venerdì 31 marzo 2017

Recensione #182 - Chocolat di Joanne Harris

Buongiorno readers, eccomi nuovamente con una recensionie. Si tratta di Chocolat di Joanne Harris edito da Garzanti, pag. 338.

Sinossi: A Lansquenet, quieto villaggio al centro della Francia, la vita scorre placida. Un po' troppo placida: è una comunità chiusa, dove sono rimasti soprattutto anziani contadini e artigiani, dominata con rude benevolenza dal giovane curato Francis Reynaud. È martedì grasso - una tradizione pagana avversata dalla chiesa - quando nel villaggio arrivano Vianne Rocher e la sua giovane figlia Anouk. La donna è assai simpatica e originale, sexy e misteriosa, forse è remissaria di potenze superiori (o magari inferiori). Vianne rileva una vecchia pasticceria, ribattezzata "La Celeste Praline", che ben presto diviene - agli occhi del curato - un elemento di disordine. Anche perché Vianne non frequenta la chiesa ma inizia ad aiutare a modo suo chi si trova in difficoltà: il solitario maestro in pensione Guillaume, l'adolescente ribelle Jeannot, la cleptomane Josephine, l'eccentrica Armande. Ben presto il tranquillo villaggio diventa più disordinato, ribelle e soprattutto felice. E lo scontro tra Benpensanti e Golosi, tra le delizie terrestri offerte da Vianne e quelle celesti promesse da padre Reynaud, tra Carnevale e Quaresima, diventa inevitabile.

Vivianne è appena arrivata a Lansquenet con la figlia Anouk. I loro nomi sono inventati, sono donne in continua fuga. È martedì grasso ed il carnevale è in pieno svolgimento. La bambina resta affascinata dall’atmosfera che, in quel particolare momento, si vive in paese e prega la madre di fermarsi lì. La madre, dal canto suo, ha deciso che non darà a sua figlia l’infanzia da nomade che ha avuto lei, sempre in fuga da un ipotetico Uomo Nero; si fermeranno e cercheranno di costruirsi una vita normale.
Vianne ha un dono, c’è chi lo chiamerebbe stregoneria, chi magia, chi cartomanzia. Quello che però lei ama sottolineare è che ha il dono di percepire i desideri della gente e, invece di utilizzarlo per atti ignobili, se ne serve per capire quale tipo di cioccolato sia adatto per ogni persona che entra nella nuova Chocolaterie che decide di aprire a Lansquenet. Ed è soprattutto nella sua attività che emerge la principale magia della donna: quella di lavorare il cioccolato, plasmandolo alla forma che più preferisce, rendendolo liquido e poi ancora solido.
Mia madre preparava formule magiche e filtri, io ho sublimato tutto in un'alchimia più dolce. Non siamo mai state molto simili, io e lei. Lei sognava di levitazioni, di incontri astrali ed essenze segrete, io ho studiato attentamente ricette e menu di cui avevo fatto man bassa nei ristoranti dove non potevamo permetterci di pranzare. Lei prendeva in giro bonariamente le mie preoccupazioni materiali.
Da subito il suo arrivo in quel paese non si rivela facile: i cittadini sono molto restii a frequentare lei ed il suo negozio, soprattutto a causa dell’immediato contrasto del parroco che la vede come una nemica, una donna senza fede attaccata alle tradizioni pagane tanto da parlare di lei e della sua arte durante i suoi sermoni.
C’è solo una donna in paese che sembra esserle amica, l’anziana Armande che da sempre lotta – principalmente con la figlia, ma in realtà con tutto il paese, per non essere considerata pazza.
Questo libro mi ha da subito stupito. Non avendo mai visto il film né letto la trama – eh già, mi capita di immergermi in letture senza neanche leggere le sinossi visto che tanto, a volte mentono!!! - mi aspettavo una lettura totalmente diversa, decisamente fuori dalle mie corde, fatta di momenti romance e sdolcinati perché solo questo potevo aspettarmi dalla cover rivisitata dopo il film. In realtà non ho invece trovato nulla di tutto questo. Ho trovato un romanzo carico di leggende, di mistero, di “magia”, di cucina, di contrasti, contornato dalla vita di tutti i giorni delle persone di un paesino bigotto e legato a tradizioni ormai superate.
La Harris è una grandissima narratrice. In questo libro la narrazione è a doppia voce ed entrambi le voci sono in prima persona: da una parte Vivianne che cerca con tutte le sue forze di inserirsi in una realtà chiusa e difficile, senza però scendere a compromessi, e dall’altra il parroco Reynaud, nelle cui parti parla con un prete allettato, incapace di rispondergli – di cui solo con lo scorrere delle pagine scopriremo la storia ed i segreti -, al quale confida i suoi pensieri sulla donna e su quanto questa influenzi lo scorrere della vita, fino a quel momento tranquillo, della cittadina.
E ogni giorno che passa il suo ascendente aumenta. Questo è in parte dovuto al negozio stesso. Metà caffè, metà confiserie, spande un'aria di intimità, di confidenze. I bambini amano le forme di cioccolato e i prezzi a portata della loro paghetta. Gli adulti si divertono all'atmosfera di sottile trasgressione, di segreti sussurrati, di risentimenti ventilati. Molte famiglie hanno cominciato a ordinare una torta al cioccolato per il pranzo della domenica; li osservo mentre ritirano le scatole infiocchettate dopo la Messa.

L’astio aumenta quando un gruppo di nomadi si fermano con le loro barche sul fiume e Vivianne, memore del suo stato di vagabonda sempre in fuga, li accoglie senza riserve e cerca di convincere gli abitanti del paese a fare altrettanto.

Perché non sono in grado di vedere, mon père? Perché non riescono a vedere ciò che quella donna ci sta facendo? Demolisce il nostro spirito di comunità, il nostro fine. Gioca con quanto c'è di peggiore e di più debole nel profondo dei cuori. Si guadagna una sorta di affetto, di lealtà che io - Dio mi aiuti! - sono troppo debole da desiderare. Predica una pseudo buona volontà, la tolleranza e la pietà per i poveri reietti senza casa del fiume mentre la corruzione mette radici sempre più profonde. Il diavolo non si fa strada attraverso il male, ma attraverso la debolezza, père.
Un parroco, questo Reynaud, che a quanto pare non ha un passato totalmente pulito; da subito appare evidente che nasconda un grande segreto, qualcosa che in passato lo ha portato a macchiarsi e ad allontanarsi da Lansquenet. Un passato che aleggia per tutto lo scorrere delle pagine e di cui, pian piano, saremo messi a conoscenza.
Quello della Harris si conferma uno stile scorrevole e capace di conquistare; uno stile che piacevolmente ritrovo dopo poco tempo dall’altro suo libro letto - La classe dei misteri - tanto diverso come storia ma molto, molto simile come capacità di intrigare grazie ad una narrazione misteriosa e accattivante. Per non parlare poi della sua estrema capacità di descrizione sia dei personaggi che, soprattutto, dell’ambientazione; un’ambientazione - sia per quanto riguarda il paese tipicamente francese che per quanto riguarda la Chocolaterie - che l’autrice sa ricreare in modo nitido sia dal punto di vista descrittivo che dal punto di vista dell’atmosfera. È impossibile infatti non avere la sensazione di sentire i profumi e gli aromi che accompagnano le creazioni di Vivienne. Ed è proprio grazie alle creazioni di Vienne che conosciamo, piano piano, gli abitanti di Lansquenet e li vediamo aprirsi, giorno per giorno, ad una vita che non è poi tanto paurosa come tutti fino a quel momento hanno creduto.
E mentre il tempo scorre, in un lasso di tempo in realtà brevissimo – dal martedì grasso al giorno di Pasqua - il sacro ed il profano si intrecciano, lottano, convivono in una storia che richiama tutte le credenze pagane e le mette in discussione attraverso gli occhi del prete, le sue debolezze, il suo richiamo al peccato.
Un libro capace di portare il lettore in un mondo meraviglioso, inebriato dal profumo della cioccolata, in cui nulla è banale ed il mistero è il vero protagonista.
Ultimo dettaglio cui vorrei dare risalto è il Glossario Goloso che si trova alla fine del libro solamente leggendo il quale sono sicuramente ingrassata di almeno 5 kg! Veramente da leccarsi i baffi!
Insomma da leggere!

