venerdì 24 luglio 2020

Letture con Marina #98 - Recensione di All'una e trenta. Un caso per il detective cieco di Isabel Ostrander

Buongiorno lettori, ci siamo, è di nuovo venerdì quindi torna Marina con una recensione
E dopo l’eccellente simil hard-boiled della scorsa settimana, complice l’estate ma anche Daniela, mi abbandono ad un giallo d’antan, di una casa editrice che fa delle copertine un primo punto di forza e che è stato portato alla mia attenzione dall’Associazione Culturale Thrillernord.

Titolo: All'una e trenta. Un caso per il detective cieco
Autore: Isabel Ostrander
Casa editrice: Eizioni Le Assassine, 2019
Pagine: 266

Trama: Damon Gaunt è un detective cieco chiamato a indagare sulla morte di un ricco uomo d'affari, molto in vista nell'alta società newyorkese. La famiglia della vittima si rivolge a lui, infallibile nonostante la sua menomazione, perché non ha fiducia nella polizia e teme che un'indagine tirata troppo per le lunghe possa infangare il buon nome della famiglia. L'intreccio è costellato di aringhe rosse, un espediente usato nei gialli per depistare il lettore nella ricerca del colpevole. In questo romanzo, che risale a oltre cent'anni fa, la cecità del detective è un elemento centrale che permette di inscenare un paradosso: mostrare tutti i risvolti del fatto delittuoso con gli occhi di chi non può vedere, grazie all'affinamento degli altri sensi - tatto, udito e olfatto - e a una perspicacia fuori dal comune.

 



RECENSIONE:



Tante cose di cui parlare, prima del romanzo stesso. Le Edizioni Assassine – Collana Vintage – che riporta in luce perle su cui si è depositata la polvere dell’oblio, per vari motivi. Ma perle appunto, scelte con cura tra le scrittrici d’altri tempi, le gialliste più valide, per riproporle oggi per una nuova lettura.

Come non pensare ancora, una volta terminato il romanzo, al fatto che lo stesso è stato pubblicato nel 1915 e mantiene intatta tutta l’attualità di un linguaggio fluido, sereno e al contempo appassionante. E ancora, che Damon Gaunt è sicuramente uno fra i primissimi detective nella storia dei romanzi giallo/polizieschi ad essere cieco. Una figura pacata, una persona che riesce laddove la polizia non ottiene risposte, con una marcia in più, proprio perché non potendo vedere sin dalla nascita, ha dovuto affinare gli altri sensi. Un detective molto intelligente, con un altrettanto intuito ben sviluppato ed una conoscenza del genere e della psiche umana in anticipo sui tempi, visto che gli studi di psicanalisi erano ancora in fase embrionale.

Ed è proprio per questo che una mattina del primo autunno del 1915, in una New York che ci racconta ancora di alta finanza, privilegi di casta, famiglie potenti ed aristocratiche, giovani fanciulle, nobildonne, farabutti, deboli debosciati e una varietà di domestici più o meno devoti ai capricci dei propri datori di lavoro, il famoso detective Gaunt viene chiamato dalla famiglia Appleton, o meglio dalla matriarca di questa famiglia, per scoprire l’omicida che ha assassinato nella notte Garret Appleton.

La molesta notorietà, prima ancora che il dolore per la scomparsa violenta del proprio congiunto, è la molla che spinge la Sig.ra Finley Appleton, madre del defunto figlio maggiore Garret e del figlio minore Yates, a chiamare questo detective di fama, per affiancare nelle indagini la polizia che è stata prontamente chiamata non appena la cameriera Katie ha scoperto il cadavere nello studio.

Insieme agli Appleton figurano nel romanzo anche la moglie del defunto, la giovanissima Natalie, incinta e la di lei sorella Barbara, che tempo addietro era andata ad abitare anche lei con loro, per aiutare la sorella. Fanno da corollario anche la Sig.na Doris Carhart, figlia di un giudice amico di famiglia, il fidanzato di Barbara, tale Randolph Force e la servitù di casa Appleton.

L’ispettore Hanrahan, il coroner Hildebrand e l’agente Dooley, vecchie conoscenze del detective, esaminato lo studio, sentenziano subito che si è trattato di un furto . Ma appena viene data la possibilità a Gaunt di poter “vedere” la scena del crimine, da tanti piccoli particolari il detective capisce che il furto è stato solo e malamente inscenato e che quindi l’assassino non è venuto da fuori, ma si trovava e si trova con tutta probabilità all’interno di casa Appleton.

Dire di più sarebbe scorretto, soprattutto perché la Ostrander è maestra nell’ammannire le così dette “aringhe rosse”, cioè informazioni e/o indizi inseriti nella narrazione al solo scopo di distogliere l’attenzione da altro. Dirò di più: la Ostrander, per usare un gioco di parole, gioca a nascondino con i suoi lettori, dando le informazioni per bocca del detective nel momento stesso in cui Gaunt ha l’intuizione, o per tramite di un ragionamento arriva a risolvere un piccolo pezzo del puzzle di questo delitto. Con interessanti momenti di riflessione, in cui il detective ci aiuta a scartare i dettagli ininfluenti e a concentrarci sui fatti o i pettegolezzi che possono risultare di qualche utilità.

Isabel Ostrander non si esime nemmeno dall’inframmezzare i tanti dialoghi tra i vari protagonisti con battute salaci sulla condizione femminile dell’epoca, facendo addirittura uscire le battute ironiche dalla bocca degli uomini.

Pur con tutti i distinguo del caso, leggendo quest’autrice mi sono venuti in mente Henry James ed Edith Wharton, ma su questo, preferisco approfondire personalmente.

Un caso, questo, molto importante nella carriera del detective Damon Gaunt, perché sarà una sorta di spartiacque che coinvolgerà anche la sua vita privata, oltre che quella professionale. E mi sia permesso dirlo: questo non poteva che essere concepito e raccontato che da una donna, perché solo una donna, appunto, poteva avere il coraggio di un epilogo simile. Che dispiacere aver appena conosciuto un’autrice che se non fosse morta così giovane, e nonostante la sua prolificità, ci avrebbe potuto regalare altri magnifici romanzi.

A presto,





2 commenti:

  1. Ciao Marina! Come spesso accade mi fai conoscere delle piccole perle che ignoravo, come quest'opera e la sua casa editrice. Sono sempre molto contenta di avere nuovi spunti grazie alle tue recensioni! Grazie dunque e buon weekend!

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  2. Ciao Nadia!
    È un po' come il telefono senza fili! 😁
    Solo che induce sempre in tentazione 🤣
    Un buon weekend anche a te, ciao!

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