - forse troppo per quanto mi riguarda - è stato dato alla passione di Max per la montagna, per l'alpinismo estremo, per le imprese impossibili che il ragazzo negli anni cerca di portare a termine. Importante la difficoltà di far accettare ai genitori una scelta di vita - fare della montagna un lavoro - che non includa la parola università e lavoro stabile.
Conosco il mondo degli scalatori e degli alpinisti; un mondo fatto di fatica, impegno, pericolo e anche incoscienza. Ho amato molto alcune parti legate a quel mondo, altre invece le ho trovate un po' troppo specifiche e dettagliate quasi a far perdere un po' il senso dell'insieme.
Detto questo ho trovato in Brizzi una penna molto brillante, capace di raccontare più di trent'anni di vita senza mai perdere il filo del discorso, armonizzando in modo perfetto i racconti della vita passata con il suo viaggio del presente.
Un lavoro impegnativo e ben riuscito che consiglio soprattutto per la capacità che l'autore ha avuto di saper analizzare i meccanismi della famiglia, i rapporti spesso complicati tra genitori e figli, ma anche tra fratelli e tra gli stessi coniugi. Una riflessione sul matrimonio, sulle dinamiche di coppia che cambiano nel tempo, sulla visione di un'Italia che è quella dei nostri tempi, con dei genitori nati negli anni del dopoguerra e con noi, figli dell'evoluzione cui gli anni '80 e '90 hanno assistito.
Conoscete questo libro? Cosa ne pensate?
VOTO:
L'ho visto più volte nelle mie incursioni in libreria, ma c'è sempre qualcosa che mi frena dall'acquistarlo. La tua recensione mi fa pensare che tutti quei dettagli sulla montagna me lo renderebbero indigesto!
RispondiEliminaConoscendoti credo che in effetti non sia molto il libro per te!
EliminaIo l ho comprato, ma la mole del volume mi frena un po' ad iniziarlo.
RispondiEliminaSono molto curiosa, xchè ho sentito la presentazione a Parco Sempione ed è stato carino. Il problema montagna si, immagino che ci sia, perchè lui ormai è un escursionista appassionato e credo che un po' della sua esperienza si riversi in quello che scrive.
Sono cmq curiosa, a prescindere dai contenuti mi piace molto la penna di Brizzi. Usa un lessico sempre molto accurato e ricercato che rende piacevole la lettura.
Sara
Ciao Sara, mi sarebbe piaciuto sentirlo al parco... purtroppo me lo sono perso!
EliminaPotrei regalarlo a mio marito che adora la montagna! Così lo aggancio con quel pretesto e gli faccio leggere un libro.
RispondiEliminaProverò a leggerlo pure io, magari saltando le parti più tecniche. Saltare si può vero? Pennac dice di sì!
ciao da lea
Magari è stata solo una mia impressione! ;)
EliminaI libri sulla nostra generazione (mi sembra che abbiamo la stessa età, Dani) mi mettono sempre angoscia. Mi sa che stavolta passo :-)
RispondiEliminaClasse 1978! Tu?
Eliminapure io ;-)
Elimina*_*
Eliminainvece a me è piaciuto proprio perchè mi ci sono ritrovato :) (io classe 1984)
EliminaAnche a me è piaciuto tantissimo ritrovarmi in quegli anni e in quei racconti!
EliminaComprato quasi per caso il libro è bellissimo… è uno dei pochi libri che è riuscito ad emozionarmi veramente… probabilmente proprio perché mi ritrovo molto nella storia dei protagonisti (io nato nel 1984)
RispondiEliminaRipercorrendo l’infanzia, l’adolescenza, fino a giungere alla maggiore età dei suoi protagonisti Brizzi ci fa vivere 40 anni di vita di una famiglia bolognese sullo sfondo di una Italia che vive nell’ordine: il benessere del Boom Economico, Tangentopoli, l’avvento di Berlusconi fino ad arrivare ai giorni d’oggi del governo Renzi.
La scrittura di Brizzi è perfetta per questo tipo di romanzo… i personaggi si animano e sprizzano emozioni così umane da permettere una immedesimazione totale nella loro vita: le aspettative dei genitori, l’indolenza dei figli, la paura e le speranze per il futuro.
Io rivedo in moltissime situazioni anche me stesso e i miei genitori (la mamma apprensiva e ansiosa, la sorella sempre più sveglia della sua età, i sogni di amore liceali, la voglia di emulare i più grandi, il padre che cerca una nuova giovinezza alla soglia della pensione, le dinamiche aziendali con i colleghi, il sogno del posto fisso, l’amore non corrisposto, il matrimonio e i figli, la difficoltà e il dolore di un divorzio)
Teo, protagonista e io narrante del libro, e il fratello Max rappresentano due approcci alla vita diametralmente opposti.
In qualche modo questi due personaggi credo che rappresentino le due anime che si scontrano dentro di noi nel corso della vita proprio come nel Fedro di Platone il cavallo bianco (razionalità) e il cavallo nero (passione).
Teo pacato e riflessivo, segue le regole e sogna una vita tranquilla con meno problemi possibili (in questo io mi ci ritrovo molto onestamente), Max invece al contrario brucia di ambizione e vive di ideali con una vita avventurosa, sempre alla ricerca di nuove sfide.
In alcuni momenti del libro le differenze tra i due sono così marcate che nemmeno loro stessi pur volendosi molto bene riescono a comprendere i comportamenti dell’altro (più volte Teo non riuscirà a capacitarsi di perché Max voglia sempre cacciarsi nei guai, mentre Max dal suo lato non riuscirà a capire come Teo possa vivere asservito ad un sistema fatto di regole imposte)
L’alpinismo e la montagna sono una metafora per lo spirito di Max a voler varcare ogni limite e ogni regola in una sfida continua a superare se stesso
Molto bello anche come all’inizio del romanzo il primogenito Max sia luce, ispirazione e salvezza del piccolo Teo in molte occasioni e come alla fine le parti si ribaltino con Teo ormai alla soglia dei 40 anni che sarà chiamato più volte a corre in aiuto di Max in un chiasmo molto sottile e intenso.
C-O-N-S-I-G-L-I-A-T-I-S-S-I-M-O
Bellissimo leggere il tuo apprezzamento così sentito! Ti ringrazio per averlo condiviso con me e con i miei lettori! Brizzi ci sa sicuramente fare!
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