VOTO: 

mercoledì 29 marzo 2017

Recensione #181 - L'amore addosso di Sara Rattaro

Buongiorno carissimi, ultimamente vi sto tempestando di recensioni ma portate pazienza, con tutte le challenge cui partecipo devo essere più ligia nelle tempistiche rispetto al solito!!!
Oggi vi parlo di un libro uscito il 21 marzo: si tratta de L'amore addosso di Sara Rattaro edito da Sperling & Kupfer, pag. 240.

Sinossi: Una giovane donna attende con ansia fuori da una stanza d'ospedale. È stata lei ad accompagnare lì d'urgenza l'uomo che ora è ricoverato in gravi condizioni. È stata lei a soccorrerlo in spiaggia, mentre passava per caso, dice. Non dice - non può farlo - che invece erano insieme, che sono amanti. Lo stesso giorno, in un'altra ala dell'ospedale, una donna è in attesa di notizie sul marito, vittima di un incidente d'auto. Non era con lui al momento dell'impatto; non era rintracciabile mentre la famiglia, da ore, cercava di mettersi in contatto con lei. E adesso, quando la informano che in macchina con il marito cera una sconosciuta, non sembra affatto stupita. La prima donna è Giulia. La seconda è ancora Giulia. E il destino, con la sua ironia, ha scelto proprio quel giorno per fare entrare in collisione le due metà della sua vita: da una parte, quella in cui è, o sembra, una moglie fortunata e una figlia devota; dall'altra, quella in cui vive di nascosto una passione assoluta e sfugge al perbenismo di sua madre - alle ipocrisie, ai non detti, a una verità inconfessabile. Una verità che perseguita Giulia come una spina sotto pelle; un segreto che fa di lei quell'essere così tormentato e unico, luminoso e buio; un vuoto d'amore che si porta addosso come una presenza ingombrante, un caos che può soltanto esplodere. Perché l'amore è una voce che non puoi zittire e una forza che non puoi arrestare. L'unica spinta che può riportarti a ciò che sei veramente.

Ci sono libri capaci di rapirti dalla prima all’ultima pagina, autrici capaci di toccare le corde giuste per entrarti dentro, qualsiasi sia la storia che raccontino. Ho conosciuto Sara Rattaro quattro anni fa. Il mio blog era aperto da poco e lei era un’autrice emergente, che aveva pubblicato già due libri meravigliosi - con Morellini prima e con Giunti dopo - ma che si apprestava a fare il grande salto, quello con una casa editrice prestigiosa come Garzanti. L’ho amata da subito, prima come scrittrice, perché pochi sanno arrivarmi dentro come fa lei, e poi come persona, per il suo essere umile e disponibile.
Sara è la dimostrazione che inseguendo una passione ce la si può fare, e che di quella passione si può vivere. Tutti oggi parlano di lei e chi ama la lettura non può non averla sentita nominare almeno una volta. Con un nuovo cambio di casa editrice – al momento pubblica con Sperling & Kupfer – si appresta a fare un ulteriore salto in avanti, che le rinnoverà l’amore meritato dei lettori
Ho seguito Sara in ogni suo lavoro, l’ho incontrata a tutte le presentazioni possibili, ho avuto tra le mani un suo libro una volta all’anno – tanto riesce a scrivere, tanto ha da raccontare – ed ogni volta che comincio a leggere un suo lavoro il risultato è sempre lo stesso: ne vengo risucchiata, come se un vortice agisse sulla mia mente e sui miei sentimenti senza scampo. Non saprei spiegarne lucidamente il motivo, ma accade proprio questo.
Per farvi capire bene quello che intendo vi racconto cosa è successo con questo libro. La casa editrice mi aveva comunicato che me ne avrebbe inviato una copia ed io la attendevo impaziente da giorni. Domenica sono stata a pranzo da mia mamma – è lì che faccio arrivare tutti gli omaggi della case editrici – ed ho trovato questo libro ad aspettarmi. Avevo in essere un’altra lettura ma ho voluto sbirciarne l’incipit… non mi sono più fermata, accantonando momentaneamente il libro che stavo leggendo. Parte di una sera ed un altro paio d’ore il pomeriggio successivo e già leggevo l’ultima parola di questo libro meraviglioso in cui – come succede ogni volta - molte sono le frasi che ho sottolineato e che, sicuramente, mi ritroverò a rileggere nel tempo.

La storia è apparentemente semplice: protagonista è Giulia. Lei ci racconta la sua vita, lei ci mette al corrente della sua situazione di tradita e di amante. È in spiaggia con Federico, il suo amante, quando lui si accascia a terra privo di sensi. Una corsa folle all’ospedale, la necessità di farsi credere una passante che per caso lo ha soccorso e un dolore che le scoppia dentro ma che non può manifestare. E proprio mentre Giulia è irrintracciabile perché con il suo amante, Emanuele – suo marito – viene ricoverato per un brutto incidente d’auto, un’auto in cui non era solo, c’era la sua amante con lui.
È da qui che l’autrice inizia a raccontarci una storia che banalmente si potrebbe definire di tradimenti ma che in realtà, come solo lei sa fare, arriva a parlare di tutt’altro tanto che, alla fine, il tradimento che dovrebbe essere il fulcro di tutto viene quasi messo in secondo piano dalla vita vera, quella fatta di amicizia, di amore, di scelte sbagliate, di famiglie ingombranti, di malattie, di senso di inferiorità, di partenze ed arrivi, di incomprensioni, di apparenze. Ogni volta che Sara dà un nome ad un suo personaggio - che si chiami Emma, Luce, Viola, Margherita, Alice, Barbara o Francesca - io so che ognuno di quei nomi potrebbe essere il mio nome. Ogni volta che Sara ci narra un avvenimento, io so che a me potrebbe succedere. È con la consapevolezza di incontrare tra quelle pagine tutto ciò che ogni giorno popola le nostre vite che mi appresto, ogni volta, a leggere ed amare ogni suo libro. In ogni suo lavoro Sara ci mostra le due facce della stessa medaglia; non c’è mai una sola visione della storia ma c’è la completezza che solo una visione d’insieme può dare. Non mi riferisco unicamente a due personaggi che ci mostrano i due possibili risvolti della situazione; spesso, come in questo libro accade a Giulia, è un unico personaggio che assume diverse sembianze subendo una tale trasformazione emotiva che non può lasciare indifferenti.
Mi sono infilata nel corridoio e lei era lì. Seduta composta, stringeva la sua borsa tra le braccia. Mi sono fermata, lei si è girata verso di me e si è alzata di scatto. Avrei riconosciuto il suo sguardo, quello dell’amante timorosa, tra milioni. Era esattamente come il mio. Io ero lei, lei era me.
Giulia non è la traditrice cinica e insensibile che tutti potremmo immaginare. Si ritrova spesso, nel libro, a combattere con le due metà di se stessa: la moglie che non riesce ad essere più e l’amante che spesso di quella moglie si dimentica.
Un libro che, come avviene anche in tutti i precedenti, ha una capacità incredibile di portare il lettore a riflettere sulla sua vita, sulle sue abitudini, sugli atteggiamenti che giorno per giorno si ritrova ad affrontare, da protagonista o da semplice osservatore.
Ma non sono solo le storie a rendere tutto magico. Quello che ogni volta mi stupisce e mi affascina è la capacità che l’autrice ha di trasformare le emozioni in parole, di scriverle nero su bianco in modo talmente potente da darmi la sensazione di sentirmele scorrere addosso, quasi fossero realmente le mie.
Perché sapere che non ti sei nutrito di sesso, ma di tutto il resto, rischia di uccidermi.
Una capacità estrema di raccontare gli opposti: pregi e difetti, giusto e sbagliato, vittima e carnefice, rendendoli intercambiabili, facendogli assumere un significato diverso – positivo o negativo a seconda della situazione –, lasciando il lettore talmente confuso da non capire più da che parte sia la ragione, quale sia la verità. Proprio perché forse, nella vita, un’unica verità non esiste.
Anche in questo libro ritroviamo gli elementi caratterizzanti lo stile di Sara: le frasi riflessive scritte in corsivo, normalmente alla fine dei capitoli ma non solo; il capitolo finale scritto dal punto di vista di un altro personaggio, in questo caso il marito Emanuele. In particolare proprio l’abitudine al secondo punto di vista finale mi era mancato in Splendi più che puoi e felicemente lo ritrovo in questo ultimo lavoro.
Un libro che consiglio a tutti quelli che in una lettura cercano emozioni forti.


