venerdì 15 giugno 2018

Letture con Marina #39

Buongiorno lettori! Finalmente venerdì e con il venerdì torna Marina e alla sua rubrica Letture con Marina.


Ci sono libri che vengono a noi con una tale naturalezza, che sembrano destinati ad incontrarci da lungo tempo, come dei vecchi amici. Ed ecco allora che due vite che non si sarebbero mai incontrate, all’improvviso si incrociano. Ed ecco allora che una passione letteraria che è tutta e solo istinto, si ammanta di quell’ufficialità e concatenazioni logiche che ce la fa diventare ancora più cara.

Da un paio di settimane avevo per la testa una serie di pensieri che non mi davano pace. Avevo visto in Internet un sito che pubblica immagini di spiagge famose, oltre a diversi altri luoghi (piazze, teatri), tristemente famosi dicevamo, per essere stati teatro di scontri mortali durante una delle tante guerre di cui l’umanità si è macchiata. E che ora sono tranquilli luoghi di svago e di villeggiatura, di località marine nelle quali la gente si rilassa, prende il sole, fa passeggiate, con tanta naturalezza che sembra quasi inconsapevole di quanto accaduto – proprio lì - nel passato. Mi è venuto in mente anche il ponte sul Piave, dove in ingresso ed in uscita ci sono delle aste altissime, sormontate dal cappello degli Alpini. E beh, una bella emozione il fatto che ci siano queste icone a ricordare i tantissimi morti – un’emozione che costringe ad un raccoglimento mentale che non ci sarebbe, se non ci fossero questi cappelli… Triste, ma vero. La vita scorre ed anche i massacri più orripilanti scivolano via dalla memoria. Tutto questo contesto mi ha colpita non poco, facendomi chissà perché riflettere in automatico anche su di un libro che ho letto lo scorso anno: Il Giudice delle Donne - di Maria Rosa Cutrufelli, che di fatto non ha completa attinenza con i luoghi sopra descritti, ma che ho inconsapevolmente collegato leggendo l’articolo seguente in Internet, che riguarda il Premio Strega 2018, dove tre dei 5 finalisti sono donne. Ancora oggi, nel 2018, c’è questa “fastidiosa e controproducente idea secondo cui la donna deve essere trattata come una sorta di specie in via di estinzione”.
A questo punto, diventava per me vitale leggere:

LA NEW WOMAN NELLA LETTERATURA VITTORIANA

Autore: Debora Lambruschini
Casa editrice: Flower-ed, 2017
Pagine: 206

Descrizione: Alla fine dell'Ottocento, si concluse la grande stagione del romanzo vittoriano e per la narrativa inglese si pose la questione di trovare nuovi mezzi espressivi idonei a interpretare le complessità del mondo contemporaneo, teso fra tradizione e modernità. Fu la forma narrativa breve a rappresentare, meglio di altre, lo spirito del tempo: la short story, libera dai canoni estetici tradizionali, permise agli autori un grado di sperimentazione, linguistica e tematica, maggiore rispetto al romanzo. Un contributo fondamentale allo sviluppo del genere fu dato dalle scrittrici, tra le quali George Egerton, Sarah Grand, Mona Caird ed Ella D'Arcy furono le più attive. Accomunate dal desiderio di riflettere sulle problematiche sociali e culturali del tempo, con particolare attenzione alla Woman Question, e di trovare una forma estetica capace di rappresentare il nuovo modello femminile incarnato dalla New Woman, contribuirono al dibattito nella definizione di nuovi codici morali.

