venerdì 9 luglio 2021

Letture con Marina #141 - Recensione di Colette. Un sogno audace di Nicoletta Sipos

Buongiorno lettori, è venerdì quindi torna l'appuntamento con Marina e una delle sue recensioni. Buon week end! 


Conoscete il sociologo canadese Herbert Marshall McLuhan, classe 1911, laureato a Cambridge in lingua e letteratura inglese? No…? Beh, nemmeno io fino alla scorsa settimana. Ma come me, fareste bene a prestargli ascolto, perché grazie a Ornella Nalon de “Gli scrittori della Porta Accanto” che me lo ha presentato, ho imparato un trucchetto curioso e divertente per capire di primo acchito se un libro… è meritevole di essere letto!
Ma in realtà, non fatevi distrarre, perché è di una biografia che Vi vorrei raccontare…


Ti
tolo: Colette. Un sogno audace
Autore: Nicoletta Sipos
Casa editrice: Morellini, 2021
Pagine: 256

Trama: Inseguì tra contraddizioni e ambiguità il sogno più audace per una donna del suo tempo: essere padrona di sé. Il primo marito la chiudeva a chiave per costringerla a scrivere, ma finì apprezzata da Proust, Cocteau, Gide. Diede scandalo danzando nuda al music-hall e per i suoi amori, ma si puliva del fango con un sorriso. Era raffinata, ma bazzicava i bassifondi. Creò cosmetici su consiglio di André Maginot - lo stratega che progettò la linea difensiva francese sfondata dai tedeschi nel 1940 - e dall'impresa fallita imparò a scrivere testi pubblicitari per le sigarette Lucky Strike e le automobili Ford. Voleva far frustare a sangue le femministe e chiuderle in un harem, ma rifiutò di entrare nell'Académie Française perché era preclusa alle scrittrici. Ebbe compagni che potevano essere suoi figli, ma ignorò la sua unica figlia dicendo che generazioni diverse non dovevano vivere insieme. Eppure la figlia, lei pure di nome Colette, si dedicò al culto della madre e volle essere sepolta accanto a lei. Ed è alla figlia che ho affidato il racconto per scavare nei fatti, della biografia della donna.
 

RECENSIONE:   



E dunque, eccoci qui, per due chiacchiere.

Vi spiego: secondo quanto riporta Ornella Nalon, il buon McLuhan sostiene che se leggiamo di un romanzo la pagina 69, che con qualche aggiustatina in base alla lunghezza complessiva di un romanzo, corrisponde all’incirca alla metà del volume… Ebbene, leggendo questa pagina dal numero già di per sé evocativo – e non aggiungo altro in tal senso – è possibile stabilire se un romanzo fa per noi, al di là dell’influsso di una copertina o di una fascetta accattivanti ma molte volte fuorvianti. In breve, l’inizio non va bene perché studiato proprio per irretire il lettore, la fine assolutamente no per non rovinarsi la lettura e perché nel gran finale lo scrittore dovrebbe dare il meglio di sé, imbrogliando in qualche modo il lettore, se iniziasse inopinatamente la lettura dal fondo. Ma se leggiamo questa fatidica pagina 69 e la troviamo di nostro gradimento, è più che probabile che il libro intero ci piacerà!

E così, in ritardo, ma ho deciso di sperimentare questa teoria.

Dato che a Colette non sarebbe sicuramente spiaciuto questo numero, sono tornata indietro alla pagina in questione e l’ho riletta.
Siamo negli anni 1911/1912 e qui troviamo qualche butade, ma neanche tanto!, sul secondo marito di Colette, il barone Jouvenel, libertino senza renitenza. Ma leggiamo anche e soprattutto di Colette, che è stata grande giornalista, oltre che scrittrice. Nella pagina, la figlia che porta il suo stesso nome, ci racconta che la madre sempre assente per lei, era in realtà impegnatissima ad onorare il contratto che aveva al music-hall, oltre appunto al suo lavoro di giornalista. In questo periodo Colette madre segue le tappe del Tour de France, sale sul dirigibile Clement-Bayard… Scrive un articolo a settimana per il giornale settimanale Le Matin. E nel frattempo sta tentando di portare a termine il romanzo “L’ancora”, pubblicando a puntate i primi capitoli sul settimanale “La vie parisienne”… La madre Sido nel frattempo subisce due mastectomie e vorrebbe per una volta avere la figlia Colette vicina. Addirittura Achille, l’adorato fratello medico, la prega almeno di scrivere più spesso alla madre, che…
Beh, siamo alla fine della pagina 69 e direi che c’è già parecchia carne al fuoco.

