Buongiorno lettori, come state? Mi sono appena resa conto che oggi è il 31 luglio, ultimo giorno di questo mese che, come i precedenti, è letteralmente volato. Cosa ci raccontate? Siete in partenza? Passerete l'estate a casa? Marina è in procinto di partire per le agognate vacanze ma si è portata avanti per tempo quindi ecco qui la sua nuova recensione. E grazie al potere della programmazione, sarà con noi anche la prossima settimana!
Il proprio posto nel mondo… e a chi non piacerebbe scoprirlo! Ci prova Isobel e per bocca sua la scrittrice e poetessa Joan Austral Freser, che pubblica sotto il nome di Amy Witting. E ci prova già una cinquantina d’anni fa, divenendo una delle scrittrici australiane più importanti.
Autore: Amy Witting
Casa editrice: Garzanti, 2020
Pagine: 176
Trama: Isobel ha nove anni e il suo compleanno si avvicina. Ma, come ogni
volta, non ci saranno regali per lei. C'è solo una cosa che fa volare
Isobel lontano dalle rigide regole che la famiglia le impone: leggere.
Ma deve farlo di nascosto perché sua madre crede che non sia un'attività
adatta a una bambina, che dovrebbe limitarsi a riordinare la casa e a
preparare la cena. Isobel cresce alimentando la sua passione segreta di
notte, alla luce di una flebile candela. Finché, a sedici anni, la sua
vita non cambia radicalmente, quando è costretta a lasciare tutto,
cercarsi un lavoro e una nuova sistemazione. È la prima volta che Isobel
si scontra con il mondo. Con un mondo che non è solo la sua famiglia e
il suo quartiere. È convinta di non avere gli strumenti per relazionarsi
con gli altri. Le sembra di dire la cosa sbagliata, si sente fuori
luogo. In fondo sua madre l'ha fatta sempre sentire così. Tanto che,
quando incontra un gruppo di ragazzi che amano i libri come lei e
passano le serate a discuterne, Isobel all'inizio rimane in silenzio.
Ora che finalmente è in un contesto in cui può essere sé stessa, in cui
può parlare liberamente di letteratura, ha paura. Ma piano piano le
parole di Byron, Auden e Dostoevskij fanno breccia nelle sue insicurezze
e le insegnano il coraggio di dire quello che pensa. Di far valere la
propria opinione senza nascondere la cultura che si è costruita negli
anni con le sue letture. Di aprire il cassetto in cui riposa il suo
sogno. Il sogno di prendere una penna in mano e liberare quel flusso di
parole che ha trattenuto per troppo tempo. Perché anche per una donna
tutto è possibile. Amy Witting ha fatto della lotta per i diritti delle
donne il suo manifesto.
RECENSIONE:
Pubblicato per la prima volta nel 1989, “La lettrice testarda” è prima di tutto un libro onesto, nel senso che è un romanzo di formazione che ci racconta la vita di una bambina, Isobel appunto, a partire dai nove anni di età, introducendoci subito nel suo ambito familiare e di conseguenza nella Società dell’epoca (l’autrice termina la stesura di questo romanzo nel 1979, che verrà pubblicato solo 10 anni più tardi perché “nessuna madre si è mai comportata così con una figlia”, e quindi gli editori non glielo pubblicano).
“Quest’anno niente regali!”, frase ricorrente da anni nella sua famiglia. Perché “festeggiare i compleanni lontano da casa è volgare”. Una sorella maggiore che assomiglia alla madre e per questo sua cocca, una mamma che ha sicuramente un grosso problema di autostima e di invidia nei confronti della figlia con un avvenire tutto davanti e al contempo così diversa da lei – problema che non verrà mai affrontato e risolto e che sarà lo schermo attraverso cui queste due figure femminili si osserveranno fino alla fine - con astio da una parte e con incredula incomprensione dall’altra, un marito e padre inesistente, tanto interviene poco nell’ambito della sua famiglia.
