venerdì 26 giugno 2020

Letture con Marina #96 - Recensione di Tutta la luce che non vediamo di Anthony Doerr

Buongiorno lettori, è di nuovo venerdì quindi torna Marina con una recensione

Mi piace chiudere così questo mese. Un giugno che si sta scaldando solo ora, quando arriva alla sua conclusione. Un giugno che mi ha comunicato che un altro anno è trascorso. Un giugno che ci sta riportando alla normalità.
Titolo: Tutta la luce che non vediamo
Autore: Anthony Doerr
Casa editrice: BUR, 2017
Traduzione: A. Gewurz Daniele, Isabella Zani
Pagine: 575
Trama: È il 1934, a Parigi, quando a Marie-Laure, una bambina di sei anni con i capelli rossi e il viso pieno di lentiggini, viene diagnosticata una malattia degenerativa: sarà cieca per il resto della vita. Ne ha dodici quando i nazisti occupano la città, costringendo lei e il padre a trovare rifugio tra le mura di Saint-Malo, nella casa vicino al mare del prozio. Attraverso le imposte azzurre sempre chiuse, perché così impone la guerra, le arriva fragorosa l'eco delle onde che sbattono contro i bastioni.
Qui, Marie-Laure dovrà imparare a sopravvivere a un nuovo tipo di buio. In quello stesso anno, in un orfanotrofio della Germania nazista vive Werner, un ragazzino con i capelli candidi come la neve e una curiosità esuberante per il mondo. Quando per caso mette le mani su una vecchia radio, scopre di avere un talento naturale per costruire e riparare questi strumenti di fondamentale importanza per le tattiche di guerra, un dono che si trasformerà nel suo lasciapassare per accedere all'accademia della Gioventù hitleriana, e poi partire in missione per localizzare i partigiani.
Sempre più conscio del costo in vite umane del suo operato, Werner si addentra nel cuore del conflitto. Due mesi dopo il D-Day che ha liberato la Francia, ma non ancora la cittadina fortificata di Saint-Malo, i destini opposti di Werner e Marie-Laure convergono e si sfiorano in una limpida bolla di luce.


 



RECENSIONE:


Mi chiedevo come fosse possibile scrivere un romanzo (il secondo della propria vita di scrittore) e vincere con questo l’ambito premio Pulitzer per la narrativa, nel 2015. Ora lo so. Credo sia uno dei pochi libri che mi fa pensare ai protagonisti come a delle persone vere. Dei bambini divenuti adolescenti in un’altra epoca – di cui l’autore per pietà ci ha fatto sapere nell’epilogo cosa ne è stato di loro. Delle loro vite intense, dolorose all’inverosimile, brutalmente spezzate. Eh sì, la solita storia del prequel e dello svolgimento della Seconda Guerra Mondiale. O forse proprio no.
Sarebbe stato possibile un incontro diverso? No, l’incontro in sé è perfetto. E’ l’epilogo che non lo è, che ci lascia umanamente sconfitti, ma con un amaro in bocca che ci rende lettori soddisfatti. Sarebbe stato facile seguire il destino che li aveva fatti incontrare, sfiorare, riconoscere. Ma non sarebbe stata la purezza di un momento lirico, unico. E non ci avrebbe permesso di incontrare nuovamente il gigante Volkheimer, l’angelo custode di Werner e Jutta, la sorellina di Werner – a distanza di trent’anni e nelle loro vite ricostruite sulla mancanza di memoria.

Resta solo da chiedersi perché un simile libro non venga fatto leggere nelle scuole. A me resta il dubbio se sia stato così deflagrante perché fa leva sulla tristezza e sulla commozione, non utilizzando frase liriche se non in certi momenti, ma rendendo il romanzo così fluido nella lettura da farlo sembrare il racconto da parte di un amico di una storia vera, che si sta srotolando davanti ai nostri occhi. Qualche critico in realtà ha definito il tipo di scrittura troppo “da film americano”, ma io in realtà questo lo reputo, nel caso di questo romanzo, un complimento.

