Buongiorno lettori, ultimo lunedì di novembre che ci porta, più velocemente di quanto mi sarei aspettata, verso la fine di questo anno infausto. Per cominciare bene la settimana e concludere il mese, vi lascio la recensione del libro Donnafugata di Costanza DiQuattro edito da Baldini+Castoldi - che ringrazio per la copia - pag. 208.
lunedì 30 novembre 2020
Recensione #379 - Donnafugata di Costanza DiQuattro
venerdì 27 novembre 2020
Letture con Marina #110 - Recensione di Io sono Zelda di Andrew David MacDonald
Buon pomeriggio lettori, un altro venerdì è giunto e insieme a lui, lo sapete ormai, arriva Marina con una nuova recensione.
Devo aver colto una “conversazione” tra una scrittrice ed un editore forse. Ma nonostante io abbia anche cercato, non sono riuscita a trovare traccia dello scambio di battute su questo romanzo, che nonostante sia un’opera prima, ha ricevuto entusiastici riscontri. E come di consueto, nonostante anche la copertina esteticamente molto accattivante di cui i colori sono parte portante, almeno fino a metà romanzo la mia partecipazione come lettrice è stata tiepida. Assai. Ma ad un certo punto, quando i problemi si sono fatti più concreti e reali e la presentazione dei personaggi si è esaurita su se stessa, ecco che finalmente la meraviglia e l’interesse hanno fatto capolino…
Casa editrice: Sperling & Kupfer, 2020
Traduzione: Alda Arduini
Pagine: 368
Avevo accennato anche a Daniela, che gentilmente mi ospita da qualche anno nel suo blog, che arrivata a circa metà romanzo, non avevo ancora capito perché tanto entusiasmo per questo libro. Nonostante sia narrato in prima persona dalla protagonista, Zelda, non mi stava prendendo. Ho letto scorrevolmente la parte iniziale che di solito serve a presentare un po’ i personaggi, prima che questi prendano il volo e continuino il loro viaggio senza sentire troppo l’ingerenza dell’autore. Eppure niente, piacevole e nulla più. Tra l’altro devo dire che quando un libro tratta di un deficit personale, qui una persona “speciale”, o come si diceva fino ad un ventennio fa circa, ritardata – oppure in generale una qualsiasi patologia, a me sembra che la vicenda che l’autore costruisce, nonostante la fantasia, resti sempre ancorata a quel dato argomento, potendosi discostare molto poco e rischiando molto spesso di restare ancorata a clichè oramai triti. E questo romanzo pareva percorrere il medesimo abbrivio.
E invece a circa metà strada la vicenda si è trasformata. Siamo ancora in compagnia di una ragazza di ventuno anni che ha problemi, dovuti ad esposizione fetale ad alcool. Siamo ancora in compagnia di Gert, il fratello maggiore che ha sempre cercato di proteggerla dal mondo cattivo da cui provengono, facendo ad un certo punto più male che bene, sia a lei che a se stesso. Siamo sempre in compagnia della ex-fidanzata di Gert, una super-eroina un po’ fuori dalla realtà, che sbarca il lunario facendo l’autista di pulmini. E siamo sempre nello stesso mondo che l’autore ci ha presentato, anche se mi pare che mai ci dica esattamente in che città ci troviamo. Non che questo abbia in realtà grande importanza.
Però qualcosa ad un certo punto cambia. Non siamo più in presenza di una bambinona di ventun anni con le sue liste e regole da rispettare, con le sue fantasie sui vichinghi. O meglio, non solo. Zelda è sempre lei naturalmente, solo che sta cercando di cambiare. Lo sta facendo con le pulsioni di una giovane donna che vuole un uomo accanto a sé per vivere quell’esperienza sensoriale che il corpo in gioventù reclama e che più tardi si modifica al fine di formare una famiglia (o perlomeno l’istinto è quello, anche se poi capisce che il suo fidanzato non potrà mai essere al suo livello di capacità, in quanto più “menomato” di lei). Lo sta facendo perché il ritardo cerebrale che ha subito non è così consistente da non farle vedere e desiderare l’indipendenza, la facoltà di poter decidere della sua vita in piena autonomia, soprattutto quando si rende conto che il suo capo-tribù, il fratello Gert, prende decisioni sbagliate per cercare di proteggere i suoi cari, cioè lei stessa, Zelda. Lo sta facendo perché si rende conto che il fratello Gert non rispetta le regole che insieme si sono dati, prima fra tutti la promessa di non mentirsi mai.
