venerdì 10 febbraio 2017

Letture con Marina #7

Buon venerdì lettori. Oggi torna Marina con le sue letture. Lascio quindi a lei la parola e vi auguro un buon weekend!

 
Tra motti, miti classici, rapporti padri-figli, nobiltà belga con le sue ferree e risibili regole e tipici problemi adolescenziali, oggi facciamo conoscenza con un Personaggio a dir poco particolare e dalla vita che potrebbe alimentare le pagine di molti romanzi: Amélie Nothomb.

Autore: Amélie Nothomb
Traduzione:  Monica Capuani
Titolo: IL DELITTO DEL CONTE NEVILLE / Le Crime du comte Neville
Casa editrice: Voland srl
Pagine: 93
Anno Pubblicazione: Febbraio 2016

Sinossi:  Il conte Neville, aristocratico belga decaduto, è costretto a vendere il suo magnifico castello nelle Ardenne. Prima di uscire di scena, per celebrare l'onore della famiglia, decide di organizzare una lussuosissima festa di addio. Ma nei giorni che precedono l'evento Sérieuse, la sua figlia più giovane, fugge di casa e si nasconde nella foresta. A trovarla è una misteriosa chiaroveggente e sarà costei, dopo aver avvertito il conte del ritrovamento della ragazza, a fargli una spaventosa profezia: "Durante il ricevimento, lei ucciderà un invitato." Il conte Neville, ossessionato da queste parole, dovrà trovare un modo per sfuggire al suo tragico destino. Riprendendo Oscar Wilde e la tragedia greca Amélie Nothomb gioca con la letteratura e con l'intelligenza dei lettori, fornendo come al solito una sua personale versione dei miti.

RECENSIONE:

Di quest’autrice – e soprattutto dei suoi romanzi, su Il Giornale.it (Massimiliano Parente 22.02.2013), ho letto una definizione assolutamente centrata, preceduta dal titolo: L’incredibile Amélie Nothomb che sforna capolavori bonsai: “non sono letterariamente indispensabili, ma se inizi uno dei suoi romanzi, lo finisci senza neppure accorgertene: strepitosa nei dialoghi, ha eliminato il resto, lasciando – appunto - solo i dialoghi, densi di aforismi degni di Oscar Wilde, mentre le descrizioni sono ridotte al minimo. I libri di Amélie sono così minimalisti da non poter essere recensiti, sono come farfalle di cui ti rimane la polverina sui polpastrelli e poi non volano più, si possono solo leggere…”

E noi, dopo un sì leggiadro ed invitante incipit, non possiamo che seguire il consiglio e leggiamo un secondo romanzo di questa particolare autrice, dopo esserci già imbattuti qualche anno fa nel suo romanzo: Stupore e Tremori, che mi aveva lasciata un po’ stranita.  

La trama de Il Delitto del Conte Neville è presto detta in pochissime parole: la terza e più piccola figlia del Conte viene trovata nel bosco di notte da una sensitiva, che la porta a casa sua e la mattina successiva avvisa il padre della ragazza, il Conte. Al quale, durante l’incontro a casa sua, predice che durante la Cena Danzante che sta organizzando al suo Castello, ucciderà uno degli invitati. Nei giorni che precedono quest’ultimo ricevimento, il Conte Neville si scervellerà per capire e poi scegliere chi dovrà uccidere con il fucile durante il suo Garden Party, dato che al proprio destino non si può sfuggire. Ed a questo punto torna in scena l’adolescente figlia Sérieuse, mancata Ifigenia, che gli offre la soluzione su un piatto d’argento. E da qui fino alla conclusione di questo romanzo bonsai, il lettore viene concupito e trascinato dall’autrice sulle orme dei miti classici derivanti dal nome dei figli, dagli aforismi di Oscar Wilde e dai temi che via via leggendo si possono “estrarre” da questo romanzo, facendone soggetti per altrettante interessanti discussioni. E noi lettori, ripeto, come possiamo scriverne? E’ corretto cercare di trovare a tutti i costi similitudini o raffronti con massime, miti classici od altri argomenti? E’ corretto leggere in questa descrizione di un mondo ancienne elitaire – il mondo frequentato dalla famiglia di appartenza dell’autrice? E questo è d’aiuto nella comprensione del testo e nell’analisi dei raffronti? Oppure, complici i suoi cappelli strampalati ed il personaggio che lei stessa ha creato, pensiamo di imbatterci in un Personaggio, appunto – e non in un’autrice? Ma poi… perché non leggere semplicemente, senza dover per forza trovare qualcosa da dire, che non sia il puro piacere della lettura fine a se stessa?

