Buongiorno lettori! È di nuovo venerdì e torna una nuova puntata della rubrica Letture con Marina. Ultima puntata prima della pausa estiva, ritroverete questa rubrica a settembre.
Prima di lasciare a Marina la parola volevo ringraziare calorosamente Anna Da Re della Mondadori che ci ha gentilmente fatto avere questo ebook.
Prima di lasciare a Marina la parola volevo ringraziare calorosamente Anna Da Re della Mondadori che ci ha gentilmente fatto avere questo ebook.
Lasciate andare le emozioni del Premio Strega, vinto quest’anno da Paolo Cognetti con il suo romanzo Le Otto Montagne, che leggerò in questa calda ed afosa estate 2017. Lasciato il cuore all’interno dell’intenso romanzo di Jung-Myung Lee: La guardia, il poeta e l’investigatore – che grazie al Premio Bancarella ho potuto leggere e di cui mi sono innamorata… (Premio Bancarella vinto quest’anno da Matteo Strukul con il suo romanzo sulla saga “I Medici”). Insomma, bando a tutte le emozioni da Premio e relativi strascichi polemici.
Riprendiamo il percorso iniziato un paio di settimane fa ed addentriamoci ne:
Riprendiamo il percorso iniziato un paio di settimane fa ed addentriamoci ne:
IL PERIODO ASIATICO
Abbandoniamo anche il mondo delle famiglie omosessuali e ci immergiamo in una nuova tipologia di famiglia allargata: la famiglia della polizia, con il thriller: SEI QUATTRO
Autore: Hideo Yokoyama
Casa editrice: Mondadori
Traduzione: Laura Testaverde
Pagine: 581
Genere: Thriller
Anno di pubblicazione: 2017
Sinossi: Se Mikami Yoshinobu, il capo ufficio stampa della polizia regionale, potesse trasferire lo sconforto che prova nel corpo di un suo nemico, quest'ultimo stramazzerebbe di schianto per il dolore: sua figlia Ayumi è scappata da casa, a soli sedici anni, e da tre mesi è introvabile. L'ultima volta che Mikami l'ha vista era accovacciata al buio in un angolo della sua stanza e si colpiva il volto con i pugni, se lo graffiava. "Non la voglio questa faccia" gridava. Ayumi era convinta di avere un viso bruttissimo, come quello del padre.
Questo straordinario crime giapponese, paragonato dal "Guardian" ai romanzi di Stieg Larsson, si apre con una scena all'obitorio dove Mikami, appunto, è stato chiamato per identificare un corpo di ragazza, forse quello della figlia. Che non è, con sollievo dell'ex ispettore.
Per ovvie associazioni, dolorosi ricordi si fanno strada nella mente del poliziotto riportandolo al 1989, il sessantaquattresimo e ultimo anno dell'era Swúva, e a un problematico caso che la polizia all'epoca non era riuscita a risolvere. Una bambina era stata rapita e uccisa, nonostante il pagamento del riscatto richiesto. I colpevoli mai trovati.
L'impopolare caso Sei Quattro, come era stato chiamato, che da anni ormai aveva steso un'ombra sulla credibilità del dipartimento e delle istituzioni, in una società dove il primo comandamento è quello di "non lasciare mai un crimine impunito". Un caso che riemerge drammaticamente ora, dopo quattordici anni, dal momento che il capo della Polizia Nazionale vuole venire in visita per scusarsi ufficialmente con la famiglia della fanciulla uccisa.
Piccoli fuochi si accendono nella memoria di Mikami, forse un'anomalia nelle procedure, forse alcuni comportamenti non chiari dei colleghi, forse alcuni vuoti nel castello di una burocrazia vasta e complessa. Lentamente, in modo inesorabile, la maledizione del caso Sei Quattro riprende la sua forma più spaventosa per attirare nuove vittime nella tenebra.
Questo straordinario crime giapponese, paragonato dal "Guardian" ai romanzi di Stieg Larsson, si apre con una scena all'obitorio dove Mikami, appunto, è stato chiamato per identificare un corpo di ragazza, forse quello della figlia. Che non è, con sollievo dell'ex ispettore.
Per ovvie associazioni, dolorosi ricordi si fanno strada nella mente del poliziotto riportandolo al 1989, il sessantaquattresimo e ultimo anno dell'era Swúva, e a un problematico caso che la polizia all'epoca non era riuscita a risolvere. Una bambina era stata rapita e uccisa, nonostante il pagamento del riscatto richiesto. I colpevoli mai trovati.
