Buongiorno lettori, siamo di nuovo a venerdì. La metà di ottobre è passata, non so a voi ma a me questo mese sta volando come il vento! Oggi, come di consueto vi lascio con la rubrica Letture con Marina che ci lascia il resoconto dell'incontro con Petunia Ollister cui Marina ha assistito in occasione di PordenoneLegge.
Splendide fotografie per catturare l’attenzione, ottimi libri, buon cibo: da un’idea estemporanea e casuale Petunia Ollister ha costruito la sua vita professionale, proprio nel momento in cui restava senza lavoro. Sfruttando i social per quello che sono: dei potenti mezzi per raggiungere istantaneamente centinaia di persone e veicolare messaggi culturali. E tradizioni culinarie.
Nel nutrito programma di incontri del Festival Letterario di PordenoneLegge, leggo dalla guida che domenica 23 Settembre a mezzogiorno, nella suggestiva location del Convento di San Francesco, c’è una Colazione d’autore in compagnia di Petunia Ollister e con la presenza di Alessandro Marzo Magno (giornalista, storico e scrittore), che gentilmente ce la presenta. Voi avreste resistito alla tentazione di andare a curiosare…?
Alessandro Marzo Magno: Vi presento l’autrice di Colazione d’Autore, Petunia Ollister – e posso anche dire che ci conosciamo da parecchi anni oramai. E cominciamo quindi proprio dal nome Petunia, perché tu in realtà ti chiami Stefania Soma …
Petunia: Sì, nasce tutto per caso, perché io all’epoca facevo la conservatrice e lavoravo per l’editoria… cinque anni di conservatrice editoriale per le biblioteche. Purtroppo però ad un certo punto il gruppo editoriale per il quale lavoravo è stato venduto ad un altro gruppo editoriale ancora più grosso e quest’ultimo ha deciso di dismettere questo tipo di attività. A questo punto mi sono ritrovata con un sacco di tempo libero e un mestiere in meno perché dal quel momento – il 2015 – non ho più potuto svolgere la mia attività. Tutto questo si è tradotto in risvegli mattutini molto più lenti, non c’era più il caffè bevuto in fretta al pianale della cucina. Mi sono ritrovata a fare nuovamente colazione molto lentamente, come eravamo abituati a fare in famiglia. Io tra l’altro dormo molto poco – quando riesco a fare 6 ore di sonno per notte sono molto contenta. Diciamo che non mi sveglio proprio bene e quindi prima di rivolgere parola a qualcuno la mattina devo aver bevuto almeno 2 caffè… Dicevamo: finisco questo lungo ciclo di lavoro e all’improvviso mi ritrovo con tanto tempo libero. Era il gennaio 2015, facevo colazione e avevo fra le mani un libro di una designer americana, una raccolta che ora va di moda, ma che in Italia tre anni fa non era ancora a la page… Avete presente le persone che scrivono con quelle calligrafie carine che si usano ora, con svolazzi, nastri… Questa designer aveva iniziato anni fa in America e raccontava le piccole bugie che si raccontano nella vita quotidiana. Ossia: tre ora di sonno sono abbastanza?, non ho niente da mettermi, lunedì inizierò la dieta, etc…
Ed era di un colore azzurro oltremare ed io avevo casualmente in mano una tazza dello stesso colore. E mi sono detta: toh, che cosa carina! Avevo già un profilo Instagram dal 2011 e mi ero iscritta a molti social per i motivi detti prima. E quindi mi ritrovo con questa tazza, questa copertina di libro, in quella mattina in cui stavo facendo colazione con una bella fetta di pane lievitato con lievito madre… molto carino, molto “instagrammabile”, mi ricordo di aver pensato. Eh sì, però come si fotografa una colazione, un libro. In quel momento sono salita sulla mia scaletta (sono bassa ed è quella che uso per arrivare ai pensili più alti) e l’ho fotografato dall’alto. Foto quadrata, dall’alto, con la tazza della colazione, con qualcosa da mangiare, con un libro e il format del book-breakfast, come vengono chiamati ora, è rimasto quello, sin dal gennaio del 2015 io fotografo libri in pianta (quindi perfettamente perpendicolari sotto la visione della lente) e sul