Buongiorno carissimi e buon lunedì! Passato bene il weekend? Io mi sono riposata e rilassata, ne avevo proprio bisogno visto che sono ancora malaticcia!!!
Oggi torno con un'altra recensione arretrata, quella de La fine della solitudine di Benedicte Wells, edito da Salani, che ringrazio per la copia, 307 pagine.
Oggi torno con un'altra recensione arretrata, quella de La fine della solitudine di Benedicte Wells, edito da Salani, che ringrazio per la copia, 307 pagine.
Sinossi: Jules sa di essere un custode di ricordi, come dice Alva, ma questa non è
solo la sua storia. È la storia di tre fratelli, Jules, Liz e Marty,
che da piccoli perdono i loro genitori in un incidente e sono costretti a
vivere separati e senza famiglia, estranei l'uno all'altro. Marty si
butterà a capofitto negli studi, Jules sfuggirà alla vita diventando un
introverso mentre Liz si brucerà alla sua fiamma, vivendo senza limiti.
La loro infanzia difficile sarà come un nemico invisibile, da cui
impareranno a difendersi. Più di ogni altra, questa è la storia di Jules
e Alva. Due solitudini che si incrociano, si cercano e si mancano,
inquiete, per anni. Jules e Alva sono incapaci di riconoscere quel che
provano l'uno per l'altra, legati come sono dal bisogno di amicizia, con
il loro perdersi, ritrovarsi e salvarsi. Ma questa è soprattutto la
storia di chi, come Jules, serba i propri ricordi insieme a tutte le
alternative che non ha scelto, pur sfiorandole e sperimentandole
attraverso la letteratura e la musica. Dalla voce di un giovane e già
osannato talento della narrativa tedesca, un grande romanzo sulla magia
della scrittura che salva dal male.
Jules è il narratore di questa storia. È un uomo quando il lettore fa la sua conoscenza, un uomo appena uscito dal coma per un brutto incidente in moto. E, si sa, i grandi traumi sono sempre l'occasione per guardare indietro, alla propria vita, tirando le somme di un'intera esistenza. È in questo modo che, presi per mano da Jules che diventa il nostro cicerone, ci avventuriamo in un passato tutt'altro che felice e spensierato.
Jules è il narratore di questa storia. È un uomo quando il lettore fa la sua conoscenza, un uomo appena uscito dal coma per un brutto incidente in moto. E, si sa, i grandi traumi sono sempre l'occasione per guardare indietro, alla propria vita, tirando le somme di un'intera esistenza. È in questo modo che, presi per mano da Jules che diventa il nostro cicerone, ci avventuriamo in un passato tutt'altro che felice e spensierato.
Passato che non è solo quello di Jules ma che comprende anche i suoi fratelli - Marty e Liz - attraverso un grande, immenso lutto: quando erano solo bambini la vita ha deciso di metterli davanti alla prova più terribile, portargli via entrambi i genitori lasciandoli soli.
Attraverso i ricordi di Jules scopriremo quindi gli anni del collegio, in cui ognuno dei tre fratelli reagisce alla disgrazia nel modo a lui più consono; ne conosceremo le emozioni, le inclinazioni e le reazioni alle prove che ogni giorno saranno tenuti ad affrontare.
Una storia che per il tema trattato dovrebbe distruggere e che, invece, mi ha lasciata stranamente distaccata emotivamente, come se quei tre personaggi narrati non riuscissero a conquistarsi un posto privilegiato all'interno del mio cuore da lettrice. Come se le storie - terribili - narrate apparissero ai miei occhi troppo costruite e poco emotive.
Ho trovato in questa storia forse più la necessità di narrare i fatti e poco quella di volersi far vivere al lettore.
La storia c'è, è forte, ha tutti i tasselli al posto giusto per poter essere una grande storia; ha un inizio e una fine ben delineati, un significato molto profondo, uno stile scorrevole e mai prolisso, descrittivo al punto giusto e capace di carpire l'attenzione del lettore ma, e c'è un ma, in tutto questo a me è mancata la pancia. Non ho mai sentito empatia con i personaggi - nonostante questi siano perfettamente delineati - o con le loro storie - nonostante siano talmente crude e forti da poter essere potenzialmente struggenti - e non ho mai sofferto per le tragedie - e non sono mica poche - che ci vengono raccontate. Insomma un buon lavoro in cui però, secondo me, manca la parte essenziale: l'emozione. E, per quanto mi riguarda, con temi come questo l'emozione è tutto!
Evidentemente deve essermi sfuggito qualcosa perchè questo libro ha anche vinto un prestigioso premio europeo o magari per me non era il momento giusto per leggerlo. Si sa, il tempo per una storia è tutto!!! Non lo saprò mai...
So però che probabilmente dimenticherò presto questa lettura. Purtroppo capita di incontrare dei libri che nonostante si leggano con interesse - ho finito queste 300 pagine in soli due giorni - poi finiscano in un angolo della mente per essere dimenticati. A voi succede? Fatemi sapere se lo avete letto e se, magari, avete avuto un'impressione totalmente diversa dalla mia! Mi piacerebbe confrontarmi.
VOTO:
Non mi ha entusiasmato ma, a distanza di mesi, lo ricordo ancora bene. Con un'emozione che è arrivata e si è sedimentata dopo. Vero che è freddino, vero che ha i toni più dell'autobiografia che del romanzo. Ma forse mi ha colpito quello, che non l'ha reso un romanzo strappalcrime uguale agli altri. Vedi cosa resta, insomma, ma comprendo.
RispondiEliminaVedremo... Magari resterà più di quello che immagino! ;)
EliminaCondivido il tuo parere, anche per me è stato un grande MA. E dire che ero partita con tante aspettative.
RispondiEliminaQuando si hanno tante aspettative è ancora peggio! Io per fortuna non mi aspettavo nulla di particolare.
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