giovedì 15 novembre 2018

Curiosità tra le righe #8 - Disposofobia

Rubrica inventata da me in cui, a cadenza casuale, condividerò con voi le curiosità che scoverò tra le righe dei libri. 

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Buon giovedì lettori, come state? Anche voi, come me, state già volgendo uno sguardo languido al weekend? Possiamo farcelta, la settimana è quasi finita!!!
Dopo tantissimo tempo torno con questa rubrica a cui tengo molto e che non riesco a pubblicare spesso come vorrei visto che non dipende unicamente da me. Trovare nei libri curiosità da raccontarvi non è affatto semplice ma, appena ne scovo, sono felice di condiverle con voi. Siete pronti?


La curiosità di cui parleremo oggi è una fobia di cui avete sicuramente parlare - complice anche un famosissimo programma televisivo in onda su Real Time - ma magari, come me, non ne conoscete il nome o le sue origini. Si tratta della Disposofobia.
Ho trovato questa curiosità nel libro L'ipotesi del male di Donato Carrisi edito da Tea, catalogo Longanesi, che sto leggendo proprio in questi giorni.

Ecco il passaggio che ho sottolineato.
Nell'età in cui può capitare che una ragazzina torni a casa con un cucciolo randagio, Diana un giorno era rientrata da scuola con una vecchia radio raccontando di aver trovato anche quella per strada. Asseriva che sarebbe stato un vero peccato lasciarla lì e che, sicuramente, il proprietario non sapeva ciò che stava facendo quando l'aveva gettata.
A differenza del telefonino, però, la radio era guasta e non si poteva riparare. Ma per Diana ciò sembrava non fare alcuna differenza.
Anche quella volta sua madre l'aveva lasciata fare, senza sapere che, da quel momento, la ragazzina avrebbe iniziato a portare a casa la roba più svariata - una coperta, un passeggino, barattoli di vetro, vecchie riviste -, giustificando ogni ritrovamento con una storia convincente.
In principio, la madre di Diana,  pur consapevole che ci fosse qualcosa di sbagliato nella strana abitudine della figlia, non riuscì a opporle valide ragioni per farla smettere. La mania, però, celava un morboso attaccamento agli oggetti conosciuto con il nome di disposofobia.
A differenza di quella donna, Mila sapeva che si trattava di un disturbo ossessivo compulsivo. Chi ne soffre, accumula roba di cui non riesce più a disfarsi.


La  disposofobia conosciuta in ambito clinico come Hoarding Disorder è stata oggetto negli ultimi 10 anni di numerosi studi che hanno portato nuovi elementi di comprensione circa la natura peculiare del disturbo e la dotazione di criteri diagnostici propri.
È un disturbo caratterizzato da un bisogno ossessivo di acquisire una notevole quantità di beni, anche se gli elementi sono inutili, pericolosi o insalubri e, di conseguenza, dall'incapacità di eliminare alcunché dai propri spazi vitali, creando così uno sbilanciamento tra il materiale che “esce” (quasi nulla / nulla) e quello che “entra” perché acquistato o raccolto in giro (volantini, bustine di zucchero, giornali, vestiti, cibo, in alcuni casi animali).
L'accaparramento compulsivo provoca impedimenti e danni significativi ad attività essenziali della vita domestica: mobilità, alimentazione, pulizia e sonno.
A causa di questo disturbo si attua un progressivo isolamento ed anche i rapporti con i familiari diventano sempre più difficili, caratterizzati spesso da rabbia e vergogna. La persona non accetta di far entrare nessuno nei propri ambienti per effettuare delle riparazioni, gli spazi si deteriorano ulteriormente con gravi problemi igienici, il materiale accumulato inoltre crea rischi di cadute e di incendio. Si determinano situazioni di conflittualità con il vicinato. 

