Buongiorno lettori! Finalmente un altro
venerdì è arrivato e con lui anche una nuova puntata della rubrica Letture con Marina. Vi auguro un meraviglioso weekend e vi lascio nelle sue mani.
Quarto e probabilmente ultimo romanzo preso in esame tre i 6 libri in lizza per il Premio Bancarella di metà Luglio.
LA GUARDIA, IL POETA E L'INVESTIGATORE
Autore: Jung-myung Lee
Casa editrice: Sellerio
Pagine: 379
Genere:narrativa
Anno di pubblicazione: 2016
Sinossi: Nel 1944 la Corea è sotto l'occupazione giapponese, e nella prigione di Fukuoka non si permette ai detenuti coreani di usare la propria lingua. Un uomo, una guardia carceraria, viene trovato brutalmente assassinato, e un giovane collega dall'animo sensibile e letterario viene incaricato di condurre l'indagine e trovare il colpevole. La vittima era temuta e odiata per la sua brutalità, ma quando l'improvvisato investigatore avvia la sua inchiesta interrogando custodi e detenuti, ricostruendo poco a poco i movimenti degli ultimi mesi, un diverso e sorprendente scenario si impone alla sua attenzione. Dall'inchiesta sull'uomo emerge il passato di un povero analfabeta orfano dei genitori, il faticoso riscatto attraverso il lavoro, la carriera nella prigione, la scoperta di una passione inaspettata, il ruolo di "censore" con l'incarico di controllare la corrispondenza in entrata e in uscita dal carcere. E soprattutto il legame con un detenuto particolare, un famoso poeta coreano, autore di scritti sovversivi. E proprio attorno al poeta ruota l'intera vicenda: nel corso dei suoi interrogatori il giovane si trova a parlare sempre di più con il prigioniero e, come prima di lui la guardia assassinata, a immergersi in un dialogo fatto di letteratura, d'arte, di libertà. Si scopre a desiderare la bellezza dei suoi versi clandestini, a subire il potere eccitante e al tempo stesso rasserenante della parola poetica...
RECENSIONE:
L’autore ci racconta fatti realmente accaduti una settantina d’anni fa –andando ulteriormente indietro nella Storia di questo angolo del Mondo così lontano ed a noi misconosciuto, che sfido chiunque a non farsi affascinare anche sotto il punto di vista del periodo storico. Cina, Giappone, la mitica ma poco conosciuta Manciuria, Corea del Nord e del Sud… Ripeto: che magnificenza l’essere umano!, così come ce lo racconta Jung-myung Lee. Può un soldato brutale e brutalizzato, amare a tal punto la poesia da voler difendere un uomo, il poeta dissidente coreano Yun Dong-ju, rinchiuso per due anni nel durissimo carcere di Fukuoka? Fino al punto di mettere in serio pericolo la propria vita? E può il soldato/investigatore YuichiWatanabe, cresciuto a Kyoto nella libreria dell’usato della madre e talmente amante dei libri da mettere a repentaglio ripetutamente la propria vita - può essere un uomo che picchia e tortura un altro essere umano? L’autore di questo magnifico romanzo usa le parole dando potere e potenza all’immaginazione, anche quando il cielo che si riesce a vedere è un pezzetto così piccolo, che la disperazione dovrebbe soverchiare ed uccidere il tutto. Jung-myung Lee adopera lo specchietto dell’omicidio e dell’investigazione per attirare il lettore fra le pagine della storia del suo Paese, mentre racconta orrori realmente accaduti e possibili strazianti atti di eroismo che ci auguriamo possano essere veramente esistiti. Perché l’aquilone che è la nostra anima non cada sulla nuda terra – calpestato ed inutile – ma possa continuare a volare alto e libero nel cielo, solitario e nello stesso tempo capace con il proprio filo di incrociare i fili di altri aquiloni e donare con il proprio volo il sentimento più nobile di tutti: la Speranza.
Come precisavo in apertura della nostra conversazione, siamo al quarto libro preso in esame – ma dopo questo non credo procederò con gli ultimi due. La mia ricerca si ferma qui. Il mio cuore ha già eletto vincitore del Premio Bancarella il romanzo La guardia, il poeta e l’investigatore – di Jung-myung Lee.
