Buongiorno carissimi, oggi inizio a pubblicare una delle recensioni arretrate, accumulate nelle scorse settimane a causa dell'infortunio al piede. Purtroppo per voi, fino alla prossima settimana verrete tempestati visto che molte tappe delle challenge cui sto partecipando volgono al termine ed io devo necessariamente pubblicare tutto entro il 20 marzo! Oggi vi lascio con il mio pensiero, purtroppo non positivo, sul libro Mirtilli a colazione, esordio di Meg Mitchell Moore, pag. 312, edito da Garzanti.
Sinossi: Burlington, Vermont. Il tavolo della colazione sembra un campo di battaglia. Uova strapazzate sbocconcellate, macchie di marmellata mista a yogurt, briciole di pane sulla tovaglia. In salotto giocattoli sparsi a terra e il pianto di un neonato. Ginny e William pensavano di non doversi più occupare di queste cose. Tutti i figli sono ormai grandi e se ne sono andati finalmente a vivere per conto proprio. Il loro programma era quello di godersi in pace gli anni della vecchiaia, curare il giardino, scaldarsi alle chiacchiere serene dell'ultimo sole. Ma è bastato un solo, breve weekend perché la casa fosse improvvisamente invasa da tutta la loro progenie. La prima a presentarsi è Lillian, in fuga da un marito fedifrago, con al seguito la sua bambina di tre anni e il neonato Philip. Poi Stephen, accompagnato dalla moglie che scopre proprio in quel momento che la sua gravidanza è a rischio ed è costretta all'immobilità immediata. E infine Rachel, la figlia minore, che ha perso il lavoro e non può più permettersi le scarpe costose e l'affitto nel pieno centro di Manhattan. Dovevano fermarsi solo pochi giorni, ma sono diventati ospiti a tempo indeterminato. William e Ginny hanno di fronte a loro una lunga, lunghissima estate in cui, fra piatti rotti, urla selvagge, ma anche le carezze tenere delle dita paffute di un nipotino, devono imparare a conoscere di nuovo i figli e i loro problemi, ormai molto più complessi di una caduta dalla bicicletta e un ginocchio sbucciato.
Ho comprato questo libro anni fa e recentemente ho deciso di leggerlo grazie a due delle challenge cui quest’anno sto partecipando. Fa parte di quei tanti libri che compro con lo slancio del momento e la cui voglia di leggerli si assopisce con il passare del tempo fino a restare per anni a prendere polvere nella mia libreria. Per fortuna per lui il suo momento è arrivato!
La storia è molto semplice. Siamo nel Vermont, Ginny e William sono una coppia adulta, con i figli ormai grandi, che vivono con un loro equilibrio in una casa silenziosa nei pressi di un lago. Sono una coppia come tante, hanno cresciuto tre figli cercando di fare del loro meglio ed ora si godono la vecchiaia. La tranquillità viene presto stravolta dall’arrivo improvviso della loro figlia maggiore Lillian che, con una bambina di tre anni nel pieno della parlantina e dei perché ed un neonato che la notte si sveglia ancora ogni due ore per la poppata, si rifugia dai genitori per scappare dalla realtà di un marito fedifrago. Non dice ai genitori quanto si tratterrà, né il vero motivo della sua visita. La casa diventa subito un campo di battaglia, con pannolini, tutine, giocattoli e soprattutto con un continuo chiasso cui Ginny e William non sono più abituati. La faccenda si complica con l’arrivo di Stephen e di sua moglie Jane, in attesa del loro primogenito, che improvvisando un weekend dai genitori – “tanto mamma e papà ci invitano sempre” è il motto dell’uomo – si ritrovano bloccati a Burlington per ben dieci settimane a causa di un problema alla placenta che obbliga Jane al riposo assoluto. Immaginate una casa già sovraffollata, con nuora e suocera che non si amano proprio alla follia…
Se l’amore di Ginny e William non è mai messo in discussione, la loro integrità mentale inizia a vacillare quando le loro abitudini vengono stravolte – apparentemente senza che nessuno si scusi per questo – e la loro casa diventa un caos pieno di roba da lavare. Ma non poteva finire qui. Evidentemente i due genitori hanno sempre data ai figli l’impressione di essere disponibili in ogni momento quindi anche Rachel, la figlia più piccola, in crisi con il fidanzato e assolutamente insoddisfatta del suo lavoro lascia New York e si presenta anche lei alla porta dei genitori.
Ecco, immaginate la famiglia del mulino bianco… CANCELLATELA dalla vostra mente! Questa famiglia ci viene mostrata in tutte le sue imperfezioni, in tutta la sua difficoltà di tornare a convivere, dopo tantissimo tempo, tutti sotto lo stesso tetto. Che sarebbe anche un bene se tutto non fosse secondo me portato ad un'esasperazione un po' eccessiva prima, ed alla banalità più assoluta dopo.
I personaggi – soprattutto i figli - risultano, vi dirò, a tratti antipatici, irrispettosi, incapaci di convivere civilmente e incapaci di tenere conto anche dei bisogni degli altri oltre che dei propri; non so se questa sia un’esasperazione voluta dall’autrice ma, per quanto non mi aspetti mai personaggi perfetti nei libri che leggo, qui mi sembra un po’ eccessivo. Come se tutto fosse "pompato" per rendere più credibile la situazione; anche i genitori, che da amorevoli tappetini diventano, man mano che le pagine scorrono, insofferenti ma senza cercare mai di dare uno scossone a quelli che sembrano bambini invece che quasi quarantenni, denotano una mancanza di polso incredibile.
Tutto si svolge lentamente, tutto avviene quasi sempre in quella casa, con situazioni che si ripetono, panni da lavare che si accumulano, incomprensioni che prendono piede irrimediabilmente. La soluzione di tutto è altamente scontata, priva di brio e raggiunta anche in modo troppo veloce rispetto al resto del libro.
