mercoledì 18 maggio 2016

Recensione #128 - Aspettando Bojangles di Olivier Bourdeaut

Buongiorno lettori, finalmente riesco a condividere con voi questa recensione che in realtà ho pronta già da più di una settimana. Mi scuso per la poca presenza qui sul blog, è un periodo strano il mio: molti pensieri nella vita reale ma anche un po' di apatia verso la vita virtuale; spero questo mio stato d'animo passi in fretta! Per il momento vi lascio con questo post in cui mi sento tanto fuori dal mondo perchè vi parlerò di un libro che ha entusiasmato tutti e che invece a me non è particolarmente piaciuto: si tratta di Aspettando Bojangles di Olivier Bourdeaut edito da Neri Pozza, che ringrazio per la copia, 144 pagine.

Trama: Immaginate di essere un bambino e di avere un padre che non chiama mai vostra madre con lo stesso nome. Immaginate poi che a vostra madre quest’abitudine non dispiaccia affatto, poiché tutte le mattine, in cucina, tiene lo sguardo fisso e allegro su vostro padre, col naso dentro la tazza di latte oppure col mento tra le mani, in attesa del verdetto; e poi, felice, si volta verso lo specchio salutando la nuova Renée, o la nuova Joséphine, o la nuova Marylou...
Se immaginate tutto questo, potete mettere piede nel fantastico universo familiare descritto dal bambino in queste pagine. Un universo in cui a reggere le sorti di tutto e tutti è Renée, Joséphine, Marylou… la madre.
Di lei, suo marito dice che dà del tu alle stelle, ma in realtà dà del voi a tutti, a suo marito, al bambino e alla damigella di Numidia che vive nel loro appartamento, un grosso uccello strambo ed elegante che passeggia oscillando il lungo collo nero, le piume bianche e gli occhi di un rosso violento.
Renée, Joséphine, Marylou, o anche, ogni 15 febbraio, Georgette, ama ballare con suo marito sempre e ovunque, di giorno e di notte, da soli e in compagnia degli amici, al suono soprattutto di Mister Bojangles di Nina Simone, una canzone gaia e triste allo stesso tempo.
Per il resto del tempo si entusiasma e si estasia per ogni cosa, trovando incredibilmente divertente l’andare avanti del mondo. E non tratta il suo piccolo né da adulto né da bambino, ma come un personaggio da romanzo. Un romanzo che lei ama molto e nel quale s’immerge in ogni momento.
Di una sola cosa non vuole sentire parlare: delle tristezze e degli inganni della vita; perciò ripete come un mantra ai suoi: «Quando la realtà è banale e triste, inventatemi una bella storia, voi che sapete mentire così bene».
La realtà, però, è a volte molto banale e triste, così scioccamente triste che occorre più di una prodigiosa arte del mentire per continuare a gioire del mondo.



Difficilissimo recensire questo libro. Sarà che non rispecchia molto il mio genere, sarà che nonostante io lo abbia trovato un libro molto ben scritto, a cavallo tra una tristezza latente ed una tenerezza evidente, non sia riuscito a fare breccia nel mio animo, facendo scattare quella scintilla che differenzia un libro piacevole rispetto ad un libro del cuore.
Una favola moderna che rasenta la follia – facendo della follia stessa la protagonista – e che mi ha lasciata a tratti insoddisfatta a livello di trama; perché se è vero che l’autore ha uno stile molto ricercato, piacevole ed anche delicato, è anche vero che una storia effettiva non esista o, meglio, esiste ma per quanto mi riguarda presenta delle lacune insormontabili.
La narrazione è a due voci: da una parte un bambino che in prima persona ci racconta la storia dei suoi genitori; dall’altra un padre o, meglio, il romanzo che il padre vorrebbe scrivere, che integra e in qualche modo arricchisce la storia. Il problema però è appunto la storia; una storia di vita, di famiglia che ha tutto tranne che una parvenza di realtà.
Georges conosce sua moglie ad una festa, una donna che da subito mostra una fragilità mentale non indifferente tanto che l’uomo è consapevole di correre un rischio accettando le sue attenzioni ed andando via con lei, ma evidentemente il colpo di fulmine è più potente di ogni ragione e comincia così una storia d’amore sul baratro della follia. I due vivono una vita familiare quantomeno bislacca: lui chiama lei ogni giorno con un nome diverso, tanto che fino alla fine non ci è dato da sapere il suo vero nome; organizzano feste interminabili sulle note di una canzone intitolata Mister Bojangles; vivono con un uccello gigante – un Emù, non un pappagallino – libero di girare per casa e inventano storie per scappare dalla realtà. Tutto molto romantico, per carità, se non fosse che poi la vita reale è un’altra cosa. L’arrivo di un figlio non migliora le cose visto che anche davanti a lui le abitudini più strane si ripetono e la follia della madre peggiora tanto da essere un pericolo per se stessa e per gli altri.
Perché un uomo debba – al primo appuntamento – decidere di sposare una donna che – evidentemente – rasenti la follia; perché debba assecondare questa follia chiamandola ogni giorno con un nome diverso e non utilizzando mai il suo vero nome; perché debba farci un figlio, educarlo all’utilizzo della bugia quotidiana e addirittura ritirarlo da scuola per un capriccio di questa donna; perché debba – sempre per assecondare la moglie - portare a casa da un viaggio un Emù dandogli un nome, facendolo vivere libero per casa, leggendogli storie, insegnandogli a mangiare tonno in scatola, facendolo viaggiare prima in aereo e poi in macchina da una parte all’altra dell’Europa… ecco, il perché di tutto questo resterà per me un’incognita.
E mi scuso se magari non sono abbastanza elevata per capire i messaggi nascosti di questa scelta, mi scuso se non sono riuscita ad andare oltre, apprezzando la ricerca della felicità, della libertà, dell’anticonformismo che straripa in ogni capoverso e che accompagna la vita di questi genitori a cui, nella realtà, probabilmente avrebbero tolto il figlio senza troppi complimenti.
Un libretto di circa 140 pagine che mi sono trascinata per troppo tempo, perchè durante la lettura non capivo dove volesse andare a parare, perché non ne coglievo il senso, perché finita la lettura mi ha lasciato solo una tristezza infinita per delle scelte genitoriali incomprensibili e per un bambino che, per carità, avrà anche avuto una vita avventurosa ma che mi ha fatto tanta, troppa pena!
E va bene aver colorito tutto con un grandissimo romanticismo e con un finale veramente emozionante ma purtroppo non mi è bastato.
Ho concluso la lettura non riuscendo minimamente ad immaginare i volti di questa famiglia, non conoscendone i nomi, non avendo nessuna empatia con loro, se non con il bambino che per tutto il tempo mi è parso una vittima; ho concluso la lettura pensando: finalmente!
Non è un brutto libro… probabilmente se la storia fosse stata meno forzata, meno strampalata, meno incentrata sull’impossibile avrei anche potuto amarla, ma così continuo a chiedermi perché! Mi dicono che gli autori francesi siano un po’ così, molto romantici e ricercati nella scrittura ma anche molto poco lineari nelle loro storie; ecco, forse i francesi non fanno per me! ;)
Difficile quindi dare un voto: promuovo l’autore per l’eleganza del suo stile ma boccio la storia che ha scelto di raccontare quindi metto questo libro esattamente nel mezzo sulla scala di valutazione.
Mi consola una frase che l’autore fa dire proprio al suo protagonista alla fine del libro:

