lunedì 21 novembre 2016

Recensione #158 - Quando amavamo Hemingway di Naomi Wood


Buongiorno carissimi, come state? Io ho appena realizzato che mancano solo pochi giorni alla fine di novembre quindi ci stiamo avvicinando a grandi passi alla conclusione del'anno dell’anno – da settembre il tempo mi è volato –; siete pronti a fare il punto della situazione sulle vostre letture? Per me non sarà semplice, quest’anno ho letto tanto e moltissimi bei libri. Ogni volta che, come adesso, comincio a scrivere una recensione mi ritrovo sempre a pensare a che punto della classifica sarà il libro in questione; per fortuna ho ancora un mesetto per mettermi a fare quattro conti. Ma torniamo al post di oggi.
Sono qui per parlarvi del libro Quando amavamo Hemingway di Naomi Wood edito da BOOKME – ringrazio l’ufficio stampa per la copia – pag. 322.
 
Sinossi: La prima è Hadley, la moglie dei giorni “poveri e felici” che precedono la fama e il successo. Hadley del piccolo appartamento mal riscaldato a Parigi – la stessa che, in un momento di distrazione, perde per sempre la valigetta contenente i preziosi manoscritti del marito. Poi c’è Pauline, per tutti Fife, dal fisico acerbo e perfetto, ricca ed elegante, inevitabile fin dall’istante in cui gli appare per la prima volta avvolta in un soprabito di cincillà. Dopo viene Martha, reporter leggendaria, compagna coraggiosa nel cuore esplosivo e disperato della Guerra Civile Spagnola. E infine Mary, l’ultima – sposata a Cuba e abbandonata in Idaho in modo persino più crudele e definitivo delle altre. Hadley, Fife, Martha e Mary: sono le “Signore Hemingway” cui dà voce questo celebrato e luminoso romanzo. Quattro mogli, quattro donne tra le tante amate e tradite dallo scrittore più famoso e tormentato della sua generazione. Tra la Parigi degli Anni Venti e Key West, tra Cuba e l’America della Guerra Fredda, le quattro Mrs. Hemingway si passano il testimone per raccontare una storia densa di passioni e tradimenti, di intrighi, ambizioni e gelosie. Perché dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna. E qualche volta persino più di una.