Per fortuna lo stile dell’autrice non è pesante e permette di leggere queste poco più di trecento pagine in modo abbastanza veloce, peccato per la storia che – va bene la semplicità – ma mi è sembrata troppo banale e poco coinvolgente.
Un libro di cui probabilmente dimenticherò a breve quasi tutto, purtroppo…
In più mi chiedo: ma il titolo, che senso ha??? Nessuno mangia mai mirtilli a colazione, e i mirtilli vengono nominati forse una volta ma senza che venga dato particolare risalto alla cosa quindi perché, visto che il titolo originale del romanzo è The arrivals??? E visto che quello stesso titolo dava benissimo l'idea di ciò che avviene nel libro! Lo so, sembrano cose di poco conto ma a me fanno imbestialire!
VOTO: Ho comprato questo libro anni fa e recentemente ho deciso di leggerlo grazie a due delle challenge cui quest’anno sto partecipando. Fa parte di quei tanti libri che compro con lo slancio del momento e la cui voglia di leggerli si assopisce con il passare del tempo fino a restare per anni a prendere polvere nella mia libreria. Per fortuna per lui il suo momento è arrivato!
La storia è molto semplice. Siamo nel Vermont, Ginny e William sono una coppia adulta, con i figli ormai grandi, che vivono con un loro equilibrio in una casa silenziosa nei pressi di un lago. Sono una coppia come tante, hanno cresciuto tre figli cercando di fare del loro meglio ed ora si godono la vecchiaia. La tranquillità viene presto stravolta dall’arrivo improvviso della loro figlia maggiore Lillian che, con una bambina di tre anni nel pieno della parlantina e dei perché ed un neonato che la notte si sveglia ancora ogni due ore per la poppata, si rifugia dai genitori per scappare dalla realtà di un marito fedifrago. Non dice ai genitori quanto si tratterrà, né il vero motivo della sua visita. La casa diventa subito un campo di battaglia, con pannolini, tutine, giocattoli e soprattutto con un continuo chiasso cui Ginny e William non sono più abituati. La faccenda si complica con l’arrivo di Stephen e di sua moglie Jane, in attesa del loro primogenito, che improvvisando un weekend dai genitori – “tanto mamma e papà ci invitano sempre” è il motto dell’uomo – si ritrovano bloccati a Burlington per ben dieci settimane a causa di un problema alla placenta che obbliga Jane al riposo assoluto. Immaginate una casa già sovraffollata, con nuora e suocera che non si amano proprio alla follia…
Se l’amore di Ginny e William non è mai messo in discussione, la loro integrità mentale inizia a vacillare quando le loro abitudini vengono stravolte – apparentemente senza che nessuno si scusi per questo – e la loro casa diventa un caos pieno di roba da lavare. Ma non poteva finire qui. Evidentemente i due genitori hanno sempre data ai figli l’impressione di essere disponibili in ogni momento quindi anche Rachel, la figlia più piccola, in crisi con il fidanzato e assolutamente insoddisfatta del suo lavoro lascia New York e si presenta anche lei alla porta dei genitori.
Ecco, immaginate la famiglia del mulino bianco… CANCELLATELA dalla vostra mente! Questa famiglia ci viene mostrata in tutte le sue imperfezioni, in tutta la sua difficoltà di tornare a convivere, dopo tantissimo tempo, tutti sotto lo stesso tetto. Che sarebbe anche un bene se tutto non fosse secondo me portato ad un'esasperazione un po' eccessiva prima, ed alla banalità più assoluta dopo.
I personaggi – soprattutto i figli - risultano, vi dirò, a tratti antipatici, irrispettosi, incapaci di convivere civilmente e incapaci di tenere conto anche dei bisogni degli altri oltre che dei propri; non so se questa sia un’esasperazione voluta dall’autrice ma, per quanto non mi aspetti mai personaggi perfetti nei libri che leggo, qui mi sembra un po’ eccessivo. Come se tutto fosse "pompato" per rendere più credibile la situazione; anche i genitori, che da amorevoli tappetini diventano, man mano che le pagine scorrono, insofferenti ma senza cercare mai di dare uno scossone a quelli che sembrano bambini invece che quasi quarantenni, denotano una mancanza di polso incredibile.
Tutto si svolge lentamente, tutto avviene quasi sempre in quella casa, con situazioni che si ripetono, panni da lavare che si accumulano, incomprensioni che prendono piede irrimediabilmente. La soluzione di tutto è altamente scontata, priva di brio e raggiunta anche in modo troppo veloce rispetto al resto del libro.
Per fortuna lo stile dell’autrice non è pesante e permette di leggere queste poco più di trecento pagine in modo abbastanza veloce, peccato per la storia che – va bene la semplicità – ma mi è sembrata troppo banale e poco coinvolgente.
Un libro di cui probabilmente dimenticherò a breve quasi tutto, purtroppo…
In più mi chiedo: ma il titolo, che senso ha??? Nessuno mangia mai mirtilli a colazione, e i mirtilli vengono nominati forse una volta ma senza che venga dato particolare risalto alla cosa quindi perché, visto che il titolo originale del romanzo è The arrivals??? E visto che quello stesso titolo dava benissimo l'idea di ciò che avviene nel libro! Lo so, sembrano cose di poco conto ma a me fanno imbestialire!
L'ho letto anch'io anni fa, in effetti non mi è rimasto molto di questo romanzo un po' banale, sicuramente non indimenticabile (mi piaceva molto la cover, fu quella a fregarmi!).
RispondiEliminaMi ha fregato la stessa cosa, peccato non sia assolutamente adatta al tono e alla storia del romanzo! ;)
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