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venerdì 14 gennaio 2022

Letture con Marina #159 - Recensione di Nobuko. Storia di un amore di Miyamoto Yuriko

Buongiorno lettori, come state? Dopo la pausa per le festività natalizie torna Marina con una nuova recensione.


Ben ritrovati in questo inizio 2022, un anno che deve ancora palesarsi tra luci ed ombre, tra tante notizie di attualità e di decreti da parte del governo italiano – e tra vecchie conoscenze e novità che scardinano le ns certezze. E forse proprio per restare con i piedi piantati saldamente al suolo, mi piace iniziare questo nostro appuntamento nel blog di Daniela con un’autrice giapponese, classe 1899, narratrice, saggista e critica – e figura di spicco nella cultura nipponica, attiva nei movimenti proletari e femministi.


    Tito
lo: Nobuko. Storia di un amore
A cura di: Miyamoto Yuriko
Casa editrice: Elliot, Lit edizioni sas, 2021
Traduzione: Diego Cucinelli
Pagine: 392

Trama: Al termine della Prima Guerra Mondiale, Nobuko, ragazza giapponese con la passione per la scrittura, decide di trasferirsi a New York per iniziare una vita diversa da quella a cui era destinata in patria. Dopo qualche tempo incontra Tsukuda, un ricercatore giapponese: i due si innamorano, si sposano e tornano in Giappone. La differenza d’età, insieme a una opposta visione della vita, logorano la coppia portandola alla separazione. Pubblicato in Giappone nel 1924 e mai fino ad oggi tradotto in una lingua occidentale, Nobuko affronta per la prima volta da una prospettiva femminile la vita di coppia e il distacco ed è considerato una pietra miliare della narrativa giapponese moderna e femminista.


 

RECENSIONE:   

mercoledì 13 ottobre 2021

Lettori intorno al mondo: Asia - Marina vi porta in Giappone

Buongiorno lettori, torna la rubrica dei viaggi. Questo mese vi portiamo in Asia. Dopo Nadia che la scorsa settimana vi ha portato in Vietnam - post cliccando qui oggi Marina vi porta in Giappone! Siete pronti? Prendete passaporto e bagagli perché si parte.



Mi chiedo non per la prima volta – e la mia domanda non è oziosa - come si possa parlare di un Paese che si adora e si sogna in continuazione, pensando di poter racchiudere tutto in un unico post. Soprattutto se non si ha la dote della sintesi. Non basterebbe una vita intera per descriverlo e parlarne, principalmente quando non lo si è mai visitato e forse le aspettative, come di consueto accade quando inconsapevolmente si idealizza qualcosa o qualcuno, superano di molto ciò che in realtà è. Però… da qualche parte si deve pur iniziare e quindi da perfetta straniera e da amante disordinata della letteratura, inizierò nel modo più vicino al mio mondo, parlando di ciò di cui parlerei per mesi interi…
 
ONNOZAKA di Enchi Fumiko - Safarà Editore, 2017

NEL GIAPPONE DELLE DONNE di ANTONIETTA PASTORE - Einaudi, 2004 

TOKYO TUTTO L’ANNO di LAURA IMAI MESSINA - Einaudi, 2020

GENJI MONOGATARI di MURASAKI SHIKIBU – Einaudi, 2015

SU UN LETTO DI FIORI di Banana Yoshimoto – Feltrinelli, 2021

FORSE NON TUTTI SANNO CHE IN GIAPPONE di Antonio Moscatello – Newton Compton Editori, 2019

E il meraviglioso mondo di Hayao Miyazaki / Studio GHIBLI






Ho deciso di partire con uno sparuto elenco di libri, non necessariamente romanzi e non necessariamente di autori nipponici. Il mio sarà, diversamente dal solito, un post muto. O quasi, conoscendomi. Del Giappone, oramai di moda da decenni, si è scritto, raccontato e pubblicato di tutto. Ma vorrei farVi vedere il MIO Giappone, se mai riuscissi ad andarci.

In internet, sia in Facebook che in Istagram, troverete tanti blog che postano foto e libri del e sul Giappone. Non li elencherò quindi qui, perché non c’è che l’imbarazzo della scelta per argonauti arditi e curiosi.

MA: Antonietta Pastore, che è vissuta in Giappone per 16 anni e che narra meravigliosamente della donna e del Giappone degli anni 1970 -> 2000, oltre agli altri suoi romanzi. 
Laura Messina sposata Imai che ci sta vivendo ora e che ha trovato la sua strada familiare e professionale in questo Paese, condividendo con i suo lettori stralci della sua intimità familiare e appassionando i suoi lettori nella parte di mondo in cui vive. 
Enchi Fumiko, nata agli inizi del Millenovecento, scrittrice che ho scoperto da poco e il cui romanzo sopra citato è una vera e propria rivelazione (qui). 
Di Banana Yoshimoto che dire, forse in modo commerciale, a suo modo, per me incarna lo stile di scrittura e di essere dell’orientale tipo, tutto poetica, dolcezza e sospensione del tempo. Non posso mai mancare all’appuntamento delle sue uscite. 
Dell’iconico ed immancabile Genji Monogatari di Murasaki Shikibu ho già fatto cenno. 
E per finire, una scoperta curiosa e recentissima, nel mio bazzicare internet alla ricerca di notizie e scrittori giapponesi – o sul Giappone. Antonio Moscatello, giornalista pugliese per Askanews, che ha studiato e vissuto in Giappone, e che ci parla di storia, curiosità, epoche diverse, tradizioni. Il tutto in modo molto piacevole.

Et voilà! E prendendo proprio in prestito il titolo di uno dei capitoli del libro di Moscatello, in cui, per semplificare, ci dice che “Kyoto è la città dei nobili, Tokyo dei guerrieri e Osaka dei mercanti”, non ci resta che ammirare una carrellata di posti desiati, tradizioni inconsuete e credenze… mostruosamente orientali!