Libri precedenti di Sara Rattaro:

Sulla sedia sbagliata – Recensione qui
Un uso qualunque di te – Recensione qui
Non volare via – Recensione qui
Niente è come te – Recensione qui
Splendi più che puoi – Recensione qui

VOTO: 


sabato 25 marzo 2017

Recensione #180 - I ponti di Madison County di Robert James Waller

Buon sabato lettori! Come state? Io sono in procinto di mettermi a fare le pulizie - purtroppo il sabato mattina mi tocca - ma prima ci tenevo a parlarvi di un libro che mi ha totalmente deluso ma di cui mi sono divertita tantissimo a scrivere. Si tratta de I ponti di Madison County di Robert James Waller edito da Frassinelli, pag. 174.

Sinossi: Robert Kincaid è un singolare, quasi mistico viaggiatore dei deserti asiatici, di fiumi lontani, di antiche città, un uomo che sembra non appartenere al suo tempo. Francesca Johnson, un'italiana giunta in America come sposa di guerra, vive tra le colline dello Iowa meridionale e, di tanto in tanto, torna col pensiero ai suoi sogni di ragazza. Nessuno dei due ha mai cercato qualcosa di diverso da ciò che ha, ma quando Robert, in viaggio per un servizio, entra nel cortile di lei per chiedere un'informazione, il ritmo delle loro esistenze si spezza sotto la forza di un'emozione inesprimibile. L'incontro tra Robert e Francesca diventa rapidamente un legame profondo e ciò che accade durante pochi giorni di una torrida estate, presso i vecchi ponti coperti di Madison County, è per entrambi un'esperienza così intensa da trasfigurare i luoghi consueti e i gesti quotidiani. I momenti trascorsi insieme diventano un patrimonio raro e prezioso di sentimenti a cui attingere per il resto della vita e che sopravviverà a loro stessi. Una storia appassionante, che riscopre nell'amore la forza originaria dell'esistenza, una vicenda profondamente commovente, espressa in una prosa lirica, che consacra Robert James Waller autore fra i più rappresentativi della nuova narrativa americana.

Vi racconto brevemente come è andata con questo libro. Una carissima amica, a causa di un imminente trasloco, mi ha regalato due scatoloni di libri di cui doveva disfarsi. Immaginatevi la mia gioia, decine di libri da cui avrei potuto pescare letture interessanti. Ho aperto gli scatoloni con Baba che mi urlava al cellulare: “Fai fotoooooo, dimmi i titoliiiiiiiiiiiii!”. Quando è stato il momento di tirare fuori I ponti di Madison County mi sono sentita urlare nelle orecchie: “O mio dio sisterrrrrrrrrrr, ho visto il film! È bellissimoooooo! Devi leggerlooooooo! E poi me lo passiiiiiiii.”.
Come tirarsi indietro davanti a tanta insistenza? Io che avevo sentito nominare il film ma non sapevo neanche di cosa parlasse, non appena ho avuto un buco libero da letture “obbligate” l’ho preso in mano e ho cominciato a leggerlo.
Tanta stima per chi ha saputo vedere un film in questo libro e soprattutto tanta stima per chi ha saputo renderlo un film di successo. No perché io ci vedo solo le cinquanta sfumature delle casalinghe dell’Iowa!!!
La trama ufficiale la potete leggere sopra, ma volete la mia personale trama senza troppi giri di parole?
Francesca, di origini napoletane (che poi l’autore mi deve spiegare che necessità avesse di continuare a sottolinearlo) vive nell’Iowa insieme a un marito agricoltore e a due figli poco più che adolescenti. Marito e prole partono per andare ad una fiera in cui qualcuno soppeserà il manzo che la figlia ha coccolato e ingrassato per comprarlo e destinarlo al macello e Francesca resta a casa da sola, per una settimana. Volete sapere cosa succede in quella settimana? Un certo Rodert Kincaid, fotografo, arriva a Madison County per fotografare i suoi famosi ponti per un servizio del National Geografic e caso vuole che si perda con il suo furgone proprio vicino alla tenuta di Francesca, che non si limita a indicargli la strada ma, lontanamente da ogni logica per cui tutte noi sappiamo che non sia il caso di salire in macchina con uno sconosciuto, lei lo accompagna al ponte e da subito fa pensieri non propriamente da madre di famiglia sul fustacchione che ha appena conosciuto.
Lo invita a cena ma non succede nulla anche se lei non pensa ad altro, quindi il giorno dopo gli lascia un biglietto attaccato al ponte che sa che lui andrà a fotografare per replicare la cena e – lei spera – qualcosa di più.
Eh già, perché dovete sapere che da pudica e sciatta contadina dell’Iowa lei in due giorni diventa una sexy e intrigante gnocca che flirta in ogni modo possibile con il bel fotografo, si compra vestiti che accorcia per l’occasione in modo da mostrare le gambe e cucina in modo che lui possa vederle il di dietro. A furia di flirtare ovviamente finiscono a letto e questo è il loro unico pensiero per i giorni successivi. Altro che amore profondo e platonico, qui si consuma e lo si fa di brutto, che in confronto le casalinghe disperate non sono nessuno!
Però sapete com’è, dopo aver copulato per una settimana ed essersi – a suo dire – innamorata di lui – l’unico uomo al mondo che in così poco tempo chiederebbe ad una donna di scappare insieme, ma Robert lo fa! – si rende conto che ha delle responsabilità verso quel cornuto del marito - con cui dice di fare sesso una volta ogni due mesi ma mai ovviamente come lo fa con Robert! – e verso i figli.Robert riparte e lei resta innamorata di lui fino alla fine dei suoi giorni tanto che dopo 22 anni ancora aspetta che lui ritorni ed ogni giorno, il giorno del suo compleanno, si beve un bicchiere di Brandy in veranda, riguarda la foto che lui le aveva scattato e ripensa ai numeri da circo che facevano sotto le lenzuola e sul tavolo della cucina, tavolo che lei ha fatto riportare in casa dalla cantina non appena il marito schiatta. Ma c’è di più, non cerca Robert per quindici anni per tenere fede alla sua decisione, ma appena il marito passa a miglior vita e lo sotterra, ricompone quel numero che il fotografo le aveva lasciato senza riuscire a rintracciarlo.
Voi direte… Francesca si porta nella tomba il suo segreto! E invece no, perché quando non riesce a rintracciare Robert inizia a scrivere un diario dove descrive tutte le notti e i giorni passati a fare sesso con quello che non era suo marito e prima di morire lascia una lettera ai figli con tanto di spiegazioni mica troppo velate. Gli dice infatti di andare a leggere il tutto al tavolo della cucina, specificandogli che nel diario troveranno la motivazione della sua richiesta… ovviamente facendo capire anche a loro, e non troppo velatamente, cosa aveva fatto la mamma su quel tavolo con il suo amante.
E quando rivolgendosi ai figli Francesca scrive: “Robert è io trascorremmo molte ore nella nostra vecchia cucina. Parlammo e ballammo a lume di candela. E sì, facemmo l'amore, lì e in camera e sull'erba del pascolo, e più o meno in qualunque altro posto a cui possiate pensare. Era un amore incredibile, intensissimo, trascendente, e si protrasse per giorni, quasi ininterrottamente. Pensando a lui, una delle parole che ho usato più di frequente è potente. Perchè così era giunto a essere quando ci incontrammo. La sua intensità era acuta come una freccia. Io ero del tutto inerme quando faceva l'amore con me. capitemi che ho veramente creduto di leggere una parodia delle cinquanta sfumature, perché questa visione della freccia mi ha prima lasciata basita e poi fatto rotolare dal ridere. 
No perchè dovete capire che questo Robert non ha vent'anni ma cinquantacinque. E stando alle parole della protagonista fa sesso ininterrottamente e con l'intensità di una freccia. Scusate ma mi viene da dire: Eh la miseriaaaaa... esagerato!
Uh ma mica è finita qui! I figli sapete cosa fanno dopo aver scoperto il passato torbido della madre? Una persona normale avrebbe almeno tirato quattro parolacce e si sarebbe un po’ arrabbiata no? Eh no, loro no, loro piangono pensando alla povera madre che per una vita intera ha dovuto rinunciare al suo amore per colpa loro e decidono di contattare uno scrittore affinchè scriva un libro che racconti la loro storia (che poi sarebbe il libro che io ho letto).
No ma veramente????? Una storia di una banalità e di una assurdità incredibile che, se almeno fosse stata scritta in modo sublime avrebbe forse potuto acquistare un po’ di carattere ma niente. La scrittura è semplice, banale, priva ogni qualsiasi emozione. Mai mi sono immedesimata nei personaggi e nel grandissimo amore che dicevano di provare. Ho trovato invece una mera descrizione di momenti che avrebbero potuto essere romantici – perché oltre a copulare i due bevono spesso brandy a lume di candela, o ballano sulle note di canzoni romantiche – che non mi hanno per niente emozionato.
Anche nelle descrizioni dei personaggi, mi sono spesso ritrovata a leggere elenchi di vestiario che il bel Robert si portava dietro – amava il color Kaki, questo l’ho capito fin troppo bene – e elenchi di macchine fotografiche con i codici degli obiettivi che utilizzava, ma a parte questo non mi sono arrivati umanamente, non mi ci sono affezionata, non li ho capiti.
Sarò poco romantica io? Può essere, ma in questa storia ci ho trovato tutto tranne che romanticismo ed il problema non è il tradimento, intendiamoci, il problema è che è proprio l’autore secondo me ad aver rimarcato più sull’aspetto carnale della cosa, che sull’aspetto emotivo. Niente, libro bocciato! Ora lo passo a Baba che così mi dirà se, per una volta, il film ha superato il libro.