[…] lo avevo inviato a un editore che, dopo qualche tempo, mi aveva risposto che era una storia bella e ben scritta, che aveva né capo né coda, e proprio per questa intendeva pubblicarla. Così il libro di mio padre, con le sue menzogne a dritto e a rovescio, aveva riempito le librerie del mondo intero.

Che dire… io sono per le storie con capo e coda!
Mi piacerebbe però moltissimo conoscere i vostri pareri e confrontarmi con i vostri pensieri perché magari qualcuno di voi saprà darmi una chiave di lettura diversa che magari mi permetterà di comprendere, visto che sto leggendo solo pareri super entusiastici ed io mi sento tanto una voce fuori dal coro.

VOTO: 

14 commenti:

  1. Ciao Dany! Anch'io ho letto tante opinioni positive e fra poco mi approccerò alla lettura di questo particolare libro. Ti saprò dire da che parte mi collocherò!
    Baci da Bacci

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    1. Ciao Stefy! Attendo la tua recensione con curiosità allora!

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  2. Peccato non ti abbia convinto tanto. A me ispirava così a primo impatto, mi ha subito incuriosito la copertina :)

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  3. che brutto quando un libro piace a tutti e a te no, a me capita spesso e mi sento come se sbagliassi, ma i gusti sono gusti e non c'è giusto o sbagliato. Dopo questa chicca di filosofia spiccia, che certamente sarà utilissima (scherzo) ti dico che questo libro l'ho comprato al Salone e regalato a mia mamma che mi ha subito fatto notare che è francese (io ho dei pregiudizi, non li capisco). Appena lo finisce lei lo inizierò io e ti dirò.
    PS mi dispiace che tu sia virtualmente apatica, spero passi!

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    1. Hai ragione, mi sento tanto quella che non capisce un libro tanto meraviglioso. Però non posso farci niente, di certo non mi uniformo se il mio pensiero è diverso! Lo devo ai miei lettori. Serietà prima di tutto. Però mi piacerebbe capire se sono io che non l'ho letto dalla giusta prospettiva.
      Mi raccomando, poi torna a dirmi che ne parliamo! 😉😉

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    2. io (e non solo io) apprezzo proprio la serietà e l'onestà

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  4. Che dire... neanche a me è piaciuto e personalmente trovo che la "ricerca della felicità e della libertà" di George sia in realtà pura follia, al pari di quella della moglie! Non sono proprio riuscita a trovare tutta questa magia e poesia che sembrano aver entusiasmato i più! Chissà.

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    1. Mi consolo! Mi sono sentita tanto un'aliena nei confronti di questo libro... ;)

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  5. Un libro visionario e commovente. la capacità di rendere tutto fantasmagorico perchè visto dagli occhi di un bambino io lo trovo efficace e poetico. ho pianto mezz'ora alla fine, ma ero felice.

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    1. E niente...mi sa che io questo libro non l'ho proprio capito. Ho dei seri problemi con i libri "visionari". ;)

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  6. Leggendo la tua recensione mi sono sentita un po'meno isolata. Condivido quello che scrivi. Forse l'A. ci ha mostrato con zelo dissacrante un compendio di violazione dei diritti dell'infanzia. Un bambino mai amato per sé stesso ma "in funzione di". Quando poi ho letto nel diario del padre "le ho offerto il figlio che lei mi chiedeva...", mi sono ritrovata ai tempi dei sacrifici votivi alle divinità. Bella la scrittura ma questa volta non mi è bastata.

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    1. Anche io mi consolo un po'leggendo che qualcun'altro, come me, non lo ha capito! Grazie per questa tua testimonianza 😊

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