tavolo della colazione. A volte capita anche di fare degli aperitivi, altre volte anche dei pranzi. Io amo moltissimo mangiare per cui per me raccontare questa cosa dei libri sul tavolo della colazione all’inizio era molto divertente. E poi tutti mi dicevano che l’idea e le foto erano molto belle e di continuare. Con il passare del tempo poi mi sono resa conto che ha anche altre valenze. Perché quando le persone hanno iniziato a seguirmi e a scrivermi in numero sempre maggiore, dicendomi: ah che bello sono tornata in libreria dopo anni grazie ai tuoi consigli di lettura… ah che bello dopo anni ho ripreso in mano questo autore, etc…, mi si sono accesi in mente una serie di campanelli… Il fatto che ci siano dei contenuti che nascono sui social ma che parlano di altri mondi ed altre cose, ad esempio nel ns caso di libri, mi fa considerare che diventa un’altra cosa rispetto al puro social. Leggere è un’attività faticosa, che prende molto tempo, molta concentrazione. Sui social invece il tempo medio di permanenza su un contenuto scritto è di 9 secondi. Quindi cosa succede? Con la pubblicazione delle foto in Instagram (che poi vengono pubblicate anche su FB e Twitter) in quei 9 secondi di attenzione si attrae il lettore del tuo post. Che poi veicoli sul contenuto della tua immagine, che è concepita in modo bello per essere attraente. Il lettore poi leggerà la citazione che io metto nel testo del post. Poi sempre il lettore si rende conto che il libro ha un autore, un editore, è distribuito nelle librerie, che può darsi che gli interessi, va a leggersi la sinossi, lo annota o fa lo screenshot dei miei post così quando va in libreria ha una sorta di lista della spesa. Oppure qualcuno ritaglia da Robinson di Repubblica la parte che gli interessa e va dal libraio con il ritaglio di giornale. A questo punto, che sia con modalità super – tecnologica o con il ritaglio di giornale, mi sono resa conto che è un modo di parlare di lettura in modo contemporaneo e in modo anche efficace. Alla fine è un format di lettura: se magna, se beve, ci si diverte, facciamo anche tante altre cose però la filosofia del book-breakfast è questa.
Alessandro Marzo Magno: … e pensate che è un’archivista e vedete quanto può essere piacevole la storia. E quanto un’archivista può essere al passo coi tempi e con i nuovi mezzi di comunicazione. Ma tu fai foto tutti i giorni?
Petunia: stamane qui a Pordenone ho fatto colazione con un bel tramezzino, di cui sono una grande fan. Ma anche uova, prosciutto, pancetta, pizza…
Alessandro Marzo Magno: però nel libro prevale il dolce…?
Petunia: sì perché il libro ha una storia un po’ diversa dalle mie colazioni – quelle che vedete su Instagram sono veramente colazioni che io faccio. E che programmo, tanto che io parlo sempre di cibo, anche mentre sto mangiando… Mentre invece quando l’editore mi ha contattata, al Salone del Libro di Torino del 2016, mi ha detto: vorremmo fare un libro con le tue colazioni, che vorremmo fossero proprio citate nel libro stesso come ricette. Quindi ci siamo messi a fare una lunga ricerca che da una bibliografia di 300 titoli abbiamo poi necessariamente ristretto a 70. Ed è lì che è nata l’idea di accompagnare l’immagine con la citazione di un libro, ma anche con una ricetta – dalla più classica a diversi generi, perché ci interessava continuare a dialogare con tutti. Slow Food Editore del resto di cibo si occupa ed io ho accettato questa sfida.
Alessandro Marzo Magno: Le ricette sono state tutte fatte e provate da te?
Petunia: sì, tutte, ma con un trucco qualche volta. Le ricette dovevano anche essere fotografabili, chiaramente, e qualche volta c’erano le mie telefonate in lacrime, in cui spiegavo che la ricetta era venuta buonissima ma che era bruttissima a vedersi… Al che nel libro trovate anche i ringraziamenti a professionisti che hanno realizzato nuovamente le mie ricette, per renderle esteticamente godibili anche per i lettori. Sono stati 4 mesi furenti.
