Buongiorno e buon martedì. Passata bene la Pasqua? Mangiato a volontà? Io passata in famiglia in completo relax.
Ma veniamo a noi e ad un nuovo Ritratto di signora. Puntata strana questa, postata di martedì a causa della festività di ieri!
Oggi è il turno di Federica del blog Stasera cucino io quindi vi lascio con il suo ritratto.
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L'idea per questo ritratto mi è venuta addosso d'un colpo.
Leggevo un articolo sui testimoni di giustizia e mi sono
ricordata di un servizio al TG di tempo fa dove si parlava di una ragazza, che
per amore si trasferì in Sicilia, per poi scoprire che in realtà il fidanzato
faceva parte di una famiglia mafiosa.
Inutile dirlo, ma la storia non finì bene.
Non ricordo i particolari, non ricordo nemmeno il nome della
ragazza, mi spiace, ricordo particolari meno importanti, ma il suo nome proprio
non mi torna in mente, spesso sono distratta da futilità e perdo poi quello che
è il cuore delle storie.
Ma alla fine devo aver interiorizzato quella storia più di
quando non credessi, se quando mi sono
chiesta di chi parlare per il mio post, il pensiero è andato lì.
Ma non era l'unica, la nostra storia più recente purtroppo è
piena di episodi simili.
Lea Garofalo, dopo aver testimoniato contro l'ex compagno e
la sua famiglia, viene inserita nel programma di protezione testimoni nel 2002,
ma in seguito ne viene estromessa perchè il suo il suo apporto fu giudicato
"non significativo". Nel dicembre del 2007 - dopo una pronuncia del
Consiglio di Stato - venne riammessa al programma, ma nell'aprile del 2009,
pochi mesi prima della sua scomparsa, decise all'improvviso di rinunciare
volontariamente a ogni tutela e di tornare a Petilia Policastro, per poi
trasferirsi a Campobasso in una casa che le è stata trovata proprio dall'ex compagno
Carlo Cosco. In seguito con un
sotterfugio l'ex marito cerca di farla rapire da un suo complice. La donna
riesce a sfuggire all'agguato grazie al tempestivo intervento della figlia
Denise e informa i carabinieri dell'accaduto ipotizzando il coinvolgimento
dell'ex compagno. Lea Garofalo conosceva, infatti, molti segreti della faida
fra le famiglie Garofalo e Mirabelli di Petilia Policastro.
Alla fine nel novembre dello tesso anno Lea venne rapita
torturata e infine uccisa e il suo corpo nascosto in un terreno nella frazione
di San Fruttuoso (Monza).
Lo scorso Dicembre la cassazione ha confermato 4 ergastoli e
una pena di 25 anni ai cinque uomini colpevoli della sua morte.
Quando però il peso di quella vita, nella quale si riconosce
diventa troppo da sopportare, comincia a fare rivelazioni che la portano presto
ad allontanarsi dalla sua famiglia per entrare in un programma di protezione.
E da quel mometo è come se rinacesse, allontandosi dalla
mentalità ristretta dove era sempre vissuta comincia a fare cose che per noi
sono normali, esce, conosce persone e abitudini differenti, si innamora
persino, ma la famiglia fa pressioni perchè torni indietro cercando di minare
la sua fiducia nella magistratura e facendo leva sulla nostalgia di casa.
Alla fine Maria Concetta capice di essere in trappola e
nell’agosto 2011, dopo essere stata dal parrucchiere, scende in cantina e si
uccide, bevendo acido muriatico. Ma in pochi, tranne la madre, il padre e il
fratello che fanno ricadere la colpa sulla magistratura pressante, credono
senza riserve a una sequenza in cui una donna prima si fa bella per poi porre
fine alla propria vita.
Dopo lunghe indagini il quadro che emerge è ben diverso dal
suicidio.
Per impedire la collaborazione con la giustizia di Maria
Concetta Cacciola si era mossa una squadra criminale. Uomini al servizio dei
clan della 'ndrangheta che avevano l'obiettivo di impedire che la donna
continuasse a parlare ai magistrati svelando i segreti dei boss.
La paura principale dei capimafia era soprattutto la
possibilità che altre donne, segregate e costrette a vivere in famiglie
mafiose, avrebbero potuto seguire la strada tracciata da Maria Concetta
Cacciola.
Così i carabinieri hanno arrestato cinque persone, il padre,
la madre e il fratello della vittima, e poi due avvocati penalisti molto noti
nella piana di Gioia Tauro.
