Buongiorno lettori! Eccoci ad un nuovo appuntamento con Marina e con la sua rubrica Letture con Marina. Oggi un post particolarissimo in cui ci racconta la sua esperienza a Pordenonelegge 2017 in cui ha potuto incontrare ed anche intervistare Jennifer Niven, un'autrice che mi riprometto di leggere da molto tempo e che spero di riuscire ad infilare a breve tra una lettura e l'altra.
Metti un’autrice americana che con il suo romanzo ti sorprende per la profondità degli argomenti trattati, che sono parte della SUA STORIA, ma che diventano anche parte di te nel momento in cui sfogli le pagine del suo vissuto…
Festival letterario PORDENONELEGGE 2017
VENERDI’ 15 SETTEMPRE 2017 – c/o la SALA GIUNTA della Camera di Commercio di Pordenone –
L’autrice americana
JENNIFER NIVEN presenta il suo ultimo romanzo:
L’Universo nei tuoi occhi / Holding up the universe – trad.: S. Mambrini - De Agostini 2017 –
Jennifer Niven arriva a Pordenone con una giornata di ritardo, scompaginando gli impegni dei giornalisti e delle book-bloggers presenti in sala stampa. Ma non appena l’autrice arriva, un raggio di sole illumina la giornata altrimenti grigia e piovosa ed il suo sorriso dolce e la fisionomia tipicamente statunitense fanno desiderare a tutti di poter prolungare quello che sarà un breve incontro per delle ore…
Dopo una piccola presentazione da parte dell’addetta di PordenoneLegge, Jennifer Niven racconta brevemente alla stampa presente a PordenoneLegge il suo nuovo romanzo:
L’Universo nei tuoi occhi.
Ho deciso di scrivere questa storia perché mi era capitato di parlare con mio cugino, che allora aveva 15 anni e soffriva di prosopagnosia, praticamente si tratta dell’incapacità di riconoscere i volti, situazione in cui tutti appaiono sempre come degli estranei. E Jack infatti, il personaggio principale del mio romanzo, soffre di questa stessa patologia. E quindi non riesce a riconoscere i volti delle persone che incontra e nemmeno quella di se stesso allo specchio. Chiesi quindi a mio cugino come facesse a riconoscere i volti delle persone che amava. E lui mi disse: mi concentro sulle cose importanti, ad esempio quante lentiggini hanno in faccia oppure se sono gentili con me. Ed io ho pensato che fosse veramente un modo incredibile di vedere le altre persone. Noi tutti dovremmo cercare di vedere le altre persone in base alle loro caratteristiche peculiari ed è per questo che ho voluto fortemente scrivere questo romanzo che riguarda proprio il vedere e l’essere visti per chi siamo veramente.
Domanda del moderatore: nel suo libro i due ragazzi protagonisti, Jack e Libby, entrano in conflitto perché inizialmente Jack prende di mira questa ragazza che è molto in sovrappeso, sfogando in qualche modo il suo dolore e la sua frustrazione su di lei. Però ho come l’impressione che non ci sia assolutamente nessun giudizio nel racconto che lei fa. Poi proseguendo nella lettura c’è quasi un’evoluzione verso una storia d’amore tra i due ragazzi. Ma vorrei fosse lei a raccontarci di più in merito…
Jennifer Niven: Io sapevo fin dall’inizio come sarebbe avvenuto l’incontro tra Jack e Libby. Sapevo che il primo incontro sarebbe stato piuttosto sconcertante, anche offensivo per la protagonista femminile. Il mio obiettivo per quel che riguarda Jack – ed anche una sfida se vogliamo – era rendere questo personaggio piacevole nonostante tutto e fare in modo che i lettori, al di là della cosa orribile che lui aveva fatto nei confronti di Libby, non si arrendessero, non rinunciassero, non cancellassero da subito questo personaggio. Infatti dovevano capire assolutamente che anche lui aveva alle spalle una storia di dolore, di sofferenza e di paura. Molto spesso nei casi di bullismo è proprio la persona che esercita questo potere negativo ad avere paura e ad essere una persona profondamente insicura. Io desideravo che i lettori si affezionassero a Jack, pur essendo questo un personaggio “fallato”, che ha sicuramente dei difetti. Poi accade questa scena ripugnante perpetrata da Jack ai danni di Libby, che la scuola gestisce in maniera molto seria e decisa, peraltro. Ma Libby, non conoscendo i vissuto di Jack, non lo perdona subito. Ho voluto introdurre proprio così la loro storia perché molto spesso nella letteratura per “giovani adulti” si verifica spesso quello che viene definito “ instant love / amore istantaneo – e vissero da subito tutti felici e contenti”, mentre io volevo fosse un percorso più sofferto, ma anche gentile e delicato allo stesso tempo.
