venerdì 31 maggio 2019

Letture con Marina #65 - Recensione di Sopravvivenza per una famiglia felice di Maddie Dawson

Buongiorno lettori, eccoci di nuovo in compagnia di Marina. Ultimo venerdì di maggio... la fine delle scuole si avvicina e speriamo che arrivi anche un po' di caldo perhè la pioggia dell'ultimo tempo mi ha veramente scocciato. Ma smetto di lamentarmi e vi lascio alla recensione di Marina.


Buongiorno lettori!, ebbene sì, in via del tutto eccezionale, per il II° venerdì di seguito, Daniela mi ha lasciato spazio per concludere il mio trittico di ricerca. E quindi, dopo L’Amore Addosso di Rattaro - recensione qui -, Il Bistrò dei Libri e dei Sogni di Calabrò - recensione qui- , oggi prenderemo in esame :
 
PROVE DI SOPRAVVIVENZA PER UNA FAMIGLIA FELICE (The Survivor’s Guide to Family Happiness) 
 
Titolo: Prove di sopravvivenza per una famiglia felice
Autore: Maddie Dawson
Casa editrice: Giunti, 2017
Pagine: 432
Descrizione: Segreti di famiglia, relazioni complicate, svolte sorprendenti: la grande autrice della commedia contemporanea torna con una storia piena di sentimento, intelligenza e ironia. Due donne le cui vite si intrecciano: Nina Popkin ha 35 anni, è stata lasciata dal marito e ha appena perso la madre adottiva, l'unica persona a cui era profondamente legata, quando scopre di essere stata adottata e di avere una sorella, Lindy McIntyre. Ma se Nina Popkin ha una vita tutta da reinventare e considera la rivelazione della madre in punto di morte come un segno del destino per affrontare la propria crisi personale, Lindy McIntyre è una persona di successo, dirige un prestigioso salone di bellezza, ha una bella casa, un marito affascinante e tre bambini dagli irresistibili riccioli biondi. E l'ultima cosa di cui ha bisogno Lindy è che una svitata come Nina faccia irruzione nella sua quiete annunciandole che è sua sorella e tentando di coinvolgerla per rispondere alla domanda più scomoda della loro vita: chi è la donna che le ha messe al mondo per poi sparire senza lasciare traccia?


RECENSIONE:


Un po’ così per caso, mi sono ritrovata in questo mese che di primaverile ha ben poco, a leggere una serie di romanzi che potremmo raggruppare per la tipologia di scrittura… Un momento!, ferma tutto… In realtà posso arrivare ad accomunare quest’ultimo letto con il romanzo di Rossella Calabrò, non certo al libro della Rattaro. Ma un momento allora, andiamo con ordine…

Come qualche volta accade, ho iniziato a leggere “Prove di sopravvivenza per una famiglia felice” per la copertina e perché mi ha sempre incuriosita il tema delle adozioni. Questo lascia il campo aperto anche alla fantasia, perché, oltre a reminiscenza fanciullesche di prese in giro più o meno bonarie, additando ora l’uno ora l’altro fratello come non appartenente al nucleo familiare in quanto figlio adottivo – qui, in questo caso specifico, subentra la possibilità di prendere in esame più di una famiglia. Addirittura 3 nuclei familiari solo per partire, se consideriamo la famiglia originaria che si sfascia – e le due famiglie che si occupano ciascuna di una delle due sorelline prese in adozione. Per poi allargare il giro, parlando delle famiglie che le suddette due sorelline creano, una volta diventate adulte. E dunque dicevamo, nuclei familiari diversi per età e per disponibilità economiche, per non parlare della maturità mentale – e che ci danno la possibilità di mettere un po’ il naso in ambiti sociali i più diversi gli uni dagli altri.

Quest’ultimo libro letto si compone di una serie di capitoli, preceduti da un prologo ambientato nel 1979, in cui brevemente veniamo a conoscenza di alcuni dei fatti che portano Phoebe, ragazzina quindicenne, a rimanere incinta di Nina e a distanza di 15 mesi di Lindy. Dopodichè, stacco brutale, riprendiamo 34 anni dopo, quando la maggiore delle due bimbe, una Nina trentacinquenne, ha appena sepolto la madre adottiva. Una serie di capitoli in cui ci racconta le sue vicissitudini in prima persona, per approdare dopo un po’ alla sorella minore Lindy. Si susseguono poi velocemente capitoli che alternano in modo equo le due sorelle, con la madre naturale, Phoebe, che viene rintracciata – e che si scopre essere anche stata “front-girl” di una band femminile di notevole successo. Dopo droghe, alcol, mariti e una vita raminga, Phoebe si ritira a Brooklyn in un piccolo appartamento, dove vive in solitudine – insegnando canto e musica a ragazzetti più o meno dotati. Da qui parte il tira e molla tra le figlie che vogliono sapere tutto della loro madre naturale e della sua attuale vita (direi in primis soprattutto Nina, la figlia maggiore) e dall’altra parte la madre biologica che non vorrebbe saperne nulla di loro, salvo poi farsi prendere dalla curiosità, che la porterà suo malgrado ad incontrarle e a iniziare piano piano una sorta di rapporto, seppur molto circospetto. Chiude il romanzo un epilogo che si svolge tre anni dopo il tempo presente in cui noi lettori leggiamo di queste due sorelle, che sono a tutti gli effetti due donne oramai adulte e in fase di formazione del proprio nucleo familiare.