L'impopolare caso Sei Quattro, come era stato chiamato, che da anni ormai aveva steso un'ombra sulla credibilità del dipartimento e delle istituzioni, in una società dove il primo comandamento è quello di "non lasciare mai un crimine impunito". Un caso che riemerge drammaticamente ora, dopo quattordici anni, dal momento che il capo della Polizia Nazionale vuole venire in visita per scusarsi ufficialmente con la famiglia della fanciulla uccisa.
Piccoli fuochi si accendono nella memoria di Mikami, forse un'anomalia nelle procedure, forse alcuni comportamenti non chiari dei colleghi, forse alcuni vuoti nel castello di una burocrazia vasta e complessa. Lentamente, in modo inesorabile, la maledizione del caso Sei Quattro riprende la sua forma più spaventosa per attirare nuove vittime nella tenebra.
RECENSIONE:
Definito thriller, ma in realtà meglio sarebbe definirlo un “procedural amministrativo” o ancora un antesignano del “bureaucracy thriller”, che proprio con questo autore giapponese apre la via ad un nuovo genere di thriller/poliziesco.
E questa opera corposa edita dalla Mondadori parte subito con un ossimoro, premendo lentamente sull’acceleratore, sia per l’ambigua copertina che ritrae il volto di una giovane donna attraverso un vetro zigrinato, che ne cela di fatto le fattezze, sia con l’apertura del romanzo stesso, che punta subito su un avvenimento dolorosissimo nella vita di qualsiasi genitore: il riconoscimento in obitorio del possibile corpo della figlia. La famiglia che seguiamo in questo passaggio tragico e traumatizzante, comunque si risolva il riconoscimento, appartiene al protagonista della vicenda, Mikami Yoshinobu, ex poliziotto della sezione della polizia ed ora – suo malgrado – capo ufficio stampa della polizia della città di “D” (la città non verrà mai nominata).
Definito thriller, ma in realtà meglio sarebbe definirlo un “procedural amministrativo” o ancora un antesignano del “bureaucracy thriller”, che proprio con questo autore giapponese apre la via ad un nuovo genere di thriller/poliziesco.
E questa opera corposa edita dalla Mondadori parte subito con un ossimoro, premendo lentamente sull’acceleratore, sia per l’ambigua copertina che ritrae il volto di una giovane donna attraverso un vetro zigrinato, che ne cela di fatto le fattezze, sia con l’apertura del romanzo stesso, che punta subito su un avvenimento dolorosissimo nella vita di qualsiasi genitore: il riconoscimento in obitorio del possibile corpo della figlia. La famiglia che seguiamo in questo passaggio tragico e traumatizzante, comunque si risolva il riconoscimento, appartiene al protagonista della vicenda, Mikami Yoshinobu, ex poliziotto della sezione della polizia ed ora – suo malgrado – capo ufficio stampa della polizia della città di “D” (la città non verrà mai nominata).
La trama del romanzo, unitamente alla copertina, mi avevano attirata tra le spire di questo romanzo, che non mi pareva thriller da cardiopalma, ma piuttosto da “Cold Case”, i così detti casi non risolti che una squadra dedicata tenta di risolvere, nonostante la lontananza temporale dall’omicidio. Ed infatti, in questa vicenda il rapimento di una bimba di 7 anni era avvenuto ben 14 anni prima e si era concluso con il ritrovamento della bimba uccisa, nonostante il riscatto pagato dal padre. L’autore ci darà conto del curioso titolo del romanzo all’interno del volume – e darne qui spiegazione sarebbe rubare parte della triste e poetica motivazione all’origine del significato.
Come dicevamo, in questo romanzo si innestano una serie di storie, i cui personaggi sono incasellati magistralmente come in una piramide, un po’ come ci si aspetta che sia la società giapponese: ciascuno deve avere la sua posizione, altrimenti il castello di ordine ed obbidienza che ne deriva rischia di crollare ad ogni istante.
Come dicevamo, in questo romanzo si innestano una serie di storie, i cui personaggi sono incasellati magistralmente come in una piramide, un po’ come ci si aspetta che sia la società giapponese: ciascuno deve avere la sua posizione, altrimenti il castello di ordine ed obbidienza che ne deriva rischia di crollare ad ogni istante.
La storia principale che fa da filo conduttore e che viene richiamata continuamente all’attenzione del lettore è appunto il rapimento e l’omicidio della piccola Shoko, avvenuto 14 anni prima dei fatti che prendono avvio ora, nel momento in cui leggiamo, anno del Signore 2003. Siamo nella città di “D” e questo crimine mai risolto, resta macchia indelebile nell’operato della polizia di questa città. Ciò che viene preso in esame, dal punto di vista particolarissimo di Mikami, è un continuo oscillare tra il desiderio di ritornare ad essere un poliziotto e di contro il desiderio di onorare il nuovo incarico che gli è stato rifilato, nonostante la posizione teoricamente più importante di capo ufficio stampa della polizia. Che però, per la natura stessa di questa posizione, lo porta in contrasto con il suo essere profondamente poliziotto. Un’indecisione che durerà quasi tutto il romanzo e che lo porterà a scoprire un po’ alla volta tutto ciò che era accaduto nel 1989, quando aveva seguito una parte del caso della piccola bimba assassinata. E che ci farà apprezzare vieppiù i contrasti di una società così lontana dalla nostra e le procedure degli ambienti legati al dipartimento di Polizia, oltre ad allargarsi per farci conoscere l’ambiente lavorativo in genere.
