venerdì 26 febbraio 2021

Letture con Marina #121 - Recensione de L'imprevedibile Venetia di Georgette Heyer

Buongiorno lettori, è venerdì e, come di consueto, lascio la parola a Marina e alla sua recensione.


E’ come una febbre. Puoi sperare di sfuggirle, ma come l’influenza, almeno una volta l’anno ti fa visita. E anche nel caso delle letture, ogni tanto dobbiamo pagare pegno e sottostare ad un genere che annovererà sempre dei fedeli ammiratori. E io rientro fra questi.

Titolo: Limprevedibile Venetia
Autore: Georgette Heyer
Casa editrice: Astoria, 2019
Pagine: 393
Traduzione: Anna Luisa e Lidia Zazo
 
Trama: Condannata a vivere nella solitudine della tenuta di famiglia nello Yorkshire da un padre misantropo, alla sua morte la bella, intelligente e indipendente Venetia Lanyon deve per giunta occuparsi della proprietà: il fratello maggiore, infatti, ha preferito dedicarsi alla carriera militare e il minore è preso solo dai suoi libri.
Un giorno il vicino di tenuta, Lord Damerel, torna a casa e, dopo un incontro casuale tra i due, la vita di Venetia viene sconvolta dal gentiluomo dalla pessima fama di libertino, che tuttavia si comporta con lei in modo corretto, riuscendo a portare una ventata di novità alle sue giornate noiose. La loro amicizia, fondata su un’intesa che si consolida ogni giorno, scatena molti pettegolezzi e il morboso interesse di parenti e amici...
 
RECENSIONE:   
Non c’è scampo: più curiosi e più conosci. Più conosci e più vorresti leggere. Devo avere nel kobo almeno tre romanzi della Heyer, di cui questo sembra essere unanimemente ritenuto il capolavoro. Ed io da quale dei suoi romanzi inizio?

Brioso, arioso, che in sé comprende più generi. Scritto dall’autrice nel 1958, sembra di essere immersi nell’Inghilterra dell’Ottocento del secolo scorso, nello Yorkshire e in parte a Londra, non durante il periodo della “Stagione”, cui l’autrice preferisce un periodo londinese più tranquillo, per dare maggior risalto ai suoi personaggi. Potremmo raggruppare i protagonisti principali in una sparuta triade: Venetia, un’ingenua ma bella, onesta ed audace gentildonna di venticinque anni, lo studioso fratello diciasettenne Aubrey e lui, il libertino, bel dissoluto, tenebroso e non più giovanissimo Lord Damerel.

La storia in sé non è originale, ma quale vicenda oramai non ha rimandi in più antiche vicissitudini? E allora giusto poche parole per descrivere una bella lei non più giovanissima, per l’epoca, e già in odor di zitellaggio, tenuta nascosta nella solitudine della tenuta di famiglia da un padre misantropo. Famiglia benestante, visto che sia lei che il fratello minore possono vivere senza dover lavorare, mentre il fratello maggiore è via a giocare alla guerra, dedicandosi alla carriera militare, dopo aver delegato la sorella ad occuparsi della proprietà. Finalmente il padre non amato muore, lasciando teoricamente liberi i figli di gestire la propria vita. Conosceremo anche lo sciocco e non affascinante ma solido pretendente di Venetia, suo vicino di casa, che le ha già chiesto un paio di volte di divenire sua moglie, ma l’intelligente ragazza l’ha rifiutato, preferendo la solitudine ad una vita con tale individuo e la di lui madre, con la scusa che deve rientrare a casa il fratello per poter prendere alla fine una qualsiasi decisione in merito… E poi c’è Lord Damerel, oramai trentottenne, che dopo anni di libertinaggio selvaggio tanto da essere tenuto lontano dalla buona società, rientra nella magione dello Yorkshire, casualmente anche lui vicino di casa di Venetia. E come nel più classico dei romanzi rosa, il loro primo incontro lascia il segno in entrambi.

Se riportato così può sembrare un insieme di melense e trite insulsaggini, in realtà il romanzo si sviluppa tra belle descrizioni di ambienti interni ed esterni, frizzanti scambi di battute ed una trama – badate bene, trama e non sinossi – che tiene letteralmente incollati alle pagine. Vicende che si intrecciano, vite che hanno una ragione d’essere con vite che pagano pesante pegno al periodo che stanno vivendo, descrizioni della moda londinese e costumi dell’epoca e soprattutto una caratterizzazione dei personaggi che ruota intorno ai tre maggiori protagonisti che non ha l’eguale, sia che si tratti di servitori sia che si tratti di gentildonne, etere, gentiluomini o libertini.

Pietra miliare dello stile regency che l’autrice ha esplorato con diversi romanzi, è un piacere che sia la casa editrice Astoria a riproporre questa autrice con le sue belle edizioni, riconoscibili dalla copertina rosso ciliegia.

Stupenda la parte conclusiva, quando finalmente Venetia, quasi costretta dallo zio, si decide ad andare a vivere per un periodo nella loro bella casa a Londra, in Cavendish Square. Come dicevo prima, non mancano descrizioni della megalopoli e dei costumi e consuetudini del tempo. E la Heyer, non contenta del finale agognato con l’Happy Ending, pur se arrivandoci per vie traverse e grazie all’intelligenza della stessa Venetia, ci sorprende con una bomba che lascia esplodere proprio mentre l’audace ragazza sta soggiornando a Londra, in compagnia della cara ma svenevole e sciocca zia.

Un esempio su tutti, ma ce ne sono diversi disseminati dalla Heyer nel suo romanzo, il nuovo vezzo della zia di Venetia di bere aceto per poter dimagrire, invece di diminuire i dolcetti e le leccornie che il cuoco personale prepara, nonostante tale intruglio la faccia star male, naturalmente. Aceto con biscotti secchi, perché le pare proprio di ricordare che lo stesso Lord Byron adottasse questa cura per restare snello! Solo aceto e biscotti secchi… o erano patate?!? Ma si lascia convincere facilmente dalla nipote a fa portare via tale sgradevole intruglio dal servitore, cenando quindi con una crema dolce e qualche amaretto…

Se amate il genere alla Austen, se come me non amate i romanzi rosa fini a se stessi, se vi piacciono gli scontri verbali frizzanti e l’ambientazione nella perfida Albione, allora non potete mancare la lettura di questo inconsueto romanzo, dove i generi si mescolano: rosso per l’amore, rosa per la suprema intelligenza femminile, giallo per gli intrighi, verde per l’ambientazione. E per l’avventura? … Fate vobis, io per non sbagliare e non far torto a nessuno dei generi incastonati nel romanzo, opterò per l’arcobaleno!
 
A presto




 

giovedì 25 febbraio 2021

Lettori intorno al mondo - Europa - Vi porto a Parigi

 



Buongiorno lettori, eccoci qui, torna questa rubrica che io amo tantissimo e dopo Nadia - qui - Marina - qui - Viviana - qui - e Baba - qui - oggi tocca a me portarvi a fare un viaggio in Europa.
Più precisamente andremo in Francia a Parigi, ma non nella Parigi turistica che sicuramente la maggior parte di voi già conoscerà. Oggi vi porto in luoghi più normali, luoghi frequentati dalla gente del posto, da chi Parigi la vive. Ci muoveremo principalmente in metrò e in treno, come dei veri Parigini!

Troverete nel post delle parti in corsivo rosso, che sono citazioni prese dal libro.
Ho sempre amato Bussi per le sue meravigliose ambientazioni quindi non potevo non partire da un suo libro per prendere spunto per questa nuova rubrica.
Per saperne di più sul libro vi rimando alla recensione qui.

 


Pronti? Si parte, verso il "Lylie's Mistery Tour"!


