venerdì 17 luglio 2020

Letture con Marina #97 - Il cane che parla di Giorgio Scerbanenco

Buongiorno lettori, ci siamo, oggi torna Marina con una recensione

Abbandonata la prosa poetica della scorsa settimana e vista l’irrequietezza di questi ultimi giorni – direi un po’ ovunque, se si vuole avere le orecchie per “sentire”, ci tuffiamo in un poliziesco, a tratti addirittura un hard boiled, che da parecchio tempo volevo leggere. E poi, con un simile – inusuale - protagonista!
Titolo: Il cane che parla
Autore: Giorgio Scerbanenco
Casa editrice: La nave di Teseo, 2020
Pagine: 216

Trama: Deve essere difficile per il vero colpevole sfuggire alle vostre investigazioni. Può non aver lasciato alcuna traccia materiale, ma voi cercate invece quelle morali e finite per trovarlo.” La frenata improvvisa di un treno. Uno sparo dal nulla. Un cadavere che chiede giustizia. La versione di Scerbanenco della più classica delle situazioni del mistero è un giallo dall’esito imprevedibile che esalta il talento psicologico dell’archivista della polizia di Boston Arthur Jelling. Chi ha sparato? I passeggeri del treno appartengono al mondo dell’editoria: sono giornalisti, scrittori, critici letterari, in competizione l’uno con l’altro e ora si ritrovano tutti sospettati e testimoni al tempo stesso.

 



RECENSIONE:


Quinto romanzo (1942) con protagonista il timido ispettore Arthur Jelling, è il classico caso di un delitto che avviene su un treno, contesto in cui qualsiasi scrittore di gialli, noir o polizieschi, prima o poi deciderà di cimentarsi. Siamo nell’East Coast statunitense ed un gruppo di colleghi, diventati per forza di cose anche “amici”, vista l’assidua frequentazione, sta rientrando a Boston dopo un weekend trascorso come ospiti nella villa di tale Marino Grant, uno dei direttori del quotidiano “Nuova Stampa”. Questo gruppo, che diventerà al contempo testimone e sospettato di un omicidio, è composto dal poeta Aroldo Banner, la vittima, dal redattore della pagina letteraria del quotidiano Nuova Stampa, Dady Dadies (che si porta sempre dietro il bellissimo cane lupo Ciannel), dall’Editore Tom Fharanda, dal poco prolifico scrittore Carlo Svedensson ed infine dalla scrittrice Fiorella Garrett.   
L’arresto improvviso del treno a nemmeno mezz’ora dalla partenza, proprio di fronte all’altura dove sorge la villa di Marino Grant - causata del freno d’emergenza manovrato in uno scompartimento vuoto da qualcuno – ed all’improvviso dalla boscaglia di fronte al treno, il rumore come di due strani scoppi, come se qualcuno avesse sturato un paio di bottiglie di spumante e il poeta Aroldo Banner si accascia all’indietro, morendo tra le braccia dei suoi compagni. Nessuno sembra aver tirato il freno di emergenza. Il treno viene fatto proseguire fino alla successiva cittadina, senza che nessuno dei passeggeri possa, naturalmente, scendere. Il capitano Merulay della Polizia di Corsey, uomo d’azione, piuttosto brusco, manesco e spiccio nei modi, decide di trattenere in arresto il gruppetto, nonostante le proteste e la levatura sociale di alcuni dei personaggi. In serata invia il suo rapporto alla Polizia di Boston, che decide di inviare il timido ed impacciato Ispettore Arthur Jelling sul posto, per iniziare ad indagare.

Le prove contro il direttore Marino Grant sono tante: possibilità, orario, movente. E purtroppo anche le pallottole del fucile sono le stesse che hanno colpito il povero poeta. Ma… non saranno proprio tante le prove che lo incastrano…? E del resto, se non lui che stava proprio andando a caccia nello stesso orario in cui il treno si fermava di fronte alla boscaglia vicino alla sua villa… chi?

Ottimo giallo, costruito con una perizia di particolari che si incastrano alla perfezione e che danno vita a più d’un sorprendente capovolgimento di situazioni tra persone colpevoli, persone innocenti, malavitosi che si inseriscono nel racconto in modo lineare, divenendo poi uno dei più bei camei di cattivoni designati dalla sorte e proprio per questo in un certo senso innocenti nella loro vita balorda.

Uno spaccato di una metropoli, di un corpo di Polizia di provincia e della megalopoli stessa e di malavitosi balordi che non ha nulla da invidiare ai romanzi hard-boiled più famosi, con l’aggiunta di un protagonista fuori dagli schemi, forse anche uno tra i più sottovalutati ispettori dei gialli del secolo scorso, nonostante la sua levatura morale e la bravura investigativa, risultato di deduzione e attenzione ai particolari, oltre ad una propensione a trovarsi in Polizia per caso e a dover gestire situazioni delittuose scabrose quasi suo malgrado. Un carattere insicuro, gentile, rispettoso; una persona però brillante che desidera conoscere le persone coinvolte nei drammi in cui si trova coinvolto e da questa conoscenza, unitamente allo studio dell’omicidio e di come si è svolto lo stesso, le intuizioni brillanti che lo portano alla risoluzione dei casi.

In questo romanzo ante-guerra, scritto nel 1942, ci sono in nuce i primi germogli che porteranno il prolifico Scerbanenco a creare un altro grande dei romanzi gialli, Duca Lamberti (degli anni Sessanta), e a parlarci della mala (di Boston), che qui è già accennata con “descrittività” magistrale grazie al personaggio di Francesco Haller, chiamato Fancio il Breve, che dà il là a Scerbanenco/Jelling di evidenziare la levatura morale del poliziotto, tanto da tentare di salvare il piccolo ma violento delinquente da un destino che il fato gli ha porto come unica possibilità di vita, rendendolo così innocente per una scelta non decisa ma obbligata e contestualizzata dalla sorte che Scerbanenco gli regala a fine romanzo.

A presto,





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