VOTO: 





venerdì 24 marzo 2017

Letture con Marina #10

Buon venerdì amici. Anche oggi, come ogni due venerdì, vi lascio con Marina e la sua rubrica.

Autore: Luca Briasco
Titolo: Americana: Libri, Autori e Storie dell’America Contemporanea
Casa editrice: Minimum fax
Pagine: 311
Anno Pubblicazione: 2016

Sinossi:  Il lavoro e la poetica di quaranta autori attraverso la lente focale di un loro scritto: Luca Briasco ci conduce in un ricco, e insieme curioso, percorso di lettura. Americana ripercorre le tracce degli scrittori che hanno esplorato i territori del «grande romanzo americano» – indagandone i toni, i registri, le sfumature – e crea uno spazio in cui convergono la curiosità del lettore e quella dell’autore: un dialogo lontano dall’accademia che conduce alla scoperta, o riscoperta, di autori che hanno lasciato un’impronta indelebile nella cultura statunitense e che sono amati e venerati anche nel nostro paese.
RECENSIONE:

Buona giornata e ben ritrovati! In queste ultime settimane mi sono sentita un po’ come un viaggiatore in una notte d’inverno, nonostante il clima primaverile. Spaesata di fronte alla vastità delle letture e – a differenza del viaggiatore di Calvino – non in grado di interromperne la lettura, perché quasi non in grado di scegliere cosa leggere. Desideravo da tempo prendere seriamente in mano la corrente della letteratura giapponese e dato che, come detto, siamo appena entrati nella stagione primaverile, farmi trascinare o meglio cadere come i petali dei ciliegi, 5cm al secondo. Ma l’annosa indecisione nel riprendere in mano i diari di Virginia Woolf… Infine, complice la lettura dell’ultimo meraviglioso romanzo di Kent Haruf, anche la letteratura americana ha avuto un’impennata e, complice l’accattivante copertina e ciò che prometteva, mi sono lasciata tentare da questo libro di Luca Briasco, per capire un po’ meglio cosa significano i termini “metanarrazione, autorefenzialità, ironia postmoderna e realismo di ritorno”. Senza tralasciare il fatto che desideravo avere sotto gli occhi, in maniera ordinata, l’elenco dei maggiori autori americani contemporanei. Ma non volevo uno sterile saggio con elenchi. E devo dire che proseguendo nella lettura, posso solo manifestare tutta la mia gioia di appassionato lettore di medio-bassa cultura, perché questo libro mi sta regalando spunti, riflessioni e conoscenze che da sola non sarei stata in grado di cogliere.

Americana è di fatto una mappa della narrativa americana contemporanea, con qualche incursione negli anni sessanta e che, come sottolinea l’autore nella sua prefazione: “vuole fornire coordinate di lettura che invoglino il lettore a prendere (o riprendere) in mano romanzi e racconti, per goderne la bellezza e il fascino”. Sono quaranta gli autori presi in esame, suddivisi in 7 capitoli, introdotti da uno stupendo saggio: le vie del postmoderno; dal realismo al minimalismo e oltre; il serbatoio dei generi; le grandi sintesi; l’avanguardia o quel che ne rimane; l’eredità del realismo; un nuovo canone?. Cito solo alcuni degli autori analizzati e raccontati: Pynchon, Vonnegut, Auster, Carver, King, Ellroy, Roth, Oates, Strout, Haruf, Tartt, Franzen, Safran Foer e tanti, tanti altri.

