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venerdì 18 marzo 2022

Letture con Marina #163 - Recensione de I fiori della morte di Morte di J.J. Ellis

Buongiorno lettori, lo so, sono pessima! Avevo promesso più assiduità ma purtroppo il nuovo lavoro mi assorbe tutte le energie. E il primo che sento ancora dire che nel pubblico non si lavora lo prendo a testate! Spero prima o poi di tornare ad avere le energie mentali per aprire il blog e scrivere, e magari anche per leggere... visto che sono a quota un libro non ancora terminato in questo mese di marzo sighhhhhhhh. Per fortuna Marina tiene botta quindi vi lascio a lei con una sua nuova recensione.


Mistero nel mistero!, quando ci si crede più furbi dello scrittore o della Casa Editrice, considerate le scarse notizie. Ma ha forse importanza? Dipende chiaramente ANCHE dal lettore… e scopriamo insieme il perché.


    
Tito
lo: I fiori della morte
Autore: J.J. Ellis
Casa editrice: Ponte alle Grazie, 2019
Genere: Poliziesco/Thriller
Pagine: 351

Trama: Giornalista inglese trapiantata a Tokyo, Holly Blain è stanca di doversi occupare di zuccherose popstar per adolescenti. È a caccia di notizie vere, stimolanti. Cronaca nera. Quando incontra l'ispettore Tetsu Tanaka capisce di avere finalmente fra le mani la grande occasione che aspettava: una ragazza svedese, Elin Granqvist, viene trovata morta, e nelle stesse ore scompare Marie-Louise Durand, francese. Tanaka è un poliziotto ligio alle regole, e non vorrebbe coinvolgere una giornalista così ambiziosa in un'indagine tanto delicata. Ma l'ispettore non ha scelta: grazie al suo look androgino, Holly riesce a mimetizzarsi perfettamente nello sterminato alveare di Tokyo, scoprendo elementi decisivi per l'indagine. Le intuizioni di Holly e Tanaka portano a delineare la figura di un misterioso killer, ossessionato dalla fioritura dei ciliegi e dai minuziosi rituali della tradizione del suo Paese, e con una morbosa predilezione per Roy Orbison e le sue ballate intrise di malinconia. Sullo sfondo di un Giappone sospeso tra un futuro ipertecnologico e un passato immutabile, l'autore confeziona un thriller dove ogni personaggio è costretto a fare i conti con le proprie origini: un vuoto da colmare, un incubo psicologico da cui fuggire.

 

RECENSIONE:   

venerdì 18 settembre 2020

Letture con Marina #103 - Recensione de La montagna vivente di Nan Shepherd

 

Buongiorno lettori, è di nuovo venerdì quindi torna Marina con una bella e appassionata recensione! Per fortuna lei non ha apatie settembrine! ;)
Ma è mai possibile incappare in un’autrice che ha qualcosa come quasi un secolo più di me ed innamorarmene? E che è un’amante della montagna, mentre io adoro il mare, e nonostante questo restare a bocca aperta a leggere le sue avventure di provetta amante della natura?, prima che il tema dell’ambiente divenisse anche solo lontanamente di moda. O di necessità. 
 
Titolo: La montagna vivente (The living mountain)
Autore: Nan Shepherd
Casa editrice: Ponte alle Grazie, 218
Traduzione: Carlo Capararo
Pagine: 176

Trama: Nato dal fuoco, scolpito dal ghiaccio, rifinito dal vento, dall'acqua e dalla neve: il massiccio dei monti Cairngorm, nella Scozia nordorientale, chiamato anche «l'Artico della Gran Bretagna», è il protagonista di questo capolavoro della letteratura di alpinismo. L'autrice, la scrittrice scozzese Nan Shepherd, lo ha esplorato per tutta la vita, percorrendolo in lungo e in largo in un eterno ritornare, scoprire, ricordare. «Eterno» perché muoversi negli spazi di queste montagne, vibranti delle energie che operano da milioni di anni nell'universo, significa per lei entrare in contatto con la vera essenza della natura e di se stessi. In quel moto che è al tempo stesso contemplazione, i sensi si acuiscono per percepire suoni, colori, profumi e consistenze e la mente li accompagna, dapprima rapita e poi forte di una nuova consapevolezza. Chi ha dimestichezza con la montagna conosce questa pienezza nella rarefazione, questa vertigine così vicina al filosofare nel suo senso più originario; ma Nan Shepherd ha trovato meglio di chiunque le parole per descriverla. Ognuno di noi ha un luogo - una montagna, ma anche un bosco, un sentiero, un fiume, una vallata - nei confronti del quale prova un intimo senso di appartenenza. "La montagna vivente" è il libro da portare con sé per compiere ancora una volta quell'escursione prediletta.
 

 
 
RECENSIONE: 

“La montagna vivente” della scrittrice scozzese Nan Shepherd, definito dal Guardian “il libro più bello che sia mai stato scritto sulla natura e il paesaggio”, racconta il massiccio dei monti Cairngorm, nella Scozia nordorientale, chiamato anche “l’Artico della Gran Bretagna”.

Correvano gli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale e qualcosa degli anni immediatamente successivi, quando Nan Shepherd scrive questa meravigliosa ode alla montagna e alla natura in senso lato. Su suggerimento di un caro amico ed in considerazione dell’epoca, reputando difficile trovare un editore interessato ad un argomento così di nicchia, Nan ripone il manoscritto in un cassetto, fino a dimenticarsene. Ma a fine anni 70 del secolo scorso, riordinando le sue cose, rilegge il manoscritto e si rende conto che i suoi “traffici” con la montagna forse ora possono interessare più di qualche fido appassionato… Il resto è storia.

Resto ancora incredula quando leggo che nel 1915 questa giovane donna si laurea. Visto il periodo storico ed il paese in cui è nata, trovo che sia un incanto questa sua intelligenza viva, se aggiungiamo oltretutto che stiamo parlando di una donna! Sia chiaro, non per l’intelligenza, ma per la mancanza assoluta di opportunità!

Ma non voglio dilungarmi ulteriormente sulla biografia, nonostante mi abbia colpita, o su un mero riassunto – impossibile poi da fare, riportando lo stesso audace senso di meraviglia, di affezione e di amore per la montagna in particolare, ma per la natura tutta.

Un romanzo preceduto da una splendida introduzione di Robert McFarlane, che ci racconta questa donna, ma soprattutto ci introduce nel suo mondo montano, fatto di ghiacciai, venti che all’improvviso portano tempesta, raggiungendo le 170 miglia orarie e raschiando le lande più elevate del massiccio, rischiando di sorprendere e precipitare nella morte gli incauti scalatori, ma anche di giornate tiepide e soleggiate in cui rimanere estasiati ad ammirare i laghetti o semplicemente il panorama.

Un romanzo diviso in capitoli, ciascuno narrante un “elementale” diverso: ma che sia il gruppo montuoso del Cairngorm scozzese nel suo insieme, o gli elementi naturali dell’acqua, del gelo e la neve e del ghiaccio con i suoi meravigliosi ghirigori ed intarsi, le piante o gli animali viventi che popolano la montagna, così come l’uomo ed il meraviglioso sonno ed i sensi, non c’è che un sentimento che emerge da tutte queste considerazioni e da queste descrizioni: il rispetto ed al contempo l’amore, che si nutre della consapevolezza che v’è bisogno di tornare e ritornare negli stessi luoghi, per imparare a conoscerli ed anzi, per vedere e capire ogni volta qualcosa di diverso.

E per Nan, e lo fa capire precisamente man mano che si procede nel racconto, il corpo è di estremo ausilio alla mente, in montagna. E anzi, è l’organo principe, perché non ha bisogno di intermediazioni per muoversi nell’ambiente montano e, consapevolmente o meno, è foriero di estreme gratificazioni, anche quando il pericolo è in agguato. Di più, per Nan “la vita dei sensi in montagna è vissuta in maniera così pura che si potrebbe dire che il corpo pensi!”. Ed inconsapevolmente ma declamandolo continuamente nel suo libro, questa autrice dà vita al concetto del “corpo soggetto”, in contemporanea con le teorie di un filosofo francese (Fenomenologia della percezione, 1945 – Maurice Merlau-Ponty).

Un altro aspetto che mi colpisce di quest’autrice, è che negli anni 1928 – 1933 conosce un periodo di intensa creatività, nel quale pubblica tre romanzi e soprattutto una raccolta di poesie, oramai quasi impossibile da trovare. Dopodichè il nulla e nessuno sa se si sia trattato di un blocco oppure di una scelta. E come scrive Nan stessa “Sono diventata muta… Immagino non ci sia altro da fare che continuare a vivere. La parola può arrivare. Oppure no. E, se non arriva, immagino si debba essere disposti a rimanere muti. Almeno per non urlare tanto per far rumore”.

Questa autrice scozzese di Aberdeen ha dedicato la vita alla sua regione: fu poetessa e scrittrice, fu insegnante di letteratura e camminò per quaranta anni sugli altopiani e sulle montagne del Cairngorm, che ora è diventato un grande parco nazionale, a ovest di Aberdeen. Leggendo questo libro si intuisce che lei ed il suo libro sono un amalgama e nel contempo un intreccio di luoghi montani, elementi naturali selvaggi, sensazioni e percezioni che colgono l’uomo in una contemplazione ed estasi che può arrivare in qualsiasi ambito naturale ci si trovi. Lo stesso turbamento sensoriale ci coglie ad esempio al mare, quando l’arenile è isolato o la sera cala la sua coperta su una sabbia ancora surriscaldata dai raggi del sole morente. L’unica diversità percepibile, a parte il tempo cui apparteniamo, è lo stupore che coglie alcuni in stato di assoluta immobilità e lei in forza marciante, quando il corpo è stanco e la mente finalmente lascia entrare le sensazioni senza processarle con logicità. Per tutto il resto, esistono i cinque sensi, vista – tatto – odorato – udito e gusto, che si muovono in sinergia ed in giusta armonia. “Posso insegnare al mio corpo molte abilità che mi diano il modo di apprendere la natura... Una delle più affascinanti è la quiescenza. Mentre si scivola nel sonno, la mente si fa tersa, il corpo svanisce, soltanto la percezione rimane. Non si pensa, non si desidera, non si ricorda, ma si vive in pura intimità con il mondo tangibile. Questi momenti di percettività quiescente che precedono il sonno sono tra i più gratificanti del giorno” (dal cap.10, Sonno).

DALL'INTRODUZIONE DI ROBERT MACFARLANE: «Quasi tutte le opere di letteratura alpinistica sono state scritte da uomini, e quasi tutti gli alpinisti uomini focalizzano la loro attenzione sulla vetta […]. Ma aspirare a raggiungere il punto più alto non è il solo modo possibile di scalare una montagna, né il racconto di un assedio e di un assalto è il solo modo per scriverne. La montagna vivente racconta di come, col tempo, [Nan] imparò a inoltrarsi nelle alture senza una meta, "semplicemente per stare con la montagna come quando si fa visita a un amico, senza altra intenzione che stare con lui"».

E’ un fuoco, questa donna, un fuoco che a distanza di decenni riscalda il cuore e le membra.


Buona lettura! - A presto,




sabato 29 agosto 2020

Recensione #370 - La forma del silenzio di Stefano Corbetta

Buongiorno lettori, come state? Rieccomi, dopo tre settimane, con una nuova recensione. Lo so, lo so, il blog avrebbe dovuto restare chiuso fino al 31 agosto ma, complice il brutto tempo che mi ha fatto trascorrere in camper l'ultimo giorno di vacanza, e un libro meraviglioso che ha accompagnato i miei ultimi giorni, ho deciso di provare a scrivere con il cellulare la recensione. Mi perdonerete quindi, se per caso troverete più errori del solito. Ma veniamo al libro. Si tratta de La forma del silenzio di Stefano Corbetta edito da Ponte alle Grazie - che ringrazio per la copia - pag. 240.

Trama: Leo ha sei anni. È nato sordo, ma la sua
infanzia scorre serenamente. Con la sua famiglia, Leo parla la Lingua dei Segni, e quella degli affetti, che assumono forme inesplorate nei movimenti delle mani dei genitori e della sorella Anna. Ma è giunto il tempo della scuola e Leo viene mandato lontano da casa, a Milano, in un istituto che accoglie bambini come lui. Siamo ai tempi in cui nelle scuole è vietato usare la Lingua dei Segni. All'improvviso per Leo la vita diventa incomprensibile, dentro un silenzio ancora più grande di quello che ha vissuto fino a quel momento. Poi, in una notte d'inverno del 1964, Leo scompare. A nulla servono le ricerche della polizia: di Leo non si ha più notizia. Diciannove anni dopo, nello studio della sorella Anna, si presenta Michele, un compagno di Leo ai tempi della scuola. E inizia a raccontare la sua storia, partendo da quella notte d'inverno.

Non conoscevo Stefano, ma quando mi ha contattato per chiedermi la disponibilità a leggere il suo libro, ho letto la trama ed è stato subito amore. La storia era la mia, l'ho sentito subito, un lettore certe cose le sa... E il mio intuito non ha sbagliato!

lunedì 18 aprile 2016

Recensione #120 - Primo non nuocere di Henry Marsh


Buongiorno lettori, come state? Io sono uno zombie... sono stata precettata ieri e sabato pomeriggio a fare il presidente di seggio al referendum. Sveglia all'alba, tutto il giorno al seggio, e ritorno a letto a mezzanotte come Cenerentola. Però, a parte la stanchezza fisica è stata una bella esperienza! Pensavo  mi sarebbe pesata di più invece, complici degli scrutatori giovani e svegli, è passata anche velocemente tra una chiacchiera e l'altra!
Ma veniamo a noi... oggi torno con una recensione, quella di Primo non nuocere di Henry Marsh edito da Ponte alle Grazie 330  pagine.

Trama: Cosa significa essere un neurochirurgo? Come ci si sente ad avere in mano le sorti di una persona, mentre ci si apre un varco tra la materia grigia che ne genera i pensieri, i sentimenti e le emozioni? E, se qualcosa va storto, come si convive con le conseguenze? È ciò che scopriremo attraverso le pagine di questo libro, la confessione sincera e intensa di un famoso neurochirurgo inglese che, alla luce dell’esperienza quarantennale, rievoca le vittorie nelle battaglie combattute al fianco dei pazienti, ma anche le inevitabili sconfitte, gli errori e i fallimenti. Primo non nuocere è la narrazione di una professione eroica, chiamata a confrontarsi ogni giorno con i momenti di maggiore fragilità dell’essere umano – la scoperta della malattia, la speranza di una cura –, a prendere decisioni cruciali che, in un modo o nell’altro, cambieranno il destino dei pazienti, ma anche del medico stesso che porterà sempre con sé le storie di gioia o di dolore delle persone che hanno confidato all’abilità delle sue mani e alla generosità del suo cuore le loro vite in pericolo.

Una cosa è certa: se mai dovessi essere operata al cervello vorrei che a farlo fosse Henry Marsh o un neurochirurgo con la sua stessa passione.
Libro particolare questo. Non un romanzo ma una sorta di saggio. Trent'anni di casi che il famoso neurochirurgo si è trovato ad operare, a volte con successo, altre meno.
Per una volta ci troviamo dall'altra parte della barricata. Veniamo messi a conoscenza del dietro le quinte. Tutto quello che i medici fanno e pensano prima di operare o prima di dover parlare con i familiari di un paziente.
Ogni capitolo del libro rappresenta un caso, che il dott. Marsh racconta in prima persona spiegandoci, spesso in modo molto dettagliato, gli interventi ma soffermandosi anche sul lato umano, sulle sue paure, sui suoi dubbi, sulla necessità di prendere a volte decisioni terribili - operare oppure no - sull'incapacità di staccarsi dai suoi casi tanto da far andare a monte il proprio matrimonio.
Chi è affascinato da questi argomenti non potrà rimanere indifferente a questa lettura; chi invece è ipocondriaco oppure si impressiona facilmente pensando ad operazioni tagli ecc. forse è meglio che giri al largo da questo libro.
Io, da sempre fan adorante di qualsiasi telefilm che parli di medicina, conoscevo gran parte dei termini utilizzati in questo libro ma sapere che questa non è finzione, immaginare il dottore in sala operatoria mentre "clippa" un aneurisma o mentre pratica un foro nella testa di qualcuno è tutta un'altra cosa. E sentirlo raccontato dal dottore in persona ha un fascino inimmaginabile.
Oltre agli interventi, ai particolari più segreti che solo un medico in prima linea può conoscere, quello che emerge in ogni pagina di questo libro è l'umanità di Marsh, quella consapevolezza che se la sua operazione avrà successo sarà considerato un Dio e che se, al contrario, fallirà allora sarà ritenuto un mostro incompetente.
Quanto deve essere difficile dire ad un paziente che non potrà mai guarire? Che la vita che gli resta è pari ad un soffio di vento? È questo che mi sono chiesta per tutta la lettura. Perchè per quanto io sappia che i medici sono umani è vero che quando ci si trova ad averne bisogno si tende a pensare solo a noi stessi, e mai a quanto dall'altra parte possa non essere semplice.
C'è un passaggio che mi ha colpito particolarmente ed è questo:
«Ricordo tutti i miei pazienti che muoiono dopo un'operazione» le dissi, aggiungendo fra me e me: «E vorrei tanto che così non fosse».
Questo dimostra l'estrema difficoltà per Marsh di guardare oltre, di convivere con i fallimenti, l'obbligo da medico di nascondere i propri sentimenti dietro ad una necessaria maschera di indifferenza; perchè i familiari hanno bisogno di chiarezza e non di un medico in lacrime, anche se questo porta spesso le persone a considerarlo freddo e poco empatico.
Interessante anche osservare il dottore che diventa paziente - quando si ritrova ad essere operato per un distacco della retina che può portarlo alla cecità - oppure il dottore che diventa familiare del paziente - quando all'inizio della sua carriera il piccolo figlio viene ricoverato per un tumore alla testa con conseguente idrocefalo -; è proprio in questi momenti che il dottor Marsh diventa principalmente una persona comune, come noi, con le sue paure, le sue angosce.
Mia moglie e io passammo le settimane successive in quello strano mondo in cui si entra  quando si teme per la vita di un figlio, quando il mondo esterno, il mondo reale, diventa un mondo fantasma, e la gente che lo abita distante e indistinta. La sola realtà è un'intensa paura, una paura indotta da un amore impotente e travolgente al tempo stesso. [...]
Willliam fu operato un mercoledì mattina. Hilary e io passammo molte ore facendo avanti e indietro per il centro di Londra mentre l'intervento era in corso. Fu un'utile lezione per me, quando diventai un chirurgo esperto, sapere quanto soffrano i famigliari dei pazienti mentre io sto operando.
Un'affascinante stralcio di vita lungo trent'anni che ci fa entrare nella vita di un uomo importante, medico impegnato anche in Ucraina, famoso neurochirurgo ma soprattutto Uomo, con la U maiuscola, che non ha paura di mettere nero su bianco tutti i suoi pensieri, tutte le sue insicurezze, tutti i suoi sbagli ma anche la sua caparbietà verso un sistema contro cui spesso si ritrova a lottare perchè la burocrazia ospedaliera spesso si scontra con la realtà della sala operatoria e delle urgenze.
Un unico appunto mi sento di farlo alla traduzione che purtroppo spesso pecca nella coniugazione dei verbi perchè leggere: 
"Sono quasi sicuro che è benigno" invece che "Sono quasi sicuro che sia benigno"
oppure:
"Gli chiesi se aveva domande da farmi" invece che "Gli chiesi se avesse domande da farmi"
sinceramente mi fa un po' rabbrividire!
A parte questo un libro che consiglio senza riserve a chi è curioso e poco impressionabile.

VOTO: 




venerdì 15 aprile 2016

Chi ben comincia #108 - Primo non nuocere di Henry Marsh

Buongiorno carissimi, buon venerdì! Oggi, dopo tantissimo tempo, torna Chi ben comincia, ideata da Alessia del blog Il profumo dei libri. Purtroppo ultimamente non riesco ad essere costnte come vorrei con questa rubrica ma, nonostante questo, non mi va di abbandonarla perchè è una rubrica che amo molto quindi ve la propongo quando riesco, sperando che comunque a voi faccia piacere.
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Oggi ho deciso di condividere con voi la prefazione del particolarissimo libro che ho finito di leggere ieri sera. Ho scelto questo perchè è poco conosciuto e perchè secondo me merita moltissimo nonostante non sia un romanzo ma una sorta di saggio che l'autore ha scritto per spiegare il suo punto di vista di neurochirurgo! Si tratta di Primo non nuocere di Henry Marsh edito da Ponte alle Grazie.
REGOLE:

- Prendete un libro qualsiasi contenuto nella vostra libreria
- Copiate le prime righe del libro (possono essere 10, 15, 20 righe)
- Scrivete titolo e autore per chi fosse interessato
- Aspettate i commenti



Prefazione
Se siamo malati e in ospedale, e temiamo per la nostra vita, aspettando un intervento che ci atterrisce, dobbiamo fidarci dei medici che ci curano - e comunque, la vita sarà molto difficile se non lo facciamo. Non deve sorprendere se attribuiamo ai medici qualità sovrumane: è un modo per superare le nostre paure. Se l'intervento riesce il chirurgo è un eroe, se non riesce è un infame.
La eraltà, naturalmente, è diversa. I medici sono umani, come tutti. Molto di quanto succede negli ospedali è questione di sorte, buona e cattiva; successo e fallimento sono spesso al di fuori del controllo dei medici. Sapere quando non operare è importante come sapere quando operare, ed è una della capacità più difficili da acquisire.
La vita di un neurochirurgo non è mai noiosa e può essere profondamente gratificante, ma tutto questo ha un prezzo. Bisognerà fare inevitabilmente degli errori e imparare a vivere con delle conseguenze a volte terribili. Bisogna imparare a essere obiettivi su ciò che si vede senza per questo perdere la propria umanità. Le storie che racconto in questo libro riguardano i miei tentativi, a volte falliti, di trovare un equilibri tra il necessario distacco e la compassione richiesta dalla carriera di un chirurgo, un equilibrio tra speranza e realismo. Non è nelle mie intenzioni intaccare la fiducia nei neurochirurghi o, peggio, nell'intera professione medica, ma spero che il mio libro possa aiutare la gente a capire le difficoltà - di natura più umana che tecnica - che il medico affronta.
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Di sicuro una prefazione del genere fa riporre ancora più curiosità sul libro che si andrà a leggere; almeno, per me è stato così. Ho affrontato la lettura con la consapevolezza che avrei visto la medicina dall'altra parte, affrontando i dubbi di un famoso neurochirurgo e cercando di capire le dinamiche di una professione con così tante responsabilità!

mercoledì 13 aprile 2016

Shopping letterario #40




Buongiorno lettori, come state? Per me periodaccio ma che dobbiamo fare... passerà, spero!
Oggi sono di nuovo qui per mostrarvi dei libri acquistati in una incursione alla libreria Il libraccio non lontanissima da casa. Mi piace spulciare tra quei volumi e trovare delle chicche inaspettate.
Ecco il mio bottino (nel quale vedrete anche un libriccino per mio figlio)!!

 

Oltre a questi acquistati in libreria ho ceduto ad un'offerta lampo di Amazon... hihihihi mannaggia a me!
Ora ve li presento per bene tutti!
  • Luna di Julie Anne Peters edito da Giunti, 384 pagine, usato € 5.00. Era da tantissimo tempo che questo libro mi incuriosiva e trovarmelo davanti ad un prezzo così allettante mi ha fatto convincere che dovesse essere mio!Oltretutto online ha delle recensioni altissime quindi ho grandi aspettative.
Trama: Regan, fin da piccola, ha sempre saputo che suo fratello Liam era diverso dagli altri. Liam ha sedici anni. È alto, bello, muscoloso e corteggiatissimo ma la verità è che si sente una ragazza intrappolata dentro un corpo da ragazzo. Regan è l'unica condividere questo segreto con Liam - o Luna come preferisce farsi chiamare - che ogni notte in camera della sorella si trasforma con trucchi e vestiti da ragazza nel suo alterego femminile. All'insaputa dei genitori, una madre troppo occupata nella sua professione di wedding planner e un padre frustrato da un lavoro rutinario, Regan si trova da sola a dover aiutare e sostenere il fratello (quasi una sorella) nel difficile percorso verso la trasformazione. Ma anche per Regan è il momento del cambiamento e quando, durante una lezione di chimica, un ragazzo appena trasferito nella sua scuola, si accorge di lei, insieme ai primi turbamenti del cuore arrivano anche le complicazioni che l'avere un fratello trans comporta...
  • Primo non nuocere  di Henry Marsh edito da Ponte alle Grazie, 330 pagine, usato mai sfogliato € 8.40. Ho voluto questo libro nello stesso istante in cui la mia  sister virtuale Salvia ne ha pubblicato la recensione qui. Per una come me, affascinata da ogni serie televisiva che riguarda medici e affini un libro come questo è un richiamo fortissimo e quindi ho già cominciato a leggerlo!
Descrizione: Cosa significa essere un neurochirurgo? Come ci si sente ad avere in mano le sorti di una persona, mentre ci si apre un varco tra la materia grigia che ne genera i pensieri, i sentimenti e le emozioni? E, se qualcosa va storto, come si convive con le conseguenze? È ciò che scopriremo attraverso le pagine di questo libro, la confessione sincera e intensa di un famoso neurochirurgo inglese che, alla luce dell'esperienza quarantennale, rievoca le vittorie nelle battaglie combattute al fianc dei pazienti, ma anche le inevitabili sconfitte, gli errori e i fallimenti. Primo non nuocere è la narrazione di una professione eroica, chiamata a confrontarsi ogni giorno con i momenti di maggiore fragilità dell'essere umano - la scoperta della malattia, la speranza di una cura -, a prendere decisioni cruciali che, in un modo o nell'altro, cambieranno i destino dei pazienti, ma anche del medico stesso che porterà sempre con sé le storie di gioia o di dolore delle persone che hanno confidato all'abilità delle sue mani e alla generosità del suo cuore le loro vite in pericolo.


  • Le sette sorelle di Lucinda Riley edito da Giunti, 576 pagine, acquistato grazie all'offerta lampo amazon a € 0.99. È da molto tempo che questo libro mi incuriosisce. L'ho spesso preso in mano in libreria, anche l'ultima volta da Libraccio ma poi finivo sempre col posarlo di nuovo sugli scaffali. Il fatto che faccia parte di una serie infinita (7 volumi) mi ha sempre fatto desistere ma trovarlo in ebook ad un prezzo simile mi ha convinto a dargli una possibilità quindi... comprato!
Descrizione: Bellissima eppure timida e solitaria, Maia è l’unica delle sue sorelle ad abitare ancora con il padre ad Atlantis, lo splendido castello sul lago di Ginevra. Ma proprio mentre si trova a Londra da un’amica, giunge improvvisa la telefonata della governante: Pa' Salt è morto. Quel padre generoso e carismatico, che le ha adottate da bambine raccogliendole da ogni angolo del mondo e dando a ciascuna il nome di una stella, era un uomo di cui nessuno, nemmeno il suo avvocato e amico di sempre, conosceva il passato. Rientrate precipitosamente nella villa, le sorelle scoprono il singolare testamento: una sfera armillare, i cui anelli recano incise alcune coordinate misteriose. Maia sarà la prima a volerle decifrare e a trovare il coraggio di partire alla ricerca delle sue origini. Un viaggio che la porterà nel cuore pulsante di Rio de Janeiro, dove un vecchio plico di lettere le farà rivivere l’emozionante storia della sua antenata Izabela, di cui ha ereditato l’incantevole bellezza. Con l’aiuto dell’affascinante scrittore Floriano, Maia riporterà alla luce il segreto di un amore sbocciato nella Parigi bohémienne degli anni ’20, inestricabilmente legato alla costruzione della statua del Cristo che torreggia maestosa su Rio. Una vicenda destinata a stravolgere la vita di Maia.

E con questo è tutto! Che cosa ne pensate dei miei nuovi acquisti? Li avete letti?