CURIOSE TRADIZIONI MILLENARIE CON IL SORRISO DI PECE


Siamo da sempre abituati a spot televisivi e campagne pubblicitarie in cui denti bianchissimi simboleggiano una bocca perfetta e in salute. Spingendoci verso oriente alla volta del Giappone, scopriamo tuttavia che alcune tradizioni millenarie sono in grado di resistere agli attacchi del tempo e della modernità, preservando un fascino e una bellezza senza pari… è questo il caso delle ragazze che raggiungono la pubertà e delle geishe dai denti neri
Durante questo periodo di iniziazione all’età adulta chiamata Ohaguro devono passare sui denti una miscela speciale di colore nero e piuttosto maleodorante, ottenuta dalla combinazione di ossidi ferrosi bruciati e tè nero, uniti ad una mistura a base di riso, sake e caramello. La parola kuro in lingua giapponese indica il nero delle tenebre, colore apprezzato dai samurai in quanto simbolo di forza e dignità. Per la religione buddhista il nero è invece associato alla stabilità, in quanto pur venendo mescolato con altri colori riesce comunque a prevalere e a mantenersi fedele a se stesso. 
Non solo simbologia, i denti neri delle giovani hanno soprattutto lo scopo di mettere in risalto il bianco assoluto del volto, truccato pesantemente quasi a coprire i delicati tratti femminili. Nella cultura giapponese l’immagine estetica più apprezzata è incentrata sul viso pallido dall’espressione fissa e immutabile, che non possa rivelare gli stati d’animo e i cambiamenti di umore. 
La tradizione dell’Ohaguro ha tenuto testa al trascorrere del tempo, arrivando a sopravvivere per quasi un millennio, dall’anno 1000 fino agli inizi del secolo scorso. La scomparsa della pratica si deve alla decisione del Giappone di proibirla per legge, nel tentativo di rendere il paese più moderno e vicino alle tradizioni occidentali. Viene tuttavia praticata ancora oggi in alcuni villaggi della Cina, del Vietnam e della Thailandia. (da https://www.sorridiamo.info/668-giappone-quando-i-denti-perfetti-sono-neri/)


KYOTO

Kyoto è considerata la capitale culturale del Giappone, nonché una delle maggiori destinazioni turistiche dell’Estremo Oriente. Ben 17 monumenti sono stati classificati come patrimonio mondiale dell’umanità dall’UNESCO, tra cui giardini e templi buddhisti e shintoisti.

La città è stata la capitale del Giappone quasi continuativamente per più di un millennio, dal 794 al 1868. Venne eccezionalmente risparmiata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, in virtù del suo valore storico e culturale; Kyoto è infatti la culla di molte tradizioni uniche nel loro genere, come l’arte della calligrafia e la tecnica yuzen, un tipo di pittura giapponese. Tra i suoi monumenti principali ricordiamo il Palazzo imperiale, la villa imperiale di Katsura e il tempio zen Ginkaku-ji.

La religione shintoista è la più antica del Giappone e prevede l’adorazione di presenze spirituali, dette kami. I luoghi di culto a loro dedicati sono i jinja, ovvero santuari shintoisti. Solamente Kyoto ne conta più di 400!

Il santuario di Fushimi Inari-taisha è il principale jinja dedicato al kami Inari – patrono degli affari – ed è situato a ben 233 metri sul livello del mare. Esso vanta migliaia di torii, il tradizionale portale d’accesso ai jinja: il passaggio sotto di essi è, infatti, considerato la prima forma di purificazione all’ingresso del santuario.

Se state invece pensando al profilo tipico di Kyoto, non potrete sicuramente andarvene senza aver visitato il tempio buddhista di To-ji. Fondato all’inizio del periodo Heian, alla fine dell’VIII secolo, è uno dei siti patrimonio dell’UNESCO più celebri di tutta la città.



Kyoto offre la possibilità di visitare alcuni dei giardini giapponesi più affascinanti. Il tempio Ryoan-ji ospita il più famoso karesansui – “giardino secco” – del Giappone: quindici rocce, circondate di muschio, che galleggiano in un mare di piccoli ciottoli bianchi, per un’esperienza meditativa senza confini.

Il tempio Saiho-ji è invece noto per il suo giardino di muschio, conosciuto tra i locali come Koke-dera, che rende onore al budda Amitabha. La procedura per accedere a questo tempio è complessa e limitata: è quindi necessario inviare in anticipo una richiesta per poterlo visitare.

Il Museo Nazionale di Kyoto, conosciuto in precedenza come Museo Imperiale, è uno dei tre ex musei imperiali del Giappone, insieme a quelli di Tokyo e Nara. La sua apertura risale alla fine del XIX secolo, per la precisione al 1897; esponeva inizialmente i tesori privati di diversi templi e santuari, nonché oggetti donati dal Ministero della Casa Imperiale.

Esso vanta la più grande collezione di artefatti del periodo Heian e numerose altre opere d’arte asiatiche; tra questo spiccano il Senzui Byobu dell’XI secolo, un tipico paravento giapponese raffigurante un paesaggio, e il Gakizoshi, una pergamena che illustra dei Gaki, fantasmi di persone morte nel peccato dei propri vizi.

Un altro museo degno di attenzione è indubbiamente il Museo Internazionale di Manga, il primo museo giapponese interamente dedicato a questa incredibile forma d’arte. Aperto solo nel 2006, l’edificio è quello dell’ex scuola elementare Tatsuike; la sua ricca collezione conta oltre 300.000 articoli e circa un sesto di questi sono manga, che si possono consultare in specifiche aree adibite alla lettura presenti all’interno del museo.

https://www.planetcruise.com/it/blog-crociere/kyoto-antica-capitale-del-giappone


TOKYO

Tokyo, capitale del Giappone, con i suoi 13 milioni abitanti si conferma la metropoli più popolata dell' intero Paese ed è una delle principali città del mondo. La sua storia ha origini antiche che risalgono al lontano 1603, quando Tokugawa Ieyasu instaurò il governo feudale (shogunato) da cui ebbe inizio un prospero sviluppo. Al tempo, Tokyo veniva chiamata Edo. Centro politico, economico e culturale del Giappone, la città è costituita di 23 distretti che comprendono 26 città, 5 cittadine e 8 comuni. Geograficamente parlando, Tokyo si trova quasi al centro dell'arcipelago del Giappone, nella parte meridionale della regione Kanto. 

L'affollata capitale del Giappone unisce lo stile ultramoderno a quello tradizionale con i suoi grattacieli illuminati da luci al neon e i templi storici. Il sontuoso tempio di Meiji Shinto è noto per l'enorme porta di accesso e per la natura circostante. Il Palazzo Imperiale è immerso tra immensi giardini pubblici. I diversi musei della città propongono mostre che vanno dall'arte classica, come quelle organizzate dal Museo Nazionale di Tokyo, alle ricostruzioni del teatro kabuki, come al Museo Edo-Tokyo. 