“La violenza psicologica nei legami femminili, una violenza della quale è vietato parlare. Una piaga profonda e sempre nascosta”. Ed è proprio questo il tema di fondo che Amy Witting, insegnante di lingua inglese e francese nelle scuole secondarie, esplorerà con questo suo famoso romanzo, che finalmente viene tradotto anche nella nostra lingua. In fondo però scopriremo assieme a Isobel Callaghan che anche in una città cosmopolita come Sidney, quando ancora giovanissima è costretta ad andarci a vivere, un po’ aiutata dalla zia e un po’ grazie al suo stipendio come traduttrice dalla lingua tedesca in un’azienda, anche a Sidney, dicevamo, pensare con la propria testa, essere diversi, essere intelligenti e bastanti a se stessi, rende invisi ai più. Anche nella pensione in cui alloggia non si può leggere in camera la sera (come a casa quando era bimba), con la scusa che l’elettricità costa. E nemmeno quando si legge tranquillamente nel salotto dove gli altri pensionanti giocano a bridge, si è visti di buon occhio, perché non ci si mescola con il gruppo, si rimane per conto proprio – rendendosi innocentemente antipatici agli altri, considerati dei superbi snob e quindi isolati come dei paria.
Il problema di fondo di Isobel rimarrà per sempre l’insicurezza e l’ansia per gli spregevoli difetti di cui la propria madre, colei che dovrebbe amarci più di tutti gli altri, l’ha accusata durante tutta l’infanzia. Ghiottoneria e soprattutto disonestà, sempre e comunque: questi sono i peccati di cui si è sempre macchiata, a dire e ridire della madre. E davvero, se non fosse molto triste il solo ripensarci, questa parte dell’infanzia di Isobel è raccontata dall’autrice in modo leggero, gioioso e finanche divertente, tanto che più di una volta un inconsapevole sorriso divertito fa capolino. Soprattutto seguendo i ragionamenti ingenui ma allo stesso tempo matematicamente lineari di questa bambina precoce ed intelligente, che non vuole sottostare alle regole che la Società retrograda le impone.
Temi che esulano dal tempo e dallo spazio – e che a distanza di trent’anni affliggono ancora il mondo femminile, calando ancora dall’alto del mondo maschile e purtroppo anche arrivando in senso orizzontale, dal mondo femminile stesso. E in questo, la Murgia con il suo “L’Inferno è una buona memoria. Visioni da Le Nebbie di Avalon di M. Zimmer Bradley” docet.
Dicevamo del problema di fondo di Isobel e delle persone che hanno subito violenza psicologica sin dalla più tenera età. Abbiamo l’impressione che anche quando c’è la presa di coscienza del loro valore intrinseco, non riusciranno ad affrancarsi dai pensieri che a ondate inonderanno la loro mente, divenendo ogni tanto un moto ondoso calmo, ma pur sempre – purtroppo – costante. E ciò sembra tanto vero anche leggendo di una Isobel oramai cresciuta, nell’ultimo capitolo del libro.
E’ anche facile tentare un paragone tra gli scritti di un autore o di un’autrice e la sua stessa opera. Ma è un rischio che potrebbe portarci lontano, pur se la Witting (“consapevole”, in lingua inglese, nome che Joan Austral Fraser s’è consapevolmente scelta), ammise alcune difficoltà familiari. E’ invece interessante leggere la sua biografia, soprattutto per ciò che riguarda la sua vita di letterata e scrittrice in un periodo e in un continente dove la donna non era ancora considerata alla pari di un uomo, soprattutto quando discorreva o scriveva di argomenti considerati ancora tabù.
Estremamente stimolante poi, per chi è in cerca di richiami letterari, la lista di autori che possiamo elencare, perché letti da Isobel nel corso della sua giovane vita: si passa da uno Sherlock Holmes iniziato proprio a nove anni, per passare via via ad autori dello spessore di Byron, Auden e Dostoevskij, giusto per citarne solo qualcuno.