Il Giornale di Brescia: Lei fa delle ricerche su questo mondo giovanile in continua trasformazione per scrivere i suoi romanzi? Altra cosa: questa disabilità di Jack è una malattia vera e propria?
Jennifer Niven: innanzitutto la ringrazio per avermi definita giovane autrice, perché in effetti io dentro mi sento giovanissima, quasi come se avessi ancora 15 anni. Il sentirmi molto giovane si rivela molto utile per il lavoro che svolgo, cioè scrivere per i così detti giovani adulti. Volevo anche aggiungere che i giovani lettori in realtà sono tutti uguali, cioè provano dei sentimenti che proviamo anche noi, che sono universali. Non hanno spesso a che vedere con l’età od il luogo del mondo in cui ci si ritrova a nascere e a vivere. E questi sono sentimenti che si possono definire come desiderio di appartenenza, di contare qualcosa per qualcuno, di sentirsi ascoltati e di essere visti realmente per chi si è. Questo è ciò che io intendo per sentimenti universali che noi tutti condividiamo ma che probabilmente i teenagers sentono in una maniera amplificata. Per quanto concerne la prosopagnosia, è una patologia neurologica. Nel cervello c’è una piccola parte adibita al riconoscimento dei volti delle altre persone. Si può nascere con un danno a questa parte del cervello oppure la si può contrarre in seguito ad una malattia o ad un trauma cranico.
Marina del Blog Un Libro per Amico: io volevo chiedere, dato che l’ha già accennato: è questo il motivo per cui prende questa fascia particolare di età per rendere protagoniste le persone all’interno delle sue storie? E poi volevo chiedere se a suo parere il mondo della scuola – visto che parliamo di adolescenti che passano la maggior parte delle loro ore all’interno della scuola – può essere uno specchio della società giovanile in America.
Jennifer Niven: Io ho iniziato a scrivere per i giovani con il romanzo: “Raccontami di un giorno perfetto”. Prima mi ero dedicata più alla saggistica che non alla narrativa per adulti. Però avevo sempre letto con molto piacere la letteratura per giovani adulti. Ed ho iniziato a scrivere questo genere letterario proprio perché ritengo che questo tipo di letteratura dedicato ai giovani sia solitamente molto coraggioso, molto audace ed anche necessario. E anch’io volevo far parte di questo filone. E poi avevo anche una vicenda autobiografica che mi interessava e che desideravo sviscerare. Cioè un ragazzo a cui avevo voluto molto bene intorno ai vent’anni e che avevo perso perché si sera suicidato. Però sono dovuti passare diversi anni prima che io potessi avere il distacco necessario per poterne parlare e per questo ho scelto i personaggi più giovani di me allora - ho ambientato la loro vicenda nella scuola superiore – proprio per avere questa distanza dal mio vissuto autobiografico e anche per poter portare l’attenzione, puntare i riflettori su un fenomeno dilagante che è quello del suicidio giovanile. Io ovviamente all’inizio non ero riuscita a parlare di quello che era successo, ma poi con il passare degli anni ho pensato che potesse essere d’aiuto per i ragazzini, per i giovani che vivono questo periodo della vita che può essere anche doloroso. Per quel che riguarda la scuola direi che sì, almeno negli Stati Uniti è in un certo senso lo specchio della Società perché anche dopo molti anni che si sono finite le scuole noi continuiamo a portarci dietro dei ricordi molto pesanti di quell’ambito. Spesso poi le dinamiche che ci sono in questo periodo della ns vita sono simili a quelle che riscontriamo da adulti. Ritengo quel periodo sia una sorta di palestra utile anche se alle volte dolorosa per la vita che andremo a vivere.