Ho parlato di “procedural o bureaucracy thriller” proprio perché tutti i ragionamenti che Mikami farà lo porteranno sempre più vicino al marcio accaduto ai tempi del rapimento e all’intricatissima ragnatela di colpi di scena all’ultimo sangue tra gli alti vertici del reparto amministrativo di “D” e di Tokyo e la mobile della polizia di “D”. Incontreremo vari tipi di umanità – qui non più legati alla sola società giapponese ma di stampo tipicamente umano – e tra invidie e rivalità, giochi di potere, verità sottaciute e poi nascoste, scontri tra polizia e giornalisti, decisioni unilaterali prese ai più alti vertici, emergerà una sola ed unica verità: l’amore di un padre per la propria figlia e la tenacia disperata di dare un volto all’assassino.
Insieme all’onore di stampo tipicamente nipponico, votato all’estremo, fino al sacrificio personale. Dopo che già la propria famiglia era uscita distrutta da questa nera vicenda. E se da un lato un padre mette in gioco tutta la sua vita per dare pace al proprio cuore ed alla figlia che aspetta da anni una giustizia tardiva, dall’altra un padre, dopo un lungo periodo di acquiescenza ed asservimento al proprio lavoro, lentamente ma in modo inesorabile scopre che in realtà lui la sua famiglia non la vedeva se non attraverso un vetro, sempre poco presente e incapace di prendere in mano il destino di questa piccola società familiare che il destino gli aveva regalato. Incapace di capire l’amore di una moglie per un uomo molto brutto. Incapace di vedere i problemi patologici della figlia che non si accetta, finchè un lungo e doloroso processo di negazione di sé, che sfocia da parte di Mikami in un atto violento, porta la figlia sedicenne a scappare di casa. E non è un caso che all’inizio io abbia parlato anche di “famiglia appartenente al ns protagonista”. In questo romanzo vengono portate in luce alcune delle peculiari caratteristiche della società giapponese, tra cui anche un maschilismo palese (talvolta mascherato da un soffocante senso di paternalismo), che non lascia possibilità di scelta alla donna giapponese. Che resta relegata al ruolo di moglie e madre di famiglia, anche se in gioventù aveva intrapreso una professione extra-casalinga.
Ed è proprio qui che inizia il romanzo: con una coppia di genitori che la grande famiglia della polizia aiuta nel cercare la figlia scappata e introvabile oramai da lungo tempo. Una ricerca che incatena al contempo Mikami al Direttore del Dipartimento Amministrativo, che lo ricatta velatamente con la ricerca della figlia scomparsa. E in tutto questo, l’assassino di quattordici anni prima si fa nuovamente vivo, rapendo questa volta una ragazza di diciassette anni…
Arrivata alla conclusione del romanzo, non senza una meravigliante sorpresa per il finale ben orchestrato, mi sono chiesta se lo scrittore avrebbe potuto accorciare un po’ questa sua corposa opera, dato che questa si dipana in modo necessariamente lento: ma riandando con la mente alla ragnatela di intrighi, al raffinato sistema di rapporti relazionali all’interno della società e delle istituzioni nipponiche, al racconto della vita dei poliziotti domiciliari dedicati al Caso Sei Quattro, alla storia della famiglia di Mikami e della moglie Minako e della figlia Ayumi – e soprattutto ai ragionamenti e alle varie discussioni di Mikami con colleghi e superiori, mi sono detta che accorciarlo in una qualsiasi della parti sopra citate avrebbe tolto parte della raffinatezza con cui l’autore ha cesellato ogni singola e concatenata parte del romanzo.
Avviso ai naviganti quindi: se siete in cerca di un thriller o comunque di un romanzo “adrenalinico”, resterete delusi. Ma se siete dei lettori curiosi, pazienti ed attratti da storie molto articolate e che si dipanano con raffinata e ben orchestrata grazia e commovente poesia, oltre ad apprezzare gli intrighi di palazzo, resterete affascinati da questo particolare affresco. Oltre ad entrare nei meandri di menti legate ad un’educazione e ad un’istruzione completamente diverse dalle nostre.