Un po’ tragedia, un po’ giallo, un po’ farsa, Il delitto del conte Neville, ventiquattresimo romanzo di Amélie Nothomb, descrive con spietata ironia il piccolo mondo della nobiltà belga, aggrappata a tradizioni senza tempo, isolata e avulsa da un paese altrimenti all’avanguardia. Il racconto è un omaggio a Oscar Wilde e al suo Il delitto di Lord Arthur Savile.

L’AUTRICE:
Figlia di un ambasciatore belga membro di una delle famiglie brussellesi più in vista ha trascorso la sua infanzia in Giappone, per poi trasferirsi in Cina per ragioni diplomatiche. In Giappone, mentre i suoi fratelli frequentavano la scuola statunitense, lei frequentò la scuola nipponica locale in quanto perfettamente bilingue franco-giapponese. In Cina frequentò la piccola scuola francese locale. Furono anni felici ma comunque difficili, di riflesso alla complicata situazione politica data dal regime comunista. Così Pechino venne vissuta solo nel ghetto degli stranieri di San Li Tun. La tappa successiva furono gli Stati Uniti, più precisamente New York, dove Amélie frequentò il liceo francese e si appassionò alla danza classica che praticò per breve tempo. L'abbandono di New York coincise con la fine della sua infanzia e l'inizio del duro periodo adolescenziale.
Si trasferisce infatti in Bangladesh, nel paese più povero del mondo: qui conobbe l'anoressia («tra i 15 ed i 17 anni smisi di mangiare, il corpo sparisce poco a poco, assieme all'anima») che la marcò profondamente influenzando la sua produzione letteraria. (Biografia della fame). Il Bangladesh la costrinse a smettere la scuola che frequentò per corrispondenza e iniziò a cibarsi esclusivamente di libri. Qui si palesò il forte attaccamento per la sorella maggiore Juliette, «unica compagna della mia adolescenza» ("vivevamo in simbiosi...").

Giunse per la prima volta in Europa a 17 anni e si stabilì a Bruxelles con la famiglia. Nella capitale belga diceva di sentirsi «tanto straniata quanto straniera»; ivi si laureò in filologia classica alla Libera Università di Bruxelles, dove però non riuscì ad integrarsi. Laureatasi, decise di ritornare a Tokyo per approfondire la conoscenza della lingua giapponese studiando la «langue tokyoïte des affaires»: assunta come traduttrice in una enorme azienda giapponese, visse un'esperienza durissima (da traduttrice fu declassata a guardiana dei “cessi”), che raccontò in seguito nel libro Stupore e tremori, che riceverà il Grand Prix du Roman dell'Académie française.

Nel 1992 tornò in Belgio e pubblicò Hygiène de l'assassin (Igiene dell'assassino), origine del suo enorme successo letterario. Stabilitasi poi tra Parigi e Bruxelles, dedica 4 ore al giorno alla scrittura e pubblica, per scelta personale, un libro all'anno, alla fine di agosto. I suoi libri vengono tradotti e pubblicati dalle Edizioni Voland di Roma.

I suoi racconti sono prevalentemente autobiografici e la sua fonte di ispirazione è il suo percorso di vita. I suoi romanzi hanno venduto oltre 18 milioni di copie nel mondo.

Per chi desiderasse approfondire i miti di Elettra, Oreste ed Ifigenia

ANTEFATTO
Anni prima, all'inizio della spedizione per la Guerra di Troia, il condottiero dei greci Agamennone sacrificò ad Artemide sua figlia Ifigenia per permettere alla flotta di salpare. Infatti per un'azione sacrilega del re, la dea stava trattenendo in porto la flotta con venti contrari. Sua moglie Clitennestra non dimenticò mai il gesto e, divenuta nel frattempo l'amante di Egisto uccise il marito al ritorno dalla Guerra. 
 