Petunia: buongiorno a tutti e grazie per essere qui stamane con me – Grazie anche all’organizzazione di Pordenone Legge che mi ha invitata. Per me è una cosa meravigliosa vedere così tanti incontri, così tanta partecipazione, un’organizzazione così curata e una gentilezza nelle persone che ci assistono … Dopo questa doverosa precisazione, vediamo ora Petunia chi è. E’ una storia complicata o forse molto semplice, in realtà. Io quando arrivano i social network in Italia, quando arriva Facebook per intenderci, non voglio usare il mio nome. Ai tempi facevo la conservatrice ai Beni Culturali, che è quello che reputo sia ancora il mio mestiere (l’ho fatto per 15 anni). Purtroppo non lo sto facendo in questo momento perché, come potrete immaginare, i privati e parzialmente anche il pubblico non investono più di tanto su questo fronte, abbastanza oneroso in termini di fondi, tempi e anche scarsa resa, dicono. Mi sono occupata per tanti anni di conservazione dei beni fotografici e poi mi sono dedicata ai libri. Quindi ho iniziato da qualcosa che era completamente diverso rispetto alle foto su Instgram. Anzi, i social erano un problema per me. Perché facendo un lavoro scientifico (catalogazione, conservazione, convegni ad esempio sul pesciolino d’argento nella degenerazione della carta sul volume del Settecento, etc…), il mio nome mi sembrava inadatto a stare sui social, che consideravo una sorta di giochino per ragazzi. Però poi è sorto un problema. Avevo parecchi amici che erano andati all’estero tanti anni fa e che si tenevano in contatto sui social. Alcuni postavano le foto delle vacanze, come detto si tenevano in contatto gli uni con gli altri, tutti molto aggiornati sugli spostamenti ed i rientri dei vari amici in Italia. Ed io mi sentivo parecchio tagliata fuori per la scelta di non essere su uno dei social.
Provate ad immaginare che comunque un conservatore normalmente lavora da solo, in quegli ambienti meravigliosi che sono gli archivi, di solito confinati al piano “-2”, sotto metri di cemento, senza luce naturale… devo confessare che mi sentivo un po’ sola… Quindi ero alla costante ricerca di notizie dagli amici: cosa ha fatto questo, cosa ha fatto quello…? E gli amici ad un certo punto: senti fatti un account facebook e guarda tu cosa fanno gli amici del gruppo… Io inizialmente ero riluttante e poi mi sono detta… e va beh, potrei starci con uno pseudonimo e sempre questo mio amico trova questo “Petunia”: lo inventa lui. Come inventa pure il cognome Ollister, necessario per completare l’iscrizione. L’origine di Ollister deriva dal fatto che io ho sempre portato questi occhialoni stile Jackie Onassis, quindi secondo il mio amico doveva essere un cognome che iniziava con la “O”, per poter fare Petunia O. E Petunia quindi nasce così. Solo che io ora mi ritrovo con il grandissimo problema di questo nome de plume che mi perseguita su questo palco, sulla copertina del libro, sulla pagine di Robinson di Repubblica, sulle pagine torinesi de La Stampa. Quindi ho dovuto anche imparare a conviverci. Non sempre è facile perché quando sei in ambienti più giocosi e mi chiamano così… oramai è la mia cifra stilistica questo nome e va bene così, ma quando sei in situazioni un po’ più formali, un po’ ufficiali, Vi assicuro che è leggermente imbarazzante portarsi dietro un tale pseudonimo, che comunque è buffo…. Ricorda un po’ Bridget Jones. Poi sovente mi viene chiesto se Petunia è il nome della zia di Harry Potter – e Ve lo dico subito, no, è un caso, non è la zia di H. Potter (sorriso). Tra l’altro Petunia è la parte più dinamica di me, io sono appunto la conservatrice, l’archivista, la metodica, la precisa mentre lei è la parte spumeggiante, quella che va in giro a parlare con il pubblico. Io tra l’altro sostengo che prima o poi mi abbandonerà in autostrada… A un certo punto ho addirittura pensato di ucciderla. Ma mi hanno dissuasa…