Per i familiari l'accusa è di concorso in violenza privata,
concorso in violenza o minaccia per costringere a commettere un reato, concorso
in favoreggiamento personale, tutti aggravati dall’aver favorito la
'ndrangheta. Per gli avvocati le accuse sono pesanti: avrebbero indotto la
donna a ritrattare le dichiarazioni che aveva fatto ai magistrati.
Giuseppina Pesce nel 2011 aveva deciso di ribellarsi alle
regole mafiose della famiglia e comincia a
collaborare con la magistratura.
Una donna di ‘ndrangheta che si pente è una macchia che
soltanto un familiare può “lavare”, con il sangue naturalmente. La protezione
dello Stato le ha salvato la vita per due volte e le ha aperto le porte di una
normale quotidianità.
Nell'Aprile del 2011 interrompe però la collaborazione e
sembra rientrare nelle grazie della famiglia. Ma solo apparentemente, in realtà
questo cambio di rotta fu causato da pressioni, ricatti, offerte di danaro e
soprattutto dalle violenze sui tre figli minori.
Poi il colpo di scena e le verità sul dietrofront: una
prigionia per i piccoli. Niente colloqui con la mamma nella località segreta,
niente vestiario, cibo al contagocce. Pressioni psicologiche per inculcare
nella testa dei piccoli che quella condizione di sofferenza era causata da una
mamma indegna e cattiva. Per la privazione di cibo la piccola di 5 anni aveva
persino subito un progressivo deperimento fisico e un calo del ferro nel sangue
tale da provocarle forti crampi alle gambe e insonnia. Squallidi i metodi
utilizzati anche nei confronti del maschietto di 9 anni. Oltre a subire
percosse dal nonno, Gaetano Palaia, anche con l’uso di una cintura, un giorno
il bambino era stato accompagnato dallo zio Gianluca Palaia, all’interno di una
sala giochi di Rosarno, e davanti a costui, senza che lui intervenisse, era
stato sottoposto a percosse da 3-4 ragazzi più grandi. La ragazza più grande,
infine, era stata costretta a scrivere sotto dettatura una missiva alla madre,
mentre si trovava in una località protetta della provincia di Roma, per
stigmatizzare il suo comportamento e la ripresa della collaborazione con la
giustizia.
Giuseppina ritorna a pentirsi nell’agosto dello stesso anno. E scatena un terremoto giudiziario.
Lo scorso Ottobre si sono conclusi i processi: il marito Rocco Palaia, il suocero Gaetano Palaia, la cognata Angela Palaia e il marito di quest’ultima Angelo Ietto, i cognati Gianluca e Giovanni Palaia, la madre Angela Ferraro e la sorella Marina Pesce.
Tutti sono finiti in carcere il 4 ottobre del 2011 per associazione mafiosa, anche grazie alle rivelazioni di Giuseppina. Adesso il suo calvario verso una nuova vita ha segnato un primo punto fermo.
Giuseppina ritorna a pentirsi nell’agosto dello stesso anno. E scatena un terremoto giudiziario.
Lo scorso Ottobre si sono conclusi i processi: il marito Rocco Palaia, il suocero Gaetano Palaia, la cognata Angela Palaia e il marito di quest’ultima Angelo Ietto, i cognati Gianluca e Giovanni Palaia, la madre Angela Ferraro e la sorella Marina Pesce.
Tutti sono finiti in carcere il 4 ottobre del 2011 per associazione mafiosa, anche grazie alle rivelazioni di Giuseppina. Adesso il suo calvario verso una nuova vita ha segnato un primo punto fermo.
Leggere loro storie mi fa pensare ad un'Italia lontana, ad
modo di vivere vecchio che sembrerebbe superato, ma qui si parla di avvenimenti
recenti e che continuano a ripetersi.
Moltissime altre sono
le storie di donne coraggiose che hanno dovuto affrontare prove
difficili come queste.
Moltissime quelle che sono morte per poter cambiare le loro
vite e quelle dei loro figli.
Fa riflettere la quantità di coraggio necessaria per fare
scelte del genere quando a volte sembra impossibile fare anche solo un piccolo
cambiamento nella nostra vita.
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Storie di donne che mettono i brividi e che, sinceramente, non dovrebbero accadere in un paese civile nel 2015. Forse non siamo poi così tanto un paese civile come crediamo!
Potrete trovare questo post sui blog:
Grazie mille a tutti per l'attenzione.
Daniela, Monica, Miki, Francesca e Federica
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