Università Paris VIII - Saint Denis
PRIMA TAPPA: Partiremo da un bar, il bar Lénine, all'incrocio tra avenue de Stalingrad e rue de la Liberté, a pochi metri dal piazzale dell'università Paris VIII-Vincennes-Saint-Denis, al centro del brulichio di studenti. È da qui che comincia la nostra storia, ad un tavolino un ragazzo ed una ragazza parlano fitto fitto.
Come raggiungere questo luogo? Prenderemo la linea 13 del metrò e scenderemo al capolinea, stazione Saint-Denis-Université.
La storia di Paris VIII cominciò a Vincennes, alla fine degli anni '60 con l'installazione di una facoltà sperimentale. Uno dei tratti caratteristici dell'università di Vincennes era la sua forte politicizzazione, a volte con eccessi ideologici. Forse perché Vincennes era ancora troppo vicina a Parigi o forse con l'idea di normalizzare l'ambiente accademico, nel 1980 l'università fu improvvisamente trasferita nella cittadina di Saint-Denis. Il primo sito dell'università a Saint-Denis era costituito da una serie di prefabbricati allineati lungo una strada a scorrimento veloce; nel 1998 le due “sponde” della via a scorrimento veloce che attraversa il campus sono state finalmente riunite da un ponte sul quale è ospitata la nuova biblioteca di Paris VIII, una struttura impressionante che supera per superficie la biblioteca del Centro Georges Pompidou. Oltre al valore funzionale il ponte ne ha anche uno simbolico visto che bisogna passare dalla biblioteca per accedere all'università. 

Esplanade des Invalides
SECONDA TAPPA:
Ad un certo punto la ragazza andrà via, prenderà la linea 13, fermata Invalides,  e la ritroveremo seduta sul parapetto di marmo dell'esplanade des Invalides. La zona degli Invalides, nota ai frequentatori abituali, non è certo la più popolare di Parigi. I turisti si ammassano piuttosto al Trocadéro, davanti al Palais-Royal, in place de l'Hotel-de-Ville, in place de la Bastille...
Sta osservando un gruppo di ragazzi fare acrobazie con i roller, l'esplanade des Invalides è il posto ideale per fare pratica di velocità, slalom e salti. I ragazzi avevano posizionato dei birilli arancioni di plastica, su due file, e continuavano a sfidarsi sui cento metri, come in una versione moderna dei tornei medievali in cui il più veloce, l'ultimo a rimanere in piedi, avrebbe vinto il cuore della bella.
Invalides è il 26º quartiere amministrativo di Parigi, situato nel VII arrondissement. Deve il suo nome all'Hôtel des Invalides.
 
 
TERZA TAPPA: Dopo un'ora, anche il ragazzo, Marc, uscirà dal bar. Noi lo seguiremo. Riprenderemo il metrò, linea 13, direzione Chatillon-Montrouge, cambieremo a Montparnasse prendendo la linea 6. Circa una ventina di fermate, forse un po' di più, fino a rue de la Butte-aux-Cailles numero 21, una graziosa viuzza da cartolina postale, che dava l'impressione di arrampicarsi verso la piazza di un villaggio, con la chiesa, il municipio, il bar e il campo da bocce all'ombra dei platani, nel cuore di Parigi. Marc sapeva vagamente che rue de la Butte-aux-Cailles era uno degli ultimi tipici "quartieri" parigino; una sera era andato lì a bere qualcosa, al Temps des Cerises.
Butte-aux-Cailles è un quartiere collinare di Parigi, in Francia, situato nel 13 ° arrondissement sud-orientale di Parigi. Un fiume ormai spento, la Bièvre, un tempo rendeva questa zona importante per la conceria e il commercio dei tessuti.
Un angolo della capitale che vi immergerà in un’insolita atmosfera di villaggio di campagna, ben lontana dalla Parigi monumentale, haussmaniana e frenetica delle grandi avenues e piazze.
È proprio in questa via che vive uno dei protagonisti del.romanzo, Credulé Grand-Duc, il detective privato che per diciotto anni ha indagato sul mistero della bambina sopravvissuta.
Era una casetta a un solo piano, posizionata al centro di un incantevole giardinetto di una ventina di metri quadrati. Il genere di villetta che sarebbe stata considerata ridicola in qualsiasi angolo di campagna della Francia ma che lì, nel cuore di Parigi, diventava un bene di gran lusso. Una unifamiliare circondata da un giardino.
Non vi dirò come andrà l'incontro tra Marc e Crédule, vi dirò solo che poco dopo il suo arrivo Marc ripartirà, e noi insieme a lui. 
 
Coupvray
QUARTA TAPPA: andremo verso Coupvray, diretti alla Roseraie, la casa dei de Carville, i nonni di una delle due neonate dell'aereo. Ci muoveremo con lui sempre allo stesso modo, metrò la linea 6. Cambio a Nation. Poi la linea A4 della RER, direzione Marne-la-Vallée. Uscita Val-d'Europe, penultima stazione prima del capolinea.
Un'ora al massimo e saremo all'indirizzo dei de Carville, chemin des Chauds-Soleils, una strada chiusa al limitare dell'abitato, in mezzo al bosco di Coupvray. Coupvray si era sviluppata in un'ansa della Marina, racchiusa dentro uno scrigno di foreste protette. Il canale di Meaux a Chalifert formava una sorta di confine del paese, tracciando una linea retta per abbreviare il corso del fiume. Aggiungeva un altro elemento pittoresco a quell'angolo di paradiso bucolico, a qualche chilometro dalla capitale.
Due incontri attendevano Marc in quella casa, uno più strano dell'altro. Rivelazioni che forse potrebbero cambiare tutto. Ma nelle questioni importanti non basta sentire una sola campana, servono certezze.
 
 
Festival degli aquiloni Dieppe
QUINTA  TAPPA:
Il nostro viaggio non si potrà ancora fermare, ripartiremo da qui, direzione Dieppe, la casa dell'infanzia di Marc. Più di un'ora d'attesa per il treno a Saint-Lazare.
La stazione di Parigi Saint-Lazare (in francese, Gare de Paris-Saint-Lazare), ex-capolinea della rete « Ouest-État », è una delle sei principali stazioni capolinea della SNCF a Parigi.
Prenderemo l'Intercity Parigi-Rouen, circa tre ore di viaggio per riordinare le idee, un cambio a Rouen per il regionale per Dieppe, un viaggio nuovo per noi, ma fatto tantissime volte da Marc.
Dieppe è un comune francese di 33.688 abitanti situato nel dipartimento della Senna Marittima nella regione dell'Alta Normandia.
Particolare è il quartiere del Pollet, l'antico quartiere dei pescatori con case pittoresche e passeggiata che porta alla sommità della falesia.
Costeggeremo a passo lento il porto turistico di Dieppe. La stazione è a meno di un chilometro dal Pollet.
Il nostro soggiorno a Dieppe sarà colorato dal Festival degli aquiloni, classificato tra i 300 più grandi eventi del mondo, questo festival si svolge ogni due anni alla fine dell’estate su grandi prati, sul lungomare di Dieppe. Un manifestazione  per famiglie, magico, colorato e gratuito.
Attraverseremo il ponte lasciando alla nostra destra il bar tabacchi del Pollet e ci avvieremo lungo rue Pocholle. La casa di Marc è lì, davanti a noi, con la facciata di mattoni simile ad altre quindici della strada.
Il nostro soggiorno durerà poco, il tempo non basta, è necessario chiudere un cerchio.
 