Alessandro Marzo Magno: Quindi il tuo libro è figlio dei social, assolutamente in tema in questo periodo. Ma il tuo libro nasce anche un po’ per caso. Raccontaci quando hai iniziato a fotografare le tue prime colazioni e a metterle su Instagram… anche se poi io le vedevo in Facebook… . Provate ad immaginare che comunque un conservatore normalmente lavora da solo, in quegli ambienti meravigliosi che sono gli archivi, di solito confinati al piano “-2”, sotto metri di cemento, senza luce naturale… devo confessare che mi sentivo un po’ sola… Quindi ero alla costante ricerca di notizie dagli amici: cosa ha fatto questo, cosa ha fatto quello…? E gli amici ad un certo punto: senti fatti un account facebook e guarda tu cosa fanno gli amici del gruppo… Io inizialmente ero riluttante e poi mi sono detta… e va beh, potrei starci con uno pseudonimo e sempre questo mio amico trova questo “Petunia”: lo inventa lui. Come inventa pure il cognome Ollister, necessario per completare l’iscrizione. L’origine di Ollister deriva dal fatto che io ho sempre portato questi occhialoni stile Jackie Onassis, quindi secondo il mio amico doveva essere un cognome che iniziava con la “O”, per poter fare Petunia O. E Petunia quindi nasce così. Solo che io ora mi ritrovo con il grandissimo problema di questo nome de plume che mi perseguita su questo palco, sulla copertina del libro, sulla pagine di Robinson di Repubblica, sulle pagine torinesi de La Stampa. Quindi ho dovuto anche imparare a conviverci. Non sempre è facile perché quando sei in ambienti più giocosi e mi chiamano così… oramai è la mia cifra stilistica questo nome e va bene così, ma quando sei in situazioni un po’ più formali, un po’ ufficiali, Vi assicuro che è leggermente imbarazzante portarsi dietro un tale pseudonimo, che comunque è buffo…. Ricorda un po’ Bridget Jones. Poi sovente mi viene chiesto se Petunia è il nome della zia di Harry Potter – e Ve lo dico subito, no, è un caso, non è la zia di H. Potter (sorriso). Tra l’altro Petunia è la parte più dinamica di me, io sono appunto la conservatrice, l’archivista, la metodica, la precisa mentre lei è la parte spumeggiante, quella che va in giro a parlare con il pubblico. Io tra l’altro sostengo che prima o poi mi abbandonerà in autostrada… A un certo punto ho addirittura pensato di ucciderla. Ma mi hanno dissuasa…
Petunia: Sì, nasce tutto per caso, perché io all’epoca facevo la conservatrice e lavoravo per l’editoria… cinque anni di conservatrice editoriale per le biblioteche. Purtroppo però ad un certo punto il gruppo editoriale per il quale lavoravo è stato venduto ad un altro gruppo editoriale ancora più grosso e quest’ultimo ha deciso di dismettere questo tipo di attività. A questo punto mi sono ritrovata con un sacco di tempo libero e un mestiere in meno perché dal quel momento – il 2015 – non ho più potuto svolgere la mia attività. Tutto questo si è tradotto in risvegli mattutini molto più lenti, non c’era più il caffè bevuto in fretta al pianale della cucina. Mi sono ritrovata a fare nuovamente colazione molto lentamente, come eravamo abituati a fare in famiglia. Io tra l’altro dormo molto poco – quando riesco a fare 6 ore di sonno per notte sono molto contenta. Diciamo che non mi sveglio proprio bene e quindi prima di rivolgere parola a qualcuno la mattina devo aver bevuto almeno 2 caffè… Dicevamo: finisco questo lungo ciclo di lavoro e all’improvviso mi ritrovo con tanto tempo libero. Era il gennaio 2015, facevo colazione e avevo fra le mani un libro di una designer americana, una raccolta che ora va di moda, ma che in Italia tre anni fa non era ancora a la page… Avete presente le persone che scrivono con quelle calligrafie carine che si usano ora, con svolazzi, nastri… Questa designer aveva iniziato anni fa in America e raccontava le piccole bugie che si raccontano nella vita quotidiana. Ossia: tre ora di sonno sono abbastanza?, non ho niente da mettermi, lunedì inizierò la dieta, etc…
Ed era di un colore azzurro oltremare ed io avevo casualmente in mano una tazza dello stesso colore. E mi sono detta: toh, che cosa carina! Avevo già un profilo Instagram dal 2011 e mi ero iscritta a molti social per i motivi detti prima. E quindi mi ritrovo con questa tazza, questa copertina di libro, in quella mattina in cui stavo facendo colazione con una bella fetta di pane lievitato con lievito madre… molto carino, molto “instagrammabile”, mi ricordo di aver pensato. Eh sì, però come si fotografa una colazione, un libro. In quel momento sono salita sulla mia scaletta (sono bassa ed è quella che uso per arrivare ai pensili più alti) e l’ho fotografato dall’alto. Foto quadrata, dall’alto, con la tazza della colazione, con qualcosa da mangiare, con un libro e il format del book-breakfast, come vengono chiamati ora, è rimasto quello, sin dal gennaio del 2015 io fotografo