Che altro dire di questa enorme, cosmopolita e incredibile metropoli? E dei suoi attuali abitanti, discendenti dai “ragni di terra”? Andate ed ammirate!, se sarete semplici turisti. Andate e state attenti, se ci andrete a vivere, trasferendovi magari per lavoro. Ci sono molti libri che parlano di questa metropoli alienante. Fascino e pericolo combinati insieme sono una miscela esplosiva, ma, come per tutte le cose, la misura e la serenità interiore e di pensiero (Antonietta Pastore docet), sono ingredienti fondamentali. https://www.gotokyo.org/it/plan/tokyo-outline/index.html







OSAKA



Città affascinante e tranquilla, è famosa per il cibo, i divertimenti e la vita notturna, con alcune attrazioni storiche e culturali

Un breve trasferimento in shinkansen da Tokyo ti condurrà ad Osaka, che è dotata di una personalità molto diversa rispetto alla capitale del Giappone. Scendi dal treno “proiettile” e Osaka, grande città portuale e polo commerciale dell'isola giapponese di Honshu, si stenderà ai tuoi piedi. È famosa per l’architettura, la vita notturna e il sostanzioso e delizioso cibo di strada. Il monumento storico principale della città è il castello di Osaka, che risale allo shogunato del XVI secolo e ha subito diversi restauri. Il castello è circondato da un fossato e un parco con alberi di susine, pesche e ciliegie. Il Sumiyoshi-taisha è uno dei santuari shintoisti più antichi del Giappone. Non serve nemmeno rammentare di passeggiare con calma nei bellissimi giardini, soprattutto durante la stagione della fioritura dei ciliegi ad aprile, quando sboccia il sakura e il meteo è spesso nelle condizioni migliori.

https://www.japan.travel/it/destinations/kansai/osaka/







Non può mancare il tour che anche alcune agenzie di viaggio italiane organizzano alla scoperta dello Studio Ghibli e del maestro Miyazaki. Diventerà sicuramente tappa quasi obbligata a partire dal 2022 il Parco Giochi a tema. https://www.elodeaviaggi.it/giappone-studio-ghibli-miyazaki/

A Tokyo si trova un fantastico museo dedicato a questo Studio, se siete appassionati di qualche film come Totoro, La città Incantata, Principessa Mononoke, Ponyo o altri, fate un giro in questo museo che piacerà sia ai bambini sia ai grandi.

La struttura è veramente stupenda e surreale: all’ingresso c’è una grande sala molto alta, ci sono stanze in cui si possono capire i meccanismi dell’animazione, ricostruzioni degli studi dove lavorano i disegnatori, un grande “Neko bus” dove i bambini più piccoli possono divertirsi, il negozio di souvenir “Mamma Mia” e compreso nel prezzo del biglietto potete vedere un film di circa un quarto d’ora che è praticamente una continuazione di Totoro.
A parte Totoro all’entrata e la statua che c’è sul tetto, è vietato fotografare: ci sono persone che controllano in ogni stanza e vi impediscono di fare foto: chi vuole vedere il Museo Ghibli deve venirci!

https://www.marcotogni.it/museo-ghibli/






E PER FINIRE IN BELLEZZA, per gli amanti dell’arte, delle cerimonie e dell’abbigliamento tipico…

La cerimonia del tè, profondamente radicata nella dottrina buddista zen, è una delle tradizioni più diffuse a Kyoto. Consiste nella preparazione cerimoniale e presentazione del tè matcha, una varietà di tè verde in polvere. Avrete la possibilità di assistere a questo rito spirituale e sociale, caratterizzato da movimenti lenti e armoniosi, nelle numerose sale del tè diffuse in tutta la città.






Contrariamente alla credenza popolare, la geisha non è assolutamente l’equivalente orientale di una prostituta; si tratta, al contrario, di un’intrattenitrice e artista giapponese, specializzata nelle arti della musica, della danza e del canto.

Le geisha si diffusero a Kyoto alla fine dell’VIII secolo, quando l’imperatore Kammu vi trasferì la capitale da Nara, e sono oggi conosciute come geiko, “figlia delle arti”, nel dialetto giapponese locale, il kyo-kotoba. Troverete ancora delle comunità di geisha nella città, in particolare nei quartieri di Gion e Pontocho.

Conoscerete sicuramente il kimono, l’abito tradizionale giapponese, tuttora utilizzato in occasione di eventi particolari. Lo stile attuale, aperto davanti e chiuso sulla schiena da una fascia chiamata obi, si è diffuso durante il periodo Edo, quindi a partire dal XVII secolo.

Una volta a Kyoto, suggeriamo di recarvi presso il distretto di Nishijin, dove troverete diversi negozi che vendono o affittano kimono.

L’arte della calligrafia shodo utilizza pennelli e inchiostro per disegnare i caratteri kanji e hiragana. Originariamente nata in Cina, questa tecnica si diffuse a Kyoto durante il periodo Heian – tra l’VIII e il XII secolo – per poi sviluppare caratteristiche propriamente giapponesi. Rimane ancora oggi una parte importante della cultura giapponese e viene utilizzata per occasioni cerimoniali speciali.


Ce ne sarebbero di argomenti da affrontare, alcuni di questi non positivi. Ma in questo post ho voluto evidenziare solo la parte bellamente turistica, visto lo scopo con cui è stato pensato. Perché quando si va in vacanza, i problemi e le negatività, anche del Paese che si sta andando a visitare, si lasciano a casa.

Per concludere… se dovessi pensare ad una definizione per il Giappone, forse quella che meglio la descrive è: un Paese che corre senza scordare.

Buon viaggio,





 Calendario Ottobre:

7 ottobre Nadia sul blog Desperate Bookswife
13 ottobre Marina sul blog Un libro per amico
21 ottobre Baba su Desperate Bookswife
28 ottobre Io sul blog Un libro per amico
 
Se volete aggiungervi e viaggiare con noi, contattateci!




venerdì 8 ottobre 2021

Letture con Marina #148 - Recensione del romanzo Onnazaka di Fumiko Enchi

Buongiorno lettori, come state? Nuovo venerdì e nuova recensione di Marina.