Invero ed insperatamente lettura coinvolgente, che regala connessioni tra una corrente letteraria e l’altra, tra un autore e l’altro, così come piace al lettore che, come i petali del ciliegio, si fa trasportare dal vento volteggiando di libro in libro, così, senza impegno alcuno, solo per il piacere della lettura e del capire l’ambiente, la società, le persone e il momento storico che lo incornicia nel suo tempo e così insieme arricchire la propria anima. Libro versatile da leggere come un romanzo e che rimane di fatto anche un’interessante guida con schede di approfondimento da prendere e lasciare a piacimento.Sperando di non essere l’unica, mi chiedo: e se una notte di primavera un viaggiatore… 
Piccola nota bibliografica:
Luca Briasco è stato editor di narrativa straniera per Fanucci ed Einaudi Stile libero. Ha scritto diversi saggi sulla letteratura degli Stati Uniti, con particolare attenzione al romanzo contemporaneo. Insieme a Mattia Carratello ha curato La letteratura americana dal 1900 a oggi. Dizionario per autori (Einaudi, 2011). Collabora da più di dieci anni alle pagine culturali del Manifesto. Ha tradotto una quarantina tra romanzi e raccolte di racconti, fra gli ultimi: Una vita come tante di Hanya Yanagihara, e Il simpatizzante di Viet Thanh Nguyen, Premio Pulitzer 2016.

giovedì 23 marzo 2017

Leggendo SerialMente - Gruppo di Lettura #2 - Miss Peregrine di Ransom Riggs


Buongiorno lettori, come state? Eccoci giunti al seconto "GDL SERIALE" legato alla challenge Leggendo SerialMente ma a cui potete partecipare tutti, a prescindere dalla challenge.
Some potete vedere dal titolo, nei prossimi tre mesi leggeremo insieme la serie di Miss Peregrine scritta da Ransom Riggs.
Cosa dovete fare? Oh beh niente, prendervi nuovamente un impegno con noi e sopportarci per altri tre mesi, cosa sarà mai!!
Ne avete già letto uno, oppure due? Nessun problema, anche io ho già letto il prima ma lo rileggerò insieme a voi!
Bando alle chiacchiere, veniamo alle date:


Adesso provo a spiegarvi meglio:

23 marzo 2017 - oggi - : sui nostri due blog vi presentiamo l'intero GDL e dovrete cominciare a leggere il primo libro "La casa dei ragazzi speciali" fino a pag. 150, ovvero fino al capitolo 5 compreso.

LA CASA DEI RAGAZZI SPECIALI
06 aprile 2017 - Desperate Bookswife: discuteremo la parte che avrete letto, ovvero da pag. 0 a pag. 150 (i primi 5 capitoli).
13 aprile 2017 - Un libro per amico: commenteremo insieme da pag. 153 a pag. 263 (fino cap. 8 compreso).
20 aprile 2017 - Desperate Bookswife: commento da pag. 267 a pag. 378, ovvero fino al termine del romanzo.




HOLLOW CITY
Ci comportiamo come se la trilogia fosse raccolta in un unico volume, quindi abbiamo appena terminato il volume uno ma senza ulteriori presentazioni iniziamo a leggere il secondo.
27 aprile 2017 - Un libro per amico: commento da pag. 19 a pag. 168, (fino capitolo 5 compreso)
04 maggio 2017 - Desperate Bookswife: commenteremo insieme da pag. 171 a pag 312 (fino capitolo 10 compreso)
11 maggio 2017 - Un libro per amico: commenteremo da pag. 315 a pag. 430 (fine libro).

LA BIBLIOTECA DELLE ANIME
18 maggio 2017 - Desperate Bookswife: commenteremo da pag. 17 a pag. 164(fino al capitolo 3 compreso).
25 maggio 2017- Un libro per amico: commenteremo insieme da pag. 167 a pag. 300 (fino al capitolo 6 compreso).
01 giugno 2017 - Desperate Bookswife: commenteremo da pag. 303 a pag. 488 (fino alla fine del libro).




UDITE UDITE PUNTI BONUS
(solo per chi sta partecipando alla challenge)

Vista la gentile collaborazione della casa editrice Rizzoli abbiamo pensato di aggiungere il libro "I racconti degli speciali" che varrà ben 2 punti in più ai fini del gruppo di lettura + challenge, quindi se deciderete di leggere con noi i tre romanzi più i racconti degli speciali otterrete 7 punti invece di 5. Altrimenti, leggendo solo i primi tre otterrete comunque i 5 punti prestabiliti.
Per la suddivisione in tappe di quest'ultimo volume dovete aspettare il primo post del 6 aprile.
Tengo a precisare che anche in questo caso il GDL è aperto a tutti, anche a chi non partecipa alla nostra challenge ma ha piacere di condividere questa esperienza con noi.

PICCOLE PRECISAZIONI PER PARTECIPARE

1- commentare questo post su uno dei due blog organizzatori scrivendo "partecipo" seguito dalla vostra e-mail (saremo il vostro promemoria personale per ben tre mesi, che fortuna eh?).
2- Ricordiamo a chi partecipa anche alla nostra Challenge "Leggendo Serialmente" che la partecipazione attiva (commentare tutte le tappe in maniera esaustiva, non basta "oh mi è piaciuto") al GDL varrà ben 5 punti in più.
Chi commenterà tutte le tappe di un solo libro otterrà 1 punto, chi commenterà tutte le tappe relative a due libri otterrà 2 punti
3- Questo Gruppo di Lettura è un evento indipendente, può essere abbinato alla Sfida sopra citata, ma può partecipare chiunque, quindi state tranquilli!
4 - Se avete voglia di unirvi come lettori fissi ai nostri due blog non ci offendiamo, ma non vi obblighiamo a farlo. Sì, siamo sempre noi: Desperate Bookswife e Un libro per amico.

Ci auguriamo con tutto il cuore che vogliate prendere parte a questa nostra pazzia! Divertimento e spoiler assicurati!!!

Per adesso vi salutiamo, ma ci rileggeremo presto :-)

mercoledì 22 marzo 2017

Recensione #179 - Il bassotto e la regina di Melania G. Mazzucco

Buongiorno readers, siamo a metà settimana, secondo giorno di primavera anche se nell'hinterland milanese sembra che sia tornato l'autunno...mah! Oggi torno con la recensione di un libro, una scoperta meravigliosa fatta per caso, si tratta de Il bassotto e la regina di Melania G. Mazzucco edito da Einaudi , pag. 101.

Sinossi: Platone è un bassotto dal pelo lungo e la coda a pennello. Un cane da salotto, di quelli nati per fare compagnia agli uomini. A Yuri, per esempio, studente di filosofia "con gli occhiali sempre appannati". Ma durante le vacanze Yuri segue Ada su una nave da crociera, lasciando il bassotto alle cure del portiere. E proprio nella solitudine della notte di Natale avviene per Platone l'incontro che gli cambierà la vita. Nella cantina del palazzo, il Tatuato nasconde scatoloni pieni di animali di contrabbando: scimmie, iguane, serpenti a sonagli, una vecchia tartaruga leopardo di nome Leo, e lei, la Regina, un'elegante levriera afghana, giovanissima, "poco più che un gomitolo di neve". Per Platone è il colpo di fulmine. Ma il cuore della Regina è altezzoso, e neanche le canzoni che il bassotto intona giorno e notte per tenerle compagnia riescono a sedurla. A raccontarci questa storia tenera e profonda, dal suo osservatorio speciale tra le foglie di un albero, un pappagallo che conosce tutte le lingue del mondo, e tutte le pieghe dell'anima. Una favola per chi crede che niente è impossibile.

Chi dice che ogni cane è identico al suo padrone? Questa storia è la dimostrazione che non sempre è così. L’autrice ci narra quella che a tutti gli effetti è una favola. Protagonista Platone, un bassotto, cane da appartamento con orari fissi e una vita fatta di solitudine. Yuri, il suo padrone è esattamente il suo opposto: se
Platone è basso basso, lui è uno spilungone; se Platone è un cane allegro ed espansivo, il suo padrone è distaccato e serioso.
Narratrice della storia è una pappagallina giramondo conoscitrice delle lingue – anche quella dei cani - con cui un giorno Platone fa conoscenza.
Il libro, seppur nella sua semplicità di base è disseminato di chicche, pensieri molto profondi che anche se dette da animali portano il lettore alla riflessione.
E qual è la più difficile? mi chiese il bassotto, incuriosito. Quella degli uomini? Lui li ascoltava da quando era nato, ormai la loro lingua era la sua. Prima aveva imparato a distinguere i nomi, gli ordini, le frasi semplici. Infine tutto, perfino il lessico della filosofia. Ma le parole, quelle non riusciva a dirle. Le parole sono come musica. Le comprendi, ti trafigge il cuore, ma se non conosci l’armonia non potrai mai riprodurla.
La storia si dipana in un anno, da Natale al Natale successivo. È proprio durante le festività natalizie che Yuri parte per una crociera, accecato dall’amore verso una ragazza e lascia Platone a casa, affidato alle cure del portiere. Quando nel palazzo di Platone un inquilino scarica di nascosto un carico di merce di contrabbando, non merce qualunque ma animali – serpenti, scorpioni, tartarughe, cani, gatti, scimmie -, e la nasconde nello scantinato, tutto cambia nella vita del bassotto.
Tra gli animali di contrabbando infatti c’è la Regina.
La Regina – perché dalla prima volta che la vidi capii che non poteva chiamarsi altrimenti – era svenuta. Era sinuosa, aggraziata, col musino appuntito e il pelo folto come un tappeto di lana. Era il cane più elegante che avessi mai visto e capii subito che avrebbe spezzato il cuore del bassotto.
Platone spera di trovare in quegli animali degli amici e per farsi accettare ogni sera, dal balcone, ulula per loro storie filosofiche di cani della storia, facendosi amare dagli animali e, allo stesso tempo, facendosi odiare dagli abitanti del condominio.
Regina tale si sente, di nome e di fatto, e si vanta del suo essere nata per accompagnare re durante la caccia, sminuendo il povero Platone ed i suoi evidenti sentimenti.
Mi dispiace, disse la Regina, tu sei diverso, Platone, ti apprezzo. Ti trovo simpatico, ma non vivrò con te. Se vuoi, cantami ancora le tue canzoni. Sarò sempre tua amica.

Quella notte, Platone non uscì sul balcone e non cantò. Rimase rintanato sotto il letto di Yuri, piangendo – perché avrebbe voluto essere Argo, Cerbero, o Laika, il cane che divenne una stella, ma era solo Platone. Un bassotto. Più corto di uno stivale, leggero come una bambola. Nato per tenere compagnia non ai re, ma ai bambini qualunque. Eppure anche i bassotti hanno un cuore e la Regina aveva spezzato il suo.
Non è facile parlare di un libro del genere, perché si tratta più di una meravigliosa fiaba, in cui moltissimi degli aspetti che normalmente troviamo nella vita di tutti i giorni sono raccontati e vissuti da animali. Una fiaba che l’autrice è capace di narrare toccando il cuore del lettore e portandolo spesso sull’orlo delle lacrime, almeno a me ha fatto questo effetto.
Una favola raccontata dal punto di vista degli animali, con una delicatezza ed una dolcezza tale da non lasciare indifferenti. Una storia torbida, fatta di maltrattamenti, insensibilità, soprusi, ma anche una storia di amicizia, di dedizione, di amore. Una storia capace di far riflettere, che parla dell’apparenza, delle differenze fisiche, della difficoltà di aprirsi al diverso, della tenacia necessaria per raggiungere un obiettivo, della sensibilità.
 
Vi siete mai chiesti che cosa si dicano i cani quando abbaiano in modo compulsivo? A me capita spesso, quando il cane che sta nel mio ufficio si mette ad abbaiare sentendo un verso lontano. Spesso mi rivolgo a lui – ebbene sì, proprio così – chiedendogli cosa si stiano dicendo, che cosa abbiano da raccontarsi. Questo libro mi ha fatto dare importanza a quei momenti, mi ha fatto rivalutare quel piccolo nanerottolo che passa le sue giornate russando acciambellato su un cuscino ma che, a volte, ha
l’impellente necessità di far sentire la sua voce, forte e chiara. E d’ora in avanti, quando capiteranno questi momenti, ripenserò a Platone, a Regina, alla pappagallina e alla mastodontica tartaruga – la signora Leopardo – che con la saggezza dei suoi anni dà spessore a questa lettura!
Una storia dolce amara capace di far riflettere, proprio come le migliori fiabe sanno fare, con un retrogusto doloroso che però viene fortemente addolcito dall’amore che di base scaturisce prepotentemente in ogni pagina.
A fare da contorno alla bellezza di questo libriccino ci sono le immagini che illustrano parte della storia e che mi hanno riportato ai libri che leggevo da bambina.
Una lettura da fare in un pomeriggio, un libro adatto ai grandi ma anche ai piccini e che sicuramente leggerò prima o poi anche con mio figlio. 
Unica accortezza: munitevi di fazzoletti per le lacrime che sgorgheranno!

VOTO: 

domenica 19 marzo 2017

Leggendo SerialMente - Gruppo di Lettura #1 - Il lairinto degli spiriti: dodicesima e ultima tappa


No ma veramente siamo arrivati all'ultima tappa di questo meraviglioso GDL? Cioè mi state dicendo che sono già passati tre mesi? Bè, per quanto mi riguarda sono volati anche se ora ho voglia di lasciare andare Zafon e di immergermi in qualcosa di nuovo! Ma basta chiacchiere, parliamo del libro.
Come sempre, per riepilogo, vi lascio i link relativi alle tappe postate fino ad oggi.

L'OMBRA DEL VENTO

03 gennaio 2017 - Desperate Bookswife: commento da pag. 0 a pag. 196 (i primi 25 capitoli) - Link qui
10 gennaio 2017 - Un libro per amico: commento da pag. 197 a pag. 310 (vi dovrete fermare al capitolo che inizia riportando queste date: 1933-1954). Link qui
17 gennaio 2017 - Desperate Bookswife: commento da pag. 311 ( Parte intitolata: Nuria Monfort: Memorie di spettri 1933 - 1954) a pag. 471, ovvero fino al termine del romanzo. Link qui

IL GIOCO DELL'ANGELO
Ci comportiamo come se la quadrilogia fosse raccolta in un unico volume, quindi abbiamo appena terminato il volume uno ma senza ulteriori presentazioni iniziamo a leggere il secondo.
24 gennaio 2017 - Un libro per amico: commento da pag. 11 a pag. 138, ovvero tutto l'Atto Primo. Link qui
31 gennaio 2017 - Desperate Bookswife: commento del Secondo Atto, da pag. 141 a pag 336. Link qui
7 febbraio 2017 - Un libro per amico: commento del Terzo Atto + l'Epilogo, ovvero da pag. 339 a pag. 466. Link qui

IL PRIGIONIERO DEL CIELO
14 febbraio 2017 - Desperate Bookswife: commento delle parti 1 + 2 , fino pag. 174. Link qui
21 febbraio 2017- Un libro per amico: commento delle parti 3 + 4 +5, ovvero fino a pagina 340. Link qui.




  

IL LABIRINTO DEGLI SPIRITI
28 febbraio 2017 - Desperate Bookswife: commento fino a pagina 193, ovvero Il libro di Daniel + Dies Irae + Ballo in maschera +Kyrie. Link qui
07 marzo 2017 - Un libro per amico: commento da pagina 199 fino a pagina 386, ovvero la parte: La città degli specchi. Link qui.
14 marzo 2017 - Desperate Bookswife: chiacchiereremo da pagina 391 fino a pagina 573. Parte: I Dimenticati. Link qui.
19 marzo 2017 - Un libro per amico: commento da 579 a pagina 815, ovvero Agnus dei + Il quaderno di Isabella +Libera Me + In Paradisum +Barcellona +1964 +Il libro di Jilliàn + Epilogo.

ATTENZIONE SPOILER!!!! 