“Inutile diventare cattivi. Inutile diventare buoni. Sei quello che sei e qualsiasi cosa tu faccia non ti aiuterà ad uscire dai guai”. Eppure, se leggerete insieme a me questo scintillante romanzo, Isobel Callaghan vi farà capire che le cattiverie gratuite non si potranno mai cancellare, ma con il coraggio della propria consapevole innocenza si potrà alzare lo sguardo e scrutare l’orizzonte.
Il problema di fondo di Isobel rimarrà per sempre l’insicurezza e l’ansia per gli spregevoli difetti di cui la propria madre, colei che dovrebbe amarci più di tutti gli altri, l’ha accusata durante tutta l’infanzia. Ghiottoneria e soprattutto disonestà, sempre e comunque: questi sono i peccati di cui si è sempre macchiata, a dire e ridire della madre. E davvero, se non fosse molto triste il solo ripensarci, questa parte dell’infanzia di Isobel è raccontata dall’autrice in modo leggero, gioioso e finanche divertente, tanto che più di una volta un inconsapevole sorriso divertito fa capolino. Soprattutto seguendo i ragionamenti ingenui ma allo stesso tempo matematicamente lineari di questa bambina precoce ed intelligente, che non vuole sottostare alle regole che la Società retrograda le impone.
Temi che esulano dal tempo e dallo spazio – e che a distanza di trent’anni affliggono ancora il mondo femminile, calando ancora dall’alto del mondo maschile e purtroppo anche arrivando in senso orizzontale, dal mondo femminile stesso. E in questo, la Murgia con il suo “L’Inferno è una buona memoria. Visioni da Le Nebbie di Avalon di M. Zimmer Bradley” docet.
Dicevamo del problema di fondo di Isobel e delle persone che hanno subito violenza psicologica sin dalla più tenera età. Abbiamo l’impressione che anche quando c’è la presa di coscienza del loro valore intrinseco, non riusciranno ad affrancarsi dai pensieri che a ondate inonderanno la loro mente, divenendo ogni tanto un moto ondoso calmo, ma pur sempre – purtroppo – costante. E ciò sembra tanto vero anche leggendo di una Isobel oramai cresciuta, nell’ultimo capitolo del libro.
E’ anche facile tentare un paragone tra gli scritti di un autore o di un’autrice e la sua stessa opera. Ma è un rischio che potrebbe portarci lontano, pur se la Witting (“consapevole”, in lingua inglese, nome che Joan Austral Fraser s’è consapevolmente scelta), ammise alcune difficoltà familiari. E’ invece interessante leggere la sua biografia, soprattutto per ciò che riguarda la sua vita di letterata e scrittrice in un periodo e in un continente dove la donna non era ancora considerata alla pari di un uomo, soprattutto quando discorreva o scriveva di argomenti considerati ancora tabù.
Estremamente stimolante poi, per chi è in cerca di richiami letterari, la lista di autori che possiamo elencare, perché letti da Isobel nel corso della sua giovane vita: si passa da uno Sherlock Holmes iniziato proprio a nove anni, per passare via via ad autori dello spessore di Byron, Auden e Dostoevskij, giusto per citarne solo qualcuno.
“Inutile diventare cattivi. Inutile diventare buoni. Sei quello che sei e qualsiasi cosa tu faccia non ti aiuterà ad uscire dai guai”. Eppure, se leggerete insieme a me questo scintillante romanzo, Isobel Callaghan vi farà capire che le cattiverie gratuite non si potranno mai cancellare, ma con il coraggio della propria consapevole innocenza si potrà alzare lo sguardo e scrutare l’orizzonte.
A presto,
Ciao Marina! Ho sentito spesso parlare di questo romanzo, ma soltanto leggendo la tua recensione mi è venuta voglia di leggerlo (sembra piaggeria, ma ti assicuro che no). Grazie anche stavolta, quindi!
RispondiEliminaCiao Nadia!, mi piace la piaggeria 😂
RispondiEliminaBel romanzo, che però mi ha messo addosso un po' di tristezza x gli outsider... Anche leggendo la biografia dell'autrice.
Ma la prima parte, quando Isobel è una "novenne", è anche esilarante, pareggiando un po' i conti.
Buon weekend Nadia, ciao!