TRAMA
Nel prologo si narra che Egisto, che era l'amante di Clitennestra, diede in sposa Elettra a un semplice contadino per evitare che vi fossero eventuali discendenti che potessero vendicare la morte di Agamennone. Tuttavia il contadino è un uomo nobile, se non di nascita almeno di spirito, e ha lasciato Elettra vergine per due motivi: innanzitutto perché la rispetta come donna di condizione superiore alla sua e in secondo luogo perché Egisto non aveva alcun diritto di darla in moglie. Alla morte del padre infatti, questo diritto spettava solo al fratello, quindi a Oreste.
Oreste nel frattempo torna in patria con Pilade, suo fedele amico, fingendosi un suo messo e dopo un lungo dialogo con Elettra viene riconosciuto dal vecchio pedagogo di suo padre, che l'aveva portato via dalla casa quando Egisto intendeva ucciderlo, perché pericoloso in quanto avrebbe potuto reclamare il trono per sé. Molto bella e importante la scena del riconoscimento.
Egisto tenta di uccidere Oreste, che viene salvato da un vecchio servo. Elettra riconosce il fratello ed assieme vendicano la morte del padre, uccidendo Egisto e Clitennestra. Il piano dell'uccisione è bipartito, Oreste, che odia principalmente Egisto, deve occuparsi di lui, mentre, grande novità, è Elettra stessa a occuparsi della madre. I due omicidi avvengono tramite l'inganno, in modo vergognoso. Egisto viene ucciso mentre si trova fuori dalla reggia per compiere con alcuni servi un sacrificio alle Ninfe: su consiglio del pedagogo, Oreste e Pilade si fingono Tessali, celeberrimi per la loro bravura nello squartare bestie da sacrificare, e Oreste, dopo che Egisto li ha invitati a partecipare al sacrificio e al banchetto, lo uccide a tradimento, alle spalle, non come in Eschilo, dove lo guardava direttamente negli occhi. Più subdolo il piano di Elettra, che invia il pedagogo da Clitennestra perché le dica che sua figlia ha appena partorito. La madre accorre, per aiutare Elettra con il bambino, ed è a questo punto che avviene l'omicidio. Entrambi gli omicidi sono molto crudeli, Egisto viene ucciso nel momento in cui dimostra la massima ospitalità nei confronti degli stranieri, diventando di fatto la vera vittima del suo stesso sacrificio, mentre Clitennestra viene uccisa in un momento in cui non mostra nemmeno un briciolo della crudeltà che Elettra le attribuisce normalmente, è solo una madre che va in aiuto della figlia che ha appena partorito. Oreste porta poi a Elettra il cadavere di Egisto, dicendole di farne ciò che vuole, dal momento che non è più sua schiava ma i ruoli si sono invertiti. I Dioscuri, Castore e Polluce, appaiono dopo l'assassinio di Clitennestra e profetizzano ai due fratelli le future disgrazie conseguenti a ciò che hanno fatto, ma alla fine Oreste verrà assolto dai suoi delitti ad Atene e Pilade sposerà Elettra. La tragedia termina con Oreste che fugge inseguito dalle Erinni.

7 commenti:

  1. Hai ragione Marina, la Nothomb è proprio un personaggio particolare, e leggere le sue opere fa sempre riflettere. Ricordo che avevo amato molto Mercurio, per esempio, e anche questo ultimo lavoro mi attrae parecchio. Ottima analisi la tua, come sempre.

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  2. Ciao Nadia, effettivamente quest'autrice è anche un Personaggio, con una vita che riempirebbe le pagine di diversi romanzi.
    Io ora sono incuriosità dal Lord Arthur Savile di Wild, che cercherò di leggere.
    E anche da Igiene dell'Assassino, che ha dato il là alla fama della Nothomb.
    E andrò a vedere Mercurio... mi hai incuriosita!
    Ti saluto e ti auguro un buon fine settimana, Marina

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  3. Non ho ancora letto nulla della Nothomb, mi incuriosice, ma mi "spaventa" anche un po', non so nemmeno io come mai!! ;)

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  4. Ciao Mati!
    Forse perchè l'autrice è anche e soprattutto un Personaggio un po' fuori dalle righe...? Non so se vale anche per te, ma a me personalmente spaventano questo tipo di autori.
    Non so mai se ciò che un simile autore produce è valido in sè, o per il personaggio che "pompa" dietro...
    Ciao e a presto, Marina

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    1. si hai ragione, e poi ne senti parlare cosi' tanto che hai troppe aspettative!!

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  5. Questa autrice incuriosisce parecchio anche me ma fino ad ora non ho letto nulla di suo. Mea culpa!!

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  6. Ciao Stefania,
    dovremmo avere le classiche 48h in una giornata e ancora non ne verremmo fuori! ;-)
    Ma anch'io, con molta calma, vorrei "tentare" un ulteriore suo romanzo.
    Buona giornata, Marina

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