Mont Terrible
SESTA TAPPA:
Il nostro tour sta per giungere al termine, solo un altro luogo manca all'appello, forse un po' macabro ma necessario per tirare le fila del Lylie's tour. Il Mont Terrible, quello dell'incidente, dove tutto è iniziato e dove tutto deve per forza di cose concludersi. Non potremo muoverci in treno, questa volte, nè in metrò, ci servirà il vecchio furgone dei Vitral e diverse ore di viaggio.
Il Monte Terri è una montagna situata a nord di Saint-Ursanne nel Canton Giura in Svizzera, tra Delémont e Porrentruy, a sud di Courgenay .
Il Mont Terri portò, negli anni che precedettero il periodo napoleonico,+ il nome di Mont Terrible che è una fantasia e diede il nome ad un vechio dipartimento francese , il dipartimento di Mont-Terrible che esisteva dal 1793 al 1800 .
Solo andando lì scopriremo tutto ma io non vi rivelerò nulla, il nostro viaggio si conclude così, con un pizzico di mistero, necessario per approcciarsi a questo autore.
 
Mappa del metrò di Parigi


Il nostro tour europeo finisce con il mio post di oggi, spero che vi sia piaciuto viaggiare insieme a noi e ai nostri amati libri. Questa rubrica tornerà ad aprile, il tempo di ritornare a casa, disfare le valigie, e di organizzare nuovi tour. Per il momento vi svelo che vi porteremo in nord America. Vi ricordo che se voleste particepare basterà farcelo sapere!

 Calendario Aprile:
8 aprile Nadia sul blog Desperate Bookswife
12 aprile Viviana sul blog Cara carissima me
15 aprile Marina sul blog Un libro per amico
22 aprile Baba su Desperate Bookswife
29 aprile Io sul blog Un libro per amico


martedì 23 febbraio 2021

Recensione #384 - Un aereo senza di lei di Michel Bussi

Buongiorno lettori, nuova recensione questa mattina! Vi parlerò di Un aereo senza di lei di Michel Bussi, edito da Mondadori, pag. 404.


Trama:
Francia, 1980. In una notte di dicembre, appena prima di Natale, un aereo diretto a Parigi da Istanbul si schianta contro il Mont Terrible, nel Giura. Fra i rottami viene ritrovata una bambina di tre mesi, sbalzata fuori al momento della collisione. È l'unica sopravvissuta, ma a bordo le neonate erano due: si tratta di Lyse-Rose o di Emilie? Due famiglie - una ricca e potente di industriali, l'altra povera e sfortunata di ristoratori ambulanti - si fanno a pezzi per anni perché venga riconosciuta loro la paternità di quella che viene soprannominata dalla stampa francese la "Libellula", in un'epoca in cui il test del DNA non esiste ancora. La prima sentenza dà sorprendentemente ragione ai più poveri, ma i ricchi non si danno per vinti e assoldano un eccentrico investigatore che per diciotto anni cerca la verità. E quando finalmente la trova, la consegna in segreto nelle mani della ragazza ormai maggiorenne. Subito dopo, viene ritrovato cadavere nel suo studio. E lei scompare. Dai quartieri parigini a Dieppe, da Marne-la-Vallée al Giura, il lettore viene trascinato in una corsa affannosa e ricca di continui colpi di scena, fino all'incredibile finale. Quanto peso ha il destino in questa vicenda? Oppure qualcuno, fin dall'inizio, manovra tutti i protagonisti di questo dramma? "Un aereo senza di lei" è un thriller la cui trama è basata sulle false apparenze e sulla manipolazione del lettore, che fino alla fine si interroga sulla vera identità della neonata.
 
Michel Bussi, come non rimanere a bocca aperta dopo aver letto l'ultima parola di una sua storia? Se penso come io, anni fa, abbia scovato questo autore per caso, su uno scaffale di una libreria, quando ancora era un perfetto sconosciuto ai più, mi dico che sicuramente questo incontro sia stato un segno del destino.

sabato 20 febbraio 2021

Recensione #383 - Ally nella tempesta di Lucinda Rilay

Buongiorno carissimi, sono tornata. Se mi seguite vi sarete resi conto che ultimamente latito parecchio e che Marina - che per fortuna legge e scrive più di me - sta tenendo vivo questo angolino. I primi mesi del 2021 purtroppo non sono stati molto migliori del 2020 e ho dovuto dare la precedenza ad altro. Ma, come si dice, barcollo ma non mollo, quindi appena posso torno qui, perchè in ogni caso il blog è casa e non posso vivere senza. Di cosa vi parlero oggi?

Di Ally nella tempesta, di Lucinda Riley, secondo volume della serie Le sette sorelle edita da Giunti, pag. 656.


Trama:
La giovane Ally, velista esperta, è distesa al sole di uno yacht in mezzo all'Egeo e sta vivendo uno dei momenti più emozionanti della sua vita: l'intesa professionale con il famoso skipper Theo Falys-Kings si è da poco trasformata in un amore appassionato. Ma la loro felicità viene bruscamente interrotta dalla notizia della morte di Pa' Salt, il magnate svizzero che ha adottato Ally e le sue cinque sorelle e che ha lasciato a ciascuna una serie di indizi per mettersi sulle tracce del loro passato. Ally è troppo sconvolta per esaudire la volontà di suo padre; vuole solo abbandonarsi nelle braccia di Theo e ritrovare un po' di serenità: non sa però quello che sta per succederle, né sa che presto dovrà gettarsi nella lettura del volume lasciatole da Pa' Salt, la burrascosa storia di Anna Landvik, una cantante d'opera norvegese che nella seconda metà dell'Ottocento divenne la musa del compositore Edvard Grieg. Ed è proprio nella gelida e romantica Norvegia che Ally dovrà scoprire cosa la lega a questa donna misteriosa.
 
Se ricordate, durante il lockdown avevo cominciato questa serie, leggendo il primo volume Le sette sorelle - recensione qui per chi se la fosse persa - dedicato a Maya, la prima sorella. Mi sono buttata con questo secondo volume, dedicato ad Ally, anche se il primo mi aveva convinto a metà. Il mio era stato un promosso con riserva visto che diverse erano state le perplessità.
Capirete che ho quindi preso in mano questo secondo volume con un po' di timore. Com'è andata? Adesso provo a spiegarvelo.

venerdì 19 febbraio 2021

Letture con Marina #120 - Recensione di Notizie dal mondo di Paulette Jiles

Buongiorno lettori, è venerdì e, come di consueto, lascio la parola a Marina e alla sua recensione.


Libro o film? Film o libro? Questa volta partiamo da un punto di vista diverso ma non temete, non sarà una “sfida all’O.K. Corral”…


Ti
tolo: Notizie dal mondo
Autore: Paulette Jiles
Casa editrice: Neri Pozza, 2021
Pagine: 208 
Traduzione: Laura Prandino
 
Trama: Texas, 1870. All'indomani della Guerra civile, l'anziano capitano Jefferson Kidd, veterano di guerra e stampatore in pensione, si guadagna da vivere spostandosi da una città all'altra e leggendo ad alta voce i giornali per un pubblico pagante e affamato di notizie dal mondo. Un giorno, a Wichita Falls, Kidd viene avvicinato da Britt Johnson, un nero libero che fa il trasportatore. Sul suo carro c'è una bambina di una decina d'anni, vestita alla maniera Comanche con una tunica di pelle di daino con quattro file di denti d'alce cuciti sul petto. I capelli sono del colore dello zucchero d'acero, con una penna d'aquila e due piumini legati a una ciocca, e gli occhi, azzurrissimi, di una bambola di porcellana. A quanto ne sa l'agente che l'ha riscattata, si tratta di Johanna Leonberger, catturata dagli indiani quattro anni prima, quando ne aveva sei. I genitori e la sorellina più piccola sono morti nell'assalto, ma ci sono dei parenti, uno zio e una zia, a San Antonio. Per cinquanta dollari, Kidd potrebbe affrontare un viaggio di tre settimane e riportarla alla sua famiglia? Uomo d'onore, il capitano accetta, sapendo che altrimenti nessun altro aiuterà la bambina. L'incarico, tuttavia, si rivela ben più arduo del previsto. Nei quattro anni trascorsi con i Comanche, Johanna ha dimenticato la lingua materna e le buone maniere, non intende salire sul carro né mettersi le scarpe, e tenta di scappare appena se ne presenta l'occasione. Una volta avventuratisi nel deserto, in una terra ostile e crudele, popolata da ambigui e pericolosi personaggi, al capitano e alla bambina non resta che imparare a conoscersi e fidarsi l'uno dell'altra per sopravvivere. Da questo libro l'omonimo film diretto da Paul Greengrass con Tom Hanks e Helena Zengel.
 