Hadley, Pauline – o, come preferiva essere chiamata, Fife – Martha e Mary, quattro donne con in comune un unico uomo: Hernest Hemingway. Grande scrittore ma soprattutto grande sciupa femmine. Incapace di donarsi ad un’unica donna, Hemingway si sposa ben quattro volte, ognuna delle quali finisce per tradire la moglie in “carica” con quella che diventerà la successiva.
Un romanzo particolare, suddiviso perfettamente in quattro parti, ognuna delle quali dedicato ad una delle signore Hemingway in un lasso di tempo che si dipana dagli anni Venti, all’anno della morte dello scrittore. Un romanzo che ha la capacità di mostrarci uno spaccato intimo della vita di dell’uomo Hemingway ma soprattutto uno spaccato di mondo, narrando infatti le vicende tra Parigi, Madrid, Cuba e l’America.
La prima moglie – quella che sembra occupare per sempre un posto speciale nel cuore dello scrittore – è Hadley, quella dei tempi della ricerca del successo, degli anni di povertà in cui le opere di Hemingway non riuscivano ad avere il consenso da parte della critica. Insieme occupavano un appartamentino sopra una falegnameria in cui si respirava segatura; una vita al risparmio, con il riscaldamento sempre al minimo e le pietanze in tavola sempre ridotte all’osso. Una donna forte Hadley, innamorata follemente di un uomo che non la merita; capace addirittura di accettare una vacanza con l’amante del marito pur di cercare di non perderlo. In questa parte del libro appaiono moltissimi personaggi ora noti della letteratura; si assiste spesso al confronto tra la vita sfarzosa di questi personaggi – come ad esempio quella dei Fitzgerald, reduci dal successo dovuto alla pubblicazione dell’opera Il grande Gatsby – ed i coniugi Hemingway intenti ad arrancare nella vita come nel loro matrimonio. Con un uomo che oltre all’amore per le belle donne manifesta un amore ancora più sfrenato per l’alcol non è semplice condividere una vita in povertà ma forse lo è ancora meno quando la fortuna inizia a girare, quando i viaggi “di lavoro” si fanno più frequenti, quando le feste si moltiplicano, quando le donne diventano più disponibili. Lo sa bene Fife, seconda moglie di Hernest, che come in una legge del contrappasso rivive sulla sua pelle quello che anni prima aveva fatto vivere alla moglie precedente. Convinta di essere l’unica per lui, si ritrova a vederlo sempre più spesso assente, in viaggio come corrispondente di guerra in compagnia di donne cui dedica frasi d’amore. Ma Fife non è Hadley e reggere il confronto con un’amante non è nella sua natura. Poi c’è Martha, giornalista e scrittrice, corrispondente di guerra insieme ad Hemingway, anche lei accecata dalla capacità dell’uomo di far sentire una donna amata (almeno finché non la sposa); un amore nato sotto i bombardamenti e conclusosi con l’abitudine di una vita matrimoniale che, ormai è chiaro, Hernest non era in grado di gestire. E infine c’è Mary, la quarta moglie, quella che si trova ad essere accanto all’uomo nell’ultimo periodo della vita sua vita, quella che chiude il cerchio e ci accompagna alla fine del romanzo.
Uno stile scorrevole e piacevole quello dell’autrice che, seppur molto giovane, riesce a ricreare le giuste atmosfere per un libro che attraversa più di sessant’anni in un periodo in cui il cambiamento la fa da padrona. I personaggi sono perfettamente caratterizzati; non è difficile avere l’impressione di partecipare alle feste organizzate dagli amici dello scrittore, credere di vedere nuotare l’uomo con Hadley, immaginare il vestito di piume di Fife ai tempi del loro primo incontro, ritrovarsi in un vicolo con un Hernest ubriaco e fuori di se dalla rabbia mentre rovista nella spazzatura alla ricerca di un manoscritto davanti all’espressione attonita di Martha e Mary.
Non avevo particolari conoscenze sulla vita dello scrittore; non stento a credere che fosse un abile corteggiatore ma sicuramente era anche un uomo parecchio disturbato, incapace di prendersi delle responsabilità verso quelle donne che diceva di amare, tanto da fargli subire le umiliazioni più impensabili. Un uomo con un ego esagerato, capace con il suo comportamento di annientarsi e annientare chi gli stava vicino. Di certo l’esperienza di corrispondente di guerra può averlo segnato, ma dal racconto, seppur romanzato, che ne esce in questo romanzo l’idea che mi sono fatta è che fosse molto probabilmente depresso, o talmente ossessionato dalla necessità di avere il consenso di quella critica che per molto tempo non ha fatto altro che snobbarlo, da ricercare nell’approvazione femminile ciò che avrebbe desiderato dal punto di vista lavorativo; ma questa è solo una mia idea, in realtà tutto potrebbe riassumersi anche solo nel suo essere un ubriacone, egoista, vendicativo, invidioso e incontentabile, ma questo non lo sapremo mai!
Un libro che consiglio a chi ama leggere di personaggi realmente esistiti e a chi piace fare un tuffo nel passato.


 VOTO: 

2 commenti:

  1. Ciao Daniela, oggi sono stata ad un passo dal prenderlo...
    Bella recensione!, che me lo fa desiderale ancor di più.
    Che uomonimo però, eh! = in tutti i sensi!
    Buona serata, Marina

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    Risposte
    1. Eh... Un uomo che evidentemente sapeva ammaliare visto che tutte cadevano ai suoi piedi!
      Io lo avrei riempito di mazzate ahahahahahah

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