Dopo aver quindi curiosato ulteriormente nel vissuto nipponico a cavallo tra i due secoli – diciamo tra gli anni 1980 e 2010 circa – desidero salutarVi ed augurarVi una buona estate. Ci risentiamo a Settembre, al rientro dalla ferie.
Arrivata alla conclusione del romanzo, non senza una meravigliante sorpresa per il finale ben orchestrato, mi sono chiesta se lo scrittore avrebbe potuto accorciare un po’ questa sua corposa opera, dato che questa si dipana in modo necessariamente lento: ma riandando con la mente alla ragnatela di intrighi, al raffinato sistema di rapporti relazionali all’interno della società e delle istituzioni nipponiche, al racconto della vita dei poliziotti domiciliari dedicati al Caso Sei Quattro, alla storia della famiglia di Mikami e della moglie Minako e della figlia Ayumi – e soprattutto ai ragionamenti e alle varie discussioni di Mikami con colleghi e superiori, mi sono detta che accorciarlo in una qualsiasi della parti sopra citate avrebbe tolto parte della raffinatezza con cui l’autore ha cesellato ogni singola e concatenata parte del romanzo.
Avviso ai naviganti quindi: se siete in cerca di un thriller o comunque di un romanzo “adrenalinico”, resterete delusi. Ma se siete dei lettori curiosi, pazienti ed attratti da storie molto articolate e che si dipanano con raffinata e ben orchestrata grazia e commovente poesia, oltre ad apprezzare gli intrighi di palazzo, resterete affascinati da questo particolare affresco. Oltre ad entrare nei meandri di menti legate ad un’educazione e ad un’istruzione completamente diverse dalle nostre.
Dopo aver quindi curiosato ulteriormente nel vissuto nipponico a cavallo tra i due secoli – diciamo tra gli anni 1980 e 2010 circa – desidero salutarVi ed augurarVi una buona estate. Ci risentiamo a Settembre, al rientro dalla ferie.
A presto,
Complimenti! Leggerlo e recensirlo ha richiesto di sicuro tempo e molta pazienza. AL momento non mi sento in grado di affrontare un libro tanto lungo e complesso, ma la tua recensione mi ha resa curiosa quindi lo segno e magari un giorno ci farò un pensierino.
RispondiEliminaUn bacio da Lea
Ciao Lea, mi aveva incuriosita troppo per lasciarlo perdere.
EliminaÈ sicuramente molto particolare.
Sia nella stOria che nei rapporti interpersonali che si instaurano.
E nonostante il tutto sia quasi esclusivamente giocato nell'ambito dell'istituzione della polizia e del suo apparato amministrativo, mostra a tratti un desolante ritratto della mentalità nipponica.
La figura che più mi è piaciuta, ancor più del protagonista, è il padre della piccola vittima.
Forse mi sarebbe piaciuta una migliore spiegazione del perchè dell'omicidio... ma forse anche no.
Interessante lettura.
Buon fine week 🤗 Marina
Un libro da affrontare con pazienza e il giusto spirito dunque... sono sicura però che mi regalerebbe interessanti riflessioni e nuove conoscenze sulla società giapponese e sulla sua cultura. Buone vacanze Marina, a presto!
RispondiEliminaCiao Nadia,
EliminaIndubbio ciò che dici.
Io stessa se non mi fossi fissata, probabilmente non lo avrei letto. Il primo centinaio di pagg sono molto lente ed il lettore in cerca di un thriller in senso classico si starebbe ancora chiedendo cosa sta leggendo... 😉
Però ripeto: molto interessante.
Sia dal punto di vista storico sociologico, che dal punto di vista divrapporti interpersonali e familiari.
Un libro la cui lettura mi ha completamente soddisfatta.
A presto e buon fine settimana!
Ciao, Marina
Non so se lo leggerò, mi sembra interessante, ma al momento non sono dell'umore per storie così anche se il tema è senz'altro interessante.
RispondiEliminaNel precedente post ho risposto alla domanda sui manga. Scusa il ritardo :-)
Ciao Sorairo,
RispondiEliminaÈ molto lento e bisogna proppio volerlo leggere, soprattutto se lo si sceglie fuorviati dall'etichetta thriller, che proprio non è.
Molti di quelli che hai citato non li conosco. Io sono da anni appassionata alle produzioni dello Studio Ghibli x i temi trattati.
Anche a me piacciono in generale gli shojo. Dopo vado a curiosare quelli di cui mi hai detto 😉
Divorzio alla cinese???
Ma pensa un po': lo sto leggendo proprio ora e al rientro a settembre, sarà proprio il 1° post!!!!!
Siamo in sintonia 😍
Buona domenica, ciao, Marina