RECENSIONE: 

Ora che ho letto il romanzo, visto che dal 10 febbraio è disponibile su Netflix, penso che mi godrò il film – anche se temo che le immagini che si sono create in me durante la lettura, come di consueto accade, subiranno una rivoluzione. E non è detto mi piacerà questo stravolgimento, nonostante il fatto che Tom Hanks mi piaccia come attore… pur se qui mi pare fisicamente troppo giovane, considerato che impersona il capitano Kidd, che ha quasi 10 anni più di lui. Ciò nonostante… vedremo. Non mi dilungherò sulle tante cose che si possono leggere sui siti specializzati nelle recensioni ai film e mi riferisco agli accostamenti del periodo post-guerra di secessione con il periodo oramai definito “trumpiano”, quanto piuttosto all’intolleranza razziale, che ricorre spesso nella storia degli uomini. Nemmeno il fatto che Tom Hanks impersoni normalmente uomini “moderni” e che qui abbia dato grande prova della sua bravura, interpretando un uomo a cavallo di due epoche nel suo primo western. Condivido invece appieno la frase “un western monumentale che aggiorna alla contemporaneità un genere oramai fuori dal tempo”…

“Il capitano Kidd era nato nel 1798, la terza guerra della sua vita era finita da cinque anni e sperava di non vederne altre”. Inizia così il romanzo di Paulette Jiles, a Wichita Falls, Texas, nell’inverno del 1870. L’idea di un uomo che attraversa le cittadine del Texas del Nord leggendo ad alta voce, durante affollate assemblee (composte per la maggioranza da uomini e quasi tutti bianchi), le “notizie dal mondo” pubblicate sui giornali americani, è nata grazie ad un amico dell’autrice, il cui trisavolo effettivamente nel 1870 leggeva per altri gli articoli di giornali pubblicati in luoghi lontani. L’autrice impiega in un primo momento questo personaggio nel suo precedente “Color of Lightning”, salvo poi ripensarci e dedicargli un romanzo a parte, “notizie dal mondo”, appunto. Mentre invece ha dovuto svolgere ricerche in internet per trovare notizie reali risalenti a quel periodo, tipo l’invenzione della macchina da scrivere, la guerra franco-prussiana e altre informazioni più curiose da far leggere al suo capitano, per la modica cifra di 10 centesimi a persona.

Diversamente dal film, nel romanzo la bimba di dieci anni Johanna/Cicala, rapita a sei anni alla sua famiglia di origine tedesca trucidata nella stessa azione dalla tribù Kiowa, viene consegnata al capitano da un suo conoscente, che di mestiere fa il trasportatore. Britt Johnson e i suoi uomini l’hanno fatta uscire dal territorio indiano, ma non possono portarla fino a Castroville, vicino a San Antonio. Ci sono cinquanta dollari d’oro che gli zii hanno consegnato, per farsi riportare la bimba. E così Cicala viene affidata al vecchio capitano, che pur essendo in dubbio se accettare, capisce che nessun altro si incaricherebbe di fare alcunchè per questa piccola selvaggia.

Da qui si dipana l’avventura di questa improbabile coppia: un vecchio di 72 anni con una bimba oramai indiana di 10 anni, che insieme dovranno attraversare il Texas per tornare ad una casa che per la bimba non significa nulla. Nel mezzo, l’America post guerra di secessione, in una situazione politica e sociale che è una polveriera sempre pronta ad esplodere. Nel mezzo, ancora, persone che li aiuteranno, ma anche uomini perversi che vogliono la bimba per traffici loschi, indiani che oramai non possono far altro se non uccidere per non morire a propria volta, banditi e una generazione di uomini e donne bigotti e che considera una bimba alla stregua di un oggetto più che di una persona, di volta in volta a seconda della convenienza.

Il capitano Kidd è un vedovo, separato dalle figlie oramai con famiglia propria e che non riescono a tornare a casa da lui. In quella casa di famiglia che il governo gli ha espropriato. E’ un uomo intelligente e profondamente onesto e rispettoso delle regole, che ha saputo reinventarsi molte volte anche se in quest’ultima guerra è dalla parte dei vinti e che sente di essere arrivato alla fine di un’epoca, di cui lui è un vetusto cimelio, seppur ancora in forma nonostante l’età avanzata. E’ oramai un uomo la cui vita, negli ultimi anni, gli appare agra e inconsistente, un po’ vana. Cicala è una bellissima bimba bionda, strappata in modo atroce ai propri cari dagli indiani, ma che ora conosce solo la vita dei Kiowa e con loro sembra aver ritrovato la serenità, tra natura, credenze e riti appartenenti ad un popolo che originariamente non era il suo. Ora viene sradicata – brutalmente – dall’unica vita che conosce. Per la seconda volta. Sembra non parlare più la lingua tedesca ed inglese, ma solo la lingua dei Kiowa. E come loro ora interpreta la vita e la natura, in profonda armonia con entrambe, ma in aperto contrasto con le abitudini, le credenze e le tradizioni dei bianchi invasori. Per poter proseguire insieme, il vecchio capitano e la piccola dovranno imparare a conoscersi e fidarsi a vicenda, perché ciò che li aspetta è un lungo viaggio, irto di difficoltà e pericoli mortali.

Romanzo molto coinvolgente, è stato altresì impossibile per me non pensare, mentre leggevo della pericolosa traversata da Wichita Falls a San Antonio, al film “Sentieri selvaggi” di John Ford, dove un John Wayne vaga per anni alla ricerca di sua nipote, rapita anche lei dai pellerossa. Un film duro, che anche nel finale non concede non dico l’happy ending, ma quanto meno un sentimento di serena soddisfazione. Così come in questo romanzo, soprattutto ripensando alla situazione delle persone “rapite” da una parte e dall’altra e costrette a vivere una vita alternativa, in una società che non è la propria e che porta con sé violenze e stravolgimenti inimmaginabili.

Stupendi i panorami ed i territori che vengono descritti con amore e perizia dall’autrice, al pari delle varie razze di cavalli, che evidentemente conosce bene di prima mano. Interessante anche a livello storico la descrizione di questa parte di America anche se ora, a ben pensarci, gli indiani sono sempre presenti nel romanzo, ma in realtà gli incontri con loro sono rarissimi, se non raccontati come vicende passate.

Non so come sarà il film che devo ancora vedere, ma il romanzo è anche e soprattutto, oltre alla speranza di future riconciliazioni tra popoli di culture molto diverse, anche la storia di una commovente amicizia dove l’onore e la fiducia, al di là delle differenze di base, possono fare la differenza per una società equa ed empatica. Una storia che ci narra di un’epopea che non ritornerà ma che splendidi romanzi come questo potranno farci intuire, riscoprendo al contempo la gioia della libertà, di solidali e disinteressati rapporti umani e di una natura incontaminata. Incontaminata anche e soprattutto a dispetto della mano dell’uomo.
 