Parecchi anni fa, caparbiamente, tentai due volte di leggere “Storia di Genji”, perché appassionata di letteratura orientale (così come in precedenza mi ero entusiasmata per il mondo egizio) ed in soprannumero intrigata dalla trama di questo libro. “Genji monogatari” , il Racconto di Genji, è un romanzo dell'XI secolo scritto dalla poetessa e scrittrice Murasaki Shikibu vissuta nel periodo Heian, e viene unanimemente considerato uno dei capolavori della letteratura giapponese così come della letteratura di tutti i tempi. Io sbagliai sicuramente momento, perché in entrambi i casi feci il tentativo in estate durante le vacanze, quando probabilmente pure la mia mente era in stand-by. Da allora m’è rimasto il chiodo fisso di questo libro da leggere, e non capisco se la compulsiva necessità di leggere letteratura orientale mi derivi da una sorta di rivalsa nei confronti di questo libro ancora pressochè inviolato, o se semplicemente questo tipo di letture mi si adatta, essendo un mondo infinito e variegato da poter esplorare.



Ti
tolo: Onnazaka
Autore: Fumiko Enchi
Casa editrice: Safarà editore, 2017
Traduzione: Lidia Origlia
Pagine: 223

Trama: Fumiko Enchi dipinge una storia indimenticabile in cui echeggiano la “Storia di Genji” e le atmosfere di “Madama Butterfly”, in uno dei romanzi più importanti della letteratura giapponeseAlla fine del periodo Edo la moglie di un funzionario del governo, Tomo, viene mandata a Tokyo, dove l’attende un compito straziante: tra le molte ragazze offerte dalle loro famiglie, deve scegliere una giovane rispettabile che diventi la nuova concubina del marito. Tomo esternamente è impassibile, ma il suo cuore ha iniziato a incrinarsi; comincia così la ricerca con rigoroso senso del dovere, intraprendendo un sentiero che la porterà, insieme alle altre donne della casa, a immergersi in un’ombra sempre più profonda. Il romanzo è stato vincitore del Noma Literary Prize, il più prestigioso premio letterario giapponese.

 

RECENSIONE:   

martedì 28 settembre 2021

Letture con Marina #147 - La scuola della carne di Yukio Mishima

Buongiorno lettori, come state? Non è venerdì ma oggi torna Marina con una nuova recensione.


Autore giapponese che, al pari di una Virginia Woolf, condivide lo snervante primato di essere difficilmente collocabile in caselle standard, sia prendendo in esame la sua vita che “esaminando” la sua opera. Per quanto lo si legga e si cerchi di penetrare nell’essenza della sua vita, seppur a distanza di decenni dalla sua morte, e per quanto tutto di dominio pubblico, non si riesce a concepire e focalizzare il suo vissuto, pur tenendo come punto fermo le tematiche che palesa nelle sue opere. Come nel caso della Woolf, presa come mero esempio, il periodo storico gioca sicuramente un ruolo importante.



Ti
tolo: La scuola della carne
Autore: Yukio Mishima
Casa editrice: Feltrinelli, 2014
Traduzione: Carlotta Rapisarda
Pagine: 240

Trama: Taeko, elegante e avvenente donna di trentanove anni, conduce una vita agiata e godereccia, destreggiandosi tra l'atelier d'alta moda di cui è proprietaria, le amiche con cui condividere racconti piccanti ed eventi mondani cui partecipare. Stereotipo della donna divorziata e indipendente, immersa nell'alta società nipponica del dopoguerra, ove il desiderio di occidentalizzazione si contrappone a vecchie tradizioni e pregiudizi, Taeko non vuole rinunciare al proprio stile di vita né alla libertà. Poi, una sera, scorge il giovane Senkichi in un gay bar e l'attrazione è fatale. Una magia che scaturisce dalla carne fresca e virile del ragazzo, i muscoli ben tesi, i lineamenti fieri del viso. La vita di Taeko cambia in un batter d'occhio: proprio colei che aveva sempre voluto avventure di poco conto, si ritrova irrimediabilmente in balia di un giovane tanto bello quanto misterioso. Ne scaturisce un gioco perfido e ossessivo. Ma chi è davvero la vittima? Chi il carnefice?

 

RECENSIONE:   

venerdì 23 aprile 2021

Letture con Marina #130 - La stanza dei Kimono di Yuka Murayama

Buongiorno lettori, è di nuovo venerdì e torna Marina con la sua recensione.


L’immagine in copertina, l’erotismo promesso, il titolo scelto per la versione in lingua italiana, perché chissà che significa quel “ hanayoi” in giapponese… L’autrice giapponese, il Giappone. Possono mai essere un motivo valido per lasciarsi sedurre dall’idea di un romanzo?


Ti
tolo: La stanza del Kimono
Autore: Yuka Murayama
Casa editrice: Piemme, 2016
Pagine: 237
Traduzione: Laura Testaverde

Trama: Da tre generazioni, a Tokyo, la famiglia della giovane Asako gestisce un raffinato negozio di kimono. Quella del kimono è un'arte: ogni colore, ogni materiale, modello o fantasia ha un suo significato, che solo pochi sono in grado di decifrare. E quando Asako riceve in dono da sua nonna la splendida collezione privata della famiglia una collezione di kimono antichi, preziosissimi, in cui ogni pezzo è unico e ha la sua storia capisce che è il momento anche per lei di entrare in questo mondo, lasciando il suo lavoro di organizzatrice di matrimoni e cominciando una nuova vita. D'altra parte, suo marito Seiji sembra essersi allontanato da lei, preda dell'infelicità e in cerca di qualcosa che forse Asako non riesce più a dargli. È tramite il negozio di kimono che Asako incontra Masataka, un affascinante sconosciuto di Kyoto che ha dei kimono speciali da proporle in vendita. Tra lui e Asako scoppierà una passione violenta, carica di erotismo e di desiderio, che costringerà Asako a chiedersi che cos'è che vuole davvero dalla propria vita e le farà finalmente capire che cos'è il piacere, quello vero.
 
RECENSIONE:   

Kimono, geishe (chissà perché, come sento kimono, automaticamente associo anche quest’altra parola), Giappone, autrice giapponese molto apprezzata: questa volta non già un mio filo logico delle letture, ma la pura curiosità mi ha portato a leggere questo romanzo, il primo tradotto in Italia di questa autrice nipponica.