Vi è mai capitato da un lato di voler parlare/scrivere per ore di un romanzo – e dall’altro volerlo celare e custodire nell’intimo, tanto che scriverne la recensione diventa quasi una violenza autoimposta? Ci sono libri che parlano di cose che non si conoscono, di cose che si possono immaginare e che per fortuna non si vivranno: e nel contempo ci sono romanzi che incidono così profondamente il cuore – o l’anima, se preferite – che divengono indimenticabili. Tanto che sovente la mente ritorna ad alcuni brani o personaggi del romanzo così, con naturale levità. Ricordi stimolati da situazioni quotidiane che nulla hanno a che fare con quanto letto, ma che riportano alle mente parti del libro. Ecco, La guardia, il poeta e l’investigatore è uno di quei romanzi che dispiace aver finito – ma che si ringrazia il Cielo di aver potuto incontrare. Perché sembra sempre una frase trita, ma le vicende ivi narrate arricchiscono l’anima, un po’ come creare dei collegamenti di sinapsi dell’anima, pur trattando della sofferenza disumana di alcune persone. Stiamo parlando di una stato, la Corea, che prima della seconda guerra mondiale non era una nazione, ma aveva subito varie dominazioni, di cui l’ultima, ad opera del Giappone, vide i coreani sottomessi e in carcere, in taluni casi solo perché i propri scritti erano considerati sediziosi. Oppure semplicemente perché scritti nella propria madre lingua: altro reato. Perché scrivere poesie che parlano del cielo, della disperazione, dell’amore e della libertà usando metafore così delicate da sembrare dei merletti, ma così potenti da stravolgere le proprie convinzioni, non possono essere lasciate libere, ma devono essere censurate. E il lavoro di censore è proprio uno dei lavori che svolge la guardia Sugiyama Dozan, crudele secondino che, dopo un duro passato da soldato in Manciuria, si distingue all’interno del carcere di Fukuoka per la bestiale brutalità con cui tratta i carcerati. Tra questi, nel blocco tre, i coreani che dividono le celle con i condannati a morte. Il romanzo prende avvio dal prologo della giovane guardia Watanabe che, suo malgrado, troverà il cadavere del brutale Sugiyama e ne dovrà scoprire l’assassino. E considerato il fatto che nessuno è entrato all’interno del carcere… e che si suppone i carcerati siano chiusi all’interno delle celle… oppure no? Ma ci sono altri fatti raccapriccianti – che l’autore romanza ma prende dalla realtà dell’epoca, (di cui non parleremo, per non anticipare nulla dell’agghiacciante sorpresa), che una volta scoperti non potranno che farci riflettere sulla natura dell’uomo: così aulico – ed al contempo così bestiale. Tanto vicino al Cielo e creatore di meraviglie, quanto essere che sprofonda vergognosamente nel fango, trascinando scientemente con sé vittime innocenti. Pianoforte e manganello. Cura pietosa e morte scientifica.
Ma ho già scritto anche troppo. E non vorrei d’altronde creare l’impressione di un romanzo solo feroce. Perché è di una bellezza così commovente ed al tempo stesso così poetica – che diversamente dal solito vorrei già rileggerlo, tanti i significati, le curiosità, le poesie, gli autori citati, il caso investigativo in sé – il tutto magnificamente giocato dall’autore e che non permette al lettore pause, sempre pronto a variare registro e farci restare a bocca aperta, una scoperta dopo l’altra.
In quanti piani o scatole l’autore ha suddiviso magistralmente il suo romanzo – sia a livello temporale, che a livello di personaggi e di storie e vicende narrate, che veramente a rileggerlo si scoprirebbero frammenti che ad una prima lettura ci erano sfuggiti. L’autore ci racconta fatti realmente accaduti una settantina d’anni fa –andando ulteriormente indietro nella Storia di questo angolo del Mondo così lontano ed a noi misconosciuto, che sfido chiunque a non farsi affascinare anche sotto il punto di vista del periodo storico. Cina, Giappone, la mitica ma poco conosciuta Manciuria, Corea del Nord e del Sud… Ripeto: che magnificenza l’essere umano!, così come ce lo racconta Jung-myung Lee. Può un soldato brutale e brutalizzato, amare a tal punto la poesia da voler difendere un uomo, il poeta dissidente coreano Yun Dong-ju, rinchiuso per due anni nel durissimo carcere di Fukuoka? Fino al punto di mettere in serio pericolo la propria vita? E può il soldato/investigatore YuichiWatanabe, cresciuto a Kyoto nella libreria dell’usato della madre e talmente amante dei libri da mettere a repentaglio ripetutamente la propria vita - può essere un uomo che picchia e tortura un altro essere umano? L’autore di questo magnifico romanzo usa le parole dando potere e potenza all’immaginazione, anche quando il cielo che si riesce a vedere è un pezzetto così piccolo, che la disperazione dovrebbe soverchiare ed uccidere il tutto. Jung-myung Lee adopera lo specchietto dell’omicidio e dell’investigazione per attirare il lettore fra le pagine della storia del suo Paese, mentre racconta orrori realmente accaduti e possibili strazianti atti di eroismo che ci auguriamo possano essere veramente esistiti. Perché l’aquilone che è la nostra anima non cada sulla nuda terra – calpestato ed inutile – ma possa continuare a volare alto e libero nel cielo, solitario e nello stesso tempo capace con il proprio filo di incrociare i fili di altri aquiloni e donare con il proprio volo il sentimento più nobile di tutti: la Speranza.
Come precisavo in apertura della nostra conversazione, siamo al quarto libro preso in esame – ma dopo questo non credo procederò con gli ultimi due. La mia ricerca si ferma qui. Il mio cuore ha già eletto vincitore del Premio Bancarella il romanzo La guardia, il poeta e l’investigatore – di Jung-myung Lee.
Posso solo aggiungere: leggetelo – leggetelo – leggetelo.