A presto




 

venerdì 12 febbraio 2021

Letture con Marina #119 - Recensione di La pallina assassina di Christina Olséni & Micke Hansen

Buongiorno lettori, è venerdì e, come di consueto, lascio la parola a Marina e alla sua recensione.


Piccola pausa letture programmate e in considerazione del fatto che la prossima settimana finisce il Carnevale – ho pensato bene di traghettarci in Svezia e direttamente nel mese di Giugno, quando c’è la Festa di Mezza Estate con coroncine di fiori, assimilabili ad una sorta di mascherata seppur più elegante e soprattutto una fantomatica “Gasaloppet”, Corsa dell’Oca, in cui squadre di 6 persone marciano tutte insieme lungo la via su enormi sci di legno fatti in casa, per 757,10 metri. Dico fantomatica perché l’ho cercata in internet e non sono riuscita a trovare nulla… Se qualcuno sa darne notizia, questo è il momento adatto. Nel frattempo, gustiamoci questo godibilissimo romanzo:


Ti
tolo: La pallina assassina - I delitti di Falsterbo
Autore: Christina Olséni & Micke Hansen
Casa editrice: Bompiani, 2017
Pagine: 384
 
Trama: Giugno a Falsterbo è perfetto per giocare a golf. Lo sanno bene i due maturi amici Egon e Ragner, che come di consueto sono già in campo molto presto la mattina. Li raggiungono Elisabeth e Märta, fresca vedova, già amante di Ragner in gioventù. Durante la partita i quattro trovano in un bunker il corpo di Sven Silfverstolfe, ricco imprenditore nonché proprietario del campo. Il morto ha un vistoso livido sulla tempia, e gli amici si convincono di essere responsabili della sua morte grazie a un tiro particolarmente riuscito. Il nipote di Egon, Fredrick, interpellato sul da farsi, consiglia loro di cancellare le tracce e lasciare tutto com'è. I quattro invece decidono di inscenare un suicidio, ma vengono ben presto smascherati. Va da sé che non sono loro i colpevoli: Sven era detestato da molti. L'amante Madeleine, che ha abbandonato dopo la nascita del figlio svuotandole il conto; Sophia, la giovane moglie che gli rivela di aspettare un bambino - che non può essere suo; e ancora, gli investitori di un suo progetto fallito.

 
RECENSIONE: 

Siamo a Falsterbo e Skanor, in Scania, nella parte più meridionale della penisola scandinava. Tra mare, spiagge, campi da golf e… omicidi! Suicidi? Rapimenti?

Il protagonista dichiarato in questo romanzo è un quartetto di arzilli vecchietti intorno agli 80 anni: Egon e Ragnar, compagni ed amici sin dalla scuola, e poi le sorelle Elisabeth e Märta, quest’ultima a differenza degli altri tre scapoli a vita, vedova ed appena rientrata nel paese natio. Appassionati giocatori di golf, perlomeno i primi tre, si trovano la mattina presto a giocare al golf club più blasonato della Scania per evitare la folla e giocare in santa pace. Ma a causa di un tiro particolarmente violento che finisce fuori dal tracciato in un bunker sabbioso, i quattro arzilli “giovanotti” scoprono che uno tra Egon ed Elizabeth, con il proprio tiro, ha probabilmente stecchito il presidente dello stesso golf club, l’odiato Sven Silfverstolpe. Nella concitazione del momento, Egon, grande pasticciere e ideatore della stragrande maggioranza di trovate assurde del quartetto, nonostante non siano nemmeno le 6,30 di un sabato mattina, chiama il nipote Frederik, procuratore a riposo per esaurimento nervoso da divorzio, che, dopo essere arrivato velocemente sul posto, consiglia ai quattro scapestrati vecchietti di pulire la scena del crimine, andarsene e far finta di non aver visto e, soprattutto, fatto nulla. Peccato che Egon e l’amico Ragnar, incuranti dei consigli del nipote Frederik e impietositi nonostante tutto dalla posizione poco dignitosa in cui si trova il cadavere del presidente, non decidano di trasportare il corpo dello stesso nel suo ufficio poco distante, trasportandolo con il golf cart e inscenando poi un suicidio in cui – questo almeno nella loro super-eccitata e geniale pensata, l’uomo avrà preso a testate il suo acquario di pesci tropicali fino a cadere morto stecchito sul tappeto zuppo d’acqua, non prima di aver anche tentato il suicidio con un’overdose di… Voltaren!!

E’ così che inizia questa briosa e divertente avventura, che si concluderà a distanza di un paio di settimane, grazie all’opera dei due poliziotti della cittadina, Lisa Stark, vedova quarantenne con a carico una figlia di sette anni - al suo primo incarico investigativo - e Mårten, incauto, spontaneo e apparentemente inconcludente collega che non di rado si arroga il diritto di prendere iniziative non sempre ben viste dalla collega più intelligente e pragmatica, che rischieranno di stravolgere il caso di omicidio.

In questo romanzo quindi è la coralità dei personaggi che renderà gustosa la vicenda, pluralità peraltro indispensabile dato che questo è il primo volume di una serie, di cui “L’Uomo con il Binocolo” è la seconda avventura di questa inconsueta cittadina svedese, dove l’ordine ed il rigore sembrano essere andati a pallino, è proprio il caso di dirlo, non solo per la presenza dei quattro irriducibili, ma anche per la involontaria complicità del nipote Frederik e del poliziotto Mårten, che quando deve dare una mano per complicare le cose, non si tira certo indietro.

Come accade molte volte, la traduzione del titolo in italiano è completamente diversa dall’originale. Laddove in svedese “badhytten” fa riferimento alla cabina da spiaggia, che in questo romanzo, soprattutto nella parte finale del volume riserverà non poche sorprese accompagnate da risate da parte dei lettori per le strampalate ma esilaranti gesta del duo Egon-Ragnar, in italiano una volta tanto il titolo non stona, facendo riferimento alla gag di inizio volume, da cui diparte tutto il romanzo.

Un giallo, più che un thriller, inconsueto. Soprattutto se pensiamo alle pubblicazioni degli ultimi trent’anni di gialli, noir e thriller nordici, a cui oramai siamo abituati, nonostante la gran varietà di temi e stili. E nonostante l’aria scanzonata che i due autori danno all’intera vicenda, la parte investigativa e gialla pare ben delineata e portata avanti con indizi da raccogliere e conservare per il finale, che se non riserva grosse sorprese, nel senso che non cerca a tutti i costi il sensazionalismo del colpo di scena finale, sceglie in realtà un chiusa e una ricerca del colpevole molto più aderente alla realtà quotidiana, in questo dimostrando una caratterizzazione dei personaggi che rende onore ai due autori.

Piccolo inciso nel quale vorrei tornare sulla caratterizzazione, o meglio sull’età dei personaggi e le diverse abitudini, difficoltà e/o attitudini di una popolazione anziana ben descritta da questo duo di autori nello svolgimento della propria vita quotidiana, cui si aggiunge ai sopra citati svitati anche un novantenne medico di base ancora in attività, che si scopre poi con divertita sorpresa essere un ginecologo (“ecco perché l’ho ereditato da mia madre!”, pensa Egon), l’over-sessantenne Billund, capo della polizia regionale e qualche altro personaggio che sono sicura costituirà l’ossatura di questa serie.

Eh insomma, io non farò come il nipote Frederik, che impara a non rispondere allo zio Egon… Personalmente, se Egon chiama… io rispondo, foss’anche alle sei di un sabato mattina di giugno!
 