E’ la vita vera e non ovattata che il fratello vorrebbe per lei, che irrompe nella vita di Zelda. Con tutti i problemi, le banalità, le cattiverie, le esperienze nuove, le fregature che la vita reale, quotidiana, ti riserva. Ma è proprio in questo preciso momento che il romanzo si eleva al di sopra di quella minestrina riscaldata che è stato nella prima metà. La cosa che mi è piaciuta molto, essendo poi di natura melanconica, è che l’autore non ha edulcorato il tutto in situazioni che si concludevano in rosa o positivamente. Il che avrebbe reso il tutto piuttosto banale e privo di senso. Qui in questo spaccato di vita, lo scrittore ci presenta la realtà nelle sue sfaccettature. Qualche volta ci sono risvolti positivi, qualche volta si cade – e qualche volta si è così fortunati che anche cadendo ci si sbuccia solo un ginocchio, invece che rompersi l’osso del collo. Ed è quanto accade qui.
Un aspetto fondamentale e che viene portato continuamente all’attenzione del lettore è la differenza tra Zelda ed il fratello maggiore Gert. Partono entrambi svantaggiati per la situazione familiare ed economica in cui vivono. Ma Zelda, pur avendo problematiche importanti, evolve come persona, tra gli alti e bassi della vita, mentre il fratello Gert, pur con le più buone intenzioni ed il cuore votato per la sorella, non evolve mai dalla sua situazione, restando almeno fino alla fine del libro un debole, che non coglie l’occasione di imparare dai propri errori e che ha sempre bisogno di una persona forte al suo fianco che lo sorregga. E anche il personaggio della sua ex fidanzata, molto amica di Zelda, che ad un certo punto si rimette insieme a Gert, alla fine del romanzo, dopo un’avventura che metterà a repentaglio la sua vita e quella di Zelda, imporrà a se stessa una scelta che le rende onore e che solleva ancora di più questo romanzo, dando una prospettiva ed uno spessore a queste vite che una scelta diversa avrebbe invece affossato.
Ci piace concludere prendendo a prestito le parole di Zelda: «Non serve essere perfetti per diventare eroi. Il mondo è un posto dove le cose che contano di più sono il coraggio e far parte di una tribù, in cui siamo tutti vichinghi che remano insieme al ritmo dello stesso tamburo.»
mercoledì 25 novembre 2020
Gruppo di lettura - La canzone di Achille di Madeline Miller - Tappa 1
Autore: Madeline Miller
Genere: Romazo storico
Pubblicazione: 10 gennaio 2019 - Feltrinelli
Pag.: 382
Costo: 11,00 € cartaceo - 7,99 ebook
Noi non sappiamo se c'è ancora qualcuno che debba affrontare questo volume, magari siamo rimaste solo noi tre...povere tapine, ma se qualcuno tra di voi ha rimandato la lettura delle avventure eroiche di Achille e compagnia cantante allora è il momento giusto, noi lo sappiamo, fidatevi!
Da oggi sono aperte le iscrizioni, basterà lasciare il vostro indirizzo email nei commenti e vi arriverà un promemoria il giorno in cui uscirà la tappa.
- commentare questo post in caso di adesione.
- seguire tutte le tappe (nel caso rimaneste indietro potrete sempre recuperare).
- potrete seguirci sul profilo Instagram poichè uscirà la tappa del gruppo di lettura anche lì, quindi se siete più comodi potrete decidere di commentare il nostro post su IG (prima tappa da unlibroperamico_dany, seconda tappa da ombredicarta e la terza tappa da desperate_bookswife ) oppure scattare voi una foto, scrivere un commento sotto al vostro post taggandoci. Quindi per intenderci, assoluta libertà di movimento!
Giovedì 12 novembre: iscrizioni
Mercoledì 2 dicembre: discussione seconda parte sul blog "Ombre di carta" fino al capitolo 22 compreso, ovvero fino a pagina 246.
Mercoledì 9 dicembre: discussione terza parte sul blog "Desperate Bookswife" da pagina 247 - inizio capitolo 23- fino alla fine del libro.
ATTENZIONE SPOILER:
Ci racconta di sé, della sua famiglia - una madre disturbata e un padre che mai ha avuto per il figlio pensieri di grandezza -, dei suoi primi anni nel regno e di come, a causa di un diverbio spinse con impeto e fece perdere la vita a Clitonimo. A causa dell'incidente, quando è solo un bambino, tutto per lui cambia perché viene esiliato a Ftia, perdendo il suo titolo di principe, il suo cognome e la sua famiglia. A Ftia conosce Achille, che già aveva notato durante i giochi nel suo regno.