libri in pianta (quindi perfettamente perpendicolari sotto la visione della lente) e sul tavolo della colazione. A volte capita anche di fare degli aperitivi, altre volte anche dei pranzi. Io amo moltissimo mangiare per cui per me raccontare questa cosa dei libri sul tavolo della colazione all’inizio era molto divertente. E poi tutti mi dicevano che l’idea e le foto erano molto belle e di continuare. Con il passare del tempo poi mi sono resa conto che ha anche altre valenze. Perché quando le persone hanno iniziato a seguirmi e a scrivermi in numero sempre maggiore, dicendomi: ah che bello sono tornata in libreria dopo anni grazie ai tuoi consigli di lettura… ah che bello dopo anni ho ripreso in mano questo autore, etc…, mi si sono accesi in mente una serie di campanelli… Il fatto che ci siano dei contenuti che nascono sui social ma che parlano di altri mondi ed altre cose, ad esempio nel ns caso di libri, mi fa considerare che diventa un’altra cosa rispetto al puro social. Leggere è un’attività faticosa, che prende molto tempo, molta concentrazione. Sui social invece il tempo medio di permanenza su un contenuto scritto è di 9 secondi. Quindi cosa succede? Con la pubblicazione delle foto in Instagram (che poi vengono pubblicate anche su FB e Twitter) in quei 9 secondi di attenzione si attrae il lettore del tuo post. Che poi veicoli sul contenuto della tua immagine, che è concepita in modo bello per essere attraente. Il lettore poi leggerà la citazione che io metto nel testo del post. Poi sempre il lettore si rende conto che il libro ha un autore, un editore, è distribuito nelle librerie, che può darsi che gli interessi, va a leggersi la sinossi, lo annota o fa lo screenshot dei miei post così quando va in libreria ha una sorta di lista della spesa. Oppure qualcuno ritaglia da Robinson di Repubblica la parte che gli interessa e va dal libraio con il ritaglio di giornale. A questo punto, che sia con modalità super – tecnologica o con il ritaglio di giornale, mi sono resa conto che è un modo di parlare di lettura in modo contemporaneo e in modo anche efficace. Alla fine è un format di lettura: se magna, se beve, ci si diverte, facciamo anche tante altre cose però la filosofia del book-breakfast è questa.
Alessandro Marzo Magno: … e pensate che è un’archivista e vedete quanto può essere piacevole la storia. E quanto un’archivista può essere al passo coi tempi e con i nuovi mezzi di comunicazione. Ma tu fai foto tutti i giorni?
Petunia: all’inizio sì, ora no perché ho molto meno tempo per leggere a causa di tutte queste attività di presentazione del libro, di presentazioni dei libri di altri autori in giro per l’Italia. Infatti se avete visto ultimamente mi sto dedicando molto ai libri per bambini, ai graphic novel, agli illustrati… perché ci metto meno tempo a leggerli e perché fanno sempre parte di questo progetto di diffusione della lettura, visto che Instagram è usato dai giovanissimi. Contenuti appetibili per attirare i giovani lettori, per arrivare poi ad altre cose. Quindi ora non pubblico tutti i giorni. Pubblico tutte le domeniche sui social ma anche sulle pagine di Repubblica e poi un altro paio di colazioni alla settimana. In totale dovrei essere arrivata a 800 colazioni, da quando ho iniziato!
Alessandro Marzo Magno: Dolce o salato?Petunia: stamane qui a Pordenone ho fatto colazione con un bel tramezzino, di cui sono una grande fan. Ma anche uova, prosciutto, pancetta, pizza…
Alessandro Marzo Magno: però nel libro prevale il dolce…?
Petunia: sì perché il libro ha una storia un po’ diversa dalle mie colazioni – quelle che vedete su Instagram sono veramente colazioni che io faccio. E che programmo, tanto che io parlo sempre di cibo, anche mentre sto mangiando… Mentre invece quando l’editore mi ha contattata, al Salone del Libro di Torino del 2016, mi ha detto: vorremmo fare un libro con le tue colazioni, che vorremmo fossero proprio citate nel libro stesso come ricette. Quindi ci siamo messi a fare una lunga ricerca che da una bibliografia di 300 titoli abbiamo poi necessariamente ristretto a 70. Ed è lì che è nata l’idea di accompagnare l’immagine con la citazione di un libro, ma anche con una ricetta – dalla più classica a diversi generi, perché ci interessava continuare a dialogare con tutti. Slow Food Editore del resto di cibo si occupa ed io ho accettato questa sfida.