A presto




 

giovedì 11 febbraio 2021

Lettori intorno al mondo - Europa - Marina ci porta in Gran Bretagna

 


Potevo, parlando della seconda tappa di questa nuova rubrica “Lettori Intorno al Mondo”, scaturita dalle menti sempre all’opera di Desperate Bookswife, di Nadia e Libro per Amico, non portarVi nell’Isola della perfida Albione? Non me ne vogliate, mi accodo a francesi prima e a Mussolini poi in questo detto, ma a me piace non tanto per il significato in sé, ma per la musicalità dei due termini accostati, anche se i tempi del risentimento e del senso di inferiorità nei confronti di questa nazione, vista l’attuale situazione Brexit, stanno un po’ tornando in voga, ahimè. Ma noi siamo puri di cuore e, dopo il viaggio in Svezia di Nadia della scorsa settimana, voliamo verso ovest e… complici due libri diversi eppure importanti entrambi per dare il là a questo nuovo viaggio, visitiamo questo “impero monarchico”!



“The world is not yet exhausted: let me see something tomorrow which I never saw before”. Il mondo non è ancora esaurito: fammi vedere domani qualcosa che non avevo mai visto prima. (Samuel Johnson – da: La mia Londra, di Agnello-Hornby).


Eppure, quanti viaggi ho fatto – e forse abbiamo fatto - in Europa o anche in giro per il mondo, e quante volte sono ritornata in Gran Bretagna, disdegnando altri Paesi che non conosco per nulla?

Ed ecco qui dunque, felice di condividere con Voi questa seconda tappa europea, al momento solo via etere. Ma qui non siamo le uniche a pensare che viaggiare con la mente è, anche, una preparazione psicologica al momento in cui lo si potrà fare nuovamente. Non è di molto tempo fa – Nov.2020 – che ho letto un interessante articolo (mi pare fosse sull’inserto letterario “TuttoLibri”), in cui si accostava in modo intelligente covid, letteratura e viaggi. Lo cerco e nel caso Ve ne darò conto più avanti sul blog.

Tornando a bomba, so che non è una rarità nel nostro mondo, ma non trovate incredibile che su una popolazione di circa 65 milioni di abitanti, ben 9 milioni abitino tutti concentrati in un’unica megalopoli? Succede quindi anche nel Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, per essere precisi nel nominare questo Stato, che è un’isola comprendente quattro nazioni: l’Inghilterra, il Galles, la Scozia e l’Irlanda del Nord. Io ho scorazzato in lungo e in largo per la Scozia, affittando una car e girando per quasi un mese questa magnifica terra, mentre l’Inghilterra mi vede sempre arrivare ed usare treni, corriere, bus e metropolitana. Come tutti sanno, visti i continui “meme”, il Regno Unito è una monarchia parlamentare costitutiva, la cui attuale regina, Elisabetta II, è in carica dal lontano 1952. La oramai più longeva regina regnante al mondo, è anche il capo di Stato di 16 Paesi membri del Commonwealth della nazioni, di cui il Regno Unito aderisce dal 1931, tra le quali il Canada, l’Australia, la Nuova Zelanda e la Giamaica. E devo dire che aver visto ultimamente la serie Netflix “The Crown” è stato molto piacevole, anche se mi lascia il dubbio che la parte relativa alla famiglia reale possa non essere perfettamente calzante con ciò che accade realmente all’interno della residenza della Corona, Buckingham Palace, ma quantomeno ha rinverdito i miei ricordi di tutta un’epoca di grandi eventi mondiali. Per concludere a livello di territorio geografico, la Gran Bretagna, oltre alle quattro sopra citate nazioni, comprende anche l’Isola di Man, di Wight, le Orcadi, le Ebridi, le Shetland, le Isole del Canale ed altre isole minori. Non dimentichiamo inoltre che il Regno Unito si compone anche di 14 territori d’oltremare che costituiscono i resti dell’impero britannico.

Ed ecco che conviene far entrare in scena uno dei due libri letti per creare l’atmosfera british. “La Sovrana Lettrice”, un po’ per l’autore Alan Bennett e soprattutto perché incentrato sulla regina e sui libri – recensione completa qui – pensavo mi avrebbe raccontato un po’ più in dettaglio Londra. Invece leggendolo ho scoperto che aveva poca ambientazione esterna e anche poca descrizione della città stessa. Mentre inaspettatamente e per rimarcare certe caricature tipicamente inglesi è stato un gioiellino. E dunque mi sono ritrovata un po’spiazzata e “La mia Londra” della Sig,ra Agnello Hornby – recensione completa qui - è servita di più allo scopo, sia per quanto riguarda Londra in sé stessa, sia per parlare di caratteristiche linguistiche, sociali e politiche tipiche degli inglesi, a partire dagli anni 60 del secolo scorso. Lascio volutamente da parte il discorso Brexit, che dall’inizio di quest’anno è divenuto un po’ più reale per noi comuni europei, facendo rientrare in essere passaporto, dogana e altre poco piacevoli novità, anche a livello di copertura sanitaria.

Come già accennato, non conosco personalmente l’Irlanda del Nord e il Galles, anche se medito di colmare questa lacuna nei prossimi viaggi che organizzerò. Ma vi voglio portare un po’ a spasso per la Scozia, l’Inghilterra e perché no, in giro per l’onnipresente Londra, che non può essere tralasciata e che riserva ad ogni visita nuove meraviglie da scoprire.

Scozia, nei miei ricordi. E’ un po’ come andare negli Stati Uniti: a meno che non si voglia visitare solo una città, varrebbe la pena prendersi almeno tre settimane, affittare una car e via partire e fare un bellissimo giro. Per sentito dire da amici, se si ha in programma di visitare sia Scozia che Irlanda, vale la pena lasciare “l’Isola di Smeraldo” per ultima. Nei miei ricordi del viaggio, c’è sicuramente l’essere stata chiamata personalmente dall’altoparlante mentre ero in bagno all’aeroporto di Venezia, per comunicarmi che non avremmo preso in tempo la coincidenza Londra-Edimburgo; l’aver perso il novello sposo all’interno dell’aeroporto di Heathrow mentre ci dovevamo imbarcare per il volo interno che ci avrebbe portati ad Edimburgh e aver temuto, arrivando di sera in questa capitale, di aver prenotato le prime 2 notti in un postribolo, visto che all’arrivo l’alberghetto era tutto illuminato di rosso e che la porta di ingresso si apriva in una sorta di bar, tutto moquette e luci… rosse! Ma imprevisti divertenti a parte, è stata una permanenza piena zeppa di sorprese inaspettate: ad iniziare dall’Edimburgh Internation Festival che siamo riusciti ad acchiappare per la coda, essendo arrivati proprio a fine agosto. La moltitudine di stradine di campagna nelle quali ogni tot metri c’è uno scanso di spazio che serve giusto per fermare l’auto e far passare l’auto che arriva dal senso opposto con un cenno di saluto per la gentilezza, quando a passare sei tu e continuando con i moltissimi castelli visitati, da ricordare uno per tutti quello dove hanno ambientato il film Highlander, con vista su sterminati verdi tappeti erbosi, popolati da pecore, cavalli e le tipiche e cornute vacche Highlander. Ma non dimenticheremo mai il tragitto nella barchetta di pescatori che dalla terra di Scozia ti porta a visitare uno dei fari più a nord della Scozia. Esperienza sublime, soprattutto per il marito bello alto e stagno, che il barcarolo ha deciso di far sedere sulla punta davanti, venendo così schiaffeggiato dai marosi, bagnandosi completamente nonostante l’impermeabile e vedendo da vicino, troppo da vicino, la forte corrente che se non fosse per la perizia ed esperienza di lungo corso del proprietario del barchino, rischia di portare al largo dell’oceano gli incauti. Lasciatemi aprire un inciso sul discorso “fari”, perché è una passione che coglie molti, una volta visitate le costruzioni e i dintorni, in mezzo al mare oppure abbarbicati su scogliere. Per restare in tema letterario, molti di questi sono stati costruiti dagli Stevenson… sì, proprio i parenti stretti dello scrittore Robert Louis Stevenson, quello dell’Isola del Tesoro! Per i più curiosi di voi, c’è anche un libro che ne parla: “The Lighthouse Stevensons” di Bella Bathurst)… poteva forse mancare questa menzione, nella ns rubrica? E forse qui, natura, faro e gita in barchino a parte, la cosa che ancor oggi ricordo è l’incontro con due ragazzi di New York, che continuavano a guardare in alto, quasi snobbando tutto il resto, e mormorando continuamente: “guarda il cielo!, guarda che azzurro!”, spiegandoci che nella loro città tutt’al più riescono a vedere uno spicchio piccolissimo di cielo, da cui non si riesce quasi a capire di che colore è, figurarsi poi vedere le nuvole! E che dire dei continui arcobaleni dell’Isola di Skye?, questa situata a nord-ovest rispetto alla Scozia. Così tanti uno dietro l’altro ogni santo giorno, che dopo qualche ora si smette di giocare con l’oro e con gli scrosci di pioggia intermittenti, dove inizio e fine di questa fascia di pioggia sono perfettamente visibili. E il giardino botanico di Inverness! E il Lochness, raggiunto in una giornata grigia e nuvolosa, adatto per l’avvistamento della famosa Nessie?, di cui per anni ho parlato alle mie bimbe.  