Achille è un semidio, figlio di Peleo e della dea Teti, ninfa del mare, che da questo venne violentata e che divenne sua moglie solo per il tempo di avere il bambino.
Da subito per Patroclo la benevolenza di Peleo verso i ragazzi esiliati si rivela per quello che è: creare in futuro un grande esercito di giovani in debito con lui.
Achille attira subito la sua attenzione ma mai si sarebbe immaginato che anche lui lo notasse e lo scegliesse per essere il suo therapon, il suo compagno, un compagno d'armi legato a lui da un giuramento di sangue e amore.
Sin dai primi incontri, Patroclo guarda Achille come l'oggetto del suo desidero ma non si capisce se il ragazzo condivida il suo pensiero, finché i due si baciano in riva al mare e vengono visti da Teti, che non approva assolutamente il gesto e manda Achille lontano, da Chirone, un centauro, che vive sul monte Otri in mezzo ai boschi, lontano dal regno di Peleo. Patroclo ovviamente lo segue perché non può stare senza di lui e da quel momento assistiamo alla vita dei due sotto la guida del centauro che dovrebbe insegnargli tutto ciò che sa. I due diventano sempre più complici e iniziano a carpire i segreti del centauro.
Sinceramente, ringrazio che la scrittura sia scorrevole perché altrimenti avrei buttato questo libro dalla finestra. Perché? Perché mi aspettavo un romanzo storico e fino ad ora mi è sembrato di trovarmi per le mani un romance tandente all'erotico. Ma sono solo a un terzo e comunque gli lascio il beneficio del dubbio...
Cosa mi fa dire tutto questo?
La tensione carnale che c'è tra i due è sempre presente, forse - anzi tolgo il forse - troppo. Come se Patroclo dai nove ai sedici anni non sapesse fare altro che guardare Achille con la bava alla bocca. Ogni volta che ci racconta un suo pensiero è focalizzato sui capelli lucenti dell'altro, sui suoi muscoli sudati, sui suoi piedi affascinanti, rendendo la cosa quasi esasperante, per quanto mi riguarda.
E non bastano le poche righe di leggende mitologiche che ogni tanto vengono inserite qua e là per farmi credere di avere per le mani un romanzo storico solido e puntuale.
Sarà che leggo questo libro dopo L'architettrice, un romanzo storico "con le palle", e questo mi sembra fin troppo banale, fin troppo scialbo.
E, badate bene, non sono una puritana eh...
Ma di certo non mi aspetto che in un libro del genere quello che emerga prepotentemente non sia la forza sovraumana di Achille e la sua velocità ma solo la carica sessuale che il suo corpo emana agli occhi dell'altro. E non hanno quarant'anni suonati, ma dai 9 ai 15 anni. E va bene che magari è l'età della scoperta sessuale ma qui Patroclo, dal primo momento in cui incontra Achille, sembra non pensi ad altro, e questo dettaglio mi ha reso la situazione un po' meno credibile. E poi, ma era veramente necessario raccontarmi dell'auto-piacere che Patroclo si produce seduto appoggiato ad una pianta pensando ad Achille? Cosa mi dà ai fini della storia?
Ma arriviamo al clou, è il giorno del sedicesimo compleanno di Achille quando i due scoprono che Teti non riesce a vedere quello che fanno sui monti quindi... Viaaaaaa, si copula come due ricci famelici, più e più e più volte.
Ma sempre lo stesso giorno Achille viene richiamato a Palazzo perché il re, suo padre, vuole parlare al popolo e vuole che lui sia presente. I due partono e a palazzo trovano ad accoglierli Teti, oltre al padre.
Agamennone ha richiesto l'aiuto del regno. Elena, la moglie di Menelao è stata rapita da Paride e vuole creare un esercito per liberarla ed espugnare Troia. Tutti i pretendenti di Elena saranno costretti a partecipare alla guerra e, udite udite, Patroclo è uno di questi visto che all'età di 9 anni il padre lo aveva offerto a Elena come sposo. Achille deve decidere se guidare l'esercito, d'istinto non vorrebbe partecipare come non vorrebbe che Patroclo fosse obbligato a farlo ma fa una promessa: se Patroclo sarà obbligato ad andare, andrà con lui.
