Buongiorno lettori, è di nuovo venerdì e torna Marina con la sua recensione.
Mi viene da sorridere se penso alle scorciatoie che talvolta si pigliano per prendere i così detti “due piccioni con una fava”. In questo specifico caso, la fava è il libro scelto all’uopo e i due piccioni sono Dickens e la Gaskell, cui finalmente ho potuto approcciarmi, pur se con racconti e non con un romanzo completo.
“Quello vittoriano fu un periodo di prosperità e progresso per la classe borghese, ma anche di povertà e profondissime ingiustizie per le classi più disagiate. In genere ricordato come l’epoca del Positivismo e del Realismo, tuttavia nascondeva in sé una sotterranea corrente di irrazionalismo soprannaturale, un amore per il fantastico e il ripiegamento interiore”.
Titolo: Le stanze dei fanrasmi
Autore: Charles Dickens (e con C. Dickens, Wilkie Collins, Elizabeth Gaskell, Hesba Stretton, George A. Sala, Adelaide A. Procter)
Casa editrice: Del Vecchio Editore, 2014
Pagine: 237
Traduzione: Stella Sacchini
Illustrazioni: M. Ceccato
Trama: In una vecchia casa di campagna Joe e Patty decidono di invitare un gruppo di amici per vivacizzare le loro giornate. Una coppia affiatata, un giovanotto brillante, una femminista convinta, un ex marinaio col suo compagno di avventure e un avvocato di successo rispondono all'invito, e finiscono per partecipare a un singolare "ritiro" in una classica location alla Poe: una villa isolata e popolata di presenze dall'oltretomba. Vivranno per tre mesi insieme, lontani dal mondo, avendo la possibilità di scoprire quale fantasma abita la loro stanza (e la loro vita), senza mai farne parola. Soltanto alla fine si riuniranno per raccontarsi ciò che hanno visto e udito, come in un inquietante Decameron. Regista dell'esperimento è Joe, alter-ego dello stesso Dickens. "Le stanze dei fantasmi" è un modernissimo romanzo a cornice, che inanella una serie di storie pubblicate su "All the Year Round" nel 1859, a cura di Charles Dickens. Con la sua consueta ironia ai limiti della satira e con il pretesto degli spettri, il più famoso scrittore vittoriano compone un nutrito campionario delle fobie e delle nevrosi dei suoi contemporanei.
RECENSIONE:
“Ecco allora che Charles Dickens affianca al romanzo sociale a tendenza filantropica una ricca serie di racconti di fantasmi, quasi a dirci che il realismo non è l’unica chiave di lettura della realtà. Le Stanze dei Fantasmi è una raccolta di ghost stories, pubblicata per la prima volta nel Dicembre 1859, nel numero speciale natalizio del periodico settimanale inglese ‘All the Year Round’, esperimento di scrittura collettiva diretto da Dickens e con la partecipazione di alcuni fra i suoi colleghi più letti all’epoca”.
E dunque l’incipit lo creano soprattutto Joe, protagonista del racconto introduttivo e voce narrante, e poi anche la sorella Patty, quando insieme affittano una casa dell’epoca di Giorgio II, isolata e con giardino, con la nomea di essere infestata dai fantasmi. Il tutto inizia però non come da copione in una sera buia e tempestosa, ma in una stupenda e soleggiata mattina autunnale. Il luogo però è talmente isolato, solitario e grigio e di una “tristezza trascendentale”, che i due decidono di invitare anche alcuni amici a condividere questa magione, per fare un esperimento diciamo così, esoterico. E detto fatto, prima ancora che arrivi il Natale, gli amici arrivano ad occupare la casa. Il patto che stringeranno tra di loro è che ciascuno occupi una delle stanze a disposizione, con scelta casuale e con annesso relativo fantasma. E ogni ospite dovrà mantenere il segreto su quanto gli capiterà o meno, fino alla “Dodicesima Notte” (la notte dell’Epifania), momento in cui loro, i mortali, si racconteranno a vicenda le esperienze vissute.
Ed ecco in sintesi la suddivisione delle stanze e gli argomenti, o le avventure, che gli attuali occupanti vivranno, chi personalmente, chi per interposta persona.
La scrittrice Hesba Stratton, scrittrice di libri per bambini, racconta la storia del fantasma della Stanza dell’Orologio, quella occupata dai coniugi Herschel sposatisi giusto in primavera, di cui John è il cugino di primo grado di Joe e Patty. Qui l’eroina Stella, di antica memoria brontiana, da giovane “libertina” si incapriccia per calcolo di un serio studioso, con la complicità della sorella maggiore che vuole accasarla prima che sia troppo tardi. Il racconto è adorabile ed il finale non è così scontato, soprattutto per la presenza di una strana bambina. La tematica principale, l’avrete capito, è la situazione femminile del tempo.
Adelaide Anne Procter, la poetessa preferita dalla regina Vittoria, scrittrice impegnata in molte cause umanitarie a favore di donne senza impiego e senza casa e fervente femminista, narra in rima la toccante vicenda dell’infelice suor Angela, orfana “raccolta” in tenera età dalle suore nel convento di Nostra Signora dei Biancospini. Forse uno dei racconti più belli e poetici che io abbia mai letto. Qui ci troviamo nella Stanza del Quadro, occupata da Belinda Bates, amica del cuore di Patty, intellettuale finissima e deliziosa ragazza con un talento spiccato per la poesia e, non poteva essere altrimenti, il pallino per i diritti della Donna.