Giornalista: Dal suo primo romanzo “Raccontami di un giorno perfetto”, stavano realizzando un film. Si sa qualcosa di più?, ce ne può parlare? E ci può dire quanto successo hanno avuto i suoi libri al di fuori dell’America? Perché per esempio in Italia lei è un’autrice amatissima.
Jennifer Niven: In questo momento sto scrivendo la sceneggiatura e le riprese dovrebbero iniziare a Gennaio 2018 e ovviamente sono molto entusiasta di questo nuovo progetto. Non abbiamo ancora scritturato l’attore per la parte di Theodore Finch, proprio perché vogliono trovare un ragazzo dell’età giusta e siccome a questa età i ragazzi cambiano dal giorno alla notte, crescono rapidamente, cambiano voce, etc..., vogliono scegliere l’attore poco prima dell’inizio delle riprese e quindi sarà il mese prossimo se non addirittura più avanti. Ovviamente è un periodo molto entusiasmante: continuo a rivedere il copione – è sicuramente un processo continuo. Volevo poi ringraziarla per il commento che ha fatto riguardo al fatto che sono apprezzata in Italia. Io sono molto grata ai lettori del vostro Paese e devo dire che negli ultimi anni tre anni e mezzo questo libro, Raccontami di un giorno perfetto, mi ha permesso di viaggiare un po’ in tutto il mondo e di conoscere i miei lettori e di raggiungere il successo internazionale soprattutto in Regno Unito, Nuova Zelanda, Australia, Filippine, Germania e Scandinavia (in particolare in Olanda). E’ stato veramente un successo travolgente, devo dire - ed ha sicuramente cambiato la mia vita sotto molti punti di vista.
Lea del Blog Due lettrici quasi perfette: sono onorata di poterle fare una domanda perché mentre leggevo i suoi libri non pensavo di riuscire ad incontrarla. Sono bibliotecaria e incontro spesso giovani lettori e cerco sempre di adottare delle tattiche per cui metto avanti i suoi libri o i libri di altre autrici tipo Raimbow Rowell e nascondo altri che non mi piacciono (non posso naturalmente fare nomi), perché ritengo sia importante che i giovani lettori crescano con dei bei libri. Io non distinguo nemmeno letteratura per ragazzi da quella per adulti. Ci sono buoni libri e libri meno buoni. Però volevo chiederle, relativamente al suo ultimo romanzo. Non riesco a capacitarmi come madre, che un ragazzino già a 6 anni, soffrendo di un disturbo di questo tipo, possa non confessarlo ai genitori. Agli amici magari sì. Ma come è possibile che viva per 10 anni nascondendo a tutti una cosa così dolorosa ed importante.