                                                                                

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Edimburgo
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Isola di Skye, arcipelago delle Ebridi interne


Unico aspetto triste di tutto il viaggio è stato farsi servire la prima colazione da una cameriera in lacrime per la morte appena avvenuta di Lady Diana. Un breakfast dolce-salato, di cui ricorderò sempre le lacrime copiose del personale dell’alberghetto, unite ad una tristezza diffusa che rese grigi i giorni a seguire.

Londra e Inghilterra, nei miei ricordi. E Lady D mi dà l’aggancio ottimale per parlarvi dell’Inghilterra e di Londra in particolare. Innanzitutto, tra i tanti autori e libri che vorrei consigliarvi, potrebbe essere Coe, Cunningham, Bennett stesso oppure Peter Ackroyd con la sua “Londra. Una biografia” e non continuo la nutrita lista, prima di partire per Londra vi consiglierei proprio “La mia Londra” di Simonetta Agnello Hornby. Pur se non siete interessati ed incuriositi dalla sua vita che racconta come spunto per parlare di Londra, ci porta però a spasso su e giù per questa megalopoli, descrivendo molti angoli e quartieri, oltre alle caratteristiche di questo popolo. Non vi parlerò quindi delle varie peregrinazioni delle 5 volte che sono volata in Inghilterra, ma vorrei accennare giusto a qualche giro letterario del mio ultimo viaggio dell’estate del 2018. Ero già andata in precedenza a caccia dei tondi azzurri che all’esterno di determinate abitazioni storiche riportano il personaggio storico che lì è nato o è vissuto. Non vi nascondo, come non lo nascosi alla mia famiglia, che questo viaggio aveva lo scopo di far visitare Londra a marito e figlie, ma anche di portarli a Brighton, che fu il mio primo viaggio studio all’estero, pagato con il mio primo stipendio del “posto fisso”, e soprattutto andare a visitare Monk’s House, la casa a Rodmell nel Sussex di Virginia e Leonard Woolf – e Charleston Farmhouse, casa della pittrice Vanessa Bell, sorella di Virginia. Brevemente, per non appesantire troppo: treno Londra-Brighton, dove il giorno dopo sarebbe esploso in tutto il suo effervescente colore il Brighton Pride, che quando arrivammo noi era già un fermento di vita… stupendo! Tra “The Lanes”, vicoletti pieni zeppi di negozietti caratteristici dove potete trovare di tutto, i Graffiti della città, il “The Royal Pavillon”, l’”Old Pier” che si inoltra nel mare, la stradine “hipster” della North Lane e il mare stesso… non basterebbe un weekend per questa cittadina di mare! Ma bando ai ricordi e prendiamo subito un treno che da Brighton ci porta a il più vicino possibile a Charleston Farmhouse e avendo i minuti contati, prima pazzia concessami dal marito: taxi per arrivare dal paese alla dimora di Vanessa Bell. La signora del National Trust capisce la situazione e con un sorriso, ci inserisce nel giro che parte dopo qualche minuto, permettendoci così di visitare la casa, il giardino e con un’altra folle corsa in taxi, arrivare a Rodmell per entrare finalmente nel sogno della mia vita: sono all’interno della casa di Virginia Woolf!!!
 
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Charlestone Farmhouse, East Sussex


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Monk's House, Rodmell, Sussex

Non vi parlerò delle stupende Oxford e Cambridge, o di altre mete. E di Londra vi dirò solo di un nuovo angolo coloratissimo che ho scoperto proprio in occasione di questo viaggio: Neal’s Yard, a Covent Garden. Immaginatevi l’esclamazione in tono british: very picturesque!
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Neal's Yard, il gioiello nascosto, a Covent Garden


Per concludere, vi dico solo che la scorsa primavera sarei dovuta tornare a Londra con alcune delle mie amiche che non ci sono mai state. Come potete ben immaginare, a causa della pandemia questo progetto è rimasto in una sorta di limbo, in attesa di tempi migliori. Nel frattempo, curiosando in quello stesso etere che ci consente di preparare i nostri viaggi, pensarci e condividere i nostri stessi sogni con altri viaggiatori, vi propongo una page in IG, che propone quotidianamente stupende foto di Londra e che si chiama: “missinglondontown”. Ce ne sono moltissime altre e se avete piacere, mi piacerebbe me ne consigliaste anche altre.

“The great source of pleasure is variety. Uniformity must tire at last, though it be uniformity of excellence. We love to expect; and, when expectation is disappointed or gratified, we want to be again expecting”. La grande fonte del piacere è il cambiamento. L’uniformità, anche quando è l’uniformità dell’eccellenza, stanca. Amiamo avere aspettative; e quando la ns aspettativa è stata delusa o soddisfatta, vogliamo ricominciare ad averne. Caro Sam, questo sarà anche vero, ma non per me – o, almeno, non solo! E quindi continueremo a viaggiare con la fantasia in giro per il mondo, ma il mio cuore resterà a Londra, in attesa di incontrarvi nuovamente!

A presto,






Calendario:
Nadia sul blog Desperate Bookswife il 4 febbraio
Marina sul blog Un libro per amico 11 febbraio
Baba sul blog Desperate Bookswife, il 18 febbraio
Io ovviamente qui, chiuderò i giochi il 24 febbraio
 
E in aggiunta a questo gruppetto di matte troverete Viviana sul blog Cara Carissima me il 15 febbraio
Se volete aggiungervi e viaggiare con noi, contattateci!

venerdì 5 febbraio 2021

Letture con Marina #118 - La mia Londra di Simonetta Agnello Hornby

Buongiorno lettori, è venerdì e, come di consueto, lascio la parola a Marina e alla sua recensione.



Non ci posso davvero fare nulla… è solo un certo tipo di romanzo che mi segue finchè non cedo e lo leggo. Qui di nuovo, oltre alla megalopoli di Londra e ad una scrittrice italo-inglese, spulciando trovo autori da aggiungere alla mia lista dei desideri… Ma non sarà invece che io li guardo allusiva ed i libri si fanno trovare?