Che dire... Questa prima parte per me è bocciata, e spero sinceramente che la solfa cambi, ora che la questione si anima, perché altrimenti non troverò in questo libro la meraviglia di cui tutti parlano.
Che mi dite voi? Avete un'altra chiave di lettura? Vi prego spiegatela anche a me così che io possa vedere tutto sotto un'altra luce e trovi in questo libro la meraviglia di cui tutti parlano.
Per oggi è tutto, ci ritroviamo la prossima settimana sul blog Ombre di carta per discutere fino a pagina 246, capitolo 22 compreso.
lunedì 23 novembre 2020
Recensione #378 - L'architettrice di Melania G. Mazzucco
Buongiorno carissimi, buon lunedì. Passato bene il weekend? Io, in perfetto mood zona rossa, mi sono goduta due giorni in famiglia fatti di libri, di torte fatte in casa, di sorrisi e di lentezza, cercando di trovare il meglio da questo periodo che ci sta mettendo a dura prova. Voi cosa avete fatto? Oggi vi parlo di un libro che ccredo rimarrà tra i miei preferiti dell'anno. Si tratta di L'architettrice di Melania G. Mazzucco edito da Einaudi, pag. 568.
martedì 17 novembre 2020
Recensione #377 - Ogni giorno ha il suo male di Antonio Fusco
Buonasera lettori, oggi vi parlo di un libro che da tantissimo tempo occupava un posto nella mia libreria. Si tratta di Ogni giorno ha il suo male di Antonio Fusco edito da Giunti, pag. 240.
venerdì 13 novembre 2020
Letture con Marina #109 - Recensione di Morte di una sirena di Rydahl & Kazinski
Buon pomeriggio lettori, un altro venerdì è giunto e insieme a lui, lo sapete ormai, arriva Marina con una nuova recensione.
Autore: Rydahl & Kazinski
Casa editrice: Neri Pozza, 2020
Traduzione: Eva Kampmann
Pagine: 448
«L’uomo dei ritagli»… l’assassino non può essere che lui. Molly, la sorella minore di Anna, ne è sicura: soltanto un dissoluto può recarsi nell’appartamento di una prostituta e starsene tutto il tempo su una panca a contemplarla e a realizzare ritagli di carta che le somigliano. Ne è convinto anche il questore: il responsabile dell’infelice decesso non può essere che lo scrittorucolo con la passione per carta e forbici, l’uomo che è stato visto uscire per ultimo dall’appartamento della vittima.
«L’uomo dei ritagli»… si chiama Hans Christian Andersen ed è o, meglio, vorrebbe essere uno scrittore; tutti i tentativi per diventarlo sono però miseramente falliti, stroncati senza esitazione dai critici. Non fosse per la protezione dell’influente signor Collin, che lo ha spedito in collegio, ha pagato la retta e lo ha introdotto nel bel mondo, sarebbe immediatamente incriminato di omicidio e condotto nelle patrie galere per essere poi punito con vedrebbe volentieri decapitato e sulla ruota, ma, dato il peso dei Collin in città e persino sulla corona, deve scacciare per il momento la visione e offrire ad Andersen un’ultima chance: tre giorni, soltanto tre giorni per trovare altri colpevoli. Se non salteranno fuori, Hans Christian Andersen si trasformerà da scrittore povero in canna in assassino.
Intrigante l’idea dei due scrittori di creare un crime, miscelando fiaba, mistero, l’Ottocento più nero nel biancore di una Copenhagen divisa fra ricchezza sfrenata e povertà assoluta- e tirando in ballo un Hans Christian Handersen, quando ancora doveva diventare il cantore dei bambini.
Siamo a Copenhagen, Danimarca, Anno del Signore 1834. Anna e Molly, due mondane, o più comunemente definite prostitute. Piccola Marie, figlia di Anna e futura eroina tragica. Hans Christian Handersen, un uomo dalla statura e dal naso che spiccano nella sua figura allampanata e poco affascinante. Un uomo che è arrivato ragazzino nella capitale sperando in fama e fortuna, ma che sopravvive modestamente grazie alla “carità” mascherata di alcuni gentiluomini in vista nella capitale danese. Lussuria, degenerazione, povertà al limite della privazione totale, mancanza di igiene personale e fogne a cielo aperto, pandemie micidiali come la peste, incendi devastanti: questo è il periodo in cui i due autori ci chiedono di seguirli, per dare la caccia ad un assassino spietato che miete le sue vittime fra povere donne, prostitute e lavandaie, nascondendosi così bene che un innocente rischia di essere condannato a morte per omicidi che non ha commesso. Ed è proprio Hans Christian, futuro scrittore famoso, ma al momento poco considerato dal suo scarso pubblico, che viene indicato da Molly come il depravato assassino dell’amata sorella Anna.
