lunedì 8 maggio 2017

Recensione #186 - Gli innocenti di Paola Calvetti


Buongiorno lettori, buon lunedì. Per cominciare la settimana con i fiocchi, oggi vi voglio parlare di un libro tanto dolce quanto doloroso: Gli innocenti di Paola Calvetti edito da Mondadori, che ringrazio per la copia, pag. 132


Sinossi: Jacopo e Dasha sono in scena per il Doppio concerto per violino e violoncello di Brahms che, pagina dopo pagina, è l'occasione per rivivere i passi della loro storia d'amore. Dopo una lunga assenza, Jacopo torna a Firenze, all'Istituto degli Innocenti, il luogo eletto che lo ha accolto quando venne abbandonato da una madre rimasta nell'ombra, la cui identità è diventata negli anni la sua claustrofobica ossessione. «Come posso scoprire la mia storia se non so da dove vengo?» si chiede. Adottato da una famiglia troppo fragile e gravato di aspettative insostenibili, Jacopo è stato privato della spensieratezza dell'infanzia. A salvarlo è stato un piccolo violino, l'ancora alla quale assicurare i desideri e i sogni. Perché, se la felicità è un talento, Jacopo riesce ad avvicinarla solo stringendo fra le braccia lo strumento. Ma non sempre l'amore salva. Non se nell'amore pulsano, insistenti, vecchie ferite. Dasha, nata in un piccolo paese in Albania, è cresciuta circondata da un amore che Jacopo non conosce. Grazie a un padre devoto e illuminato, ha potuto frequentare il Conservatorio di Tirana, dove ha incontrato il violoncello, destinato a diventare il suo unico amico. Fuggita dal porto di Durazzo, dopo la rovinosa caduta del regime, è sbarcata a Brindisi il 7 marzo del 1991, insieme a migliaia di profughi. Anche le sue radici sono state recise, ma la musica ha compiuto il miracolo di preservare dal dolore il suo animo delicato e forte. Eppure nemmeno Dasha, che ora suona di nuovo accanto a lui, è riuscita a distogliere Jacopo dalla ricerca di un passato che ha il potere di avvelenare il presente, rendendo orfani i due amanti di un futuro possibile. Dove ad aspettarli, forse, c'è un bambino. Nel corso dell'esecuzione del Doppio di Brahms accadrà qualcosa di totalmente imprevisto. La musica si fa eco dell'amore e di una sconvolgente rivelazione.