Ah questi francesi, disprezzati ma in segreto invidiati da noi italiani. Si parla di cibo, in special modo di formaggi, di vini e perché no, di moda e del secolo passato. Di edonismo. E Colette fece sicuramente sua la massima: che se ne parli bene o anche male, purchè se ne parli.
E’ un’autrice che desidero leggere da molto tempo, e con lei anche Anais Nin.
Ma le avete lette le loro biografie? I vari riconoscimenti? Le persone altrettanto famose che le attorniavano? Sono delle scrittrici e dei personaggi talmente ricchi e “vasti”, che per avvicinarsi anche solo alla loro biografia servirebbe isolarsi dal mondo per almeno un mese, e quindi si rimanda sempre. Perché interessarsi di queste autrici significa anche leggere di Parigi e della Francia e del contesto storico nel quale sono vissute.
L’inizio di questo romanzo parte già strabiliando: l’incontro avviene presumibilmente nel salotto di una Colette oramai in là con gli anni, alla quale per fortuna piace ancora scrivere, rigorosamente a mano e su fogli di carta azzurri. Di fatto, tiene ancora fede al proposito formulato parecchi anni prima, secondo il quale “bisogna, con le parole di tutti, scrivere come nessuno”. Frase che trovo di un ingegno devastante. E non fine a sé stesso.
Di fronte a lei una giovanissima Audrey Hepburn, che non ha ancora capito perché Madame l’abbia invitata a casa sua. Se vi dicessi “Gigi”…?
Stupendo incipit. Ma non vorrete davvero che Vi racconti tutto? 

Piacevolissima biografia romanzata, nella quale la Sipos mette in bocca le parole a Colette figlia, che avrebbe molto da rimproverare ad una madre che per emergere ed essere indipendente, pur essendo donna e nel suo periodo storico, non ha assolto ai suoi doveri/piaceri di genitrice.
Ha pagato e non è nemmeno rimasta a guardare.
Da quanto letto, ha vissuto sicuramente una vita piena – anche di dolori, oltre che di mariti libertini (usiamo questo termine all’acqua di rose), di idee fulminanti che hanno destato molto scalpore ai suoi tempi, ed intessendo relazioni sociali e sentimentali con molti nomi famosi del Novecento del secolo scorso, nomi appartenenti sia al sesso maschile che femminile. Oltre ad essere stata apprezzata come scrittrice.

Come riassumere un tale condensato di vita rutilante, pur in un secolo dove ci sono state due guerre che hanno coinvolto il mondo intero? E’ davvero pazzesco, quando ogni tanto si leggono le vite di alcune persone, venir messi a conoscenza di miserie nerissime ed allo stesso tempo splendori inimmaginabili, con relazioni sentimentali che farebbero gridare allo scandalo pur nel nostro periodo storico. Divertente, sotto una certa luce. E ancora una volta ci si chiede: al di là dei meriti letterari, ma proprio umanamente: avrebbe avuto l’impatto che di fatto ha determinato, se fosse stata un uomo invece che essere una donna?

Ci sono una ventina di capitoli che scorrono via velocissimi e che personalmente qualche volta mi hanno fatto sgranare gli occhi per le vicissitudini personali e sì, lo ripeto: per lo splendore e le cadute umane di questa donna egoista, forte e al contempo necessariamente figlia del suo tempo, che ha osato danzare nuda al music-hall e che non si è accontentata di fare “semplicemente” la scrittrice.
A tal proposito voglia andare a curiosare in merito alle prime pubblicità delle Lucky Strike e della Ford.

E mi sovviene un discorso fatto da Michela Murgia parlando a proposito del suo libro “Morgana”: di quelle donne che per un motivo o per l’altro, in un campo o nell’altro, oltre che nella loro propria vita spericolata, hanno aperto la strada poi alle consorelle, di solito senza intenzione, ma semplicemente lottando per sé stesse.

Come in tutte le biografie romanzate, c’è sempre il dubbio che qualche notizia riportata sia in realtà una finzione per rendere più godibile la storia stessa. Sto leggendo a latere la Colette reale, se così si può dire, per fugare qualsivoglia dubbio, anche perché il romanzo mi è piaciuto molto per come ha fatto raccontare a Colette figlia la Colette madre, il loro mancato rapporto negli anni cruciali della figlia e la difficoltà di non avere un rapporto solamente basato sul rimpianto, l’acrimonia e l’odio. Sarà stato così anche nella realtà?
Non lo sapremo mai, così come ci rimarrà sempre il tarlo del dubbio sul perché la figlia abbia voluto farsi seppellire accanto alla famosa madre.

Ma preparatevi, perché non è detto che non Vi sorprenda con uno dei romanzi di Colette/Claudine, che per sentito dire, sono alquanto stuzzicanti. Oppure, se non ricordo male, potrei riprendere in mano “La scrittrice abita qui” di Sandra Petrignani, letto in una calda estate al pari di questa ma parecchi anni fa - che tra le sei autrici donne più importanti del XX secolo, annovera anche la francese Colette, parlandoci poi nello specifico dei suoi “nidi”.

Come potete vedere, sono entrata in modalità estiva. Insofferente alle pedisseque e piatte descrizioni delle sinossi, mi rimangio quanto detto sul blog di Daniela non più tardi di un mese fa e deraglio lietamente da una recensione che faccia punto su punto il verso all’autrice di turno.

Ma il punto è, in questa estate bollente: leggiamo, siamo curiosi, facciamo scandalo nel parlare dei libri che ci piacciono. Coraggio!, chè questa è la stagione giusta, mentre si naviga nelle “acque tempestose dell’avventurosa – nostra – vita”.

A presto




 

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