Da qui inizia una caccia che metterà Hans Christian e Molly, prima nemici giurati e poi compagni per necessità, sulle tracce dell’assassino e sulla strada di principi e principesse. Solo dopo aver socchiuso la porta di quel mondo, osceno tanto quanto quello povero da cui provengono, si rendono conto, filosoficamente Hans Christian e realmente Molly, che alle cariche importanti della città e al re non interessa nulla del popolo, non è l’affrancamento dalla povertà, la libertà ed una vita migliore che i regnanti vogliono per i propri sudditi, ma una selva schiumante di servitori ottusi che non pensa, non chiede, non desidera – ma che serve e rimane schiava per l’eternità, solo per il piacere dissoluto di pochi eletti.
Per arrivare a questo risultato, che è già la fine del romanzo, dovremo vedere, pensare e vivere momenti poco piacevoli ed edificanti insieme a Molly e Hans Christian. Una sequenza di avventure che dapprima non fanno pregustare la speranza, ma che verso metà del romanzo si fanno più movimentate ed ariose, salvo farci precipitare nella nera disperazione verso la fine del romanzo. La prima metà del romanzo è lenta e troppo descrittiva e forse ancor più per il tono distaccato usato dagli scrittori, viene vissuta dal lettore come noiosa. Anche se serve per presentare ed accompagnare lungo tutto il romanzo la personalità del futuro scrittore. Dopo la prima metà del romanzo, come detto, l’azione si fa più movimentata e sembra prendere quella vita che nella prima parte è latitante, vuoi anche per le ingiuste ed orribili morti e forse per la descrizione – seppur necessaria ed interessante - in cui versa la città di Copenhagen. La parte finale è necessariamente – e sottolineo il necessariamente – trita nella sua banale ovvietà e forse proprio per questo perde gran parte di quel pathos che gli autori intendevano sicuramente dare alle ultimissime pagine del romanzo. Ma ciò che mi è spiaciuto maggiormente è stata la motivazione – assai deludente – attribuita all’assassino per ciò che ha fatto. Bada bene, lettore che ha già letto il romanzo: non intendo deludente per ciò che bramava l’assassino, ma la motivazione principe per cui ha scelto di fare ciò che ha fatto. Simpatici (ma nulla di più), avendo per protagonista l’affabulatore principe dei bambini, i diversi riferimenti e rimandi alle varie favole da lui scritte e che si sposano a meraviglia con alcuni personaggi e situazioni.
Tendo raramente ad intromettermi in un’altra delle domande più retoriche a cui è dato pensare: consiglieresti la lettura di questo romanzo? Ma questa volta voglio espormi e quindi la mia risposta onesta è un “NI”. Ritengo che valga sempre la pena leggere romanzi che ci diano l’occasione di rinverdire o approfondire conoscenze di autori che si conoscono realmente poco, nonostante la notorietà mondiale. O di conoscere meglio città, anche se di un secolo diverso dal nostro. Il crime in quanto tale, pur se con soprese via via che scorrono le pagine, è già metà svelato, per la scelta fatta dagli autori di far parlare da subito l’assassino ed accompagnarlo, come lettori, nelle sue barbare ed orripilanti scorribande. D’altra parte, l’epilogo avrebbe potuto essere tragicamente epico ed elevare così l’intero romanzo. Ed invece, inevitabilmente a mio parere, le ultime pagine precipitano in un pietismo da piagnisteo, più che da eroe che si innalza sopra la fogna dell’umanità e che sente l’inchiostro scorrere nelle vene, dalla tensione rabbiosa dell’ingiustizia. E quindi l’afflato della promessa: “verrà raccontata, gli abitanti della terra lo devono sapere” risulta floscio e privo di qualsiasi forza eroica. Peccato, a mio avviso le premesse c’erano tutte, perché l’idea principale era decisamente intrigante.
giovedì 12 novembre 2020
Gruppo di Lettura - La canzone di Achille di Madeline Miller - Presentazione e iscrizioni
Autore: Madeline Miller
Genere: Romazo storico
Pubblicazione: 10 gennaio 2019 - Feltrinelli
Pag.: 382
Costo: 11,00 € cartaceo - 7,99 ebook
Noi non sappiamo se c'è ancora qualcuno che debba affrontare questo volume, magari siamo rimaste solo noi tre...povere tapine, ma se qualcuno tra di voi ha rimandato la lettura delle avventure eroiche di Achille e compagnia cantante allora è il momento giusto, noi lo sappiamo, fidatevi!