Quante ore ho per parlarvi di questa ultima parte? Sì, perché qui ne succedono veramente una dopo l’altra e non sarà facile fare un post che non appaia chilometrico e anche un po’ sconclusionato. Ma spero che me lo perdonerete. Nella scorsa parte avevamo lasciato Alicia in convalescenza all’ospedale con Fermin e Bea che tramavano per portarla via e nasconderla da qualche parte.

Comincio con una citazione, quella che l’autore chiama introduzione alla quadrilogia e che secondo me racchiude il senso, in modo assolutamente poetico - dei quattro libri che abbiamo letto:
Una storia non ha principio né fine, soltanto porte di ingresso.
Una storia è un labirinto infinito di parole, immagini ed energie riunite per svelarci la verità invisibile di noi stessi. Una storia è, in definitiva, una conversazione tra chi la racconta e chi l’ascolta: un narratore può raccontare solo fin dove lo sorregge il mestiere, mentre un lettore può leggere solo fino a ciò che porta scritto nell’anima.
Ma entriamo nello specifico della parte di oggi.
Ci tengo a ringraziare personalmente Zafon per la rivalsa delle donne che ci ha regalato in queste ultime pagine. Sì, perché oltre a non far morire Alicia – che viene curata nel cimitero dei libri dimenticati – non la fa morire neanche dopo, quando come una paladina senza paura va prima a vendicare la morte di Vargas uccidendo Rovida, e poi a Madrid ad uccidere Leandro con le sue stesse mani. E non fa morire neanche Victoria – Ariadna -, che per settimane abbiamo visto in balia proprio di Leandro, che per farsi raccontare tutto quello che sa su Valls le fa credere di tenerla nascosta per aiutarla. Poi, certo, Victoria non è che faccia proprio una bella fine ma almeno è una fine che si è scelta e, finalmente, insieme a sua sorella.
E chi l’avrebbe mai detto che fosse proprio Victoria a tenere Valls prigioniero? E che la figlia prediletta di Valls fosse proprio la sorellina di Ariadna, rapita insieme a lei decenni prima?
Questa dei bambini rapiti alle famiglie incarcerate Zafon se l’è studiata veramente bene eh! Ed anche l’intreccio tra David Martin e Victoria mi è piaciuto un sacco. Proprio lui la allontana da quel “padre” che la mette incinta, e la porta in quella casa in cui, lo scopriremo dopo, aveva vissuto il suo amore con Isabella.
Eh sì, perché Zafon ci fa anche raccontare da Isabella la verità sulla paternità di Daniel, attraverso il suo diario, e ci racconta anche di come Juan Sempere fosse a conoscenza della cosa, ma la abbia ripresa a casa e se la sia sposata! Un amore che già dalle pagine de Il gioco dell’angelo si intuiva quello tra David e la sua assistente. Ma la cosa più sconvolgente è di come Isabella ci racconti di come sapesse di essere stata avvelenata da Valls e, allo stesso modo, sapesse anche di non avere scampo. Che poi, diciamocelo, Valls ha fatto proprio la fine che meritava… una lunga, lenta, dolorosa agonia! Le parti della sua prigionia sono veramente agghiaccianti ed estremamente realistiche. E sono contenta che Daniel abbia capito che il peggior male che potesse fare a quell’uomo fosse lasciarlo in vita. Non avrei sopportato un Daniel assassino!
Ma voi avevate immaginato che Leandro potesse essere il “socio” di Valls nella storia dei bambini? Io assolutamente no! Avevo capito che Leandro non avrebbe mai lasciato libera Alicia, ed avevo anche capito che probabilmente stesse sfruttando lei e Vargas per i suoi scopi ma non mi ero immaginata un risvolto simile.
Certo che Zafon i cattivi li sa raffigurare veramente bene eh! Dopo Fumero, che già ci aveva fatto tremare, tira fuori dal cappello questo Hendaya, suo discepolo che, se possibile, pare abbia addirittura superato il maestro in termini di cattiveria. Le parti in cui qualcuno si trovava al suo cospetto mi hanno sempre messo addosso un’ansia incredibile! Per fortuna anche lui ha fatto la fine che si meritava! In questa ultima parte del libro ho rivalutato un sacco anche Bea, una figura che ne L’ombra del vento già mi era piaciuta ma che secondo me non era stata sfruttata al meglio. Qui si rivela una donna matura e intelligente, nonché una mamma amorevole. Quante di noi avrebbero preso a sganascioni Daniel? Tutte, ne sono certa! E quante di noi non avrebbero lasciato in agonia Alicia? Tutte, sono certa anche di questo! Bea no, è superiore, consapevole del suo essere donna anche davanti a una “gnoccolona” – si può dire gnoccolona? - come Alicia.
Un’altra figura che emerge in modo splendido in questa parte oltre a Fermin che, si sa, da sempre è il nostro eroe, è Fernandito, che si rivela un detective capace e anche un amico fidato per Alicia. In più il suo risvolto amoroso con Sofia mi piace veramente tanto, se lo meritava proprio!Ed ora veniamo alla conclusione… Al Julian che da bambino diventa adulto e, successivamente, scrittore; al suo incontro con Carax; alla sua voglia che lo scrittore maledetto scriva per lui la quadrilogia de Il cimitero dei libri dimenticati con la storia della sua famiglia; al suo incontro con Valentina e alla loro bambina Alicia; all’abbandono di Valentina e al suo essere padre single – che sembra quasi una maledizione dei Sempere, ad eccezione di Daniel -; alla fine di un libro che coincide esattamente con il punto di partenza, in quel cimitero dei libri dimenticati che ha fatto da cornice ad un’intera quadrilogia. Insomma, credo che con questa parte il cerchio si chiuda completamente e l’autore sia riuscito a rispondere a tutte le domande che erano rimaste in sospeso e lo abbia fatto in modo esaustivo e credibile.
L’unica cosa che gli rimprovero è, soprattutto in questo libro, l’eccessiva ripetizione di alcune cose – come se Zafon cercasse di spiegare più a chi non avesse letto i libri precedenti che a chi come noi si trovi alla fine di un viaggio -; questo, in alcuni momenti, mi ha reso la lettura un po’ lenta e dopo quattro libri sinceramente questo dettaglio mi ha resa un po’ sofferente. Che poi, ora più che mai una cosa devo dirla: come fanno a dire che questi libri sono leggibili separatamente??? Impossibile per quanto mi riguarda!
Ora lascio la parola a voi, date sfogo al vostro pensiero!

Baba ed io vi ringraziamo per il viaggio che avete fatto insieme a noi in questa Barcellona inquieta e nebbiosa e speriamo che vorrete seguirci anche nei prossimi viaggi che faremo!!!! A breve vi metteremo a conoscenza del prossimo gruppo di lettura! Stay tuned.

venerdì 17 marzo 2017

Recensione #178 - Accabadora di Michela Murgia

Buongiorno carissimi! Finalmente è venerdì, anche se il mio weekend si prospetta alquanto movimentato... ma sarà pur sempre weekend!!!!
Oggi torno con una recensione, quella del libro Accabadora di Michela Murgia edito da Einaudi , pag. 166.