George Augustus Sala, scrittore e giornalista, narra le rocambolesche avventure dell’amico ventottenne di Joe e Patty, Alfred Starling, ne La Stanza Doppia. Una tragicomica sequenza di gag, dove la realtà si confonde con il sogno, che si confonde con l’incubo, che si fa poi realtà, per trasformarsi ancora in… Della serie, le avventure comiche, per il lettore, di un libertino, o un sedicente tale.
Ospite nella Stanza della Madia, Mr. Beaver si farà raccontare da Wilkie Collins, in una vicenda di marinai e pirati spagnoli, forse il racconto che mi è piaciuto meno, pur se ingegnoso e rocambolesco. Wilkie Collins è considerato uno dei padri del romanzo poliziesco, era amico e collaboratore di Dickens ed in generale era uno scrittore molto ben considerato durante la sua epoca e anche nel nostro periodo. Nonostante ciò, devo confessare che l’unico suo romanzo letto, l’acclamato capolavoro “La Donna in Bianco”, letto peraltro molti anni fa, ha lasciato in me la sensazione di non averlo apprezzato come forse merita. E come da copione che si rispetti e da fama che lo precede, in questo racconto il gusto per la teatralità delle storie a sorpresa non verrà lesinato.
La Stanza del Signorino B è la stanza che capita in sorte a Joe, voce di Dickens, che viene “visitato” dal fantasma di questo signorino, che lo porterà ripetutamente a spasso nel tempo, finendo per infiltrarsi nella stessa infanzia di Joe, quando ancora piccolo era in collegio, prima della morte del padre e del rovescio della fortuna economica della sua famiglia.
Ed ecco che nella Stanza del Giardino, incontriamo finalmente la scrittrice Mrs. Gaskell, che si fa voce del giudice Undery, che occupa appunto tale stanza e che si ritrova egli stesso all’interno di questa favola o racconto nero, proprio nei panni di giudice, dopo aver assistito alle vicende di una famiglia di contadini del Nord. Vicende familiari dove l’eccessivo amore genitoriale porterà alla rovina di tutta una famiglia, con risvolti diabolici e nel contempo tristemente disperati. Stupendamente fastidiosa la stolidità di questi genitori e nel contempo la pietas che avvolge questo racconto si fa protagonista, incoronando la semplice onestà della vita contadina, fatta di sacrifici e al contempo di generosità disinteressata.
La Stanza ad Angolo chiude la serie di racconti ed è sempre raccontata da Dickens e narra le vicissitudini dell’ex marinaio, l’affascinante Jack Governor, amico di Joe ed ex innamorato proprio della di lui sorella, la nubile Patty. E che, guarda caso, viene visitato proprio da un qualcosa con le sembianze di donna.
Il fascino di questo romanzo come corpus e come vicende singole è che non racconta propriamente di fantasmi come ce l’aspetteremmo dai classici racconti di paura, nonostante i campanelli che suonano nel mezzo della notte, donne incappucciate che si materializzano all’improvviso e occhi che spuntano fuori nel buio. Dickens dà qui un taglio insolito e Le Stanze dei Fantasmi del titolo sembrano in realtà fare il verso alla “stanza interiore” di ciascuno dei protagonisti, rendendo l’elemento umano la parte fondamentale, con angosce e rimpianti dell’animo umano, che si mescola a credenze della tradizione e alla volontà del periodo di poter vivere nei racconti situazioni più disperate della propria, funzione che consente anche alle persone del ceto più disagiato di sperare in un futuro migliore.
Stupendi poi alcuni personaggi solo schizzati con tratto purtroppo anche troppo rapido, dipinti a violenti chiaroscuri, non protagonisti ma semplici comparse delle vicende, che verranno ricordate a lungo dai lettori, grazie al nutrito campionario di fobie e nevrosi ivi descritte e facenti parte dei tic dei contemporanei degli scrittori, con parti sicuramente molto più godibili in lingua originale, perché presentati nella parlata dell’epoca e nei diversi accenti delle “regioni”. Approfittiamo per ricordare che questa raccolta all’epoca era in realtà uscita settimanalmente nella rivista inglese sopra citata e quindi non potevano essere racconti molto lunghi. E che come traduzione, a parte quelli scritti da Dickens già tradotti in italiano, il resto dei racconti mi pare di aver capito siano qui tradotti per la prima volta da Stella Sacchini, traduttrice letteraria dall’inglese, dal latino e dal greco e laureatasi in Filologia Bizantina. Suo in effetti l’interessante poscritto intitolato “La scatola nera del traduttore”, che ci fa entrare di soppiatto nel mondo dei traduttori, per farci partecipi delle gioie e dei dolori di questa categoria alle volte misconosciuta. La lettura di quest’ultimo capitolo, per chi apprezza, è un gioiello che si aggiunge alla magnifica collana che è la raccolta dei sopra citati scrittori vittoriani.
Per concludere, prendo a prestito le parole della traduttrice Sacchini: “ E’ un vero miracolo di equilibrismo arrivare in fondo a questa raccolta, senza mai perdere le tracce dell’autore/autrice, e senza perdersi”. Confesso di essermi felicemente persa in questo mondo… e Vi invito a fare altrettanto.
A presto
Non conoscevo questo libro di Dickens, ma l'idea delle "stanze" per raccontare di diversi personaggi mi sembra molto originale e coinvolgente!
RispondiEliminaCiao Nicole,
RispondiEliminaAnche per me è stato una - piacevole - sorpresa. È parecchio che voglio leggere uno dei suoi classici, ma me ne manca sempre il tempo. Quindi ho iniziato da questi racconti...
Buona giornata, ciao!