Da oggi sono aperte le iscrizioni, basterà lasciare il vostro indirizzo email nei commenti e vi arriverà un promemoria il giorno in cui uscirà la tappa.
- commentare questo post in caso di adesione.
- seguire tutte le tappe (nel caso rimaneste indietro potrete sempre recuperare).
- potrete seguirci sul profilo Instagram poichè uscirà la tappa del gruppo di lettura anche lì, quindi se siete più comodi potrete decidere di commentare il nostro post su IG (prima tappa da unlibroperamico_dany, seconda tappa da ombredicarta e la terza tappa da desperate_bookswife ) oppure scattare voi una foto, scrivere un commento sotto al vostro post taggandoci. Quindi per intenderci, assoluta libertà di movimento!
Giovedì 12 novembre: iscrizioni
Mercoledì 2 dicembre: discussione seconda parte sul blog "Ombre di carta" fino al capitolo 22 compreso, ovvero fino a pagina 246.
Mercoledì 9 dicembre: discussione terza parte sul blog "Desperate Bookswife" da pagina 247 - inizio capitolo 23- fino alla fine del libro.
mercoledì 11 novembre 2020
Recensione #376 - Gelidi abissi di Massimo Gagliardini
Buonasera carissimi, mi sto mettendo d'impegno per cercare di essere il più presente possibile, non solo sui social, ma anche qui sul blog. Oggi torno da voi per lasciarvi il mio pensiero su un libro molto particolare, si tatta di Gelidi abissi di Massimo Gagliardini edito da Bonfirraro - che ringrazio per la copia - pag. 324.
lunedì 9 novembre 2020
Recensione #375 - L'estraneo di Ursula Poznanski e Arno Strobel
Buongiorno lettori, come state? Non state sbarellando, sono di nuovo qui con una recensione, dopo così pochi giorni dalla precedente. Sono riuscita a trovare qualche ora per cercare di riprendere in mano il blog - non è facile con un figlio di quasi due anni che non ha svago alcuno se non stare attaccato ai miei pantaloni - e quindi eccomi qui, finchè dura!!! E siccome sono indietro che più indietro non si può oggi torno per parlarvi della delusione delle scorse vacanze estive. Sì, avete capito bene, ho letto questo libro in agosto e ancora non ve ne avevo parlato. Ma mica è l'unico... Chissà se prima o poi riuscirò a parlavi anche degli altri. Non vi prometto niente, ma ci proverò!
Per il momento vi parlo de L'estraneo di Ursula Poznanski e Arno Strobel edito da Giunti per la collana Le Chiocciole, pag. 368.
sabato 7 novembre 2020
Recensione #374 - Il blu delle rose di Tony Laudadio
Buongiorno lettori, dopo troppo tempo riesco a trovare il momento per condividere con voi il mio pensiero sul romanzo Il blu delle rose di Tony Laudadio edito da NN Editore - che ringrazio per la copia -, pag. 272.
venerdì 6 novembre 2020
Letture con Marina #108 - Recensione di La storia di Willie Ellin di Charlotte Brontë
Buonasera lettori, primo giorno di lockdown (anche se in giro andando a recuperare il figlio a scuola ho visto il mondo) per zona rossa... voi come siete messi? Speriamo di non ritornare alle condizioni di marzo! Ma parliamo di cose belle, oggi è venerdì e torna Marina con una recensione.
Che si chiami angoscia l’angoscia, e disperazione la disperazione; scriviamole entrambe in caratteri decisi con penna risoluta: ci sarà più facile saldare i nostri debiti con il Destino. (Charlotte Brontë)
Titolo: La storia di Willie Ellin
Autore: Charlotte Brontë
Casa editrice: Flower-ed, 2016
Pagine: 89
Charlotte Bronte, insieme alle sorelle Emily e Anne, è stata una delle scrittrici più importanti dell’Ottocento, con la “produzione” di alcuni dei romanzi che ancora oggi vengono considerati dei capolavori.