RECENSIONE:


Difficile non accostare questo libro, che è di fatto un saggio, ad un altro romanzo, diversissimo in fondo per trama e costruzione, ma non per mentalità di approccio: Swing Time, della scrittrice Zadie Smith. E’ un’autrice questa che ha ben presente che i saggi vengono letti solo dagli addetti ai lavori e da qualche raro e sporadico lettore di passaggio. E quindi ammanta i suoi scritti di una patina romanzata, nel senso più positivo ed alto di questo termine, per raggiungere l’apprezzabile obiettivo di far avvicinare a determinati argomenti il maggior numero di lettori possibile. E questo mi pare si possa tranquillamente dire anche di questo saggio, che istintivamente mi verrebbe da chiamare romanzo per la chiarezza espositiva ed al contempo il modo interessante del procedere, quasi a narrarci una serie di racconti accattivanti, dove viene discusso un argomento importante, che dà l’avvio ad una letteratura di gran pregio e ci parla di alcune donne pioniere, che hanno cercato di fare della propria vita un esempio e soprattutto hanno cercato di vivere in pieno le proprie convinzioni.

“A fine Ottocento, a conclusione della grande stagione del romanzo vittoriano, per la narrativa inglese si impone le necessità di trovare nuovi mezzi per esprimere le problematiche del mondo contemporaneo, fra tradizione e modernità, in corsa con profonde trasformazioni economiche e sociali, che quindi investono anche il mondo editoriale e culturale”. Viene quindi abbandonato il classico “romanzo in tre volumi” vittoriano, in favore della “short story”, forma alternativa al novel, che sembra rappresentare al meglio gli ultimi decenni dell’Ottocento, fino a fare da trait d’union con gli inizi del Novecento. Per gli argomenti narrati nelle short stories, soprattutto con riferimento alla New Woman di fine secolo, che viene arbitrariamente ed erroneamente accostata alla figura del dandy e quindi al famoso Oscar Wilde, a causa del quale – dopo lo scandalo del processo – la produzione letteraria subisce in toto un giudizio negativo sia da parte di pubblico che di critica, relegandola per molto tempo ad una sotto-letteratura, se non addirittura all’oblio e che viene riscoperta solo negli ultimi decenni di quello stesso secolo – dal movimento femminista in primis, ma anche da studiosi e critica.

Ma facciamo un passo indietro: la short story dà la possibilità agli scrittori dell’epoca di abbandonare i canoni estetici tradizionali, permettendo agli autori sperimentazioni, sia linguistiche che tematiche. Alt: ho parlato di scrittori?!? Errore mio, pardon, perché proprio a fine Ottocento si ha una fioritura di scrittrici che proprio grazie alla possibilità di non dover scrivere i così detti 3 volumi , possono più liberamente sperimentare e soprattutto parlare e scrivere di argomenti riguardanti problematiche sociali e culturali contemporanee, con particolare attenzione alla “Woman Question” e alla “New Woman”.
Debora Lambruschini ha quindi scelto come protagoniste della sua tesi quattro donne autrici di racconti (e non solo), attive nel panorama letterario inglese di fine Ottocento e la cui produzione letteraria ha profondamento influenzato il radicamento della short story inglese moderna: George Egerton, Sarah Grand, Mona Caird e Ella D’Arcy.
In un discorso ad ampio respiro, l’autrice ha fatto accostamenti a James e Wolf – ed è soprattutto nei confronti di quest’ultima figura che io desidero incentrare quanto considero un omaggio vero e proprio, perché leggendo questa tesi mi è stata più chiara che mai l’influenza che questa nuova corrente letteraria ha avuto nei confronti di questa grande autrice inglese, unitamente ai cambiamenti economici e sociali ed alla lotta femminista per cambiare la società patriarcale del tempo – sia chiaro.

“Il punto di vista femminile, l’attenzione psicologica dei personaggi, il superamento dei codici narrativi vittoriani, ma soprattutto la riflessione sul matrimonio, il desiderio sessuale femminile, l’educazione, la maternità, la solidarietà fra donne, la possibilità di viaggiare in autonomia e l’indipendenza economica sono solo alcune delle tematiche centrali nella produzione letteraria della short story, che diviene mezzo espressivo ideale per cogliere il senso di frammentarietà di questo secolo così pregno di avvenimenti importanti e che volgeva oramai al termine”.  Non dimentichiamo che proprio di questo periodo sono lo sviluppo della stampa e la diffusione delle riviste che portano anch’essi ad un cambiamento epocale nella tipologia di pubblico che può fruire degli stessi libri e/o riviste. Come l’autrice del saggio ci fa notare, la fin de siecle è naturalmente un contesto sociale, economico e tecnologico diverso del nostro attuale, ma non mancano similitudini sulla riflessione del ruolo della donna nella odierna società (le quote rosa, le differenze tra uomo e donna a livello lavorativo, etc…), gli stereotipi di genere (uhh quanto mai attuale!), sessualità e desiderio femminile, la ridefinizione dei ruoli all’interno della coppia, la maternità, il ruolo della donna single…

Sconcertante, nevvero? E’ trascorso più di un secolo e noi siamo ancora qui a dibattere degli stessi argomenti, in forma leggermente diversa, ma in fondo nemmeno tanto, se ci si fa caso. Siamo in presenza di un corso e ricorso storico?
E così, nel parlarVi di questo periodo storico, mi sono allontanata un tantino da quanto propostoci in questa tesi, riguardo anche alle pubblicazioni delle quattro autrici prese qui in esame. Soprattutto per quanto riguarda il nuovo modo di scrivere, che sarebbe stato poco adatto ad un romanzo più corposo – e che privilegia l’uso del tempo presente, la prima persona che narra la vicenda, ma che è persona interna alla vicenda stessa (uomo o donna che sia , a seconda dell’autrice presa in esame), il fine studio psicologico dei personaggi, l’ambiente campestre più libero in contrapposizione alla città legata a vincoli più tradizionali ed un finale che non è più l’happy-ending vittoriano, con un bel matrimonio di stampo patriarcale, dove vissero tutti – più o meno - felici e contenti. Interessante anche la differenza della New Woman inglese, in contrasto marcato per alcuni aspetti alla New Woman americana (e qui gioca d’autorevolezza il già citato Henry James con la sua Daisy Miller, pubblicata tra l’altro per la prima volta nel 1878 sul Cornhill Magazine).

Ebbene, come dicevo, lettura che personalmente mi ha permesso di essere cosciente di concatenazioni logiche che hanno portato la Woolf, ad esempio, ad essere la scrittrice e la ragazza prima e donna poi, che è stata. Di fatto, come ci ha ricordato un altro scrittore, nessun uomo o donna è un’isola – e le contaminazioni, come potremmo scoprire anche noi se oltre agli occhi potessimo aprire anche il cuore, sono quanto di più interessante ci si possa augurare. Nella letteratura, come nella vita.

Detto ciò e visti i molti argomenti di cui qui sopra si è fatto solo cenno – per chi volesse approfondire la lettura di questo notevole saggio/romanzo, consiglio di rivolgersi alle Edizioni Flower-ed, che ringrazio per la pubblicazione di questi lodevoli libri, che rendono la lettura degli stessi e la lettura dei nostri autori preferiti ancora più intensa e pregevole.

A presto,



                             

2 commenti:

  1. Bella recensione, grazie. Ha reso meno "spaventosa" la lettura di un saggio e mi ha incuriosito.

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  2. Ciao Alessandra,
    in ritardo, ma eccomi qui.
    E' sicuramente un saggio - anzi, una tesi.
    Ma, sarà l'argomento, sarà il modo in cui l'autrice l'ha scritto, è scorrevole come un romanzo e si legge d'un fiato, tra sottolineature, rimandi per argomenti che si vogliono ulteriormente sviluppare - e viti di autrici che non si conoscono ma incuriosiscono.
    Se ti incuriosisce l'argomento, leggilo tranquillamente: ne rimarrai affascinata ed al contempo soddisfatta.
    Un saluto ed un arrivederci a presto - Buona serata, Marina

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