Primo approccio per me ad un’autrice che avrei voluto leggere da sempre. Un libro dolcissimo quanto doloroso dicevo. Poche pagine che sanno racchiudere più di un mondo. Io che con i libri brevi ho sempre avuto il problema di non riuscire ad affezionarmi ai protagonisti, qui li ho adorati!
Protagonisti Jacopo e Dasha, suonatore di violino lui, suonatrice di violoncello lei. Un amore che parte dalla musica e cha attraverso la musica si dipana, si aggroviglia, cresce al suo ritmo e sempre a quel ritmo si spezza.
Non potrebbero essere più diversi Jacopo e Dasha, ma allo stesso tempo non potrebbero essere più simili.
Fiorentino lui, quarantacinquenne, abbandonato alla nascita all’Istituto degli Innocenti e cresciuto con la tipica mancanza di chi non conosce le proprie origini. Non importa se poi un padre e una madre li ha avuti - adottato a sette anni – e se , poi, è diventato un grande musicista. Un vuoto lo accompagna ed è proprio questo vuoto che cerca di colmare indagando sul suo passato. Misura il suo tempo in anni, giorni, minuti, quasi come se la rigidità della musica con i suoi quarti, ottavi, sedicesimi, lo condizionasse anche nella suddivisione della sua vita. Una vita scandita da dolore e sofferenza, in cui il tempo conta, in cui il tempo pesa.
Albanese lei, poco più che ventenne, violoncellista quasi per caso; troppi i pianisti alla scuola di Tirana quando, lasciando la sua piccola città, vi si reca accompagnata dal padre. Ha solo sei anni e, per inseguire un talento, comincia il sacrificio: una vita lontana da casa, in un luogo sconosciuto, unica compagna la musica. Neanche Dasha è fortunata, il suo futuro è un fidanzato che non ama ma che gli è stato “assegnato” ed un barcone che la porterà a Brindisi.
Si incontrano sul palco, tanti anni dopo, accompagnati dalla magia di un sipario che si alza, da un pubblico che acclama, da una melodia che sembra suonare solo per loro.
Solo chi ha tenuto tra le mani uno strumento ed ha suonato davanti ad un pubblico può capire quella magia. Ho avuto la possibilità di viverla sulla mia pelle per anni, suonando un saxofono contralto in mezzo ad archi, ottoni, percussioni, facendo concerti e raduni con una banda di paese e con diverse orchestre di liscio; una magia che l’autrice è stata bravissima a rendere nel suo libro, attraverso uno stile elegante, coinvolgente e capace di toccare dentro. La perfezione di quello che un’orchestra può creare, con strumenti talmente diversi che compensano uno il suono dell’altro; strumenti che suonano spartiti diversi, che singolarmente non significano nulla, ma che messi insieme creano una melodia perfetta ed emozionante. E lo stesso ha fatto l’autrice nel suo libro, ci ha raccontato di due anime diverse, che singolarmente avevano, ognuno, solo una storia tragica da raccontare e le ha messe insieme, creando una favola, con i suoi acuti e i suoi bassi, con i suoi momenti di adagio e di andante, con le sue note perfette e con le sue stonature, ma pur sempre una favola, capace di far vibrare il cuore. Tutto questo accompagnato da un contorno capace di far riflettere sul mondo delle adozioni, sul mondo di chi scappa dalla propria terra a causa di una guerra, sul mondo degli anziani in casa di cura, sulle privazioni ed il sacrificio che sono necessarie per fare di un talento il proprio lavoro.
La narrazione è a due voci e si alterna tra Jacopo e Dasha, lui parla a lei, lei parla a lui, come se suonassero, come se fossero sul quel palco che li ha fatti incontrare e quello fosse il loro unico modo di comunicare.
Tutto in poco più di cento pagine, tutto senza mai dare la sensazione che i temi trattati fossero troppi o che
fossero poco approfonditi. E mi sono emozionata… per Jacopo, per Dasha, per gli anziani che grazie alla musica escono dal loro stato di incoscienza anche se solo per pochi minuti, per quei bambini che affollano gli orfanotrofi, per chi nasce già segnato da un luogo o da una condizione. E mi sono sentita fortunata, nonostante tutto!
Una nota stridente che non mi ha permesso di dare il massimo dei voti al libro però l’ho trovata… il gioco dei mi piace che mi ha troppo ricordato un altro romanzo che di quel gioco ha fatto la sua nota distintiva. Magari è capitato per caso però è stata una cosa che, purtroppo, durante la lettura mi ha fatto storcere un po’ il naso.

Voglio chiudere questo mio pensiero con una frase del libro che mi ha colpito tantissimo e che ritengo verissima:
Forse non si arriva a capire la natura della musica finché non si conosce la natura dell’amore.
Inutile dire che vi consiglio questo libro senza riserve!!!

VOTO: 




8 commenti:

  1. Ecco, questo purtroppo è uno dei pochissimi libri di cui mi sento di dire che non mi ispira per niente. Della Calvetti avevo letto Olivia, ovvero la lista dei sogni possibili e l'avevo trovato faticosissimo da finire. Mi sa che sono io che ho qualche problema con questa autrice :-)

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    1. Per me è il primo approccio con questa scrittrice quindi non posso fare paragoni ma, parlando a lungo con Baba, anche lei mi diceva che Olivia è quello che, tra quelli che ha letto della Calvetti, le è piaciuto meno quindi magari potresti provare con questo...
      ;)

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  2. Ciao Daniela! Ho letto molte recensioni positive e la tua è l'ennesima conferma che questo romanzo deve essere letto! Non ho letto nulla di quest'autrice e anche io come te diffido dai libri piccoli perché ho timore di non aver il tempo di affezionarmi ai protagonisti. Uno dei motivi per il quale sono titubante...ma i tanti pareri positivi mi hanno fatto cambiare opinione e quindi per ora lo segno!

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    1. Ciao! sì, io ti consiglio di segnarlo perché è talmente ricco di spunti che non ti sembrerà un libro così piccolo!! Poi fammi sapere! ;)

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  3. Ciao Daniela,
    non mi ero accorta che lo avevi appena recensito...
    Concordo e mi piace quanto hai scritto e, come per altre lettrici, anch'io non mi sono trovata a mio agio con Olivia.
    Ossia: idea di base originale, ma non particolarmente coinvolgente poi nel prosieguo della storia.
    Qui invece, sarà l'ambientazione, i personaggi (anche la figura della Direttrice dell'Istituto), la stOria di difficoltà oratorie nell'evocare i propri fantasmi e farli quindi retrocedere a sbiadite immagini di fondo, anzichè continuare a portarli Issati sulle proprie spalle...
    Orbene: bello!
    Un bacio, Marina

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