Dopo un incipit del genere, non ci sarebbe più niente da dire, se non leggere questo romanzo abbozzato, incompiuto, che avrebbe potuto regalarci un altro capolavoro – e che invece è rimasto allo stato larvale, facendo sì che la sua autrice abbandonasse in un cassetto queste pagine, lasciandosi trascinare verso la morte dalla vita reale che alfine, per un motivo più che valido, aveva scelto, per non restare sola in una canonica povera e malsana in attesa di una morte, che l’avrebbe vista di nuovo – e come sempre – sola.
Come ci precisa la curatrice e traduttrice: “Charlotte morì avendo scritto troppo poco. Quel poco per i lettori italiani è ancora meno che nella lingua madre inglese”. Ed un plauso quindi va alla casa editrice flower-ed e alla traduttrice D’Auria che si è armata di carta e penna e ha dato voce, per noi italiani, a “una donna i cui ultimi scritti sono patrimonio della letteratura mondiale… una donna che ci insegna ancora a resistere quotidianamente alla battaglia della vita”. Ed è proprio qui che vorrei soffermarmi, prima di parlare brevemente dei racconti abbozzati, potremo chiamarli così, che ci ha lasciato Charlotte. Non serve sicuramente che io rivanghi la storia triste e dolorosa della vita di quest’autrice, dalla perdita prematura della madre, a quella delle sorelle, passando per l’alcolismo e la droga cui era dedito il fratello Branwell. Per non parlare del padre, il reverendo… Una vita di sacrifici e di lutti continui, quella di Charlotte Brontë, dove anche lo scrivere è una fatica e un ritagliarsi uno spazio personale solo la sera… Un classico, a ben pensarci, se non che a dire così, sembra quasi di voler sminuire una vita vissuta intensamente, seppur in uno stato di povertà a tutto tondo: povertà di condizioni igienico-sanitarie, povertà di alimentazione, povertà di calore umano…
Scrive di ciò che conosce, Charlotte – e lo fa a modo suo, con fantasia, attingendo al gotico ottocentesco e allo stereotipo, in questa tranche di romanzo o racconti incompiuti, dell’infanzia di strada vittoriana, già visitata anche da Dickens. Vite da romanzo, appunto, ma non solo – se pensiamo all’esistenza di Charlotte ed della sua famiglia. Vita che lei descrive in questo scampolo di pagine, parlando di un bimbo di soli dieci anni che scappa dal fratellastro adulto, da cui dipende economicamente, e che lo picchia senza ritegno e senza motivo, lasciandosi andare ad un carattere collerico condito dall’alcol e che gode nell’esercitare la sua prepotente violenza sugli indifesi. Qui, da parte mia, nessun commento e nessun tentativo di paragone con la realtà. Della sua famiglia. Dell’epoca.
Ma tornando ad un minimo di racconto di questi ultimi possibili capolavori, per non farsi solo irretire dalla biografia di questa famiglia particolare e dolorosamente sfortunata, essa stessa un romanzo d’appendice. Questa raccolta di racconti è divisa in “V Parti”: nelle prime due si parla dell’avita dimora di Ellin Hall, in seguito Ellin Balcony, della governante Sig.ra Widdup (che più avanti cambierà nome) e di un essere non ben precisato che è comunque il rappresentante superstite della famiglia Ellin. Già nella III parte, la governante si chiama Sig.ra Hill ed accoglie un bimbo di dieci anni, fuggiasco da un fratello maggiore violento, che già il giorno dopo lo trova a Ellin Balcony e lo riporta indietro, da dove è scappato, dopo aver picchiato sia la governante che il piccolo. La IV e la V parte si consumano nel racconto di questo sfortunato orfano, dei pesanti e sanguinosi maltrattamenti che patisce e la conclusiva notturna visita di una fantomatica ragazza di diciassette anni che con sollecita e dolce pietà lo rincuora dopo le percosse subite, lo culla stringendolo a sé ed offrendogli quel contatto materno di cui il piccolo ha oramai solo vaga memoria.
Resta per gli appassionati e per la traduttrice la felicità di poter “vedere” il romanzo in gestazione – e che a me sarebbe piaciuto vedere all’interno del romanzo , insieme alla traduzione italiana, per apprezzare maggiormente questa prova incompiuta, riportata immagino a mo’ di idee, scritti, ripensamenti, forse cancellature, dato che per economia Charlotte scriveva a matita. Resta il rammarico di una morte anzitempo, della mancanza di “una stanza tutta per sé”, che insieme ad un’impossibile indipendenza economica, le avrebbe permesso di dedicarsi maggiormente alla scrittura. Resta anche il rimpianto della corrispondenza che il marito, il rev. Arthur Bell Nicholls, chiese alla amiche di Charlotte di distruggere… E ciò non può che riportarmi alla mente grandi scrittrici o poetesse come Virginia Woolf (per certi aspetti) e Sylvia Plath.