E dunque: se non fosse così lancinante la commozione delle ultime cinquanta pagine, lo considereremmo comunque di una bellezza straziante? Meritorio del Pulitzer. Non posso che continuare a pensare sì, sì, magnifico – anche perché pur raccontandoci di un periodo raccapricciante, ci dimostra che una sorta di empatia è sempre possibile, come pure il coraggio di rifiutare l’ignavia e di fare quello che va fatto. E che non esistono un cattivo assoluto ed un buono assoluto, ma che ci sono delle circostanze che ci fanno schierare su un lato della scacchiera, ma che la possibilità di agire diversamente che ci viene data dalla ns umanità, a volte così disprezzata, è il motore che ci consente quegli atti di eroismo e di generosità che possono cambiare il mondo attorno a noi.                                     E tornando alla domanda precedente, mi chiedo se calcare la mano sugli stereotipi nazisti/tedeschi tutti cattivi, resto del mondo tutti buoni, non ci faccia in un certo senso sentire più al sicuro, perché ci fa automaticamente rientrare in un gruppo che non è quello dei cattivi, nonostante l’Italia – val sempre la pena di ricordarlo – fosse alleata della Germania. E nonostante questo, quanti eroi, quante tragedie, quanta sofferenza anche tra gli italiani. E scopriamo o Doerr ci aiuta a ricordare che anche tra i tedeschi c’è stata molta sofferenza e tragedia, oltra a follia. E anche questo, ogni tanto, è bene ricordarlo.

Sebbene i protagonisti principali siano il curioso ed intelligente Werner abitante in una regione mineraria in Germania e Marie-Laure, la cieca ragazzina parigina, ci sono molte figure che ruotano attorno a loro e che farete fatica a dimenticare, oltre ad alcune ambientazioni, fra cui sicuramente il Museo di Storia Naturale di Parigi e la città di Saint Malo. Il padre di Marie-Laure, primo fabbro al Museo di Storia Naturale di Parigi. Etienne, prozio di Marie-Laure, che soffre di agorafobia dalla fine della Prima Guerra Mondiale e che possiede una radio rice-trasmittente, con la quale fa volare ai quattro angoli della terra la voce del fratello defunto e del Chiaro di Luna. La sua fida e determinata domestica Madame Manec. Jutta, la sorellina di Werner. Frau Elena, che li cura all’orfanotrofio chiamato La Casa dei Bambini, in una località vicino Essen, grande complesso minerario tedesco. Un inferno per i poveri operai che ci lavorano e per le loro famiglie. Friedrich, l’amico della scuola preparatoria neonazista, che pagherà un prezzo altissimo per la sua dirittura morale. Il gigante Volkhaimer, ad un tempo assassino di guerra e delicato angelo custode di Werner. Lo stesso periodo in cui Werner accede ad una scuola di eccellenza, dove si vede in tutto il suo orrore il lavaggio del cervello di giovanissimi studenti da parte di insegnanti/militari, è una parte del romanzo ben raccontata.

E’ un incedere di capitoli. Iniziamo dall’epilogo della capitolazione dei tedeschi in Francia ed in particolare a Saint Malo nell’agosto del 1944, per poi andare subito all’antefatto nel 1934, quando sia Marie-Laure che Werner sono dei bambini, entrambi orfani, con le lentiggini lei, con capelli bianchi come la neve lui.

“Tutta la Luce che non possiamo vedere”: qual è il significato di questa frase, che dà il titolo al romanzo e che ci riempie il respiro, la testa, il cuore? Sarebbe semplice pensare a Marie-Laure, cieca dall’età di sei anni. Oppure al giovanissimo Werner, talento puro per la matematica e l’elettricità in particolare nell’applicazione alle radio, che riusciva a vedere collegamenti invisibili agli altri e da cui ci si aspettava grandi cose… Perché allora non pensare alla luce delle anime che non possiamo più vedere, e che “possono straziare il cielo in stormi come gli uccelli, rendendo l’aria una biblioteca e un archivio di ogni vita vissuta, ogni frase pronunciata, ogni parola trasmessa, che ancora riecheggia” come se stessimo ascoltando una radio.

A presto,





4 commenti:

  1. In libreria da anni, devo decidermi!

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  2. Ciao Michele,
    tanta roba. E non sono nemmeno riuscita a parlare dell'incetta nazista dei tesori di mezza Europa (bello il film Monuments Man con Hanks), qui x 1 "pietruzza" particolare, cui girano attorno parecchi personaggi. E lo sfiorarsi nella vita, con significati diversi per ciascuno di noi...
    Bello intenso.
    Ciao e buon -quasi- fine settimana!!

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  3. Davvero bello! Una lettura che non si dimentica ☺️☺️

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  4. È vero Gresi,
    per giorni la mente frulla su molte delle cose del libro. Per esempio sul rapporto - brevissimo - tra Werner e Marie-Laure... Per il diverso significato e peso che x ciascuno dei due ha significato. Ad esempio.
    Buon Weekend!!

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