venerdì 19 aprile 2019

Lettura con Marina #62 - L’Uomo che abbaiava ai gabbiani di Marco Centostorie

Ciao a tutti, di nuovo venerdì e con il venerdì torna Marina con una delle sue recensioni. Vi auguro una felicissima Pasqua e soprattutto tempo per delle strepitose letture!

Recensione sì, recensione no. Ci ho pensato per un bel po’. Ora Vi spiego il perché.

Titolo: L'uomo che abbaiava ai gabbiani
Autore:Marco Centostorie
Casa editrice: Robin Editore, 2018
Pagine: 160

Descrizione: È un libro da meditazione e per questo non per tutti. Scritto in forma di diario è la storia della ricerca di significati attraverso la sensibilità filtrata dalla ragione. È anche la critica a questa ricerca e ai risultati che ha dato al personaggio in termini di rapporti umani.
Copre due periodi importanti nella vita del protagonista, quando – non ancora quarantenne – affronta il mondo al massimo delle sue energie e professionalità e trent’anni dopo quando trova ancora la forza di cercare un senso nelle cose raggiungendo, alla fine, un equilibrio del tutto personale.




RECENSIONE:


Mi ha incuriosita la prefazione dell’autore, ex manager ed ingegnere per caso, che vive a Milano con moglie, figli, cani e troppe cose… A suo dire, si reca spesso al pub di Paolo, dove tramite l’amico che gli indirizza altri avventori interessati, ascolta storie di altre persone, cercando quella che lo ispiri – tra una birra e l’altra. Un giorno gli si presenta un trentacinquenne, tale Giovanni Castaldi, che gli racconta la sua vita e quella del padre che non ha mai conosciuto. Alla morte della madre, la confessione della donna che in realtà il padre non è morto in un incidente d’auto, ma è ancora vivo. Lui va a Radda in Chianti, lo vede ma non gli si presenta di persona, salvo poi scrivergli una lettera spiegandogli chi è e chi è diventato. Non si conosceranno mai di persona. Qualche anno dopo, il padre muore ed in eredità gli lascia un appartamento a Milano, una discreta somma di denaro e un grosso quaderno che in realtà è un diario, lungo tutta la vita di quest’uomo. Ora Giovanni, commosso dalla lettura del diario del padre in cui si narra della sua lunga ricerca spirituale, vorrebbe che questo venisse pubblicato. L’autore e Giovanni si vedono ancora un paio di volte fino alla stesura finale di questo romanzo, che si sviluppa in due capitoli: “ I limiti della sensibilità” e “In marcia al tramonto del sole”, che rispecchiano le due fasi della vita di pensiero dell’Arch. Mario Bianchi.

E qui sorge la prima domanda che naturalmente il lettore è portato a farsi: è tutto inventato, un interessante incipit già usato in letteratura, oppure l’autore sta realmente raccontando la sua vita? Magari romanzandola, ma partendo da basi personali e vissute. Oppure è realmente la vita di un uomo, che un perfetto sconosciuto gli ha servito su un piatto d’argento?

Siamo negli anni ’80 del secolo scorso, nella famosissima “Milano da bere”. Il protagonista è un architetto all’apice della fama, seppur neppure quarantenne. Guadagni mensili non consueti, vita che a pensarla parrebbe desiderabile. Relazioni femminili, soldi… Eppure sin da subito lo troviamo alla ricerca dell’essenzialità, di un qualcosa che non capisce bene cosa sia nemmeno l’architetto. Ma quest’uomo sente che c’è qualcosa di più. Lo percepisce. Così come intuisce che non riuscirà a mettersi in ascolto di questo qualcosa a Milano: troppo frenetica, quasi una città onnivora. Ha bisogno di pace e quindi gira per la Liguria, in cerca di un eremo che gli consenta di dedicarsi con concentrazione a questa ricerca spirituale. O a questa ricerca del se’ stesso più genuino. Farà diversi incontri, tutti più o meno utili alla sua cerca, ma non soddisfacenti – sia a livello di amicizie maschili che di incontri femminili e di tipologie di famiglia.

Il problema è che quest’uomo vorrebbe avere uno sguardo da fuori sulle cose, salvo poi accorgesi di osservare e ricercare le cose solo dal suo punto di vista di singolo uomo. Si dibatterà per tutta la vita in questo guazzabuglio di ricerca, spiritualità – sperimentalismo zen, se dovessimo incasellarlo in una definizione condensata.

Il secondo capitolo ci fa ritrovare quest’uomo oramai quasi settantenne, che sente la necessità, a questo punto della sua vita, di rileggere daccapo quanto aveva scritto per anni in questo suo quaderno/diario. La cosa incredibile e che mi ha lasciata attonita e dubbiosa, è che quest’uomo è persino riuscito per un certo periodo a cambiare la propria identità (pagandola a caro prezzo, a mio avviso – sia dal punto di vista economico che soprattutto dal punto di vista spirituale), cercando di dare una svolta alla propria vita – e suppongo per ripartire di nuovo con esperienze totalmente diverse, sulla base proprio della propria ricerca personale. Ed invece, se le idee di partenza erano confuse, la sua nuova vita si è ridotta ad una mera ripetizione in chiave sotto-tono della sua vera vita ed identità. Fatto salvo il mendicare amicizie o meglio, conoscenze, al puro scopo di trovare quel qualcosa che ancora non era nemmeno riuscito a definire.

Ed ecco perché sono rimasta tanto in bilico se scrivere o meno la recensione: un romanzo che dà da pensare – che si legge non proprio con leggerezza, ma che scorre comunque con linearità. Il mio cruccio è l’aver conosciuto un uomo che non ha mai fatto un passo avanti, che mi ha sempre dato l’idea di essere un solitario egoista, che in nome della ricerca della così detta spiritualità – o qualunque cosa fosse (potrebbe essere anche una sorte di pace interiore), ha immolato tutto: affetti, amicizie, nuove vite. Salvo poi rendersi conto del male fatto a sé stesso e a chi gli era vicino, ma non avere neppure il coraggio di confessarlo apertamente, se non con una lettera e l’invio del proprio diario. Una figura egocentrica fino in fondo, che non ha nulla da dire agli altri, ma solo a sé stesso. Peccato non fosse Dio in persona – e che una volta morto non abbia potuto far tesoro della sua precedente vita che a me – francamente - è parsa inutile. Sia a livello di vita che a livello narrativo. Di qui la mia perplessità se postare la recensione. Mi pare che non mi sia rimasto nulla, che non ci sia stata per me come lettrice alcuna esperienza di rimando – se non aver letto un romanzo in più. Che non è quello che avevo in mente, quando ho iniziato questo libro.

A presto,




2 commenti:

  1. Ciao Marina! Un libro davvero inusuale che non so se leggerei... in ogni caso ti ha fatto riflettere e scrivere una bella recensione, quindi non è stato tempo sprecato! Un abbraccio e buona Pasqua!

    RispondiElimina
  2. Cia Nadia,
    bel pensiero.
    Anch'io sono dell'avviso che tutte le letture apportano qualcosina, anche quelle "nì". Poi sta a noi riuscire a dare un significato per le ns esperienze personali.
    E ti ringrazio per avermi fatta focalizzare su questo aspetto.
    Ricambio di cuore gli auguri per una Buona Pasqua! Ciao, Marina

    RispondiElimina