Soprattutto la post-fazione della traduttrice, più ancora che l’analisi degli scritti di Charlotte Brontë, mi riporta con tristezza ad una situazione che è stata comune a tante, troppe donne nei secoli scorsi e finanche – ancora – nel non lontano Milleottocento. Intelligenza femminile non valutata, se non addirittura disprezzata - servitù sotto vari titoli in seno alla famiglia, cioè una badante ante-litteram, e nel caso specifico di Charlotte, la triste sorte di dover accompagnare negli ultimi istanti le proprie sorelle ed il fratello, sapendo che per lei si sarebbe profilata la solitudine, in vita come in morte. La scelta quasi obbligata, a 38 anni, di sposarsi, non tanto per uniformarsi alle rigide convenzioni sociali che lei aveva sempre rifiutato, ma per scappare alla solitudine, alla morte, al non avere più nemmeno un tetto, per quanto povero, sopra la testa. Il cambiamento del reverendo Nicholls dopo il matrimonio nei confronti dei suoi scritti, la morte a nemmeno un anno di distanza dal matrimonio, osteggiato dal padre che vedeva scappare la sua imperitura, lui credeva e voleva, badante. E la rassegnata consapevolezza di Charlotte che sposarsi avrebbe significato abbandonare la scrittura, di cui un cassetto divenne muto testimone.
E allora che Charlotte Vi accompagni nelle avversità di questo periodo difficile, proprio lei, una delle tante donne che ha fatto del sacrificio silenzioso e della resilienza quotidiana una battaglia di vita, ma che al contempo ha avuto lo splendido coraggio di brandire la penna come l’arma più potente di questo mondo e con questa continua ad illuminare anche a distanza di secoli, ad imperitura memoria.
lunedì 2 novembre 2020
Challenge Jukebook 2.0 - Tappa 6 - Novembre - Dicembre
Come sono andati i due mesi precedenti? Mi sembra ci abbiate preso gusto e ne sono contenta.
Se ancora avete dei dubbi su alcune regole, vi rimando subito al post iniziale per ripassare la lezione! QUI.
Vi ricordo come ci siamo suddivise il mondo musicale per tutta la durata di questa sfida:
Ecco a voi i pulsanti:
Una volta scelti i pulsanti, vi manderemo una mail (CON MOLTA CALMA, SECONDO I NOSTRI TEMPI DA BRADIPI) con gli obiettivi legati a quei tre pulsanti.
Quindi avrete due possibilità:
Per ogni categoria saranno attribuiti due obiettivi che sceglieremo noi e che saranno differenti per quasi ognuna di voi, li tireremo a sorte.
Per ottenere i punti dovrete soddisfare almeno due obiettivi diversi (anche della stessa categoria) e leggere almeno un totale di 200 pagine a bimestre. Altrimenti rimarrete in gara ma senza ottenere punti per quella tappa. Valgono le novelle purchè di 10 pagine equivarranno ad 1 punto. Non valgono libri illustrati per bambini e grafic novel.
Esempio: di un obiettivo potrete leggere una novella da 20 pagine e dell'altro obiettivo un libro da 180 pagine, oppure 18 racconti da 10 pagine. (basta che sia dimostrabile in qualche modo).
BONUS LIBRO IMPOSTO 100 PUNTI ( se leggerete un libro da noi consigliato).
BONUS SOCIAL 50 PUNTI (se riuscirete a fare una foto alla copertina di un libro da voi letto nella tappa abbinato ad un brano che faccia parte degli obiettivi da noi proposti, sceglieremo noi un vincitore per ogni tappa).
Esempio: Categoria Brano musicale. Brano scelto dalla blogger: "Stardust" di Mika.
(libro consigliato da Dany)
A volte ritorno di J. Niven
(libro consigliato da Baba)
Confessioni audaci di un ballerino di liscio di Paola Cereda
CATEGORIA BRANO
Un matrimonio perfetto di Sarah Pinborough
(libro consigliato da Ombretta)
Warcross di Marie Lu
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