Due coppie, quattro persone: sono loro che incrociando casualmente i loro destini danno vita a questo romanzo. Tutto il resto è un corollario. Persone, città, attività… un magnifico corollario, con dei ma e dei però.

Ma andiamo con ordine. Schematicamente, dodici capitoli, ciascuno con un suo proprio titolo che dà il senso degli accadimenti. E ciascuno dei capitoli è dedicato ad uno dei quattro protagonisti, diciamo alternativamente prima le mogli Asako e Chisa, poi i mariti Seiji e Masataka, ciascuno con un background più o meno lieve, più o meno traumatico, più o meno protetto.

Nelle descrizioni di alcune parti della città di Tokyo dove vivono i coniugi Asako e Seiji, e di pochissime della città di Kyoto dove vivono i coniugi Chisa e Masataka, c’è tutta la magia, la dolcezza e la serenità tipiche della scrittura giapponese. Finanche l’iniziale racconto dell’infanzia di Chisa, dove lei stessa rivive l’esperienza traumatica delle molestie sessuali ad opera dello zio, risulta poetica e di un certo incanto erotico, pur se il lettore si rende perfettamente conto che quanto è accaduto è malato e sbagliato. Ciò nonostante, spiace dirlo per l’argomento che tratta, è forse la parte più “riuscitamente” erotica del romanzo.

Due donne a confronto, molto diverse tra loro, che si contrappongono ai due uomini, altrettanto diversi. E non è necessario leggere a lungo per capire che per uno strano gioco del destino, se le due coppie potessero scambiarsi i partners, sarebbero probabilmente molto più felici. C’è una coppia sana, costituita dalla donna Asako e dall’uomo Masataka, e una coppia malata nell’anima costituita da Chisa e Seiji. E attenzione, non intendo malata perché ha pulsioni particolari, semplicemente non a proprio agio perché non ancora venuta a patti con ciò che il suo essere anela. E forse con ciò che la società, probabilmente anche in Giappone, impone come norma.

Interessante scoprire che in Giappone, prendo esempio dalla coppia Chisa-Masataka, se una famiglia con un’attività commerciale importante ha solo una erede, può adottare ad esempio il marito della figlia, facendogli prendere il nome (inteso come cognome) della moglie, in modo da portare avanti il nome dell’attività e della famiglia.

L’incontro casuale tra Asako e Masataka avviene perché lui, essendo ora dirigente della ditta di pompe funebri della famiglia della moglie, viene in contatto con i familiari dei defunti che vogliono “liberarsi” dei vestiti dei loro cari e qualche volta tra gli abiti ci sono anche i kimono, magari antichi, passati di figlia in figlia. Anche se prima ancora di questa situazione, in realtà i kimono che Masataka si ritrova a vendere sono quelli della zia di sua moglie Chisa.

Appassionanti le descrizioni dei kimono e degli accessori ad essi connessi, che come per la cerimonia del tè, hanno un rituale nell’essere indossati, con rigide regole a seconda della stagione e dell’occasione in cui li si indossa. Così come qualche santuario visitato o un mercato dei fiori. Avvincenti anche le parti del romanzo che raccontano la storia di Masataka, in relazione all’impresa di pompe funebri, di tutto l’indotto e delle manovre delle diverse ditte per accaparrarsi i funerali, con “tramacci” con gli operatori sanitari all’interno degli ospedali, fino a circuire gli stessi, chi con regalie, chi con relazioni extra-coniugali, se mi intendete.

Ho trovato invece fiacca la storia tra Chisa e Seiji, dove francamente una relazione su basi diverse avrebbe forse dato un respiro diverso alla vicenda in sé stessa ed in relazione al resto dell’impianto costruito dalla scrittrice, forse non più reale ma sicuramente più coinvolgente. Anche la storia dell’altra coppia adulterina non mi ha convinta pienamente, ma in questo caso forse perché la protagonista Asako m’è parsa una bambolina cresciuta all’ombra della famiglia e senza una vita sua propria, indipendente, pur se in precedenza ha lavorato per un’altra ditta, dove ha conosciuto il marito. Anche il nuovo negozio cha apre, grazie al lascito da parte del nonno di kimono preziosi ed antichi, avviene sempre con l’aiuto della nonna (che per lei è più un’amica che una parente di un’altra generazione) e dei genitori. Ancora, la sua vita scandita a ritmo della passeggiata mattutina con il cane di razza shiba, Chachamaru, il rientro in tempo per preparare la colazione al marito e scambiare due chiacchiere prima di recarsi al lavoro, nonostante sia palesemente ricalcato sulla vera realtà quotidiana, dopo un po’ annoia ed infastidisce.

A mio avviso il colpo da maestro l’autrice lo fa con il gran finale, riuscendo ad avere il coraggio di non terminare in modo melenso, cosa che avrebbe rovinato completamente il romanzo, ma con una conclusione sicuramente nelle aspettative del lettore, eppure forse proprio per questo molto apprezzabile, per l’impatto che riesce a dare anche a posteriori a tutta la narrazione. Forse una chiusa un po’ troppo criptica e tagliata con l’accetta, ma sicuramente molto d’effetto. “Le gocce che scorrevano sul vetro una dopo l’altra le apparivano come cicatrici profonde e sottili”. E forse la vita è proprio così, soprattutto se non hai avuto il coraggio di afferrare al momento giusto ciò che inaspettatamente ti è stato offerto su di un piatto d’argento. D’altronde il cuore deve sempre fare i conti con l’anima e soprattutto con la testa. Perché afferrare la felicità, una volta che ce l’hai a portata di mano, predilige i cuor di leone e i duri. E non tutti ci siamo portati.

A presto




 

lunedì 19 aprile 2021

Recensione #391 - Il gatto che voleva salvare i libri di Sosuke Natsukawa

Buongiorno lettori, come vedete sto cercando di impegnarmi per essere un po' più costante con il blog quindi eccomi di nuovo qui con una recensione, si tratta di quella de Il gatto che voleva salvare i libri, di Sosuke Natsukawa, edito da Mondadori, pag. 180.