Jennifer Niven: innanzitutto volevo ringraziarla per il lavoro che svolge, ritengo infatti che il compito dei bibliotecari comporti una grande responsabilità, perché hanno l’onere di mettere il mondo nelle mani dei lettori. Per quanto riguarda la scoperta da parte di Jack della malattia di cui soffre, è stato un processo veramente molto molto lento. E’ vero che fa considerazioni sull’episodio di quando aveva sei anni di età, però è un ricordo vago che lui ha e sul quale riflette in realtà quando è più adulto ed inizia ad avere solo dei segnali in quel preciso momento, non compare all’improvviso la malattia. E lo capisce veramente solo quando noi lettori lo incontriamo: è in quel momento che lui ha realizzato quello che gli sta capitando. In effetti la prosopagnosia è una patologia non così rara come si sarebbe portati a pensare: solo che alcune persone che ne sono affette se ne rendono conto solo in età adulta, intorno ai 40 anni – di vedere le persone in maniera diversa da quanto accade alla maggioranza delle altre persone. Io ho uno zio di 66 anni, ad esempio, a cui questa malattia è stata diagnosticata chiaramente solo 30 anni fa. Lui pensava fosse normale “vedere” le persone così, non sapendo come normalmente gli altri vedono le persone. Rimaneva solo sorpreso quando magari io o mia cugina entravamo in una stanza ed iniziavamo a parlare con persone che lui non conosceva e che però noi evidentemente conoscevamo. Per lui è sempre stata la normalità, questa situazione. Inoltre soffriva di depressione e quindi ascriveva questa sua incapacità alla depressione. Spesso non si è consapevoli di soffrire di questo tipo di malattia. E Brad Duchaine, esperto mondiale di questa malattia e che io cito anche nel libro, dice che ci sono diversi gradi in cui la si può contrarre: alcuni ce l’hanno in forma leggera, senza saperlo perché magari non sanno nemmeno dare un nome a questo loro modo di essere e spesso si pongono delle domande: ma che cosa c’è che non va in me, sono una persona orribile, non mi interesso agli altri, oppure sono solo smemorato. Jack, il nostro protagonista, in effetti lo scopre piuttosto presto rispetto alla media generale perché tante persone come detto o non se ne accorgono oppure nascondono questa loro incapacità proprio perché si vergognano.
Book-blogger: perché portare il blog di Violet nella realtà, dato che al momento dell’incidente di Eleanor poi non viene più portato avanti… Lei segue ancora il Germ (web magazine), dato che ho visto che viene aggiornato molto spesso.
Jennifer Niven: quando ho scritto Raccontami di un giorno perfetto mi era venuta l’idea di creare questo tipo di siti. Come sappiamo nel libro c’è questo sito: Eleanor&Violet.com, che però si ferma subito dopo l’incidente in cui Eleonor perde la vita e nel libro l’ultimo post che viene postato coincide proprio al giorno della morte. E noi abbiamo voluto creare veramente questo sito, il cui ultimo post rispecchia effettivamente quanto c’è nel libro. E quindi non verrà più aggiornato. Mentre invece il web magazine esiste da 4 anni proprio perché mi era venuta l’idea di creare un sito per dei teenagers e gestito da teenagers e che avrebbero dovuto sentirsi parte di una community per discutere dei propri problemi, per leggere degli articoli che potessero essere pertinenti, insomma una sorta di diario mezzo life-style e mezzo letterario. All’inizio io ero molto più coinvolta e intervenivo anche giornalmente, mentre ora mi avvalgo dell’aiuto di due bravissime redattrici, Brianna che faceva in precedenza Violet e Shelby che impersonava Eleanor – e che adesso si occupano di Germ e che sono tanto brave quanto oramai indipendenti. Si occupano di revisionare tutti i testi, di ingaggiare il personale se serve… Io ci passo di tanto in tanto e sono molto fiera ed orgogliosa perché ci sono tanti lettori sia dei miei libri che non, felici di far parte di questa community.
Il Giornale di Brescia: direi che ha penalizzato parecchio la protagonista di questo suo ultimo libro, Libby. Ha molti problemi, è obesa, diversamente dalla solite protagoniste che sono snelle e bellissime. E’ anche un richiamo al sociale, al problema dell’obesità che soprattutto in America è molto sentito?
Jennifer Niven: mi era capitato spesso di parlare con giovani lettori e anche con i loro familiari, che mi raccontavano come non si sentissero affatto rappresentati dalla letteratura. Proprio perché non rappresentavano l’immagine tipica dell’eroina o dell’eroe di questo tipo di racconti e romanzi. Magari erano un po’ più in carne o con altri difetti fisici. E quindi con questo mio romanzo desideravo che anche questa parte consistente di lettori si ritrovasse, si riconoscesse nelle mie pagine, perché è molto importante rappresentare la diversità dell’aspetto dei giovani. Soprattutto le ragazzine hanno spesso diversi problemi legati a come appaiono, alla loro fisicità, etc… E quindi volevo che ricevessero questo messaggio: che devono sentirsi belle sempre. Per questo ho scritto L’Universo nei tuoi occhi, perché la mia idea è che tutti si devono sentire voluti ed amati – sempre.