Sinossi: Perché Maria sia finita a vivere in casa di Bonaria Urrai, è un mistero che a Soreni si fa fatica a comprendere. La vecchia e la bambina camminano per le strade del paese seguite da uno strascico di commenti malevoli, eppure è così semplice: Tzia Bonaria ha preso Maria con sé, la farà crescere e ne farà la sua erede, chiedendole in cambio la presenza e la cura per quando sarà lei ad averne bisogno. Quarta figlia femmina di madre vedova, Maria è abituata a pensarsi, lei per prima, come "l'ultima". Per questo non finiscono di sorprenderla il rispetto e le attenzioni della vecchia sarta del paese, che le ha offerto una casa e un futuro, ma soprattutto la lascia vivere e non sembra desiderare niente al posto suo. "Tutt'a un tratto era come se fosse stato sempre così, anima e fili'e anima, un modo meno colpevole di essere madre e figlia". Eppure c'è qualcosa in questa vecchia vestita di nero e nei suoi silenzi lunghi, c'è un'aura misteriosa che l'accompagna, insieme a quell'ombra di spavento che accende negli occhi di chi la incontra. Ci sono uscite notturne che Maria intercetta ma non capisce, e una sapienza quasi millenaria riguardo alle cose della vita e della morte. Quello che tutti sanno e che Maria non immagina, è che Tzia Bonaria Urrai cuce gli abiti e conforta gli animi, conosce i sortilegi e le fatture, ma quando è necessario è pronta a entrare nelle case per portare una morte pietosa. Il suo è il gesto amorevole e finale dell'accabadora, l'ultima madre.

Ci sono autori che hanno bisogno di pagine e pagine per scrivere una storia e poi ce ne sono altri che in pochissime facciate sanno racchiudere un mondo intero. Michela Murgia è una di questi.
Siamo a Soreni, un paesino sardo in cui si intrecciano storie, destini, nascite e morti. Un paesino non reale ma che dà invece l’impressione di poter essere un qualsiasi paese dell’entroterra sardo, con le sue leggende, la sua atmosfera, le sue tradizioni.
È proprio con questa cornice che assistiamo all’intrecciarsi delle vite di Bonaria Urrai e Maria Listru, una donna sola avanti negli anni la prima, una bambina nata in una famiglia già numerosa la seconda. Maria è una fill’e anima, quarta figlia di una donna vedova, che viene data in adozione ad una donna anziana, sola e senza figli.

Quanti anni avesse Tzia Bonaria allora non era facile da capire, ma erano anni fermi da anni, come fosse invecchiata d’un balzo per sua decisione e ora aspettasse paziente di esser raggiunta dal tempo in ritardo. Maria invece era arrivata troppo tardi anche al ventre di sua madre, e sin da subito aveva fatto l’abitudine a essere l’ultimo pensiero di una famiglia che ne aveva già troppi. Invece in casa di quella donna sperimentava l’insolita sensazione di essere diventata importante.
Maria ha il vizio di appropriarsi delle cose non sue, forse proprio a causa del fatto che per sei anni, niente è mai stato di sua proprietà. Da una fra tante Maria diventa, in casa di Bonaria, l’unica ragione di vita per la donna, che tiene alla sua istruzione e al suo comportamento. Il loro legame è da subito messo in mostra al paese intero, senza vergogne e senza pudore così da diventare presto naturale e non essere oggetto di più di tanti pettegolezzi.
L’autrice è bravissima a far emergere l’atmosfera che si respira in un paese sardo ricco di tradizioni e anche superstizioni. I personaggi sono raccontati in modo perfetto nei loro atteggiamenti, così perfetto da renderli reali. Se Maria e Bonaria sono le protagoniste, un paese intero colora le pagine del romanzo con una veridicità e con una raffinatezza che quasi contraddice con la crudità della storia narrata e proprio per questo colpisce.
Una narrazione che scorre spedita e che materializza davanti agli occhi del lettore un mondo lontanissimo ma anche tremendamente attuale.
Non manca la comparazione tra nord e sud infatti una figura importante appare da subito la Maestra Luciana, sarda di adozione ma torinese di origine, che immediatamente esprime le sue perplessità per quello scambio di bambina sulla parola, che sembra tanto normale in quei luoghi e che lei guarda con sospetto.
Bonaria per Maria è una sarta – quasi tutto il paese si fa infatti confezionare abiti da lei – ma nella realtà la donna è un’accabadora, una di quelle figure che aiuta a morire le persone in fin di vita. Spesso sguscia via nella notte, accompagnata solo dal chiarore della luna, perché qualcuno la chiama in suo aiuto e, normalmente, la mattina dopo le campane suonano a lutto.
Maria non si accorge quasi mai delle uscite notturne di sua madre, non sa dove vada Bonaria la notte e mai potrebbe anche solo immaginare quella che è la realtà. La sua vita scorre tra la scuola, il cucito e saltuarie visite alla sua madre naturale che spesso richiede i suoi servigi.
Quando la ragazza scopre il vero ruolo della donna nel paese resta sconvolta, incapace di accettare che qualcuno possa con le proprie mani aiutare a morire. Comincia così, per la terza volta, la nuova vita di Maria. È da qui che con Maria partiamo per un viaggio, fisico verso un continente sconosciuto ma anche virtuale, nell’animo più profondo di una ragazza ormai quasi donna.
Aveva vissuto per anni con Bonaria convinta di essere andata a pareggio con le sue due nascite, una sbagliata e però anche una giusta, ma ora i conti le apparivano pieni di errori e cancellature, lasciandola ancora una volta fuori, come un resto avanzato. 
Durante quel viaggio Maria si ingegnò per non dormire mai, nemmeno un’ora. Il tempo le servì tutto per farsi accabadora dei suoi ricordi, e trattare gli avvenimenti che l’avevano portata a quella decisione come persone da far salire o meno sul traghetto per il continente. Uno per uno li segnò, mentre li ricordava per dimenticarli, e quando arrivò al porto di Genova scese dalla nave sentendosi più leggera, convinta di aver lasciato sull’altra terra tutta la zavorra delle sue ferite.
La narrazione si sposta così a Torino e noi assistiamo, ancora più da vicino, alla contrapposizione tra Soreni – o quello che rappresenta – un paese chiuso ma sgargiante, e Torino, una città dal centro storico signorile, con i suoi colori freddi ed la disinvoltura nel rivolgersi agli altri, con i suoi ampi portici, le sue strade ortogonali e i vestiti industriali appesi nelle vetrine dei negozi. Un mondo opposto a quello che la ragazza fino a quel momento conosceva, in cui avrebbe lavorato e in cui avrebbe dovuto rinascere per la terza volta.

L’appartamento di Attilio e Marta Gentili, al quinto piano di un palazzo signorile nel centro storico della città, aveva i muri dipinti di un bianco cremoso che nulla aveva da spartire con i colori sgargianti delle case di Soreni. Maria aveva visto muri così bianchi solo a scuola e all’ospedale, e fu anche per questo che avvertì subito un senso di soggezione, un disagio sottile rafforzato dalla disinvoltura con cui le diedero immediatamente del tu.
Piergiorgio e Anna Gloria – i ragazzi di cui si dovrà occupare Maria – diventano quindi il suo nuovo mondo, un mondo che per mano l’autrice ci porta a scoprire, un mondo fatto di ombre, di gelosie, ma anche di consapevolezze; un mondo dove quei ricordi che lei avrebbe voluto cancellare per sempre tornano preponderanti alla sua memoria senza chiedere il permesso, riflessi negli occhi di quei due ragazzi. E quelli che non arrivano scaturiti dalla mente, arrivano solitamente attraverso una lettera: nessuno può sottrarsi alla sua vita, se non per un breve periodo.
Un romanzo intriso dei sentimenti più disparati che vengono espressi più attraverso i silenzi che con i gesti; un libro così delicato, colmo di emozioni, ricco di spunti di riflessioni che difficilmente può lasciare un lettore indifferente e che, ne sono sicura, mi rimarrà sotto pelle con un sapore dolce amaro. Un’autrice capace di narrare anche quello che le parole non riescono a raccontare.
Una lettura che consiglio senza riserve, un gioiellino da tenere in libreria e ogni tanto rileggere!

VOTO: