venerdì 27 marzo 2020

Letture con Marina #83 - Recensione del libro Cerchi Infiniti di Cees Nootebloom

Buongiorno lettori, come va? Oggi torna Marina con una recensione. Lo so che ha già recensito la settimana scorsa ma visto che aveva un'altra recensione pronta abbiamo deciso di inserirla questa settimana senza aspettare la prossima! Come vedete, il blog ha ripreso a pieno regime questa settimana. Vecremo come andrà la prossima ahahahhaha
Qui si naviga a vista!


E visto il periodo di chiusura estrema, tentiamo di evadere viaggiando… E dove potevamo andare, conoscendomi? Gran Bretagna e Giappone, naturalmente!


Titolo: Cerchi infiniti
Autore: Cees Nootebloom
Casa editrice: Iperborea, 2017
Traduzione: Laura Pignatti
Pagine:180
Trama: Certi viaggi hanno l'obiettivo segreto di «estraniarti dalle tue origini», «scardinarti l'esistenza»: «soltanto allora sei stato veramente via, così altrove da essere forse diventato un altro», scrive Cees Nooteboom, infaticabile esploratore di culture, riguardo al paese che conserva per lui un fascino unico: il Giappone. "Cerchi infiniti" raccoglie i suoi testi più illuminanti su quarant'anni di viaggi attraverso i paesaggi, le architetture, la poesia e la storia del Sol Levante. Dalle metropoli avveniristiche di Tokyo e Osaka alle antiche città imperiali di Kyoto e Nara, dalle incisioni di Hokusai e Hiroshige al teatro kabuki, il rapimento mistico e intellettuale dei giardini zen, quella coesistenza intrecciata di buddhismo e shintoismo nei templi e nei riti millenari che scandiscono ancora il calendario nelle campagne. Viaggi accompagnati dalle pagine di Kawabata, Mishima, Tanizaki, ma soprattutto dalle "Note del guanciale" di Sei Shonagon e dalla "Storia di Genji" di Murasaki Shikibu, il primo romanzo della storia, che ritrae il raffinamento estremo a cui giunse l'isolata corte di Heian nell'XI secolo. Con la sua capacità di cogliere le sfumature più sottili, accendere connessioni, stimolarci a vedere con altri occhi e a rapportare il particolare all'universale, Nooteboom ci immerge nell'esperienza della scoperta, della bellezza e della sfida che il Giappone continua a rappresentare per l'Occidente: possiamo arrivare a conoscere veramente una cultura così lontana da noi? Ma è proprio nel confronto con l'altro che il viaggio diventa una ricerca sul fondo comune della condizione umana, un pellegrinaggio interiore per interrogarsi su se stessi.




La casa editrice Iperborea ha pubblicato in Italia “ Cerchi infiniti. Viaggi in Giappone”, a cui va anche reso merito la scelta di stupende copertine. Questa in particolar modo, perché ci dà la possibilità di ricordare ancora una volta la piccola Sadako Sasaki, morta a 12 anni per una forma di leucemia contratta a causa della bomba atomica sganciata nel suo paese. Qui ritratto è il “Senbazuru” di Jessica Moon che, spiegano in Iperborea, è una risposta artistica al terremoto del 2011 e si ispira ad una leggenda giapponese per cui, se si piegano mille origami di gru (“orizuru”), si avvera un desiderio. E come non riportare alla memoria la tragica e commoventissima storia di questa bimba che nel 1954 tenta con ogni sforzo e grande passione, recuperando la carta dalle confezioni dei medicinali e da altre carte da imballaggio, di far avverare in tal modo il suo innocente e feroce diritto alla vita… La leggenda narra che riuscì a farli tutti e 1.000 prima di morire nell’Ottobre del 1955. Una versione invece vuole che morì avendone fatti “solo” 644. I restanti orizuru vennero fatti dai suoi amici e seppelliti insieme alla piccola. Nel 1958 fu collocata nel Parco del Memoriale della Pace una statua raffigurante Sadako mentre tende una gru d’oro verso il cielo. Ai piedi della statua, una targa: “Questo è il tuo pianto. La nostra preghiera. Pace nel mondo”. A memoria di tutti i bambini morti come lei e di tutti i bambini che ancora muoiono a causa di guerre e violenze.

Mi pareva imprescindibile parlare di Sadako, prima di parlarVi insieme a Cees Nooteboom del suo Paese.
RECENSIONE:


Giusto per farVi subito capire dove andremo – titolo a parte e racconto di Sadako – Vi elenco gli 8 capitoli, con relativi titoli: 
 Capitolo 1: “Il compleanno dell’imperatore, il pathos delle cose e altre esperienze… giapponesi!” (ebbene sì, Giappone mon amour!) 
Capitolo 2: “Zuihitsu” 
Capitolo 3: “Montagna Fredda” 
Capitolo 4: “Monasteri giapponesi” 
Capitolo 5: “L’ombra di Nyogo: il Giappone a Londra” (ehhh, non poteva mancare una piccola incursione) 
Capitolo 6: “Il mistero nello specchio, le ossessioni di Ian Buruma” 
Capitolo 7: “La storia di Genji, un romanzo di mille anni” 
Capitolo 8: ”Esercizi di dislocazione di Giorgio Amitrano”

Una vita trascorsa a viaggiare, questo Cees Nooteboom – e come sempre io arrivo in ritardo, perché la manifestazione “Dedica” nel 2011 me l’aveva portato in casa, questo autorone olandese. Gli abbiamo addirittura conferito il sigillo della città…

Mi piacerebbe però discorrere del suo libro non dal punto di vista di un vademecum per il viaggiatore, pur essendolo in parte. Non saranno completamente soddisfatti quei lettori che si approcciano a questo libro con la mera illusione di avere percorsi prestabiliti in Giappone: visita dei Templi, oplà – visita dei giardini, oplà… e via discorrendo. C’è naturalmente anche questo inframmezzato, non avrebbe potuto fare altrimenti, parlando dei suoi reiterati viaggi nella terra del Sol Levante, ma io ho inteso il suo libro più come una sorta di viaggio intimo, di impressioni indelebili di cui di volta in volta si faceva puro spettatore o, raramente, protagonista cosciente.

E mi preme innanzitutto puntualizzare la somiglianza narrativa con l’Ulisse di Joyce. Anche la raccolta di viaggi di Nooteboom è sviluppata secondo quella particolare tecnica di scrittura denominata monologo interiore, che“ descrive il flusso di coscienza, in cui i pensieri del protagonista scorrono senza punteggiatura, per definire la contemporaneità e l’intricato procedimento cognitivo che sottostà ai processi mentali dell’io narrante”.

E a questo punto abbiamo già detto quasi tutto di questa raccolta di viaggi, che a leggerli pare siano stati fatti da poco – e che invece scopriamo sono avvenuti per la maggior parte negli anni Settanta ed Ottanta del secolo scorso. Sarà che parliamo di un Paese millenario e che a nominare i suoi templi, i suoi giardini ed i suoi abitanti pare si stia parlando del nostro presente; sarà la sua prosa attuale, a tratti ironica, a tratti rivelatrice di un viaggiatore spaesato e che va alla ricerca di conferme più che di un Paese sconosciuto, un po’ come i viaggiatori moderni che noi siamo diventati. Con la tecnologia sappiamo tutto di tutto, vediamo addirittura i monumenti e quant’altro andremo poi a visitare, togliendo forse un po’ di sorpresa, poesia ed avventura ai nostri viaggi, presupponendo più una conferma di quanto già visto in internet, più che una scoperta vera e propria di qualcosa di sconosciuto. Fatto sta che l’autore pare ingannarci a piè sospinto, sotto questo punto di vista, anche se lo fa inconsciamente, dato che si rivolge più a sé stesso che ad un immaginario pubblico di lettori.

A più riprese, anche quando le situazioni fisiche sono disagiate, decide di tenere un diario e di annotare percorsi, sensazioni, persone incontrate, luoghi visitati o che avrebbe voluto vedere e che si ripromette di visitare in un’ipotetica futura visita. E insieme a tutto questo, oltre ai meravigliosi giardini, la natura sotto-forma di boschi, che l’autore non disdegna di percorrere, pur consapevole che a causa dell’incomprensione della lingua, potrà perdersi.

Coinvolgente nelle sue annotazioni, nelle sue descrizioni e nei suoi pensieri, ne è un esempio la sua descrizione della folla onnipresente, avvolgente, eppure mai paurosa come potrebbe essere in altre città o metropoli, come pure i pensieri ricorrenti sull’estraneità del viaggiatore, della sua invisibilità soprattutto in un Paese come il Giappone, per la totale diversità di lingua in primis, cultura poi e mentalità per finire. Ci fa pensare – e lo dice lo stesso Nooteboom – che i giapponesi definiscono il viaggiatore “gaijin”, cioè outsider, quasi fosse un Camus o ancora meglio un Colin Wilson, con la sua filosofia di vita.

Come non perdersi nelle pagine della sua narrazione, dove incontriamo la dualità della religione giapponese, il mito dell’imperatore, la vita millenaria di questo antico Paese, la gentilezza dietro cui si mascherano sempre le persone, i rituali così diversi dai nostri finanche in una faccenda così semplice come la pulizia personale.

Insieme all’olandese visiteremo le mete classiche di questo misterioso Paese: le metropoli di Tokyo e Osaka, le antiche città imperiali di Kyoto e Nara, i Giardini Imperiali, il Parlamento… e la quotidianità della Golden Week o dei “minshuku” che lo ospitano.

Ma, come lo stesso autore ha tenuto a precisare, e lo dico con un sorriso di felicità, il suo Giappone è un Giappone di libri. E quindi non solo viaggeremo sulle ali delle pagine di autori come Kawabata, Mishima e Tanizaki (o anche Buruma), ma soprattutto godremo delle sue dissertazioni su “Note del guanciale” di Sei Shonagon e del mitico “Storia di Genji” di Murasaki Shikibu, che tentai casualmente di leggere diversi anni fa durante una vacanza e che persi nel rientro dalla stessa (e che a breve in qualche modo cercherò di procurarmi nuovamente).

Sicuramente l’impressione pregnante di questi scritti è che l’autore poggia la base dei suoi ragionamenti e delle sue osservazioni così come della rilevazione delle differenze dell’impenetrabile Giappone sull’esperienza che ha della sua nazione ed in generale dell’Europa. E come potrebbe essere diversamente? Un viaggiatore non può negare in nessun modo ciò che è per formazione, educazione, cultura ed esperienza. Altrimenti snaturerebbe il reale significato di ciò che dovrebbe essere il viaggiare. Ciò che di Nooteboom rassicura sull’apertura e sull’autenticità della sua natura intrinseca di viaggiatore e scopritore, nonostante tutto, è la considerazione che egli stesso ha di sé: “Io ho il carattere sfortunato di chi vuol sempre guardare oltre la collina e non ha ancora capito che dietro non c’è altro che una nuova collina”. E la testimonianza diretta della sua veridicità è il continuo viaggiare, anche negli stessi Paesi già visitati.

E noi stessi, lettori più vicini a quest’autore nonostante la differenza di età, che al Giappone preso nel suo insieme di grande tradizione spirituale e pericolosa competitività economica, ci chiediamo “in cosa consiste l’immagine di questo Paese e perché dobbiamo andare in giro come una botte piena di pregiudizi ed informazioni a priori?, perché non si può più andare in un posto di cui si ignora completamente tutto”? Se avrete la pazienza e la meraviglia di leggere “Cerchi Infiniti”, forse per Voi la comprensione sarà un po’ più vicina. Per quanto mi riguarda, questa lettura ha anche risvegliato curiosità letterarie e poetiche, artistiche e di conoscenza in generale, che potranno essere sedate solo con il desiato viaggio nel Paese del Sol Levante. Magari non ora. Se non con la fantasia dell’evasione letteraria.

A presto,





2 commenti:

  1. Ciao Marina! Più leggo le tue recensioni e più mi rendo conto di quante cose ignoro e di queste vite mi servirebbero per impararle tutte! Per il momento, mi segno anche questo autore che -mea culpa- non avevo mai sentito, e ti ringrazio! Un abbraccio!

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  2. Buongiorno Nadia!
    Non dirlo a me, più leggo e più mi rendo conto che nemmeno 2 vite mi basterebbero 😉
    Io ora vedo se trasferirmi in GB, oppure rimanere ancora un po' in Giappone.
    Ho visto che Daniela ha letto la Kirino... e mi ha invogliata a restare nel paese del Sol Levante...

    Ti auguro allora buone letture e buona salute, ciao!

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