venerdì 23 ottobre 2015

Chi ben comincia #100 - Anna di Niccolò Ammaniti

Buon pomeriggio lettori! Finalmente è venerdì!!! Per quanto mi riguarda questa è stata una settimana pesantissima quindi non vedevo l'ora arrivasse questo momento in cui posso finalmente mettermi in modalità week end on!
Oggi torno con una puntata della rubrica Chi ben comincia, ideata da Alessia del blog Il profumo dei libri, non una puntata qualsiasi ma la puntata numero 100!!!! Mi sembra ieri quando, scrivendo ad Alessia, le chiesi di poter adottare questa sua rubrica e invece eccoci già a questo traguardo. Ma adesso la smetto di blaterare e vilascio con l'incipit di oggi.
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Non è stato semplice scegliere a quale incipit dedicare questa puntata. Poi ho optato per Anna di Niccolò Ammaniti edito da Einaudi, un libro che ho già letto e di cui in rete sto trovando pareri particolarmente contrastanti. Io questo libro l'ho amato - a brevissimo la recensione - quindi ecco l'incipit.  
 
REGOLE:

- Prendete un libro qualsiasi contenuto nella vostra libreria
- Copiate le prime righe del libro (possono essere 10, 15, 20 righe)
- Scrivete titolo e autore per chi fosse interessato
- Aspettate i commenti


Aveva tre, forse quattro anni. Era seduto composto sopra una poltroncina di finta pelle, il mento piegato sulla maglietta verde a maniche corte. Il risvolto dei jeans sulle scarpe da ginnastica. In una mano stringeva un trenino di legno che gli pendeva tra le gambe come un rosario.
Dall’altra parte della stanza la donna stesa sul letto poteva avere trenta come quarant’anni. Il braccio coperto di macchie rosse e croste scure era attaccato a una flebo vuota. Il virus l’aveva ridotta a uno scheletro ansimante, ricoperto di pelle secca e pustolosa, ma non era riuscito a strapparle tutta la bellezza, che si scorgeva nella forma degli zigomi e nel naso all’insù.
Il bambino sollevò il capo e la guardò, si aggrappò al bracciolo, scese dalla poltrona con il trenino in mano e si avvicinò al letto.
Lei non se ne accorse. Gli occhi, sprofondati dentro due pozze scure, fissavano il soffitto.
Il piccolo prese a giocare con un bottone della federe sporca. I capelli biondi gli coprivano la fronte e sotto il sole che filtrava dalle tende bianche sembravano fili di nylon.
Improvvisamente la donna si sollevò sui gomiti e arcuò la schiena come se le stessero strappando l’anima dal corpo, strinse le lenzuola nei pugni e ricadde squassata dalla tosse. Provava a ingoiare aria stirando braccia e gambe. Poi il viso si rilassò, spalancò le labbra e morì a occhi aperti.
Il bambino le prese delicatamente la mano e cominciò a tirarle l’indice. Con un filo di voce sussurrò: - Mamma? Mamma? – Le poggiò il trenino sul torace e lo fece scivolare sui dossi del lenzuolo. Toccò il cerotto incrostato di sangue che nascondeva l’ago della flebo.
Infine uscì dalla stanza.
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Un incipit che rispecchia perfettamente quello che è l’andamento del romanzo. Diretto, crudo e assolutamente capace di far immaginare perfettamente la scena a chi lo legge; tutte doti a cui l'autore ci ha abituato già con i lavori precedenti.
Cosa ne pensate? Vi attira questo libro? Lo avete letto?

3 commenti: