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venerdì 15 ottobre 2021

Letture con Marina #149 - Il blu delle rose di Tony Laudadio

Buongiorno lettori, come state? Nuovo venerdì e nuova recensione di Marina.


Fantascienza? Fiaba distopica? Realtà modificata, così come modificata è questa favola, ma sulla falsariga della realtà che ci ha colpito così inaspettatamente? O come dice Philip K. Dick: “la realtà è ciò che rifiuta di scomparire quando si smette di crederci”. Forse anche noi siamo arrivati a questo punto…


    Ti
tolo: Onnazaka
Autore: Fumiko Enchi
Casa editrice: Safarà editore, 2017
Traduzione: Lidia Origlia
Pagine: 223

Trama: In un mondo non troppo diverso dal nostro, dominato dalla tecnologia e da un clima imprevedibile, la scienza ha finalmente stabilito che criminali si nasce: il gene C, responsabile della violenza nei comportamenti, è stato individuato e grazie al controllo delle nascite imposto dalla legge la società è ormai pacificata. La scienziata Elisabetta Russo, che ha contribuito alla rivoluzionaria scoperta, non nutre dubbi sulle pratiche di selezione genetica del governo, nonostante le proteste degli oppositori. A venticinque anni dall’entrata in vigore della legge Genesi, però, una serie di eventi drammatici scuote le sue certezze mettendo in pericolo la sua stessa vita. Ed è soltanto grazie alla premura di Nghele e all’amore del giovane Lionel che Elisabetta trova il coraggio di ribellarsi alle regole e ai limiti che lei stessa si è imposta. Dopo “Preludio a un bacio”, Tony Laudadio torna con una favola distopica che, immaginando un futuro vicino nel tempo, si interroga sul nostro presente in cerca della perfezione a ogni costo. E ci insegna che le scelte di libertà e amore sono le uniche capaci di vincere la paura e segnare la strada che porta alla felicità. Per chi sogna un futuro in cui le auto si guidano da sole, per chi ha riletto una poesia di Montale di cui ricordava solo pochi versi, per chi ascolta il tintinnio di un acchiappasogni in veranda, e per il mistero della rosa blu, che obbedisce all’artificio della bellezza, ma conserva in sé la ribellione della natura.

 

RECENSIONE:   

sabato 7 novembre 2020

Recensione #374 - Il blu delle rose di Tony Laudadio

Buongiorno lettori, dopo troppo tempo riesco a trovare il momento per condividere con voi il mio pensiero sul romanzo Il blu delle rose di Tony Laudadio edito da NN Editore - che ringrazio per la copia -, pag. 272.

Trama: In un mondo non troppo diverso dal nostro, dominato dalla tecnologia e da un clima
imprevedibile, la scienza ha finalmente stabilito che criminali si nasce: il gene C, responsabile della violenza nei comportamenti, è stato individuato e grazie al controllo delle nascite imposto dalla legge la società è ormai pacificata. La scienziata Elisabetta Russo, che ha contribuito alla rivoluzionaria scoperta, non nutre dubbi sulle pratiche di selezione genetica del governo, nonostante le proteste degli oppositori. A venticinque anni dall'entrata in vigore della legge Genesi, però, una serie di eventi drammatici scuote le sue certezze mettendo in pericolo la sua stessa vita. Ed è soltanto grazie alla premura di Nghele e all'amore del giovane Lionel che Elisabetta trova il coraggio di ribellarsi alle regole e ai limiti che lei stessa si è imposta. Dopo "Preludio a un bacio", Tony Laudadio torna con una favola distopica che, immaginando un futuro vicino nel tempo, si interroga sul nostro presente in cerca della perfezione a ogni costo. E ci insegna che le scelte di libertà e amore sono le uniche capaci di vincere la paura e segnare la strada che porta alla felicità. Per chi sogna un futuro in cui le auto si guidano da sole, per chi ha riletto una poesia di Montale di cui ricordava solo pochi versi, per chi ascolta il tintinnio di un acchiappasogni in veranda, e per il mistero della rosa blu, che obbedisce all'artificio della bellezza, ma conserva in sé la ribellione della natura.
Cosa sareste disposti a fare per evitare che la cattiveria dilaghi nel mondo? Quante volte avete pensato che eliminando i cattivi tutto sarebbe migliore? Tony Laudadio con questo romanzo prova a immaginarselo e il risultato è notevole!

giovedì 16 luglio 2020

Recensione IN ANTEPRIMA #365 - La linea del sangue di Jesmyn Ward

Buongiorno lettori, oggi sono qui per parlarvi di un romanzo che ho avuto l'onore di leggere in anteprima grazie all'ufficio stampa della casa editrice. Si tratta di La linea del sangue di Jesmyn Ward edito da NN Editore, che ringrazio per la copia, pag. 320.

Trama: Joshua e Christophe sono gemelli e vivono a Bois Sauvage, Mississippi, insieme alla dolce Mamee, la nonna cieca che si è sempre presa cura di loro. La madre, Cille, si è trasferita ad Atlanta per cercare fortuna, mentre il padre, Sandman, è tossicodipendente e li ha abbandonati da tempo. I gemelli si sono appena diplomati e trascorrono la loro ultima estate di libertà tra tuffi nel fiume, partite di basket e feste con gli amici. Ma devono anche iniziare a cercare un lavoro: saranno loro, adesso, ad aiutare la nonna, diventando gli adulti di casa. Joshua trova un impiego al porto e si innamora di Laila, mentre Christophe non ha fortuna e inizia a spacciare. Le strade dei due fratelli si dividono per la prima volta, e ai loro malumori si aggiungono le incomprensioni con Cille e le tensioni con Sandman, che dopo anni ricompare a casa di Mamee. Jesmyn Ward ci riporta a Bois Sauvage, nei torridi giorni d'estate che precedono gli eventi di Salvare le ossa. E con voce limpida e intensa racconta le cicatrici dell'adolescenza e le forme d'amore che tengono insieme una famiglia, venature di quella linea del sangue che ispira e orienta il destino.

Se mi seguite sapete che gli scorsi anni ho già letto e postato due recensioni di due libri di Jesmy Ward facenti parte della trilogia di Bois Sauvage, Salvare le ossa - recensione qui - e Canta, spirito, canta - recensione qui - che sono in realtà rispettivamente il secondo e il terzo della serie. Quello di cui mi appresto a parlare è invece il primo della serie, libro d'esordio della scrittrice.

lunedì 24 giugno 2019

Recensione #308 - Preludio a un bacio di Tony Laudadio - #aspettandoilbancarella

Buon lunedì lettori, passato bene il week end? Oggi torno con una delle recensioni della rubrica #aspettandoilbancarella parlandovi di quello che di sicuro sarà una delle migliori letture di quest'anno per me. Si tratta di Preludio a un bacio di Tony Laudadio edito da NN Editore, pag. 217.

Sinossi: Emanuele è un barbone, un musicista che suona agli angoli delle strade. Ha rinunciato a ogni affetto e contatto umano, tranne quello di Maria, che lavora in un bar e si prende cura di lui. Finché un giorno, dopo un'aggressione, Emanuele si risveglia in ospedale e si accorge d'un tratto che la sua apatia è scomparsa: persone e cose brillano di una nuova luce, spingendolo ad agire per rimediare agli errori di un passato sprecato. Non solo un romanzo, ma un monologo su carta ambientato in un teatro fatto di jazz, ricordi e rimpianti;Tony Laudadio ci consegna una storia colorata come una processione lungo le strade di una città di provincia, popolare e anche un po' kitsch, emozionante come il brivido che ci coglie quando ritroviamo frammenti di fiaba nella vita di tutti i giorni. Preludio a un bacio è la storia di una rinascita in crescendo, in corsa verso una felicità inafferrabile, ma comunque capace di dare senso a una vita intera.


Tanta roba questi finalisti del Premio Bancarella! Fino ad ora mi stanno danno delle immense soddisfazioni e spero proprio che continuino così anche i libri mancanti .
Ma veniamo alla meravigliosa lettura fatta con Preludio a un bacio.
Non conoscevo Tony Laudadio come autore o meglio, di questo romanzo avevo sentito parlare molto ma non mi ero mai soffermata a capire se potesse essere un libro adatto a me. Probabilmente se non fosse per il Premio Bancarella, non mi sarei mai avvicinata a questa lettura e avrei fatto un errore madornale perdendomi, come già vi anticipavo sopra, uno dei più bei libri letti nel 2019!

lunedì 6 maggio 2019

Recensione #298 - Canta, spirito, canta di Jesmyn Ward

Buon pomeriggio carissimi, passato bene il weekend? Finalmente il tempo grigio che ci ha infreddolito per tutto il fine settimana sembra essersene andato ed oggi pare essere tornata la primavera. Speriamo che duri!
Oggi torno con una recensione, quella del libro Cante, spirito, canta di Jesmyn Ward, edito da NN Editore, di cui ringrazio l'ufficio stampa per la copia, pag. 268. Secondo volume della Trilogia di Bois Sauvage. Il primo libro, Salvare le ossa, l'ho recensito qui.

Sinossi: Jojo ha tredici anni, e cerca di capire cosa vuol dire diventare un uomo. Vive con la madre Leonie, la sorellina Kayla e il nonno Pop, che si prende cura di loro e della nonna Mam, in fin di vita. Leonie è una presenza incostante nella vita della sua famiglia. È una donna in perenne conflitto con gli altri e con se stessa, vorrebbe essere una madre migliore ma non riesce a mettere i figli al di sopra dei suoi bisogni. Quando Michael, il padre di Jojo e Kayla, esce di prigione, Leonie parte con i figli per andarlo a prendere. E così Jojo deve staccarsi dai nonni, dalla loro presenza sicura e dai loro racconti, che parlano di una natura animata di spiriti e di un passato di sangue. E mentre Mam si spegne, gli spiriti attendono, aggrappati alla promessa di una pace che solo la famiglia riunita può dare. Dopo "Salvare le ossa", Jesmyn Ward torna nel suo Mississippi, una terra in cui il legame con le origini, i vincoli di sangue e la natura sono fatti di amore e violenza, colpa e speranza, umanità e riscatto.

"Preparatevi. Se deciderete di prendere in mano questo libro dovrete farlo con la consapevolezza che vi ritroverete al cospetto di un libro forte, crudo, duro, esageratamente crudele a volte ma anche assolutamente ammaliante."
Cominciava così la recensione di Salvare le ossa, il primo libro di questa trilogia e, un anno dopo, questo è ancora il modo migliore per parlare di questo nuovo volume.

martedì 8 maggio 2018

Recensione #238 - Salvare le ossa di Jesmyn Ward

Buongiorno carissimi, buon martedì. Oggi vi parlo di un libro particolare, un libro che forse non avrei neanche preso troppo in considerazione - se non per la sua cover meravigliosa - se Francesca, l'addetta stampa che si occupava del suo lancio, non me ne avesse parlato cone un libro da leggere, per forza. Sto parlando di Salvare le osse di Jesmyn Ward edito da NN editore, 320 pagine, primo della Trilogia di Bois Sauvage. Che dire... per fortuna esistono le addette stampa così: appassionate, coinvolgenti e capaci di incuriosire parlando di libri!


Sinossi: Un uragano minaccia di colpire Bois Sauvage, Mississippi. In un avvallamento chiamato la Fossa, tra rottami, baracche e boschi, vivono Esch, i suoi fratelli e il padre. La famiglia cerca di prepararsi all’emergenza, ma tutti hanno altri pensieri: Skeetah deve assistere il suo pitbull da combattimento dopo il parto; Randall, quando non gioca a basket, si occupa del piccolo Junior; ed Esch, la protagonista, unica ragazzina in un mondo di uomini, legge la storia degli Argonauti, è innamorata di Manny, e scopre di essere incinta. Nei dodici giorni che scandiscono l’arrivo della tempesta, il legame tra i fratelli e la fiducia reciproca si rinsaldano, uniche luci nel buio della disgrazia incombente. Salvare le ossa racconta la vita di ogni giorno con la forza del mito, e celebra la lotta per l’amore a dispetto di qualunque destino, non importa quanto cieco e ostile. Con una lingua intensamente poetica, dove ogni parola brucia come una lacrima non versata, Jesmyn Wardci trascina di pagina in pagina in un vortice di sole, vento, sangue e pioggia, lasciandoci, alla fine, commossi e senza respiro.
Preparatevi. Se deciderete di prendere in mano questo libro dovrete farlo con la consapevolezza che vi ritroverete al cospetto di un libro forte, crudo, duro, esageratamente crudele a volte ma anche assolutamente ammaliante.
Lo stile dalla Ward non può non colpire. È raffinato ma sboccato, colto ma capace di raccontare storie in cui di certo la cultura non è al primo posto, durissimo e doloroso ma anche capace di dare speranza. Ecco, non trovo altro modo per raccontare la Ward se non parlare delle sue contraddizione che credo siano proprio le caratterische che la rendono così unica.
Siamo a Bois Sauvage, in Mississippi e facciamo la conoscenza di una famiglia che vive ai limiti del paese, in una depressione - chiamata non per niente la Fossa - in cui convivono con rottami e con se stessi. Non è una famiglia facile. Quattro fratelli: Skeetah, Randall, Esche ed il piccolo Junior. Il padre è un ubriacone che tra un bicchiere e l'altro cerca di prepararsi al meglio a quello che sembra essere uno degli uragani del secolo - e lo sarà! - la madre è morta mettendo alla luce il fratello più piccolo e da allora sono stati Esch e Randall a prendersi cura di lui. Skeetah non ha occhi che per China, la sua pitbull, con la quale vive praticamente in simbiosi e alla quale fa fare combattimenti tra cani per raccimolare qualche soldo ma anche per determinare la propria supremazia.
È così che passano il tempo alla Fossa, tutti tranne Esch, che è appassionata degli Argonauti cui paragona a volte la propria vita, fantasticando proprio come una qualunque ragazza normale della sua età dovrebbe fare.
Ma Esch è tutto fuorchè una ragazza normale per la sua età. Essere cresciuta senza madre, con un padre praticamente inesistente e con un fratellino piccolo cui badare l'ha fatta crescere troppo presto; e l'ambiente in cui vive non l'ha certo aiutata a stare lontana dai guai. Si concede spesso Esch, troppo spesso, ma alla fine si innamora, probabilmente di quealcuno che non la merita ma, si sa, a volte in amore, sbagliando, ci si accontenta e lei si accontenta di essere cercata per fare sesso, si accontenta che Menny non la baci mai e non la guardi mai in faccia pur di averlo anche solo per qualche minuto per se. Il destino però ci mette del suo ed Esch resta incinta e decide, finchè può, di tenere nascosta a tutti la sua pancia che vuole esplodere ed urlare al mondo il suo segreto.
È proprio Esch la narratrice di questa storia, è lei che ci fa conoscere il resto della famiglia attraverso il suo racconto, è lei che ci porta con se nelle scorribande con i fratelli nelle case dei bianchi per rubare quello che può essere utile per superare l'uragano in arrivo.
Ci trascinerà anche ad assistere alle lotte tra cani e, fidatevi, non sarà una bella esperienza perchè l'autrice decide di raccontarci tutto, nei minimi dettagli, anche le cose più brutali, anche quelle che fanno male. Perchè? Me lo sono chiesta spesso durante la lettura, anche arrabbiata con lei per averci trascinato in qualcosa cui forse non avremmo voluto assistere. Ma poi una risposta me la sono data: queste cose nella realtà esistono, succedono ogni giorno, ed è inutile far finta di nulla, credere che non vedendole in realtà non accadano e quindi ce le sbatte in faccia perchè se una vita ha deciso di raccontare è necessario che questa sia il più possibile reale. E, credetemi, mai come questa volta, leggendo un libro, ho creduto di vedere la scena con i miei occhi, ed ho sofferto come poche volte mi capita di fare. Che poi, lo sapete, io sono avvezza ai thriller, alle cose crude, alle scene forti ma alcune di quelle lette in questo romanzo, forse perchè reali, plausibili, vere sono molto più difficili da immaginare di un qualsiasi libro horror che esiste. Ma resistete, andate avanti, anche quando vi sembrerà di non poter sopportare oltre perchè la Ward sa il fatto suo e saprà ricompensarvi.
Dodici giorni narrati e la sensazione di aver letto di anni e anni.
L'attesa e la preparazione all'uragano - il cui arrivo, invece, occupa una minima parte del libro - creano un'accentuazione del contesto difficile in cui questa famiglia vive; tutto è labile, indefinito, ed il lettore lo vive sulla sua pelle, come se fosse lì a picchiare con il martello su quelle assi che servono a riparare le finestre, come se si trovasse con Esch in bagno quando le due lineette le confermano una verità che sapeva già, come se le ferite di quei cani fossero le sue.
Quindi sì, ho sofferto. Sì, è stato duro arrivare alla fine. Sì, ho avuto i brividi per come alcune scene mi sono state raccontate ma, nonostante tutto vi dico: leggetelo, perchè una scrittura così non è facile trovarla, perchè arriverete alla fine pensando ne sia valsa la pena. Però vi dico anche: fatelo quando sarete pronti per leggere qualcosa che possa farvi male, ferirvi e segnarvi e non ne resterete delusi perchè questo tipo di libro, proprio come le ferite che lascia, è di quelli difficili da dimenticare. 
Perchè alla fine della sofferenza resta la speranza verso la vita, resta l'unione e la lealtà verso la famiglia, resta la vita!

VOTO:









lunedì 7 maggio 2018

BibliOmaggi #25


Buongiorno, buon lunedì. Passato bene il week end? Il mio è volato, come sempre, a causa del milione di cose da fare.
Rieccomi con una puntata di BibliOmaggi, per la prima volta con la nuova veste grafica. So che non è passato molto tempo dall'ultima volta ma non potevo non mostrarvi ciò che è arrivato nuovamente nella mia libreria!    
  • Fai piano quando torni di Silvia Truzzi, edito da Longanesi, che ringrazio per la copia, 272 pagine. Data pubblicazione: 08 marzo 2018.
    Di questo libro ho sentito parlare tanto e in modo contrastante. A me incuriosisce moltissimo quindi lo leggerò al più presto.
Sinossi: Margherita ha trentaquattro anni e un lavoro che ama. È bella, ricca ma disperatamente incapace di superare sia la scomparsa dell'adorato papà, morto all'improvviso otto anni prima, sia l'abbandono del fidanzato che l'ha lasciata senza troppe spiegazioni. Dopo un grave incidente d'auto si risveglia in ospedale. Qui incontra una signora anziana che da poco è stata operata al femore. Anna, oggi settantaseienne - nata poverissima, «venduta» come sguattera da bambina - ha trascorso la vita in compagnia di un marito gretto e di una figlia meschina, eppure ha conservato una gioia di vivere straordinaria. Merito delle misteriose lettere che, da più di mezzo secolo, scrive e riceve ogni settimana. I mondi di queste due donne sono lontanissimi: non fossero state costrette a condividere la stessa stanza, non si sarebbero mai rivolte la parola. Dopo i primi tempestosi scontri, però, fuori dall'ospedale il cortocircuito scatenato dalla loro improbabile amicizia cambierà in meglio la vita di entrambe.

  • Salvare le ossa di Jesmyn Ward, edito da NN Editore, che ringrazio per la copia, 320 pagine. Data pubblicazione: 16 aprile 2018.
    Una storia famigliare che mi incuriosiva un sacco, soprattutto perchè la Ward è la prima donna in assoluto ad aver vinto per ben due volte il prestigioso National Book Award, quest'anno con Sing Unburied Sing e nel 2011 proprio con Salvare le ossa! L'ho letto e finito, a breve troverete sul blog la recensione.
Sinossi: Un uragano minaccia di colpire Bois Sauvage, Mississippi. In un avvallamento chiamato la Fossa, tra rottami, baracche e boschi, vivono Esch, i suoi fratelli e il padre. La famiglia cerca di prepararsi all’emergenza, ma tutti hanno altri pensieri: Skeetah deve assistere il suo pitbull da combattimento dopo il parto; Randall, quando non gioca a basket, si occupa del piccolo Junior; ed Esch, la protagonista, unica ragazzina in un mondo di uomini, legge la storia degli Argonauti, è innamorata di Manny, e scopre di essere incinta. Nei dodici giorni che scandiscono l’arrivo della tempesta, il legame tra i fratelli e la fiducia reciproca si rinsaldano, uniche luci nel buio della disgrazia incombente. Salvare le ossa racconta la vita di ogni giorno con la forza del mito, e celebra la lotta per l’amore a dispetto di qualunque destino, non importa quanto cieco e ostile. Con una lingua intensamente poetica, dove ogni parola brucia come una lacrima non versata, Jesmyn Wardci trascina di pagina in pagina in un vortice di sole, vento, sangue e pioggia, lasciandoci, alla fine, commossi e senza respiro.
  • La scrittrice del mistero di Alice Basso, edito da Garzanti, che ringrazio per la copia, 320 pagine. Data pubblicazione: 26 aprile 2018. Adoro Alice, adoro Vani e Berganza quindi non potevo esimermi dal leggere il quarto e ultimo capitolo della loro storia! L'ho iniziato nel weekend e per ora posso solo dire che Alice non si smentisce.
Sinossi: Per Vani fare la ghostwriter è il lavoro ideale. Non solo perché le permette di restarsene chiusa in casa a scrivere, incompagnia dei suoi libri e lontano dal resto dell’umanità, per la quale non prova grande simpatia. Ma soprattutto perché così può sfruttare al meglio il suo dono di capire al volo le persone, di emulare i loro gesti, di anticipare i loro pensieri, di ricreare perfettamente il loro stile di scrittura. Un’empatia innata dalla quale trae puntualmente vantaggio il capo della casa editrice per cui Vani lavora. Lui sa che solo la sua ghostwriter d’eccezione è in grado di mettersi nei panni di uno dei più famosi autori di thriller del mondo; perché adora i padri del genere giallo, da Dashiell Hammett a Ian Fleming passando per Patricia Highsmith. Del resto Vani è la migliore e, se deve scrivere di misteri, lo è ancora di più. Persino la polizia si è accorta delle sue doti intuitive e ha chiesto la sua collaborazione. E non è un commissario qualsiasi ad averlo fatto, bensì Berganza, la copia vivente dei detective di Raymond Chandler: fascino da vendere, impermeabile beige e sigaretta sempre in bocca. Sono mesi ormai che Vani e Berganza indagano a braccetto. Ma tra un interrogatorio e l’altro, tra un colpo di genio e l’altro, qualcosa dipiù profondo sembra unirli: altrimenti Vani non saprebbe come spiegare i crampi allo stomaco che sente ogni volta che sono insieme. Eppure la vita di una ghostwriter non ha nulla a che fare con un romanzo rosa, l’happy ending va conquistato, agognato, sospirato. E il nuovo caso su cui Vani si trova a lavorare è molto più personale di altri: qualcuno minaccia di morte Riccardo, il suo ex fidanzato. Superare l’astio che prova per lui e decidere di aiutarlo è difficile, ma Vani sta per scoprire che la mente umana ha abissi oscuri e può tessere trame più ordite del più fantasioso degli scrittori.
Grazie a una protagonista unica nel suo genere, Alice Basso si è fatta amare da lettori e librai. Le sue storie a tinte gialle, costellate di citazioni letterarie, creano dipendenza. Dopo il successo di L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome, Scrivere è un mestiere pericoloso e Non ditelo allo scrittore, un nuovo imperdibile romanzo in cui dare vita a un libro, risolvere un caso e accettare di essere innamorati sono tre passi complicati ma insolitamente legati tra di loro.


  • Il quaderno rosso di Michel Bussi, edito da edizioni e/o, che ringrazio per la copia, 448 pagine. Data pubblicazione: 09 maggio 2018. Se mi seguite sapete che adoro questo autore e lo ritengo uno dei più bravi giallisti contemporanei quindi non potevo non avere questo libro che uscirà tra due giorni. Ovviamente mi aspetto grandi cose!
Sinossi:  Leyli Maal è una donna maliana molto bella, madre di tre figli, che vive in un minuscolo appartamento della periferia di Marsiglia in compagnia di una collezione di civette e di una montagna di segreti. Quella che apparentemente è la vita tranquilla di un’immigrata ben inserita viene però scossa da due delitti sanguinari in cui sembra coinvolta la figlia maggiore Bamby, ventenne bellezza mozzafiato. I due omicidi si rivelano ben presto essere il coperchio del vaso di Pandora del racket dell’immigrazione clandestina, scoperchiato il quale vengono alla luce scheletri nell’armadio di personaggi insospettabili e agghiaccianti organizzazioni che lucrano sulla pelle dei più derelitti.

A cercare di dipanare la matassa è Petar Velika, un commissario fin troppo navigato, coadiuvato dal tenente Flores, giovane poliziotto tecnologico, ma senza esperienza sul campo, che si è innamorato degli occhi dell’assassina appena li ha visti sulle registrazioni delle telecamere di sorveglianza. In quattro giorni e tre notti è un susseguirsi pirotecnico di cacce all’uomo, omicidi sventati o eseguiti, dirottamenti di yacht, traversate del Sahara, naufragi. È il misterioso tesoro di Leyli quello che in realtà tutti stanno cercando? O il suo diario segreto, il famoso quaderno rosso che contiene troppi nomi di intoccabili perché ci si possa permettere che venga trovato? E cosa c’entra in quell’intrico di delitti e bugie il pallone Morocco 2015 di Tidy, il figlio più piccolo di Leyli?
Che ne dite? Quale vi ispira? Vi auguro una splendida giornata.
A presto


venerdì 24 febbraio 2017

Letture con Marina #8

Buon venerdì amici. Come ogni due settimane vi lascio in compagnia di Marina e la sua rubrica. Lascio quindi a lei la parola e vi auguro un buon weekend!


Autore: Kent Haruf
Traduzione: Fabio Cremonesi
Titolo: Le nostre anime di notte / Our souls at night
Casa editrice: NN Editore
Pagine: 200
Anno Pubblicazione:2017

Sinossi:  La storia dolce e coraggiosa di un uomo e una donna che, in età avanzata, si innamorano e riescono a condividere vita, sogni e speranze. Nella cornice familiare di Holt, Colorado, dove sono ambientati tutti i romanzi di Haruf, Addie Moore rende una visita inaspettata a un vicino di casa, Louis Waters. Suo marito è morto anni prima, come la moglie di Louis, e i due si conoscono a vicenda da decenni. La sua proposta è scandalosa ma diretta: vuoi passare le notti da me? I due vivono ormai soli, spesso senza parlare con nessuno. I figli sono lontani e gli amici molto distanti. Inizia così questa storia di amore, coraggio e orgoglio.

RECENSIONE:

Ci sono romanzi che marchiano a fuoco. Una volta terminati, si instaura un dialogo fra lettore ed autore o fra lettore e personaggi della storia, che non lascia spazio ad altro per giorni e giorni. La mente continua a tornare lì. Rimandi, considerazioni personali, ragionamenti e piccole ulteriori scoperte. E questo anche se il vissuto cartaceo ci è completamente estraneo. Ci sono autori destinati ad essere immortali, nonostante le poche opere scritte. Kent Haruf è uno di questi fortunati eletti che la generazione attuale e soprattutto le generazioni future avranno l’onore ed il piacere di poter leggere, proseguendo la tradizione della più alta letteratura americana.
Kent Haruf è un altro di quei grandi autori che mette in scena la propria rappresentazione con pochi elementi ed una prosa nitida ed altamente evocativa: due persone anziane, un nipotino, un cane e la cittadina fittizia di Holt, in Colorado. Non ha bisogno di altro per orchestrare in maniera magistrale la sua storia, sin dalle prime battute di Addie, la protagonista, fino alla conclusione più logica, sperata e di eterea dissolvenza. 
Addie Moore: mi chiedevo se ti andrebbe qualche volta di venire a dormire da me. Louis Waters: Cosa? In che senso? 
Addie Moore: Nel senso che siamo tutti e due soli. Ce ne stiamo per conto nostro da troppo tempo. Da anni. Io mi sento sola. Penso che anche tu lo sia. Mi chiedevo se ti andrebbe di venire a dormire da me, la notte. E parlare. 
Romanzo di estrema essenzialità e profondità, sin dalle battute iniziali si intuisce entri già nel vivo degli avvenimenti e prosegue creando il giusto humus per una storia di quieta solitudine di due anziani e di gentile tenerezza, in un’America rurale fuori dal tempo. Due vite solitarie che si avvicinano e nella notte - o forse proprio per attraversare insieme la notte, topos dell’oscurità generatrice di ricordi ed angosce - chiacchierano e si raccontano la propria vita più privata, i dolori, i lutti e le gioie del tempo della giovinezza e maturità, tenendosi per mano sotto le coperte. Per svelare all’altro chi è ora la persona che sta loro accanto. Salvo poi controbilanciare queste splendide istantanee di felicità con la cattiveria gratuita, che deriva dall’invidia, dalla paura delle novità…
Il tutto con dialoghi quasi ininterrotti e poche descrizioni della piatta e desolante pianura del fittizio paesino di Holt, fino alle reali, tranquille e maestose Rocky Mountains per ammirare dal Monarch Pass l’incredibile congiungersi delle acque dell’oceano Atlantico e dell’oceano Pacifico.     
Una gita di un paio di giorni che Louis, Addie ed il nipotino, insieme al cane Bonny, intraprendono, con sosta in un campeggio dove i bisogni si fanno ancora in un buco nero e si cucina accendendo un fuoco negli appositi spazi con la legna che si deve raccogliere – e che a noi lettori regala un senso di pace ed al contempo di meraviglia per la semplicità e la quotidianità di simili descrizioni di vita che sono al contempo così poetiche da farci desiderare di interrompere la lettura per assaporare più a lungo queste giornate ristoratrici. E che sono parimenti il marchio di fabbrica di quest’autore, che non disdegna all’interno del romanzo un’ironica autocelebrazione, che noi lettori accogliamo con estrema gioia ed un tenero sorriso di riconoscimento.
Il colpo di scena dell’arrivo del nipotino nella vita di Addie e dello stesso Louis regala momenti di vissuto quotidiano così ricco, pur se quieto nella normalità dei gesti come curare il giardino, insegnare a Jamie il gioco del baseball o portare a spasso il cane, che quasi non ci si rende conto delle nubi che stanno oscurando il cielo di Holt e le vite dei due anziani “amanti”. I pettegolezzi e lo scandalo di questa situazione inusuale infatti colpiscono anche la figlia di Louis e soprattutto il figlio di Addie. Che porrà l’anziana ma coraggiosa genitrice di fronte ad un ricatto spietato e meschino.
Addie: Chi riesce ad avere quello che desidera? Non mi pare che capiti a tanti, forse proprio a nessuno. E’ sempre un incontro alla cieca tra due persone che mettono in scena vecchie idee e sogni e impressioni sbagliate.
Kent Haruf scrive questo romanzo di getto, contrariamente a quanto accade nei romanzi precedenti, quando oramai sa di essere ammalato di cancro ai polmoni. Tanto che, come dice la moglie Cathy, a cui il romanzo è dedicato, il marito non si cura di eventuali refusi o sintassi: “devo diventare cieco per vedere…”. Kent Haruf muore infatti prima che il suo ultimo romanzo venga pubblicato. L’estrema urgenza sotto i cui colpi l’autore ha scritto il suo ultimo e stupendo romanzo non si evince dalla storia che ci ha lasciato, che regala invece ai suoi lettori la commedia umana della quieta normalità, segnando la rinascita della grande letteratura americana attraverso il raccontare dell’uomo medio.

Di seguito riporto il link - clicca qui - alla toccante intervista che Cathy Haruf ha rilasciato lo scorso 11 Febbraio ad Antonello Guerrera – La Repubblica.it