Alessandro Marzo Magno: Le ricette sono state tutte fatte e provate da te?
Petunia: sì, tutte, ma con un trucco qualche volta. Le ricette dovevano anche essere fotografabili, chiaramente, e qualche volta c’erano le mie telefonate in lacrime, in cui spiegavo che la ricetta era venuta buonissima ma che era bruttissima a vedersi… Al che nel libro trovate anche i ringraziamenti a professionisti che hanno realizzato nuovamente le mie ricette, per renderle esteticamente godibili anche per i lettori. Sono stati 4 mesi furenti.
Alessandro Marzo Magno: ringraziamenti anche ai fornitori…
Petunia: Fortunatamente il Mercato di Porta Palazzo a Torino è un bacino: se una cosa esiste, lì la trovi. E’ il mercato scoperto più grande d’Europa. Dovete proprio venire a Torino per vederlo, perché merita in assoluto.
Petunia: Fortunatamente il Mercato di Porta Palazzo a Torino è un bacino: se una cosa esiste, lì la trovi. E’ il mercato scoperto più grande d’Europa. Dovete proprio venire a Torino per vederlo, perché merita in assoluto.
Alessandro Marzo Magno: nel libro quindi prevalgono le colazioni dolci, le colazioni europee, con scarsa considerazione per la Scandinavia e le sue aringhe…
Petunia: in realtà ce n’è una che è retaggio di Manuel Vasquez Montalban in cui c’è l’aringa..
Petunia: in realtà ce n’è una che è retaggio di Manuel Vasquez Montalban in cui c’è l’aringa..
Alessandro Marzo Magno: c’è poi un po’ di Asia ma non moltissima – anche perché poi sono colazioni un po’ inconsuete, salate…
Petunia: riso e uovo crudo a colazione l’abbiamo inserito. Ma poi dato che l’editore è Slow Food, giustamente devono anche essere tutta una serie di colazioni senza ad esempio frutta particolare d’importazione, che magari ci mette una settimana ad arrivare sui banchi dei nostri mercati… Quindi per questo motivo le colazioni “dal mondo” sono un po’ penalizzate.
Petunia: riso e uovo crudo a colazione l’abbiamo inserito. Ma poi dato che l’editore è Slow Food, giustamente devono anche essere tutta una serie di colazioni senza ad esempio frutta particolare d’importazione, che magari ci mette una settimana ad arrivare sui banchi dei nostri mercati… Quindi per questo motivo le colazioni “dal mondo” sono un po’ penalizzate.
Alessandro Marzo Magno: alcune consuetudini alimentari sono relativamente recenti perché ad esempio prima della Prima Guerra Mondiale non c’era la consuetudine a fare la prima colazione con il caffè. Quindi la mattina si facevano colazioni abbondanti, chiamiamole così, e dopo si andava a lavorare. Lavori pesanti, di solito. In fabbrica o nei campi. Ad esempio il caffè lo si è iniziato ad usare nelle trincee per tenere svegli i soldati. Poi quando i soldati sono tornati a casa hanno continuato ad usare il caffè alla mattina perché gli era piaciuto. Ma senti, qual è stato l’accoppiamento libro – colazione che ti ha dato più problemi?
Petunia: sicuramente quello che mi ha creato più problemi è stato il cozonac. Che è un dolce rumeno, che io avevo trovato un libro…
E’ un dolce che ha la consistenza del panettone, a forma rettangolare o a treccia. Tempo di lavorazione lungo. Era fine Luglio. E sono ricorsa al Mercato di Porta Palazzo. Sono andata ad impietosire il signore della gastronomia di Porta Palazzo che mi facesse arrivare dalla Romania il cozonac perché non avevo il tempo di fare tutto il processo di lavorazione. Era anche l’ultima foto per chiudere il libro.
Petunia: sicuramente quello che mi ha creato più problemi è stato il cozonac. Che è un dolce rumeno, che io avevo trovato un libro…
E’ un dolce che ha la consistenza del panettone, a forma rettangolare o a treccia. Tempo di lavorazione lungo. Era fine Luglio. E sono ricorsa al Mercato di Porta Palazzo. Sono andata ad impietosire il signore della gastronomia di Porta Palazzo che mi facesse arrivare dalla Romania il cozonac perché non avevo il tempo di fare tutto il processo di lavorazione. Era anche l’ultima foto per chiudere il libro.