Ti
tolo: La mia Londra
Autore: Simonetta Agnello Hornby
Casa editrice: Giunti, 2014
Pagine: 272
 
Trama: Simonetta Agnello giunge a Londra nel settembre 1963. A sole tre ore da Palermo, è catapultata in un altro mondo. La città le appare subito come un luogo di riti e di magie. La paura di non capire e di non essere accettata rende impietoso il passaggio dall'adolescenza alla maturità. Si sposa, diventa Mrs. Hornby, ha due figli. Ora può riannodare i fili della memoria e accompagnare il lettore nei piccoli musei poco noti, a passeggio nei parchi, nella amata casa di Dulwich, nel fascinoso appartamento di Westminster, nella City e a Brixton, dove ha esercitato la professione di avvocato; al contempo, cattura l'anima della sua Londra, profondamente tollerante e democratica, che offre a gente di ogni etnia la possibilità di lavorare. Racconto di racconti e personalissima guida alla città, questo libro è un inno a una Londra che continua a crescere e cambiare. Gioca in tal senso un ruolo formidabile la scoperta di Samuel Johnson, un intellettuale che vi arrivò a piedi, ventisettenne, alla ricerca di lavoro; compilò il primo dizionario inglese ed è considerato il padre dell'illuminismo inglese. Johnson appare negli studi che Tomasi di Lampedusa dedicò alla letteratura inglese, con un suo celebre adagio che qui suona motto esistenziale, filtro di nuova esperienza: "Quando un uomo è stanco di Londra, è stanco anche di vivere".

 
RECENSIONE: 

Di Simonetta Agnello Hornby avevo visto qualche anno fa questo libro ed invece di leggerlo, mi ero persa nel suo bel “Rosie e gli scoiattoli di St. James”. Un po’ per gli scoiattoli, un po’ per la copertina, un po’ per la storia in sè. La sua Londra era nuovamente capitato fra le mie mani giusto un anno fa, perché con le amiche sarei dovuta ritornare a Londra. E poi, ciascuna confinata nella propria città, non se n’era più fatto nulla. All’inizio della settimana, scorrendo i libri nel mio e-book, l’ho ritrovato e ho iniziato a dargli un’occhiata. Occhiata che si è protratta, fino a leggere le ultime righe di questo piccolo memoir. Uno splendore. Un amore che io e l’autrice – e quanti di voi? – condividiamo. Lei da “londoner” acquisita, io da viaggiatrice costante. Ma questa è un’altra storia.

Il libro di Simonetta Agnello Hornby è in primis una lode ed una dedica affettuosa a Samuel Johnson, noto ai più solo per aver creato nel 1755, dopo nove anni di lavoro, il “Dictionary of the English Language”, considerato per almeno 150 anni il dizionario britannico per eccellenza e uno dei più grandi successi dell’erudizione. L’autrice apre ciascun capitolo con una frase famosa di questo letterato e prosegue con aneddoti in cui la Signora Simonetta racconta la sua vita di siciliana che emigra. Boston, che la introduce nel mondo della cultura internazionale; Lusaka, capitale dello Zambia, che le ha dato energia e speranze. Ed infine Oxford la bella, che le ha insegnato le dissonanze tra università e municipalità. Per trasformarsi poi in una moglie, mamma e lavoratrice. E alfine per diventare nel 1979 avvocato dei minori, Child Care Solicitor presso il comune di Lambeth, a Brixon, nel Sud di Londra. E successivamente aprire un suo proprio studio con una socia. E diventare scrittrice, of course!

Per riandare indietro nel tempo, commovente il racconto della sua partenza per il viaggio premio a Londra nel 1963 per la licenza liceale, a lei che avrebbe tanto voluto andare a Parigi. In anni diversi e più recenti, anche se antichi essi stessi, mi ha ricordato una me stessa un po’ più grande che, con il primo anno di stipendio dell’agognato posto fisso, mi regalai una vacanza agostana e partii da sola per un intero mese, per la prima volta nella mia vita, per la mitica Isola.

Nel volume ci sono tante piccole chicche su Londra in particolare e sugli inglesi e la Gran Bretagna in generale. Ad esempio l’autrice, con riferimento all’episodio della ricerca della casa con le agenzie immobiliari e una prassi ben radicata nella loro consuetudine, fa suo il detto inglese “if it works, why change? – Se funziona, perché cambiarlo?”, che dà il senso del flemmatico buon senso degli inglesi, anche se di fondo a noi italiani per esempio, resta un fastidioso senso di noiosa scocciatura. E poi le passeggiate ed i giri con i suoi bambini in una Londra che anch’io nei miei vari giri in questa città ho intravisto. E ancora le visite più calme, approfondite e ragionate a piedi, una volta che ha raggiunto i sessant’anni e ha fra le mani la Freedom Pass - per conoscere veramente questa città, anch’essa divisa in zona nord e sud, molte volte sconosciuta l’una all’altra. E la conoscenza del Sig. Robert Hook, nato nella pittoresca Isola di Wight nel 1635 e londinese di adozione, che ha ridisegnato la Londra che ammiriamo ed amiamo ancora oggi.

E che dire del divertente siparietto che l’autrice allestisce ad un certo punto, quando dice che lavorando nella City, ha dovuto adeguare il suo linguaggio al modo di parlare di chi lavorava nella City stessa. A parte l’abbondanza di “thank you so much, sorry, May I…, Would you mind…?”, l’inglese parla poco e solo molto di rado parla dei fatti suoi. Alla domanda “How are you?”, risponderà immancabilmente “Very well, thank you”, senza aggiungere altro, mentre magari sta malissimo. O al più, se proprio è messo ancora peggio, risponderà con un laconico “Not so well”. Se ci riflettete, non potete non ammettere che questo rispecchia completamente l’idea che abbiamo di un inglese!, e la cosa personalmente mi ha fatto sorridere in modo affettuoso nei confronti di questa macchietta, immaginando poi insieme il tono e la pronuncia un po’ blesa.

Ci sono molte situazioni con cui l’autrice entra in contatto, mai in collisione, nel corso della sua vita londinese, così come molti i temi che affronta nel suo libro, mentre passeggia per Londra e ci dà conto del passare della sua vita e delle sue esperienza lavorative: molto bello il penultimo capitolo, quando parla dell’emigrazione italiana verso la Gran Bretagna e Londra in particolare, a partire addirittura dal 1290! E riandando indietro, quando parla dell’usuale ospitalità inglese e dell’accettazione dello straniero e del diverso, salvo alcuni episodi tragici, per esempio quelli avvenuti a Brixon, o ad altre considerazioni cui si lascia andare, su periodi in cui anche in Gran Bretagna la xenofobia è subentrata alla consueta e civile integrazione. E qui sarebbe troppo facile andarsi ad incagliare sul discorso Brexit… ma per un attimo ancora lasciatemi sognare quest’Isola, che ancora al giorno d’oggi è capitanato, diciamo così, da una vera Regina.

Non posso terminare senza aver ricordato almeno un altro degli scrittori cui Simonetta Agnello Hornby fa cenno nel suo libro di memorie, se vogliamo definirlo così. Abbiamo appena finito di parlare di regine – e quindi controbilanciamo questa regalità inglese con l’italianissimo principe palermitano, Tomasi di Lampedusa, che l’autrice ci fa conoscere qui per le sue “Lezioni di Letteratura inglese”. Che naturalmente non potrò esimermi dal cercare.

E così siamo giunti alla chiusa, e mai come in questo momento mi sento in linea con la Simonetta e con il vecchio e caro Sam: “Change is not made without inconvenience, even from worse to better - Il cambiamento comporta sempre qualche disagio, anche quando si cambia per il meglio”. E’ cambiato il vento, Febbraio si è fatto avanti portando la sera tanta luce in più… e forse ora è arrivato davvero il momento di esplorare altri argomenti letterari. Volete scommetterci?
 
A presto