Fonte: http://bizzarrobazar.com/tag/disposofobia/
Il primo caso documentato di hoarding è quello dei fratelli Collyer, due fratelli che, trovatosi soli dopo la morte dei genitori ed avendone ereditato tutte le proprietà, riuscirono a non lavorare e, nel corso degli anni, divennero particolarmente eccentrici. I due iniziarono ad accumulare e collezionare le cose e gli oggetti più disparati, ritrovandosi così in breve tempo circondati da carta straccia e cianfrusaglie inutili.
L'opinione pubblica, di fronte alla vita bizzarra e claustrofobica dei due fratelli, iniziò a dividersi tra coloro che consideravano i Collyer come due esteti da ammirare, e coloro che li vedevano come due pazzi colpiti da una triste e rara patologia.
Nonostante ciò, nessuno all'esterno poteva immaginare che la casa di Harlem era stata riempita e invasa da un'enorme quantità e varietà di cianfrusaglie ed oggetti inutili.
Fu solo a seguito di una telefonata anonima, che segnalava la presenza di un cadavere, che nel 1947 degli agenti si recarono nella loro casa di New York e scoprirono la condizione in cui i due vivevano. Da subito emerserp difficoltà a raggiungere l'interno dell'abitazione: l'edificio non era dotato né di campanello né di telefono, le porte erano serrate e, benché i vetri fossero rotti, griglie di ferro alle finestre del seminterrato proteggevano dall'accesso. Una squadra di emergenza di sette elementi non trovò infine altro modo di procedere che buttare sulla strada antistante tutti i rifiuti che bloccavano l'accesso dietro l'ingresso principale in cui erano stipati, a formare un enorme muro solido, vecchi giornali, reti da materasso, sedie, parte di una macchina da cucire, scatole, parti di un torchio da vino, e numerosi altri rifiuti.
Fonte: http://bizzarrobazar.com/tag/disposofobia/
Furono necessarie 15 ore di lavoro e ben 15 poliziotti per raggiungere il primo piano, dove venne individuato il corpo senza vita di Homer, il maggiore dei fratelli, che infermo e reso cieco da una malattia, venne trovato morto con indosso solo un consunto accappatoio blu e bianco. Si stabilì che ad uccidere Homer fosse stato l'effetto combinato di malnutrizione, disidratazione e arresto cardiaco.
Gli investigatori non riuscirono però a trovare Langley, il fratello minore. Ci vollero altri sedici giorni di scavi e la rimozione di più di 120 tonnellate di rifuti per rinvenire il secondo corpo, a circa tre metri dal primo. Il cadavere giaceva parzialmente decomposto e divorato dai topi, coperto da una valigia e tre grosse pile di giornali, probabilmente schiacciato da una delle trappole da lui stesso piazzate mentre stava portando da mangiare al fratello paralizzato, infilandosi in veri e propri tunnel tra i giornali.

Il Collyer Brothers Park di Harlem, situato dove si trovava la casa dei Fratelli Collyer - Di Jim.henderson - Opera propria, CC0
Una storia tragica ma anche affascinante che ci permette di capire quanto questo disturbo possa essere un serio problema per chi ne è affetto.
Ora lascio la parola a voi. Conoscete qualcuno affetto da questo disturbo? Eravate al corrente di questa curiosità?


12 commenti:

  1. Non ricordavo questo dettaglio di carrisi. Articolo interessantissimo! ;)

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  2. Oddio!!!! Lo facciamo leggere ad Ezio? Glielo giri tu? Tanto sei abituata a farti dare della Giargiana ah ah ah

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  3. Caspita! Conosco persone che faticano a liberarsi di cose materiali inutili, ma per fortuna non sono ai livelli dei fratelli Collyer! Comunque sai quanto mi piace questa rubrica, fallapiùspesso fallapiùspesso fallapiùspeeessooo (con voce da bambina lamentosa!)

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    1. Grazie Nadia, sei sempre gentilissima.
      La farei più spesso ma non è sempre facile trovare cose interessanti di cui parlare. Facciamo che se per caso individui qualcosa me lo dici? ;)

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    2. Ahahah va bene! Ben mi sta, così imparo a fare i capricci :-D

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  4. Ciao. È interessantissima questa rubrica, complimenti!

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  5. Caspita Daniela!!
    Da brivido...
    Bella la rubrica!
    Ciao!!

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    1. Grazie Marina, sono contenta che la rubrica piaccia! Mi piacerebbe solo poterla proporre più spesso ma non è semplice trovare materiale.

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