Alessandro Marzo Magno: Ma la tua prima colazione tipo, quando sei a casa e non devi fare le foto: è salata o dolce?
Petunia: la primissima è dolce… io faccio sicuramente due colazioni, talvolta tre e poi arrivo diretta all’ora di cena. Quindi la primissima è dolce: caffè espresso rigorosamente di moca e un paio di biscottini. La seconda è sicuramente salata. Poi per preparare le ricette vado a fare la spesa – spessissimo a Porta Palazzo. E mentre faccio questi miei giri, faccio la seconda colazione al bar, con caffè molto spesso americano. E con tramezzini, micro panini… In Corso Vittorio a Torino c’è un bar che fa una pizza rossa tipica di San Remo con acciughe, capperi, aglio, olive. E questa è la mia seconda colazione verso le 10:30 / 11:00. Può essere anche che poi io abbia degli incontri di lavoro verso le 12:30 e allora faccio un’altra colazione sempre salata, che è di fatto un pasto. E poi naturalmente mangio tutto quello che vedete. Perché quando la mattina faccio delle brioches, delle torte o altro, non le mangio tutte nella stessa mattinata e quindi le dilaziono nelle giornate.
Petunia: la primissima è dolce… io faccio sicuramente due colazioni, talvolta tre e poi arrivo diretta all’ora di cena. Quindi la primissima è dolce: caffè espresso rigorosamente di moca e un paio di biscottini. La seconda è sicuramente salata. Poi per preparare le ricette vado a fare la spesa – spessissimo a Porta Palazzo. E mentre faccio questi miei giri, faccio la seconda colazione al bar, con caffè molto spesso americano. E con tramezzini, micro panini… In Corso Vittorio a Torino c’è un bar che fa una pizza rossa tipica di San Remo con acciughe, capperi, aglio, olive. E questa è la mia seconda colazione verso le 10:30 / 11:00. Può essere anche che poi io abbia degli incontri di lavoro verso le 12:30 e allora faccio un’altra colazione sempre salata, che è di fatto un pasto. E poi naturalmente mangio tutto quello che vedete. Perché quando la mattina faccio delle brioches, delle torte o altro, non le mangio tutte nella stessa mattinata e quindi le dilaziono nelle giornate.
Alessandro Marzo Magno: e tra quelle pubblicate nel libro, a quale sei più affezionata, che sceglieresti?
Petunia: in termini di cibo, sicuramente le Egg Benedict, fotografate con i pomodori verdi fritti, che a me piacciono molto. Con una bella fetta di prosciutto e pane ben croccante. Tra l’altro la mia missione prima di andare via da Pordenone è mangiare il frico, perché ieri sera all’arrivo non ci sono riuscita. A colazione chiaramente no, ma a quest’ora, per pranzo…
Petunia: in termini di cibo, sicuramente le Egg Benedict, fotografate con i pomodori verdi fritti, che a me piacciono molto. Con una bella fetta di prosciutto e pane ben croccante. Tra l’altro la mia missione prima di andare via da Pordenone è mangiare il frico, perché ieri sera all’arrivo non ci sono riuscita. A colazione chiaramente no, ma a quest’ora, per pranzo…
Alessandro Marzo Magno: e invece dal punto di vista letterario?
Petunia: oh questo lo sanno oramai tutti i miei lettori, o chi ha visto qualche intervista… Soprattutto dopo quanto successo la scorsa settimana a Inge Feltrinelli… Sicuramente Il Gattopardo, uno dei miei libri preferiti e che rileggo sempre molto volentieri ogni paio d’anni. Caso letterario, andate a leggere come è diventato un best-seller, come la casa editrice Feltrinelli si sia costruita attorno al caso editoriale di questo libro e del libro del Dottor Zivago.