Romanzo sicuramente carino, che si legge con spensierato piacere, che ci strappa qualche sorriso e che però nemmeno nei momenti più bui fa commuovere o, almeno, sospirare. Ben delineato il personaggio e la storia di Nina soprattutto, ma anche la figura della sorella minore Lindy, che viene sempre messa in ombra dalla sorella maggiore, e che ha delle turbe e dei tic ed una personalità che non possono far altro che attirare il lettore. Francamente improbabile sotto certi punti di vista la vita della madre – perlomeno a me è sembrato così, perché partiamo da esperienze familiari e sociali molto diverse – e quindi completamente fuori schema per il mio modo di sentire e di vivere la maternità. Ma ci sta che povertà, ignoranza e mancanza di una guida genitoriale portino a determinate situazioni, che quindi non intendo contestare. E anche questa frase andrebbe ampliata come spiegazione, ma diventerebbe un discorso troppo lungo da affrontare qui. Durante la lettura uso quindi la fantasia e procedo speditamente, senza farmi troppi problemi. Molto debole però il racconto della vita della madre biologica Phoebe nel periodo delle gravidanze e subito dopo, prima di “lasciare” il padre delle sue figlie e proseguire la sua vita. Anche quando finalmente incontra le figlie e si decide a dir loro la verità, ne fa una tal pantomima per il segreto che lei ed il suo amico custodiscono, che quando viene alfine svelato, almeno noi lettori restiamo un po’ basiti e ci domandiamo: “sì beh, allora – tutto questo non posso dirtelo, la legge…” – ma allora… tutto qui?!?” In realtà questa parte del racconto mi ha lasciata un po’ stordita ed insoddisfatta, perché ancora una volta non riuscivo a far collimare le cose. Nel senso che avrei preferito una maggior incisività di racconto – e invece, nonostante la crudezza della situazione, il tutto avviene quasi per caso, fumando accanitamente, una sera di fine concerto di beneficenza, senza quell’enfasi che avrebbe potuto elevare il romanzo ad una fascia di letteratura superiore, se così mi posso esprimere.

Ed è in questo che il romanzo di Maddie Dawson si differenzia tanto da quello di Rossella Calabrò: situazioni complicate, storie e vite diverse, che le autrici cercano di raccontare con verve ed ironia. Ma come dicevo anche la scorsa settimana, non è così facile percorrere la strada della mordacità beffarda. Rossella Calabrò nel suo “Il Bistrò dei Libri e dei Sogni” ci riesce senza cadere nei clichè e confezionando un’opera che spazia dall’ironia divertente alla commozione più poetica. Purtroppo a mio avviso alla Dawson non riesce questo salto di qualità, pur se come detto, il romanzo si legge con piacere ed è comunque capace di regalare qualche spunto di riflessione. Divertenti le avventure di Nina con la famiglia del suo nuovo compagno – peccato che la sorella Lindy non sia stata approfondita un po’ di più. Meriterebbe un racconto a parte. E come dicevo, pensavo di accodare a questa disamina anche il romanzo della Rattaro, ma strada facendo mi sono accorta che pur parlando di segreti e di relazioni familiari, il tono e la modalità di scrittura sono completamente diversi e non sarebbe equo ed onesto cercare similitudini o ravvisare le diversità che sono proprio alla base di questo due romanzi, non ultimo il modo di scriverli.

Se dovessi concludere con un gioco e definire con un unico termine i tre romanzi, potrei sbilanciarmi a dire: il romanzo della Rattaro è secco, il romanzo della Calabrò è una serie di onde colorate, il romanzo della Dawson è piatto.

E’ stato interessante cercare di accorpare una serie di libri che poteva avere la famiglia al centro del suo nucleo – e tentare di dare forma ad un pensiero un po’ diverso dal solito, una sorta di blog tour in solitaria, tipo salire in barca a vela e partire lasciandosi irretire dalle onde dei diversi romanzi e cercando un’isola dalla quale scrutare l’orizzonte, in attesa che una scrittrice mi venisse a salvare. Lancerò fra le onde una bottiglia con un messaggio all’interno… chissà se sarà la mitica Circe a venirmi incontro.

A presto





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