Marina del Blog Un Libro per Amico: mi pare di capire – in entrambi i romanzi – che sia la sua esperienza personale che le dà il là per scrivere una storia. E’ realmente così?
Jennifer Niven: fino al momento in cui ho scritto Raccontami di un giorno perfetto, io avevo sparpagliato dei pezzi di me nelle mie opere precedenti, ma non mi ero mai rivelata apertamente. In effetti una delle critiche che mi veniva mossa durante i miei studi di sceneggiatura era proprio questa; i miei colleghi mi dicevano: “tu non ti riveli mai apertamente, sei troppo riservata, ti tieni troppo dentro le cose”. Però quando è uscito questo romanzo, ho dimostrato soprattutto a me stessa che posso farlo, che posso veramente mettere tutta me stessa in un romanzo, perché è una storia veramente personale quella che io racconto. Parte da quell’evento tragico della mia vita, di questo ragazzo che ho perso ed era una cosa di cui non mi sentivo in grado di parlare, figuriamoci poi scriverne! E invece l’ho fatto e quando ho pubblicato il libro mi sono resa conto che gli adolescenti, i giovani sono affamati ed hanno bisogno di queste storie e quindi ho ripetuto l’esperienza con il secondo romanzo, che ancora attinge ad esperienze personali della mia vita. Ogni tanto ritengo che ci sia la tentazione di scrivere qualcosa di più dolce o di filtrare tutto con degli occhiali rosa… Poi però succede qualcosa e… mi trovavo ad un evento letterario in Texas ed un giovane lettore si è alzato e mi ha detto: “mi promette che continuerà a scrivere questo tipo di storie oneste e coraggiose che hanno per protagonisti ragazzi come me”? E quindi di fronte ad una richiesta di questo genere, non posso più fermarmi o cambiare registro.
Ultima domanda di una book-blogger: Ha già qualcosa d’altro in cantiere? Saranno storie con problemi legati al mondo giovanile?
Jennifer Niven: forse potrei tornare alla fiction per adulti, però dovrei trovare un soggetto che mi attiri. Ma credo che resterò ancora nel mondo della letteratura per giovani adulti perché il mio cuore è proprio lì. Al momento sto lavorando a due progetti. Uno è un altro romanzo, sempre dedicato al mondo giovanile e poi proprio quest’anno ho venduto un mio libro alla Random House e collaborerò con un altro scrittore, di cui però non posso ancora rivelare il nome (perché deve essere dato a breve l’annuncio ufficiale), per un altro romanzo per giovani adulti.
Un incontro denso, perché Jennifer Niven ci ha messo a parte di momenti intensi della sua vita, che ha cercato di trasferire nei suoi romanzi perché i giovani – e perché no?, anche gli adulti non più young – li leggano e possano essere spunto di riflessione e confronti. Affinchè ciascuno impari il rispetto per gli altri e per se stesso innanzitutto. Ma sarebbe riduttivo ritenere il suo romanzo utile solo per riflessioni e confronti. E’ un romanzo che mi sento di consigliare perché è interessante di per se stesso ed emoziona, al di là di tutte le altre considerazioni fatte poc’anzi. Un sentito ringraziamento all’interprete, la Sig.ra Chiara, che ha tradotto quanto diceva l’autrice in modo perfetto, senza sbavature o tagli. E un senso di soddisfazione e gioia per aver potuto conoscere, seppur per un fuggevole momento, questa autrice giovanile, che per un’ora ci ha fatto scordare quanto può essere brutto e duro il mondo, andando sempre alla ricerca di ciò che lo fa degno di essere vissuto. E per la meravigliosa e “personalissima” dedica, che con gioia condivido con voi.
A presto,