Un libri meraviglioso. Una lingua e i temi trattati (anche il trasformismo italico sotto il profilo politico) molto attuali. E poi delle contingenze legate a fattori sensoriali. Uno dei più bei passi che io abbia mai letto, legato alla passeggiata del principe di Salina in questo giardino a Palermo, trasfigurato dal calore, che trasforma il profumo dei fiori che diventa più pesante – una descrizione molto voluttuosa, legata anche all’idea di esagerazione della bellezza, degli odori e dei sapori, di questi fiori che diventano altro da loro talmente sono trasfigurati dal caldo del clima siciliano e poi c’è uno dei più bei passaggi legati al cibo che è tutta la descrizione del famoso Timballo. Fondamentale leggerlo.
Petunia: oh questo lo sanno oramai tutti i miei lettori, o chi ha visto qualche intervista… Soprattutto dopo quanto successo la scorsa settimana a Inge Feltrinelli… Sicuramente Il Gattopardo, uno dei miei libri preferiti e che rileggo sempre molto volentieri ogni paio d’anni. Caso letterario, andate a leggere come è diventato un best-seller, come la casa editrice Feltrinelli si sia costruita attorno al caso editoriale di questo libro e del libro del Dottor Zivago.
Un libri meraviglioso. Una lingua e i temi trattati (anche il trasformismo italico sotto il profilo politico) molto attuali. E poi delle contingenze legate a fattori sensoriali. Uno dei più bei passi che io abbia mai letto, legato alla passeggiata del principe di Salina in questo giardino a Palermo, trasfigurato dal calore, che trasforma il profumo dei fiori che diventa più pesante – una descrizione molto voluttuosa, legata anche all’idea di esagerazione della bellezza, degli odori e dei sapori, di questi fiori che diventano altro da loro talmente sono trasfigurati dal caldo del clima siciliano e poi c’è uno dei più bei passaggi legati al cibo che è tutta la descrizione del famoso Timballo. Fondamentale leggerlo.
Alessandro Marzo Magno: un consiglio ai lettori per una colazione fattibile per tutti? Legata naturalmente ad un libro.
Petunia: ma sfogliamo un po’ il libro… I Baci di Dama abbinati ad un romanzo di Fruttero Lucentini… Oppure la Torta di Donna Flores e i suoi 2 mariti… Oppure. Ecco: Plumcake con farina di mais. Abbinato a Il buio oltre la Siepe di Harper Lee. Quella che qui abbiamo chiamato plumcake con farina di mais non è altro che ciò che nel Sud degli Stati Uniti chiamano Corn bread e che si consuma con tutti il pasto. Ti ritrovi ad avere questa sorta di torta dolce e che è spendibile anche come colazione, ma non solo e che è tipica della cultura del Sud degli Stati Uniti. E’ facilissimo da fare, dura più giorni e non perde in fragranza.
Petunia: ma sfogliamo un po’ il libro… I Baci di Dama abbinati ad un romanzo di Fruttero Lucentini… Oppure la Torta di Donna Flores e i suoi 2 mariti… Oppure. Ecco: Plumcake con farina di mais. Abbinato a Il buio oltre la Siepe di Harper Lee. Quella che qui abbiamo chiamato plumcake con farina di mais non è altro che ciò che nel Sud degli Stati Uniti chiamano Corn bread e che si consuma con tutti il pasto. Ti ritrovi ad avere questa sorta di torta dolce e che è spendibile anche come colazione, ma non solo e che è tipica della cultura del Sud degli Stati Uniti. E’ facilissimo da fare, dura più giorni e non perde in fragranza.
Per seguire Petunia su instagram ecco il link: https://www.instagram.com/petuniaollister/
La cosa che mi è piaciuta di più, oltre chiaramente al parlare di cibo e di libri in generale? Oltra alla simpatia pacata di Petunia e alle chicche storiche e di costume del Sig. Magno? L’idea che mai tutto è perduto. Alle volte da idee che potrebbero anche non aver alcun seguito, grazie a tenacia, costanza e passione, può nascere l’idea vincente che fa emergere delle nuove figure professionali e delle nuove attività, che non hanno magari nulla a che fare con la vita lavorativa precedente. E poi voi non c’eravate, ma sentire parlare de Il Gattopardo con cotanto amore e voluttà mi ha incantata. E le foto… Non conoscete Petunia? Oh, ma allora andate a curiosare…
A presto,
Incontro gradevolissimo, peccato solo che non abbiano mostrato nemmeno un'immagine durante la presentazione. Questo è una piccola critica che mi sento di fare.
RispondiEliminaCiao Mari, a presto.
Lea
Ciao Lea.
RispondiEliminaPerfettamente d'accordo.
Una buona settimana a te, Marina