Buonasera lettori, come state? Io attanagliata da questa mattina da un mal di testa che ha deciso di volermi così bene da non riuscire a stare un attimo senza di me... È solo martedì ed io già sogno il week end.
Oggi torno con una recensione, quella del libro La fabbrica delle meraviglie di Sharon Cameron edito da Mondadori, 308 pagine, primo capitolo della serie The dark unwinding di cui si sperà uscirà a breve il secondo anche qui in Italia.
Oggi torno con una recensione, quella del libro La fabbrica delle meraviglie di Sharon Cameron edito da Mondadori, 308 pagine, primo capitolo della serie The dark unwinding di cui si sperà uscirà a breve il secondo anche qui in Italia.

Questo libro è catalogato come fantasy per ragazzi e sicuramente leggendolo ci si rende conto che probabilemente lo stile di scrittura è un po' più semplice rispetto a quello che magari l'autrice avrebbe utilizzato se il suo pubblico principale fosse stato quello adulto. Nonostante questo la lettura si è rivelata positiva, un libro dallo stile non particolarmente ricercato ma ben costruito ed approfondito anche dal punto di vista storico. Un fantasy sì, ma che si fa leggere benissimo anche da chi, come me, di questo genere legge veramente poco. La storia in sè è senza particolari pretese e, in alcuni particolari ripercorre la falsariga dei grandi classici. Una ragazza diciassettenne, Katharine, che vive con la zia a seguito della perdita di entrambi i genitori; una zia ovviamente acida ed arrivista che pensa solamente al patrimonio che il suo unico figlio bamboccio erediterà dalla famiglia del suo povero marito deceduto, quando anche l'ultimo dei suoi cognati sarà morto o dichiarato incapace di intendere e volere. Siamo a Londra, nel 1852 e Katharine ha appena iniziato il suo viaggio che la porterà alla tenuta dello zio Tully per attestare appunto, così come richiesto dalla zia Alice, che lo zio, unica fonte di sostentamento per loro, è in realtà pazzo e non più capace di gestire il patrimonio di famiglia. Solo allora il piccolo Robert sarà nominato erede del patrimonio e la zia Alice tutrice di quell'erede fino al compimento della sua maggiore età. Katharine che, senza una rendita, pesa totalmente sulle finanze della "cara" zia, non può far altro che assecondare ogni sua più strana richiesta.
Quando arriva a Stranwyne Keep la realtà cui la ragazza si trova davanti è sicuramente quella di uno zio un po' fuori di testa - un po' tanto diciamocelo - ma nonostante tutto genio. Quella che Katharine immaginava come una casa di campagna modesta si rivela essere una tenuta imponente con al suo interno due borghi - Borgo di Sopra e Borgo di Sotto - entrambi costruiti dal nulla da quello zio inventore che vive nel suo mondo magico fatto di ingranaggi, abitudini e numeri. Due paesi in pratica, autosostentati dalle centrali di gas, dalle fabbriche di mattoni, dai laboratori in cui hanno trovato posto più di novecento persone tra adulti e bambini, salvati dagli orfanotrofi della zona. Di certo un lavoro esemplare, ma come riuscire a far accettare alla zia un simile dispendio?
Quello che subito spicca leggendo questo libro è l'ambientazione, descritta così minuziosamente da permettere al lettore di immaginare le gallerie sotterranee, le stanze della villa vittoriana in cui Katharine viene subito ospitata, gli spazi aperti all'interno dei borghi. Un luogo magico - ed anche a tratti inquietante - che vive con regole proprie, totalmente slegato da quelle che sono le etichette e le rigide regole della Londra di quei tempi.
La narrazione parte in modo piuttosto lento, un lento avvicinamento alla parte centrale della storia. Una lentezza che combacia con l'evoluzione del personaggio Katharine che, osservando con i propri occhi l'organizzazione dei borghi, riesce pian piano a sciogliersi, perdendo quella diffidenza iniziale che la accompagna all'inizio del romanzo. Questa lentezza, che non risulta essere assolutamente un difetto, ci permette di capire tutti i meccanismi di quella tenuta, conoscendone pian piano gli abitanti, l'organizzazione dei borghi, le gerarchie tra le persone e gli atteggiamenti di ognuno di loro. È proprio Katharine, in prima persona, a narrarci la storia ed è dai suoi occhi - prima totalmente scettici e poi, pian piano, ammirati - che scopriemo ogni singolo segreto ed ogni piccola abitudine di quel posto straordinario.
Sicuramente la personalità dello zio Tully spicca dall'inizio. Non sono in realtà così tante le sue apparizioni rispetto agli altri personaggi anzi, per tutto il libro la sua presenza appare fugace, un protagonista volutamente lasciato al margine; certo, lo conosciamo da subito per i suoi atteggiamenti particolari, per le sue manie e per la sua stravaganza, ma sono solo sprazzi rispetto all'intero libro. Quello che ci permette di averne un quadro completo sono i pensieri di Katharine, i suoi avvicinamenti allo zio, la sua capacità di capirlo al volo. Se all'inizio la ragazza ha come idea quella di ripartire il giorno successivo per tornare a quella che da sempre considera la sua casa, successivamente si dà un mese di tempo per capire la situazione e per conoscere qualcosa di sè e della sua famiglia di cui non era assolutamente a conoscenza.
Tantissimi i personaggi secondari che assumono un ruolo importante all'interno della storia; di ognuno avremo un'idea precisa anche se nessuno di loro smetterà di stupirci per tutta la durata della lettura.
Dalla seconda metà il libro prende vita e si anima con un nuovo ritmo e numerosi colpi di scena che portano al giusto completamento una lettura sicuramente piacevole e ben inserita nel contesto storico scelto dall'autrice. Ora non mi resta che aspettare il secondo capitolo di questa avventura perchè nonostante questo volume sia autoconclusivo, e quindi assolutamente leggibile singolarmente, ho voglia di sapere cosa succederà a Katharine ed al suo strampalato zio in futuro!
Lo avete letto? Vi ispira?
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