Trama:
La libreria Natsuki è un luogo speciale: un negozio polveroso e solitario, dove gli amanti della lettura possono trovare, tra le pagine dei grandi capolavori di tutto il mondo, un'oasi di pace, un rifugio lontano dal frastuono della quotidianità. Quando il proprietario, uomo colto e appassionato, muore improvvisamente, il nipote Rintaro, un ragazzino timido e introverso, eredita la libreria. Il nonno si è preso cura di lui dopo la morte di sua madre e, ora che è scomparso, Rintaro deve imparare a fare a meno della sua saggezza dolce e pacata. La libreria è sull'orlo del fallimento: un'eredità pesante per il ragazzo, anche perché i segnali dal mondo sono piuttosto scoraggianti: poca gente è davvero interessata alla lettura. Un giorno, mentre Rintaro si crogiola malinconico nel ricordo del nonno, entra in libreria un gatto parlante. Nonostante le iniziali perplessità del ragazzino, il gatto lo convince a partire per una missione molto speciale: salvare i libri dalla loro scomparsa. Inizia così la storia di un'amicizia magica: un'avventura che li porterà a percorrere quattro diversi labirinti per risolvere altrettante questioni esistenziali sull'importanza della lettura e sulla forza, infinita e imperscrutabile, dell'amore. Una favola dei nostri tempi, un'ode straordinaria al potere del libro e dell'immaginazione.


Chi mi conosce sa che normalmente rifuggo i libri che parlano di libri, perché la maggior parte delle volte mi deludono. E non leggo neanche libri con protagonisti gli animali. Amo gli animali ma quello dei romanzi che parlano e salvano il mondo anche no.
Quindi perché hai letto questo libro che si intitola Il gatto che voleva salvare i libri, vi chiederete voi? L'ho fatto per una sfida di lettura a cui partecipo. Solo e unicamente per quello. Speravo forse di trovare l'eccezione che conferma la regola? Forse! Fatto sta che da oggi continuerò a scappare a gambe levate davanti a libri del genere perché no, non ho trovate l'eccezione.
Aggiungiamo che è pure Giapponese, con cui ho un rapporto molto labile...

venerdì 19 marzo 2021

Letture con Marina #125 - Recensione di Basta un caffè per essere felici di Toshikazu Kawaguchi

Buongiorno lettori, è venerdì e, come di consueto, lascio la parola a Marina e alla sua recensione.


Acquisti compulsivamente libri. Non riesci a leggerli tutti appena li hai acquistati. E i non letti restano in attesa per due o tre anni. Nel frattempo quel dato autore non resta con le mani in mano e pubblica un altro romanzo. Tu lo acquisti. E che fai?, leggi il suo precedente romanzo, sperando di leggere subito dopo il recentissimo? Certo che no!, leggi immantinente il nuovo romanzo, altrimenti resterà nel limbo dei non letti. Perché se ne sta parlando ora, perché è attuale, perché ci sono interviste interessanti, perchè… Ecco, in questo caso è quello che è successo a me con:


Titolo: Basta un caffè per essere felici
Autore: Toshikazu Kawaguchi
Casa editrice: Garzanti, 2021
Pagine: 176
Traduzione: 
Claudia Marseguerra

Trama: Accomodati a un tavolino. Gusta il tuo caffè. Lasciati sorprendere dalla vita. L'aroma dolce del caffè aleggia nell'aria fin dalle prime ore del mattino. Quando lo si avverte, è impossibile non varcare la soglia della caffetteria da cui proviene. Un luogo, in un piccolo paese del Giappone, dove si può essere protagonisti di un'esperienza indimenticabile. Basta entrare, lasciarsi servire e appoggiare le labbra alla tazzina per vivere di nuovo l'esatto istante in cui ci si è trovati a prendere una decisione sbagliata. Per farlo, è importante che ogni avventore stia attento a bere il caffè finché è caldo: una volta che ci si mette comodi, non si può più tornare indietro. È così per Gotaro, che non è mai riuscito ad aprirsi con la ragazza che ha cresciuto come una figlia. Yukio, che per inseguire i suoi sogni non è stato vicino alla madre quando ne aveva più bisogno. Katsuki, che per paura di far soffrire la fidanzata le ha taciuto una dolorosa verità. O Kiyoshi, che non ha detto addio alla moglie come avrebbe voluto. Tutti loro hanno qualcosa in sospeso, ma si rendono presto conto che per ritrovare la felicità non serve cancellare il passato, bensì imparare a perdonare e a perdonarsi. Questo è l'unico modo per guardare al futuro senza rimpianti e dare spazio a un nuovo inizio.
 
RECENSIONE:   


“Prima che questa menzogna venga rivelata”, o qualcosa di simile, dovrebbe essere la traduzione del titolo originale del nuovo romanzo di Toshikazu Kawaguchi, che in Italia Garzanti ha preferito modificare completamente in “Basta un caffè per essere felici”. E come ha scritto Fedor Dostoevskij: “La cosa più difficile nella vita è vivere senza mentire”. “La gente mente per le ragioni più disparate”, rimarca come incipit l’autore giapponese. Non c’è che dire, visto che in realtà nessuno dei due titoli in sé è più corretto dell’altro, perché questo romanzo contiene tutte e tre le parole in gioco, parimenti importanti: il caffè, senza il quale i viaggi non sarebbero possibili; la menzogna, perché parte della vita in generale e soprattutto di tutte le storie qui contenute si basano proprio su una menzogna e la felicità, che è la ricerca più difficile cui tende qualsiasi essere umano.

La caffetteria dove è possibile viaggiare nel tempo, sia verso il futuro che soprattutto tornando indietro nel passato, si trova a pochi minuti a piedi dalla stazione di Jimbocho, nel centro di Tokyo, ed è situata al piano seminterrato di una stradina laterale di un quartiere di uffici. Ci sono poche ma ferree regole che chi è intenzionato a credere a questa possibilità, deve rispettare. E forse le più importanti sono che, anche andando indietro nel passato, non è possibile cambiare il presente. E che soprattutto, la persona che intraprende il viaggio nel tempo, per poter tornare indietro al suo presente di partenza, deve bere il caffè prima che si sia raffreddato completamente. Solo le femmine della famiglia Tokita possono far viaggiare nel tempo le persone, dando vita al rito del caffè: da quando hanno compiuto sette anni di età, fino a quando non rimangono incinta di un’altra femminuccia.

In questo secondo romanzo, Toshikazu Kawaguchi intreccia quattro storie con la vita dei gestori del piccolo caffè già incontrati nel precedente romanzo e rimasti con tanti perché inespressi da parte dei lettori: intrecciata quindi alle 4 storie principali, riprendiamo il filo della storia della famiglia di Nagare e della figlioletta Miki, di Kazu e della donna fantasma vestita di bianco, che tanto tempo prima non aveva rispettato una delle regole per poter tornare nel presente, e si era poi palesata come fantasma, cliente fisso del Caffè.

I capitoli di cui si compone questo nuovo romanzo sono poco dissimili, come temi, da quelli del precedente libro dell’autore nipponico, che è anche sceneggiatore e regista: 1. I due amici / 2. Madre e figlio / 3. Gli innamorati / 4. Marito e moglie Bugie dette a fine di bene nei rapporti tra genitori e figli, tra amici, tra innamorati e tra coniugi. Il tutto condito dalle vicissitudini della famiglia Tokita, dove una nuova generazione di dispensatrici di caffè sta per liberare dall’impegno gravoso chi non riesce a risalire la china della colpa e del rimpianto.

Ma una domanda è sempre presente nella mente dei lettori: se non si può cambiare il presente, perché mai voler tornare nel passato? Ed è proprio quello che si chiede anche il detective della omicidi del commissariato di Kanda, Kiyoshi Manda, che un po’ alla volta contatterà le quarantuno persone che negli ultimi trent’anni hanno usufruito del “servizio” del Caffè, per porre loro alcune domande, fondamentali sia per lui che per i lettori, per capire il perché del viaggio nel tempo, se poi ogni cosa rimarrà comunque invariata.

Un romanzo tutto sommato intimista, perché invita principalmente a guardare in faccia le proprie debolezze, meschinità e paure, rendendole poi fruibili come esperienza di vita a chi ci circonda e si ritrova nella stessa situazione, rendendo in certo qual modo libere le persone che del nostro dramma sono state co-protagoniste. Racconti senza dubbio commoventi – in cui includo anche la storia delle famiglia dei gestori del Caffè – nonostante non abbia trovato in questo romanzo la scrittura poetica che incanta i lettori, caratteristica degli autori asiatici.

“Le bugie possono far male, ma possono anche salvare la pelle. Qualunque sia il motivo, di solito alla fine ci si pente sempre di aver detto una bugia”. Din-don… e di nuovo, il silenzio cala sulla caffetteria. Chissà se per l’ultima volta…
 
A presto




 

venerdì 8 gennaio 2021

Letture con Marina #114 - Recensione di Tokyo tutto l'anno di Laura Imai Messina

Buongiorno lettori, siamo nel 2021, è di nuovo venerdì quindi tornano le buone abitudini e vi lascio con Marina.


Non posso nascondere di aver iniziato l’anno 2021 con un libro particolare che mi ha permesso di fare ciò che di solito non faccio, ma che incuriosisce sempre molto: l’oroscopo! Ma in vece dell’oroscopo, visto l’anno particolare appena trascorso che non ha fatto sconti nemmeno agli affetti della mia famiglia, ho letto un libro che mi desse modo, in un certo senso, di vaticinare il mio prossimo futuro, tuffandomi subito nel mese di Gennaio appena iniziato per il Capo dell’Anno, nel mese del mio compleanno per ovvia curiosità ed ancora nel lontano ultimo mese dell’anno, Dicembre.


Ti
tolo: Tokyo tutto l'anno
Autore: Laura Imai Messina
Casa editrice: Einaudi, 2020
Illustrazioni: 
Igort
Pagine: 286
 
Trama: Mai come nella Lettera al padre, scritta nel novembre del 1919, affidata alla madre senza tuttavia giungere al destinatario, Kafka ci ha dato un ritratto così lucido di sé. E molti dei motivi che vengono toccati in questa confessione anche spietata - primo fra tutti quello di "un immenso senso di colpa" - non possono che ricordare i suoi personaggi più famosi. Quello che qui viene messo in scena è un vero e proprio conflitto. Figura che incarna un'autorità assoluta, che "ha l'aspetto enigmatico dei tiranni, la cui legge si fonda sulla loro persona, non sul pensiero"; agli occhi di Kafka il padre appare come il tipico rappresentante di un mondo da cui egli invece si sente escluso: pratico, utilitaristico, ben lontano dalle sue aspirazioni. Così, in pagine di forte impatto emotivo, Kafka svela la sua natura di "figlio disederato" e proscritto, non compreso nella vocazione di scrittore, inquieto e in cerca di conferme quanto il suo avversario ostenta sicurezza. Nel saggio posto in appendice Georges Bataille indaga in modo provocatorio sui momenti di questa contesa. L'esperienza di Kafka diventa anche occasione per interrogarsi sul senso ultimo della letteratura. Forse nessun altro scrittore ha saputo mostrare come quel senso sia tutt'uno con la vita stessa.
 

 
RECENSIONE: 

Dopo aver a lungo atteso questo nuovo 2021 che ci traghettasse al di là di questo inconsueto anno bisestile, in mancanza del calore fisico degli amici e dei familiari, dei loro abbracci ed infine anche delle lanterne da far sollevare verso il cielo nero della notte dicembrina, ricolme dei nostri desideri inespressi, dopo aver sublimato tutto questo nell’abbraccio al mio piccolo e strettissimo nucleo familiare, ho veicolato questo mio vuoto, come in una sorta di transfert, in un libro. Che non è un romanzo in senso stretto, ma che è a metà strada tra una guida del cuore ed un racconto dall’ampio respiro, che ci consente di viaggiare attraverso i tempi e racconta di un Paese lontano, nella città di Tokyo in particolare, dove cultura, tradizioni, lingua ed abitudini, oltre alle caratteristiche psico-fisico-sociali, sono così diverse dalle nostre. E guarda che coincidenza!, Gennaio è proprio il “Mese degli Affetti”.
A tal proposito, proprio nel mese di Gennaio, c’è una vicenda che l’autrice porta alla ns attenzione, che mi dà il là per accennare al modo di scrivere dell’autrice, che si è uniformato in modo amorevole alla cifra stilistica degli autori asiatici, ed in particolare mi riferisco alla poeticità ed ieraticità degli scritti nipponici. La vicenda narra di una ragazzina innamorata che tenta di appiccare il fuoco per incontrare nuovamente l’uomo di cui si era invaghita, salvo che per simili crimini al tempo era prevista la pena capitale, dato che le città erano costruite con il legno e la popolazione era terrorizzata dalla possibilità degli incendi. Nonostante il tema tragico dell’episodio, lo stesso ci viene narrato senza toni melodrammatici, tanto che scivola via senza grandi patemi d’animo nonostante la violenza insita in tutto il racconto. E la stessa cosa avviene nelle poche anche se potenti note negative che nell’arco della guida simil-letteraria la scrittrice ci racconta. Solitudine e relazioni fuggevoli, straniamento, bullismo… Eppure, anche in questi casi è più la riflessione su questi temi che viene stimolata, piuttosto che il sensazionalismo.

E approposito poi della guida letteraria, rammento che in una presentazione fiume (lo scorso settembre, sul canale FB Giappone Mon Amour e su IG), l’autrice con un sorriso disse che all’inizio ci fu un fraintendimento (a suo dire da considerare sempre positivo) con l’editore in merito al libro, che era stato definito guida letteraria, per cui l’autrice aveva iniziato una sorta di inseguimento di autori attraverso la città. In questo caso positivo sicuramente, perché ha arricchito il lavoro. Tanto che anche la parte di “eliminazione” è stato pesante, per evitare che il libro si appesantisse. Di qui, con felicità dell’autrice, la scelta di alcune parole in grassetto, pensate proprio dalla casa editrice per focalizzare l’attenzione dei lettori. E che hanno veicolato l’idea base di questa autrice, che è anche insegnante, che il libro non debba essere una guida o una spiegazione di tutto, ma lo spunto di partenza per far sì che un lettore possa scegliere ciò che gli piace o lo titilla, per un successivo approfondimento, dovuto a necessità se usa il libro come guida, oppure a semplice curiosità.. Perché il mantra di Laura Imai Messina è: “quando vuoi fare qualcosa, falla!”, con specifico riferimento alla disciplina, in particolare per lo studio e la conseguente meraviglia, come approccio alla studio e alla vita stessa, per citare le esatte parole della scrittrice. E a testimonianza delle parole, questo libro è una sorta di guida a 360°, non sterile, che invoglia grandemente il lettore a fare tanto uso di Internet per cercare i luoghi, gli edifici, le particolarità che l’autrice descrive, per vivere quasi in prima persona le passeggiate, le ricorrenze, i luoghi, i vicoli e la fila di negozietti a cielo aperto che ci vengono raccontati con il cuore in mano.

Del resto, tutto il libro è pervaso da un amorevole poetica, che io definisco di stile nipponico, se me lo permettete, che fa sembrare Tokyo/il Giappone un luogo desiderabile non solo da visitare, ma in cui vivere, nonostante la città non sia evidentemente esente da pecche (forse la sovra-popolazione in primis, ma allora Tokyo non sarebbe più così particolare, probabilmente) , che però è raccontata in forma così ispirata e suggestiva che passa l’idea bellissima di una dichiarazione d’amore di Laura Messina al suo Paese d’adozione. E non poteva che essere così, viste la meraviglia e la dedizione con cui ne parla: un innamoramento in più fasi, considerato quanto la megalopoli sia stratificata. E anzi, l’autrice paragona Tokyo proprio ad un frutto particolare, dalla buccia dura e dall’interno diviso a blocchi in tanti piccoli gioielli color rubino, la melagrana.

Rischio di dilungarmi più dell’autrice, che dalla sua ha l’intelligente abitudine di non andare completamente a braccio, parlando molto e talvolta perdendosi simpaticamente, ma di segnare parole chiave nel suo bujo. Però ci tenevo almeno a parlarvi di un paio di cose. In primis il mese del mio compleanno, Giugno, Minazuki, il “mese senza acqua”, caratterizzato da un caldo intenso. Altri significati attribuiti a questo mese che mi sono piaciuti sono “il mese dell’attesa del vento”, il mese delle ali di cicala” e i caratteri che significano “fresco e oscurarsi” e i “tuoni” che risuonano nelle sere di inizio estate. Non citerò di proposito l’arcinoto periodo in cui ammirare i sakura: superbo argomento, tanto per tornare al senso di meraviglia citato dall’autrice, ma veramente, in questo caso se siete curiosi, vale la pena di andare personalmente a curiosare. Un manufatto invece sul quale ho voluto soffermarmi, per curiosità e perché non lo conoscevo, è il così detto “Occhio di Shinjuku” c/o la Stazione di Shinjuku appunto, che è un’opera d’arte del 1969 di Yoshiko Miyashita e cha ha la particolarità che il grande occhio è in continuo movimento grazie ad alcuni pannelli rotanti che danno un effetto alquanto ipnotico. E ancora la porta Kaminarimon, che segna l’inizio di una delle più vecchie strade della città - strada lunga 250mt - la Nakamise-dori, uno dei luoghi preferiti dai turisti a caccia di souvenir e oggetti antichi e cioè un mercato a cielo aperto che risale al 1500. E da ultimo, come chicca, la “lanterna del tuono” Kaminarimon, che Vi invito ad andare a vedere! All’interno del libro, una strizzatina d’occhio a tutta una serie di artisti di manga, di anime e di film, oltre a scrittori giapponesi e stranieri.
Ultimo appunto riguarda l’idea di far porre domande per bocca di Sosuke, il piccolo figlio maggiore dell’autrice – per permettere la spiegazione di alcune parti del libro. Del resto, come avevamo già detto, questa non è una guida sterile, proprio perché al suo interno sono innestati ricordi, pezzetti di vita dell’autrice e della sua famiglia.

E non potremmo definirla se non una guida del cuore quindi, che aiuta gli appassionati estimatori ed amanti del Paese del Sol Levante, siano essi turisti di fatto o di fantasia, a conoscere meglio il Giappone e Tokyo in particolare. Non più con gli occhi iniziali di una turista residente, come si era definita l’autrice stessa all’inizio della sua avventura nella Terra del Sol Levante, ma di una scrittrice che dedica ai suoi lettori un libro a “cielo aperto”, una puntata di un appuntamento in divenire che gli estimatori non mancheranno di appuntare.
Perché se è vero che la distanza tra sé ed il sogno è composta anche di meraviglia e che il figlio della scrittrice sottolinea con innocente verità l’ossessione della madre europea per le date e le ricorrenze tradizionali straniere che ha fatto sue, è anche vero che in questo modo le tradizioni si fanno storia personale, ricordo e quindi futuro memento familiare. E detto nella ns attuale società, se Vi prendete il tempo di rifletterci un poco – credetemi, non è poco!


A presto, sperando in un anno migliore,